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    Vincenzo Nibali - Pagina 16 Empty Vincenzo Nibali

    Messaggio Da eliacodogno Mer Lug 31, 2013 9:50 am

    Promemoria primo messaggio :

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    TWITTER: https://twitter.com/VincenzoNibali
    FACEBOOK: https://www.facebook.com/vincenzonibali?ref=ts&fref=ts
    WIKIPEDIA: http://it.wikipedia.org/wiki/Vincenzo_Nibali
    CICLOWEB: http://www.cicloweb.it/ciclista/10907/vincenzo-nibali.html
    CQ RANKING: http://www.cqranking.com/men/asp/gen/rider.asp?riderid=1994

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    Vincenzo Nibali - Pagina 16 Empty Re: Vincenzo Nibali

    Messaggio Da vallelvo Mer Dic 31, 2014 8:05 pm

    Ho l'impressione che la maglia di Nibali non cambi. Dovrebbe far sentire la sua voce ai capi. adorazione
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    Messaggio Da angelo francini Gio Gen 01, 2015 11:13 am

    BenoixRoberti ha scritto:
    Vincenzo Nibali - Pagina 16 B6la0i10
    La maglia rossa era quella della Vuelta di Horner, in quanto Nibali, quando la vinse, era in forza proprio alla Liquigas.

    Ahi, ahi, ahi ..... troppi medicinali ti fanno male: guarda che se arrivano a farti un OC risulti positivo......

    Non é corretto dire che la maglia nella foto era quella della Vuelta di Horner, perché Horner correva per la Leopard RadioShack nella Vuelta 2013:
    Vincenzo Nibali - Pagina 16 Horner10

    Nibali, nella Vuelta vinta da Horner, indossò per 13 tappe la maglia "rossa" di leader, quindi quella era anche la "sua":
    Vincenzo Nibali - Pagina 16 Nibali10

    Per correttezza invece la foto avrebbe dovuto contenere (stante l'articolo) la maglia vinta da Nibali nella Vuelta nel 2010, che era la seguente correndo la Liquigas:
    Vincenzo Nibali - Pagina 16 Nibali11
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    Messaggio Da BenoixRoberti Gio Gen 01, 2015 11:40 am

    Grazie Angelo ma quello lo sanno tutti quelli che seguono questo sport da Ciclopassionati.
    Ai sensi della legislazione sulla privacy ti faccio divieto di divulgare notizie sulla mia bronchite diavoletto

    La tua precisazione, permettimi, ma la davo per scontata.
    Piuttosto mi dai spunto per un gossip "industriale" in più.

    Zanatta se l'è presa per l'indelicatezza di Nibali, ma io ho la sensazione che quella maglia rossa Astana (di una Vuelta non vinta) è stata messa lì per non fare comparire il marchio Liquigas.
    Questo non per un astio del corridore, ma piuttosto credo per una ragione industriale.
    Peccato che Zanatta non l'abbia colto.

    Per la stessa ragione apprezzo invece che Vincenzo abbia messo la maglia tricolore originale e non la ciofeka kazaka.
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    angelo francini
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    Messaggio Da angelo francini Gio Gen 01, 2015 11:50 am

    BenoixRoberti ha scritto:Grazie Angelo ma quello lo sanno tutti quelli che seguono questo sport da Ciclopassionati.
    Ai sensi della legislazione sulla privacy ti faccio divieto di divulgare notizie sulla mia bronchite diavoletto
    La tua precisazione, permettimi, ma la davo per scontata.
    Piuttosto mi dai spunto per un gossip "industriale" in più.
    Zanatta se l'è presa per l'indelicatezza di Nibali, ma io ho la sensazione che quella maglia rossa Astana (di una Vuelta non vinta) è stata messa lì per non fare comparire il marchio Liquigas.
    Questo non per un astio del corridore, ma piuttosto credo per una ragione industriale.
    Peccato che Zanatta non l'abbia colto.
    Per la stessa ragione apprezzo invece che Vincenzo abbia messo la maglia tricolore originale e non la ciofeka kazaka.
    Mi sfugge un particolare su quella foto:
    siamo certi che sia una scelta di Vincenzo e non invece una foto che così gli é stata data?

