Ricevo da Marco La Rosa, un mio amico e collega di insegnamento nei tempi
andati. Sono cinque scenette molto ironiche e divertenti. La quarta per me è
"osé" ma io sono molto (forse troppo) bigotto da questo punto di vista.
Buona lettura
Le cinque prove dell'esistenza di Dio
Ex motu
Tutto è in movimento, a questo mondo, e ciò che si muove mette in moto altre cose. Deve esistere un Motore Primo.
Nebbia. Mentre spalancava gli occhi sul bianco nulla che gli si sprofondava davanti e schiacciava l'acceleratore aspettando ad ogni istante di perforare l'ultimo velo che lo escludeva dal mondo reale, dall'immobile notte che sapeva stellata, ripensava ai dipinti di Piero della Francesca.
La dama dal lungo collo, di spalle nel seguito della regina di Saba, ostentava l'identico gesto della Madonna del Parto. Piero aveva trasformato la quotidianità contadina della mano sul fianco in necessaria geometria. Ma il mistero… h!
Mentre inspirava, irrigidito, l'urto fermò il correre dei pensieri con un rumore cavo di echi metallici. La carrozzeria appassiva, accartocciandosi come un fiore esotico, e guardò stupito la massa bianca enorme, coricata su un fianco, dell'autotreno. I fari sventagliarono come fotoelettriche di una contraerea.
Il parabrezza esplose. Milioni di cristalli vorticarono, splendenti dei gelidi e puri colori dell'iride. Affascinato, sentì l'aria umida e fredda sulle labbra e sugli occhi. L'inerzia lo spinse in mezzo ai montanti, come per guardare da più vicino quel che accadeva.
Lo sterzo gli si appoggiò potentemente sul tronco. Flesse e spezzò una a una, con un sordo scatto, le costole. Quando, con un suono più cupo, anche lo sterno si ruppe, il piantone si separò dalla corona e affondò, senza fine.
Stridendo con mille scintille sulle lamiere, libero dalla vernice e affilato, l'orlo del cofano raggiunse la bocca, tagliò il labbro e troncò i denti dell'arcata superiore in un odore acre di pietra focaia.
Con uno struggente cigolio il motore entrò nella cabina, fracassando gambe e bacino e amputando di netto la mano destra, contratta sulla leva del cambio. All'inguine qualcosa si ruppe in una calda e liquida sensazione, come se avesse orinato.
L'auto fu ferma e il contraccolpo lo adagiò sullo schienale, separandolo dalla fredda lama del cofano. Gustò il dolce e caldo sapore del sangue.
Espirò, infine. I fari si spensero e fu solo, nella nebbia, nel silenzio e nel buio. Allora capì. Capì chi erano i tre personaggi. Capì perché l'angelo era corrucciato. Capì gli occhi cerchiati del Cristo. Capì lo sguardo dolente del trombettiere.
E seppe. Seppe di essere il centro. Immobile punto di fuga di un Universo obbligato alla sua volontà. Non ci fu più né spazio né tempo. Possedette tutto, con un solo atto di onnipotente chiarezza.
Poi, silenzioso e splendente, lo invase il Dolore.
Ex causa
Tutto, a questo mondo, è l'effetto di qualcos'altro, in una lunga catena di causalità. Deve esistere una Causa Prima.
"Proprio così, caro signore, causa e effetto non esistono"
"Il suo è un paradosso! Un esempio banale. Lei emette suoni perché ha un apparato vocale. Questo apparato è la causa…"
"Per favore! Per favore! Se voglio posso rovesciare il suo esempio. La umana pulsione a emettere suoni ha indotto nella gola bestiale dei nostro progenitori una mutazione ad hoc, la quale…"
"Ritiro l'esempio. Ne faccio un altro. Una palla da biliardo ne colpisce un'altra, che si muove a causa dell'urto. Che dice?"
