Da Lemond Mer Feb 19, 2014 9:22 am
Nera luce, parte Quarta (VI)
Oltre che per tutti i motivi già detti, l'inferno è un fallimento eudaimonistico totale (L'eudemonismo è una dottrina morale che identifica il bene con la felicità. Il nome deriva dal termine greco eudaimonia, che letteralmente vuol dire "essere con un buon (eu) demone (daimon)", intendendo quest'ultima parola, non nel significato negativo che ha oggi ma, nel senso di genio, spirito guida).
La giustizia di dio è presentata come parte integrante della beatitudine sua e degli eletti; ciò significa che le pene dei dannati, in quanto giuste, sono ornamento essenziale del paradiso: contribuiscono a rendere più beati i beati.
La mia opinione, invece, soggettiva evidentemente, ma basata sull'umanità, è che la malvagità, la solitudine, la tortura, anche di un solo condannato, non può non guastare la festa di un paradiso degno di questo nome, che dovrebbe essere un'unione di spiriti compassionevoli e non un club di aristocratici della virtù (qualcuno direbbe dei valori) o di borghesi della giustizia farisaica o di moralisti del risentimento, deliziati dal poter finalmente assistere all'inflizione di crudeltà con buona coscienza.
Tutti i dannati umani hanno una mamma e può ella godersi la sua beatitudine al cospetto della dannazione del figlio, ancorché meritata?
In linea generale si può presumere che tutti i beati abbiano un "cuore" empatico come una mamma.
Pertanto il fallimento eudaimonistico implicherebbe nei beati anche quello retributivo, non ottenendo essi il premio eterno della felicità in quanto la sofferenza infernale si sarebbe propagata, per osmosi, al paradiso.
In conclusione si può dire che il modello diceologico proposto è inaccettabile, però i cattolici devono sapere che questo modello è intieramente formato da enunciati dottrinali solenni di papi e di concilii ecumenici, approvati dai papi. Ne segue, a rigore, l'inaccettabilità della tesi cattolica dell'autorevolezza degli enunciati dei papi in materia di fede.