    E senza entrare nei discorsi industrial-politico-internazionali poiché citando quel tizio che disse, parlando allo strano "tricolore", che era un atto dovuto ad una grande capitale europea...... per fortuna che Nibali nel 2010 non correva per "Milano expo2015"....
    Stiamo parlando di ciclismo, non di fanta-realpolitik.
    Hai la bronchite? Non lo sapevo, però stare troppo al telefono, in giardino con l'aria fredda che tira, non fa bene.... riguardati!!! che la S.S.A.F. di Settimo é sempre in agguato..... Wink
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    Messaggio Da BenoixRoberti Gio Gen 01, 2015 12:09 pm

    angelo francini ha scritto:Mi sfugge un particolare su quella foto:
    siamo certi che sia una scelta di Vincenzo e non invece una foto che così gli é stata data?
    Questo non lo so. Nel tweet seguente Vicennati dice, se non erro, di avere visto quella bacheca con le maglie.
    https://twitter.com/evicennati/status/550250196605890560

    angelo francini ha scritto:Stiamo parlando di ciclismo, non di fanta-realpolitik.
    Non è fanta-realpolitik, che poi è un ossimoro. Le aziende oggi sono attentissime a queste cose. Se Liquigas non compra da me, tu che sei mio dipendente fai sparire qualsiasi cosa che pubblicizzi una azienda che con me non opera.
    Altro che fantapolitik. Io ho lavorato in un grosso gruppo industriale italiano e questi avevano una black list di aziende con cui l'intera holding non doveva lavorare, e che anzi dovevano osteggiare. Ma fanno tutti così.
    Le multinazionali sono i più grandi nemici del concetto accademico di "mercato".

    angelo francini ha scritto:Hai la bronchite? Non lo sapevo, però stare troppo al telefono, in giardino con l'aria fredda che tira, non fa bene.... riguardati!!! che la S.S.A.F. di Settimo é sempre in agguato..... Wink
    Menagramo!
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    Messaggio Da BenoixRoberti Ven Gen 02, 2015 7:03 pm

    Quando si dice che i Forestali del sud sono in numero vergognoso (28000 nella sola Sicilia) ...
    Forse anche questa cosa successa stamattina ne è una diretta conseguenza.
    Per non rischiare di farlo cadere sulla strada ghicciata mancava solo che la Forestale speronasse Nibali ...  Laughing
    Alle teste di k... la divisa dà alla testa. Evil or Very Mad  Embarassed  Shocked
    http://www.gazzetta.it/Ciclismo/02-01-2015/clamoroso-nibali-fermato-forestale-allenamento-100367689226.shtml
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    Messaggio Da vallelvo Ven Gen 02, 2015 9:56 pm

    Forestali in Sicilia....
    Vigili romani, molto malati i poveri......

    Siamo in Italia......
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    Messaggio Da Lemond Sab Gen 03, 2015 2:06 pm