"Il tempo. L'inganno è nel tempo. Lei crede che ci sia prima l'urto e poi il moto della seconda palla. Ma chi le dice che non si tratti di un inganno psicologico? Chi le dice che il suo tempo privato viaggi nella stessa direzione e con la stessa velocità di quello delle due palle da biliardo? Chi le dice che il tempo esista? Chi le dice…"
"Mi scusi. Se lei nega la realtà assoluta del tempo, se lei nega il tempo, si contraddice. Perché se c'è qualcuno, o qualcosa, per cui il tempo non esiste, se per questo qualcuno, o qualcosa, non c'è rapporto di causa e effetto… allora questo qualcuno, o qualcosa, è il principio ordinatore, il cosmos, la causa incausata…"
"…o l'effetto incausato, il caos. No, caro signore, no. Né l'uno né l'altro. Il tempo è illusione, il rapporto causa-effetto è illusione. Nulla è causa, nulla è causato."
"E noi, allora? Cosa siamo?"
"È una domanda paradossale"
"In che senso?"
"In nessun senso"
"Come sarebbe a dire?"
"Sarebbe a dire che il senso rimanda a una causa, e non esiste causa. La sua domanda non ha senso perché nulla ha senso"
"Lei mi sta parlando!"
"Crede"
"La sento!"
"Rumori di fondo"
"Non scherzi. Le sue parole, anche se difficili da accettare, hanno un senso. Questo è un dialogo"
"Ancora lei cerca un ordine, una causa, dove non ce ne sono. Un granello di polvere vortica nel sole fra milioni di altri granelli, e si meraviglia, si bea dell'ordine mirabile di quel moto, che è pura gratuità"
"Ma io, al contrario del granello, sono cosciente!"
"Cosciente di che?"
"Dell'ordine…"
"Non c'è ordine"
"Del perché…"
"Non c'è perché"
"Della causa…"
"Non c'è causa"
"Di me!!!"
"Lei è cosciente di un sacco di cose che non ci sono, caro signore. Lei non esiste"
"Ma io so di esistere!"
"Lo provi. Lei è un rumore di fondo"
"E lei?"
"Anche"
"Che ci resta, allora?"
"Il silenzio"
"Ma…"
La scarica di fucileria pose fine al dialogo. Mentre il plotone si allontanava, un soldato chiese al compagno:
"Perché li abbiamo fucilati?"
"Non so"
Ex contigentia
Tutto, a questo mondo, è contingente rispetto a qualcos'altro. Deve esistere un Essere Incontingente.
Venticinquesimo piano.
"È una bella giornata, sto bene, tutto è a posto"
Qualcosa lo inquietava. Ma per quanti sforzi facesse gli sfuggiva. Problemi economici? Non era una novità. Aveva sempre cercato di non preoccuparsene troppo. Tutto si era sempre risolto, più o meno. No, non era questa la ragione della sua inquietudine. Calma. Doveva solo analizzare con calma i propri pensieri e avrebbe trovato la causa del disagio. Gli era successo altre volte e ne era sempre venuto a capo.
Quindicesimo piano.
"È una bella giornata, sto bene, tutto è a posto"
Sì, qualcosa non andava. I figli? Mio dio, i figli gli davano un sacco di preoccupazioni, ma per fortuna era abbastanza egoista da sopportarle con filosofia. I figli! Si sa come sono, i figli. No, niente figli, era qualcos'altro.
Quinto piano.
"È una bella giornata, sto bene, tutto è a posto"
Da capo. Niente questioni economiche, niente figli. Sua moglie. La scenata. Erano anni, oramai, che si rinfacciavano il proprio squallore. Non era stata piacevole, l'ultima scenata. Forse era questa la causa, ma… indiretta. C'era dell'altro.
Primo piano.
"È una bella giornata, sto bene, tutto è a posto"
Piano terra.
"Ecco cos'è!"
E sorrise mentre, a duecento chilometri l'ora, urtava il selciato.