    Vincenzo Nibali "Di Furore e lealtà" La mia vita, raccontata a Enrico Brizzi

    Andavo per i dodici anni e mio padre portò a casa un cucciolo di cane; un giorno quel piccolo rottwelle sarebbe diventato di grossa taglia e capace di far la guardia e proteggere noi ragazzi. Ma per tirarne fuori il meglio, come tutti gli esseri, andava educato con amore e gentilezza. Per prima cosa, commissionammo una bella cuccia e io non vedevo l'ora di ritirarla e, già due giorni dopo, montai in bici per controllare se era pronta. Era un tragitto di pochi minuti, ma non arrivai mai a destinazione, perché nello slargo sotto casa, trovai i miei amici che giocavano al calcio. Decisi di fare uno scherzo, piombando loro addosso a tutta velocità; ma quando tirai il freno le ruote si inchiodarono e per me ci fu solo ... il buio! Mi risvegliai parecchie ore più tardi all'ospedale e lì dovevo fare degli esami, ma prima il dottore doveva controllare se la testa era a posto e mi chiese di raccontargli qualcosa di me.
    ... A Messina le strade erano perfette per andare in bici ed ecco perché mio padre si poteva permettere di arrivare al negozio, pedalando. Lui si era innamorato delle due ruote intorno agli anni '80 e da allora si divertiva moltissimo ad andare in giro, sognando le imprese del suo idolo: Moser. Io lo rammento solo così: in sella alla bici, che considerava come un oggetto sacro. "La bici è libertà" ripeteva spesso, con occhi sognanti da innamorato. Wink Era anche meccanico e così poteva fare tutto da solo: smontare e rimontare ogni pezzo, anche a costo di fabbricarselo da solo.
    Quando sono arrivato io, primo figlio maschio di corporatura più longilinea della sua, mi ha messo subito in sella, non certo perché avesse in mente di fare di me un campioncino, ma solo per trasmettermi il segreto della *libertà*. Wink Così per me la bicicletta è stata un mezzo per spingermi in esplorazione, un po' al di là del mio quartiere.
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    Messaggio Da eliacodogno Sab Gen 03, 2015 3:59 pm

    Carlo, ma quanti libri leggi contemporaneamente? Wink
    Complimenti e grazie 1000! :tazze cincin:
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    Messaggio Da Lemond Dom Gen 04, 2015 7:56 am

    eliacodogno ha scritto:Carlo, ma quanti libri leggi contemporaneamente? Wink
    Complimenti e grazie 1000! :tazze cincin:

    Al momento 10, perché non mi trovano il libro di Riccò Sad
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    Messaggio Da Lemond Dom Gen 04, 2015 9:08 am

    Vincenzo Nibali "Di Furore e lealtà" La mia vita, raccontata a Enrico Brizzi (II)

    All'inizio delle quinta elementare portai subito a casa dei bei voti e per festeggiare mamma Giovanna preparò la pasta *'ncasciata*, il mio piatto preferito, ma il regalo più bello arrivò dal Lupo (il soprannome di mio padre), che portò a casa un vecchio telaio, ma superleggero, della mia taglia ( marca Viner) insieme a una scatola contenete una quantità di pezzi spaiati, con i quali solo lui avrebbe potuto costruire una vera bici da corsa. Wink Grazie, ma come facciamo? E lui rispose beffardo "Con le manine". Wink La metamorfosi cominciò dal telaio: per una settimana lavorai con la carta abrasiva per togliere la vecchia vernice e dare invece un bel tono di rosso, un colore che mi faceva pensare alla velocità (della Ferrari). Poi fu la volta del manubrio, sella e infine delle ruote, scorrevoli come quelle dei campioni. "Ricordati che sono le ruote a fare la bici". E poi e poi .., grazie al Lupo la "bicicletta bella" era sotto i miei occhi, mancava solo qualche adesivo, ma ne trovammo alcuni della Bianchi, la bici del Campionissimo. Quando montai per la prima volta sulla mia "finta Bianchi" mi pareva che quasi andasse da sola.
    Le gite con il Lupo verso Torre Faro si alternavano a esplorazioni fra ragazzini, guidate da mio cugino Nino, più grande di due anni, attenti sempre alle auto, il nemico numero uno dei ciclisti. Sad
    I miei voti continuavano ad essere buoni e, stante che da noi l'inverno è mite, ottenevo il permesso di uscire quasi tutti i giorni e nel giro di qualche settimana il Lupo mi regalo anche il vestimento, così che mi sentivo un vero corridore e mio padre era orgoglioso di portarmi la domenica, insieme ai suoi migliori amici. Ma a febbraio esplose la tragedia: sulla pagella c'era scritto che "il ragazzo litiga violentemente con i compagni di scuola all'uscita di classe". Il Lupo andò "fuori di sé" dalla rabbia e corse in cantina e cominciò a segare il tubo orizzontale - e noi che lavoriamo per farti studiare, te lo faccio vedere io - e, nel giro di mezz'ora la mia "bicicletta bella" era completamente distrutta! "Tu prova ancora a fare a botte a scuola e ..."
    L'unico vero sollievo, in quel periodo, erano le visite ai nonni materni, perché lassù (Venetico Marina) ci si poteva concedere giochi proibiti in città e poi lassù, fra noi ragazzini, nessuno ti dava la pagella e si poteva anche "menare le mani", sicuri che nessuno sarebbe tornato piagnucolando dai genitori. A scuola, invece, dovevo controllarmi e non rispondere alle provocazioni degli arroganti, altrimenti potevo dire addio a tutte le mie speranze di far la pace con mio padre.
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    Messaggio Da BenoixRoberti Dom Gen 04, 2015 11:46 am

    Lemond ha scritto:
    eliacodogno ha scritto:Carlo, ma quanti libri leggi contemporaneamente? Wink
    Complimenti e grazie 1000! :tazze cincin:

    Al momento 10, perché non mi trovano il libro di Riccò Sad
    Mostruoso, per me è impensabile. Nel lavoro sono multitasking, ma non riuscirei mai a leggere 10 libri.
    Farei una macedomia mentale assurda.
    Il mio massimo è due e quindi sono semplicemente ammirato Shocked

    C'è anche un altro motivo per il quale non riuscirei a leggere più libri: ce n'è sempre uno che mi intrippa di più e quindi non riesco a tenere a bada la curiosità.
    Ci vuole parecchia "disciplina" per leggere 11 libri.
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    Messaggio Da Lemond Lun Gen 05, 2015 8:49 am

    Vincenzo Nibali "Di Furore e lealtà" La mia vita, raccontata a Enrico Brizzi (III)

    Intorno a Pasqua ero riuscito nel mio intento: andammo insieme da un suo amico fabbro con il "cadavere" e là si produsse il "miracolo". Wink Nel giro di un'ora era di nuovo lei, solo di qualche millimetro più corta. Giurai a me stesso che non mi sarei mai più messo in condizione di farmela distruggere un'altra volta! Trascorsi l'estate con "raid" giornalieri insieme a Nino, poi cominciarono le medie. L'insegnante con cui legai di più fu quello di educazione fisica, che ci allenava con la palla a mano e con lunghe sessioni di corsa. A me correre piaceva, perché mi aiutava a conoscere il mio corpo, i suoi limiti e i modi giusti per superarli; e potevo vagare, come in bici, con i miei pensieri. Dopo poco il professor Mazzeo mi propose di entrare nel gruppo ristretto dei podisti, che si sarebbero misurati con i ragazzi delle altre scuole nella corsa campestre e nei tre anni successivi avrei partecipato ai Giochi della gioventù in quella specialità.
    A mano amano che crescevo di statura la mia "finta Bianchi" sembrava farsi più piccola, così nella primavera del '96 si dovette vendere, per finanziare l'acquisto di una Pinarello nuova di zecca. e con i comandi alle mani: un vantaggio non da poco. Con la nuova "cavalcatura" cominciai, sempre insieme a Nino, una serie sistematica di uscite pomeridiane e a noi si aggiunse Mariano Maimone, amico e coetaneo di mio cugino. Grazie alla diffusione dei primi cellulari, i nostri genitori si sentivano tranquilli anche se ci allontanavamo abbastanza. Nel mese di maggio noi tre seguivamo una specie di rituale: appena tornati da scuola, e mangiato qualcosa al volo, ci mettevamo alla TV per seguire il Giro (anche se quell'anno gli italiani non erano un granché) e poi subito in sella alle nostre biciclette, esaltati all'idea dei 30 o 40 Km. che ci aspettavano. A Mariano piaceva cantare ed era quasi sempre lui a intonare i nostri inni di libertà e di avventura. Quelle più importanti erano le fughe dai cani da guardia dei casali che, a volte ci arrivavano davvero vicini. Di solito il viaggio di ritorno era un susseguirsi di sfide allo sprint ed è in questo modo che ho imparato i fondamenti delle corse ciclistiche: per vincere non basta essere i più forti, altrimenti arriverebbe primo sempre lo stesso, è una questione più complessa e molti altri fattori entrano in gioco. Devi cercare di capire qual è il momento esatto in cui affondare l'attacco e quello nel quale attendere, bisogna saper leggere la strada e il vento, ma soprattutto occorre avere un occhio allenato per prevedere le mosse altrui. Wink
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    Messaggio Da Lemond Mar Gen 06, 2015 10:06 am