Ex gradu
Tutto, a questo mondo, presenta diversi gradi di perfezione in ogni qualità. Deve esistere, luogo dei massimi gradi, un Essere Perfetto.
Commissariato
Io non volevo glielo avevo detto a Franco e Andrea non ci vengo gli avevo detto lasciate fare gli avevo detto ma loro duri finocchio stronzo ma di che cazzo hai paura se la fa addosso dice Franco allora sono andato siamo arrivati ai pratini alle undici, undici e mezzo là dice Franco dove là alla siepe la Punto blu metallizzata coi finestrini appannati allora con la mazza pam nel finestrino e con la catena giù sul cofano ma che cazzo fa quello e lei strillava e si reggeva le tette zitto stronzo dice Franco e gli ha mollato la catena sugli occhi e quello giù io non ho fatto nulla lei parlava piano piano ragazzi faccio quello che volete non mi picchiate non mi picchiate allarga le cosce dice Andrea l'ha tirato fuori anche Franco gliel'ha messo in bocca lei non voleva l'ha presa a calci io guardavo, guardavo volevo scappare tocca a te dice Andrea non sapevo che fare al nostro amico non gli tiri dice Franco ora ti spacco la testa e lei stronzo lasciati fare e piangeva e me l'ha succhiato io non volevo dio quando lo sapranno i miei.
Procura
Io non volevo. Glielo avevo detto a Franco e Andrea. Loro insistevano. Mi hanno costretto. C'era una macchina. Si sentiva che scopavano. Abbiamo sballottato la macchina. Per scherzare. Poi quello è uscito. Urlava come un matto. Vi faccio un culo così. Vi spacco il culo. A chi? Ha detto Andrea. Quello aveva qualcosa. Una chiave. Un cric. Si è spaccato un vetro. Ammazzali! Ammazzali! Urlava lei. Poi quello è caduto giù. Lei ha smesso di urlare. Non so niente di mazze e catene. Lei non parlava. Che facciamo bella? Ha detto Andrea. Si è sdraiata sul sedile. Ha allargato le gambe. Giuro. Allora si è avvicinato anche Franco. Lei glielo ha tirato fuori. Glielo ha preso in bocca. Poi si è accorta di me. Io stavo là a guardare. Vieni anche tu! Mi ha detto. Io non volevo. Me ne volevo andare. Sono uno perbene io.
Tribunale
Io non volevo, signor giudice; lo so come vanno a finire certe cose e l'avevo detto a Franco e Andrea: se troviamo qualcuno che non sta allo scherzo ci tocca fare a cazzotti.
Ma loro insistevano e, alla fine, sono andato anche io. Lo sa come si dice, signor giudice: per compagnia prese moglie un frate.
Ai pratini notammo subito la macchina; luce accesa, gridolini: sembrava un teatro. Due esibizionisti, signor giudice.
Quando si sono accorti di noi ci hanno chiamato. "Guardate qua," dicevano "che ve ne pare? Volete fare anche voi?"
Noi pensavamo: questi ci prendono in giro. "Ma andate a quel paese, stronzi!" gli diciamo (scusi il termine, signor giudice) "andate in un albergo!"
Quello esce come un matto e si mette a scazzottare Andrea: si è perfino spaccato un finestrino. E lei urlava: "Finocchi! Finocchi!" Proprio così, signor giudice: tutta nuda e facendo certi gesti con la lingua. Poi quello è inciampato e ha battuto la testa da qualche parte.
Lei si è scatenata: "Tutti e tre! Vi voglio tutti e tre!" Una pazza, signor giudice. Io non avrei voluto, mi faceva anche un po' paura, ma poi… siamo uomini, signor giudice.
Appello
Io non voglio negare i fatti, signor presidente: andammo ai pratini e vedemmo la macchina; ci fu quella disgraziatissima zuffa e la colpa fu nostra; per questo abbiamo già pagato.