    Vincenzo Nibali "Di Furore e lealtà" La mia vita, raccontata a Enrico Brizzi (IV)

    In quel periodo, oltre alla bici-nuova, arrivò anche un cucciolo di nome Argo e io caddi, come un deficiente, a venti metri da casa; per fortuna me la cavai con il setto nasale deviato e qualche punto di sutura, mentre intanto pensavo a come fare per fare qualche corsa un po' più numerosa.
    A Messina non c'erano squadre ciclistiche e l'unico modo per crescere era andare con il gruppo di mio padre. Con loro non c'era modo di cantare o di fermarsi sotto gli aranci, ma progredii molto in quell'estate: imparai a non restare indietro, a pedalare in formazione numerosa, a fare il ventaglio e a tenere le ruote dei più forti, anche in salita, arrivando perfino a guadagnarmi il nome di "Pulce dei Pirenei". Quando il Lupo e gli altri padri di famiglia dovevano lavorare, andavo con Eddy, un ragazzo di 25 anni che si piazzava spesso nelle gare fra gli amatori. Mi aiutò a spostare i miei confini del mondo, aveva dodici anni più di me, ma mi trattava come un amico e mi sentivo orgoglioso di ricevere le sue confidenze. Ma la mia vera squadra era sempre il trio e per me fu una delusione terribile quando a Nino, mia nonna Carmela regalò uno scooter, perché intuii subito che le cosa sarebbero cambiate e di lì a pocco infatti rimanemmo Mariano ed io. Ma il tempo volava e ben presto anche Mariano ebbe l'età giusta per "un cinquantino" e la nostra "grande squadra" tramontò per sempre! In compagnia, mi rimasero solo i fine settimana con gli amici di papà. Se volevo che la mia carriera non si interrompesse a soli tredici anni, dovevo assolutamente trovare nuovi compagni per i giorni feriali. Un pomeriggio nel quale mi davo da fare insieme agli amatori di mio padre, una macchina affiancò il nostro serpentone e sentii un signore dire a mio padre: "Allora, signor Nibali, vogliamo far correre o no questo ragazzo?" Il Lupo mi ordinò di staccarmi dal gruppo per fermarmi e gridò agli altri che doveva salutare un amico. "Il signor Pietrafitta ha una vera squadra di ciclismo, ti piacerebbe correre con loro?" Ero senza parole, ma gli strinsi la mano e il mio primo contratto era stato stipulato: avrei avuto diritto a tre completini da ciclismo e la mia prima gara, fra gli esordienti, mi attendeva di lì a pochi giorni. La gara era programmata in provincia di Milazzo e mentre andavo colà, insieme a mio padre, mi resi conto di non avere nessuna idea di come potessero essere gli altri concorrenti e avevo premura di scoprire chi fossero i favoriti, per non perderli di vista. Un ragazzino, dall'aria timida e affidabile, mi mostrò i più forti, ma li avrei notati anche da solo, perché si atteggiavano già a "piccole stelle".
    La gara era un circùito e i primi giri furono di studio per tutti, però mi accorsi subito che non facevo nessuna fatica a tenere il ritmo. Intorno a metà gara, uno dei migliori, un tizio più alto di me di un palmo, cercò di innescare una fuga solitaria. Senza aspettare un attimo, gli andai dietro da solo e più quello aumentava, più restavo incollato alla sua ruota. Procedemmo così, aumentando il nostro vantaggio, fino al giro finale. Lui era imbestialito, perché voleva arrivare da solo, mentre l'ultimo arrivato gli aveva rovinato la festa! Alla fine però, in volata la stazza e l'esperienza ebbero la meglio e si prese la medaglia, ma a me andarono le attenzioni di tutti a fine gara. Wink "Ma chi è quel piccoletto?" si domandavano i genitori degli altri concorrenti - Sarà uno di fuori che si è iscritto sotto falso nome, impossibile che sia davvero un debuttante -. A quanto pareva ero andato oltre le più rosee aspettative, anche se a me sembrava di non aver fatto nulla di speciale. "Quand'è la prossima corsa?" m'informai - Ora che ho capito come gira, voglio provare a vincerla -. Smile
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    Messaggio Da Lemond Mer Gen 07, 2015 9:12 am

    Vincenzo Nibali "Di Furore e lealtà" La mia vita, raccontata a Enrico Brizzi (V)

    Durante il viaggio di ritorno mio padre mi fece ascoltare una cassetta con la radiocronaca di una corsa di Moser, che si era svolta ai nostri "Laghi di Ganzirri" nel 1984, qualche mese prima che venissi al mondo. Me l'aveva fatta ascoltare tantissime volte quando ero molto piccolo e forse qualcosa mi era rimasto dentro.
    La seconda corsa fu a Solarino e ritrovai una dozzina di concorrenti conosciuti, compreso colui che mi aveva battuto (il baffetto); mio padre aveva portato la telecamera per riprendere le fasi salienti della gara.
    Appena partiti mi accorsi che il favorito non mi perdeva di vista, ma non solo lui.
    Lasciai che a tirare il gruppo fosse il "baffetto", pronto a .., ma a un certo punto mi accorsi che il circùito possedeva una certa pendenza e lui sembrò accusare quell'assaggio di salita. Allora mi alzai sui pedali e ci detti dentro come quando, insieme a mio cugino e Mariano, scappavamo dai cani. Dopo un paio di minuti, mi girai per controllare: nessuno in scia, nessuno in vista e allora decisi che non potevo più mollare. Ancora tre giri, gridarono i miei e parevano tanti! A un giro dalla fine ero al limite, ma non potevo cedere proprio allora; ci diedi ancora dentro e, quando tagliai il traguardo, papà aveva le guance rigate di lacrime. "Fuga alla Fausto Coppi!" esclamava il Pietrafitta - Hai fatto il vuoto, perché ancora non si vede nessuno -. Passarono tre minuti e mezzo prima che arrivassero i primi inseguitori.
    Ormai ero più che conosciuto e questo era uno svantaggio notevole, perché non appenna accennavo ad uno scatto, mi si incollavano sempre in due o tre e nelle quattro corse successive arrivai sempre secondo, battuto in volata dal più forte dei "succhiaruote". Sad Mi resi conto che avevo bisogno di una squadra, mentre intanto mio padre mi faceva fare gli allenamenti dietro moto. Ero grato per tutto l'impegno che ci metteva, però mi mancavano i miei due compagni e forse un po' invidiavo la loro vita, perché a tredici anni un ragazzo ha bisogno anche di divertirsi. Insomma mi trovavo a un bivio. A farmi imboccare la strada del pedale fu il "destino" che mi fece incontrare tre ragazzi: due erano di Messina, come me, il terzo invece era un giovane uomo della costa adriatica, dal cranio lucido e l'accento buffo. I suoi occhi sembravano quelli di uno spiritato, di un santo o di un profeta, aveva nome Marco Pantani.
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    Messaggio Da Lemond Gio Gen 08, 2015 8:49 am

    Vincenzo Nibali "Di Furore e lealtà" La mia vita, raccontata a Enrico Brizzi (VI)