Ma quando sento quella là piangere e urlare che l'abbiamo violentata, allora non ne posso più, signor presidente. E anche la faccenda dei congiungimenti orogenitali…
Questa storia si trascina da dieci anni, signor presidente. Io ho il mio lavoro, la mia famiglia, i miei figli: non ne posso più di tutto questo fango.
E poi, signor presidente, che ci accusa? Una pazza uscita dal manicomio… casa di cura, mi correggo. Il suo ragazzo l'ha lasciata: neanche lui deve essere tanto sicuro di lei e della sua ricostruzione dei fatti.
Le chieda che cosa ci faceva ai pratini. Raccoglieva le margherite? M'ama non m'ama? Il kamasutra, signor presidente!
Dieci anni nelle aule dei tribunali, dieci anni sui giornali. Io sono stato violentato, signor presidente. E pensare, signor presidente, che non volevo neanche andarci, io, ai pratini.
Ex fine
Tutto, a questo mondo, corre verso un fine. Deve esistere un Fine Ultimo.
…ora, non v'è alcun dubbio che tutto, nel mondo, è ordinato secondo un fine.
Tale fine appare naturale. Tutte le creature, dalle più semplici alle più complesse, e anche gli esseri inanimati, concorrono infatti alla sua realizzazione, secondo una meravigliosa gerarchia.
È evidente che la pietra è fatta per essere tagliata in lastre, la cui funzione è quella di formare i pavimenti, che ci sorreggono. Le foreste servono a produrre legname, materia prima utilissima per la costruzione delle più svariate strutture, e cellulosa, necessaria per le fabbricazione della carta. Oltre a queste funzioni, per così dire primarie, le foreste ne svolgono altre, secondarie. Meta di passeggiate corroboranti, ambiente vitale per la selvaggina che ci dà cibo e svago, ornamento delle nostre montagne.
E gli animali? Ciascuno ha una precisa funzione. Alcuni allietano la vista, altri l'udito. Alcuni sono piacevoli da accarezzare, altri ci danno il cibo. Alcuni forniscono la loro forza lavoro, altri producono lana, setole, piume.
Dunque tutto, nel mondo, ha un fine, e questo fine è l'uomo, la sua realizzazione, il suo benessere, la sua felicità.
E l'uomo, è lecito chiedersi, l'uomo ha un fine?
La risposta è affermativa. Anche l'uomo fa parte di questa mirabile e armonica costruzione, ne è, anzi, la chiave di volta.
Qual è il fine dell'uomo? Questa è la domanda a cui dobbiamo rispondere. Ma occorre prima analizzare la specie umana nelle sue articolazione.
Anche un osservatore superficiale si accorgerà che la specie umana è disomogenea. Gli uomini non sono tutti uguali. Pur escludendo i casi limite (i deformi, i dementi, i pazzi, gli asociali, i criminali, tutti gli esseri, insomma, sub-umani), è evidente che alcune razze umane (la nera, ad esempio) sono manifestamente inferiori ed adatte a ruoli subalterni rispetto alla razza bianca (la più nobile e la più dotata intellettualmente). Naturalmente quando parlo di razza bianca mi riferisco esclusivamente alle stirpi ariane indoeuropee.
Ma fra le società in cui si articola la razza bianca, anche al loro interno, si instaura una sublime gerarchia. Così alcune nazioni, alcuni uomini, i migliori, possono realizzare pienamente le proprie potenzialità economiche, culturali, politiche sfruttando il lavoro, i servizi e lo spirito di sacrificio altrui.
Ed eccoci al quesito ultimo. Quale è il fine degli uomini che governano le più nobili nazioni della razza bianca?
La risposta è duplice.
In primo luogo: questi uomini sono i custodi della gerarchia finalistica che informa il mondo.
In secondo luogo: essi si dedicano alla ricerca del Bene, della Bellezza, dell'Assoluto, e in questa ricerca realizzano il Fine Ultimo del mondo.
Grazie.
La prossima conferenza si terrà domani alla stessa ora. Adesso tutti in ordine alle baracche.
Schnell!!!