    Nel segno del Pirata

    Insieme a Giuseppe e Raffaele formammo una nuova squadra di bucanieri, felici di battere tutto il territorio circostante, fino a vedere Reggio (da sempre la nostra città rivale). I miei genitori erano contenti di sapermi perso per le campagne, in buona compagnia e di sicuro lontano dalla delinquenza locale. La mafia non esiste se il tuo mondo è fatto di salite e tornanti.
    Marco Pantani arrivava da un mondo diverso: la costa romagnola, dove d'estate ogni anno arrivavano turisti a milioni. Come là avessero fatto a far fruttare un mare basso e tutt'altro che limpido era un vero mistero e la risposta che sentivamo era che loro erano organizzati, il che naturalmente ci lasciava con il dubbio. Pantani aveva un che di familiare che lo rendeva subito simpatico; forse la grinta da irregolare o quel corpo magrissimo da omino di ferro, con le orecchie a sventola oppure il cognome da povero, che si era dovuto sudare il pane o ... Non fu una sorpresa scoprire che nel suo entroterra c'erano salite micidiali, dove un ragazzo poteva mettere alla prova la capacità di soffrire. Lo vedevamo ogni giorno in televisione, io e i miei fratelli di pedale, sfidarsi nell'ottantunesima edizione del Giro e quelle battaglie lasciarono in me un segno indelebile.
    In quel 1998 erano partiti da Nizza e, alla quinta tappa (a Frascati) la maglia rosa era Michele Bartoli, un grande delle classiche che, appunto, l'anno prima aveva vinto la classifica della Coppa del Mondo, i grandi giri però non erano mai stati il suo forte e quella maglia rosa fu effimera: il giorno dopo, in Irpinia, fu Zulle a indossarla. Lo svizzero, alla sua prima partecipazione, era comunque uno dei favoriti alla vittoria finale. "Quattrocchi maledetto!" imprecò Raffaele, - si finge mezzo cieco per far pena, ma quello ci vede benissimo -. In attesa delle Alpi, la maglia cambiò spesso e a Schio era sulle spalle di Andrea Noè, mentre Giuseppe e Raffaele cominciavano a credere che qualcuno avesse fatto una maledizione ai danni del Pirata. Il 30 maggio si entrava in territorio friulano per l'acccesso più impervio e, a Messina davanti alla TV, ci esaltammo oltre ogni dire sulla salita di Piancavallo, dove il Nostro staccò tutti! "Sì" esultai "Finalmente, che azione ragazzi!" Il Pirata si era regalato una vittoria di prestigio e un bel balzo avanti in classifica, a 22" da Zulle che aveva ripreso la maglia; al terzo posto il russo Tonkov. E Marco, davanti ai microfoni: "Sì, è stata una bella, ma soprattutto sofferta, vittoria, oggi ho mostrato alla gente di aver coraggio. Sì, sono quello che ha il coraggio di alzare i guantoni, per combattere a modo mio". Quel giorno noi tre uscimmo per strada in preda a un'eccitazione nuova e macinammo chilometri, fatti di scatti e affondi, sempre al grido di Mar-co Pan-ta-ni!
    Il giorno dopo ci sarebbe stata la tappa a cronometro: 40 km fra Sistiana e Trieste e il romagnolo in questa specialità non era al livello di Zulle e Tonkov e si ritrovò sotto con più di quattro minuti. "Penso che andrò a suicidarmi" annunciò Raffaele, "venite anche voi?"
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    Messaggio Da Lemond Ven Gen 09, 2015 9:58 am

    Vincenzo Nibali "Di Furore e lealtà" La mia vita, raccontata a Enrico Brizzi (VII)

    Pantani invece se la stava ridendo, pensando alle Alpi dove era in grado di far provare ai primi due favoriti un'esperienza "infernale". Due giorni dopo, sulle salite alto-atesine, se ne andò con Guerini e a cinque giorni dalla fine del Giro, per la prima volta, la maglia rosa era sua. Il 3 giugno l'indomito russo si giocò il tutto per tutto sull'alpe di Pampeago, ma il Pirata non lo mollò un istante, mentre Zulle appariva stremato. Ancora 24 ore e poi la corsa emise il suo verdetto definitivo per lo svizzero fra Cavalese e Pian di Montecampione, dove rimediò una buona mezzora di ritardo. Rimaneva Tonkov e due tappe serie da correre: una con l'arrivo a Mendrisio e l'altra a cronometro sul lago di Lugano e il nostro eroe aveva solo un minuto di vantaggio...
    La tensione ci "stava uccidendo" ed eravamo troppo nervosi per assumere cibi o bevande mentre i corridori partivano uno alla volta per la loro sfida contro il tempo. "Credo di aver la febbre" annunciò Raffaele e anche Giuseppe non sembra star molto bene. "Vedrete che se la caverà", promisi, - non può deluderci!!! - Quasi subito ci rendemmo conto che Marco filava come un treno e al punto intermedio scoppiammo in un pianto di gioia, perché ormai sapevamo che il Giro era del Pirata.
    Per scaricare la tensione uscimmo in bici tutti e tre con la testa fasciata dalla bandana e tiravano uno alla volta, muti e concentrati nel darci il cambio, senza neppure accorgerci del paesaggio che ci scorreva intorno. Quando ci fu l'ufficializzazione del re del Giro sul podio, avevamo gli occhi lucidi e giurammo a noi stessi che mai nessuno avrebbe preso il suo posto nei nostri cuori.
    Forse il pirata non era l'uomo più bello d'Italia, ma per noi divenne anche un riferimento estetico e volevamo assomigliargli a tutti i costi, però non avemmo mai il coraggio di raparci a zero. Ci avrebbe fatto felici anche una semplice replica della maglia Mercatone Uno, ma bastava anche una semplice borraccia come la sua, ma più di tutto ci piaceva la bandana, della quale liberarsi al momento del massimo sforzo, per poi tornare a raccoglierla, come una reliquia, prima che qualcun altro, affetto da "pantanimania" se ne impossessasse.
    Terminati gli esami di terza media, il ciclismo occupò la mia giornata dall'alba al tramonto e non rimpiangevo più mio cugino e Mariano, perché erano stati ben sostituiti dai due nuovi compagni, veramente in gamba e soprattutto avevo un modello, non ereditato da mio padre (Francesco Moser), ma vivo e scalpitante che a 28 anni aveva davanti a sé il mondo intiero.
    Le cose però si succedono senza preavviso e specialmente quelle brutte ti cadono addosso quando meno te lo aspetti e un giorno infatti lessi che il mio caro amico Mariano, mentre stava filando con il suo scooter, era stato investito da un'auto ed era morto sul colpo! Il mio cuore batteva all'impazzata e non volevo singhiozzare come un "picciriddo", ma la natura in quel momento mi spinse a fare la cosa giusta.
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    Messaggio Da Lemond Sab Gen 10, 2015 11:24 am

    Grande fu l'entusiasmo quando tutti noi venimmo a sapere che il Pirata avrebbe corso anche il Tour, anche se per noi ragazzi il Giro era la corsa più importante del mondo. Ma Lupo ci disse invece che era la maglia gialla del Tour, piacesse o no a noi italiani, il traguardo più ambito da ogni ciclista! Anche se non ero del tutto convinto, secondo gli adulti, mi dovevo proprio ficcare in testa che vincere in casa dei francesi era il massimo della vita.
    Oltr'alpe quell'anno accadde di tutto: pochi giorni prima della partenza la polizia arrestò il massaggiatore della Festina, la squadra di Zulle e Virenque, per aver trovato nel bagagliaio della macchina una miriade di sostanze proibite. La polizia perquisì anche l'albergo della squadra, che si concluse con il rinvenimento di altri prodotti e, verso la conclusione della prima settimana della Grande Boucle, l'intiera squadra fu squalificata. A quanto pareva, fra i grandi non si andava solo con arancini, pituni e granite. "E' una vergogna, provare a vincere in quel modo", commentò disgustato mio padre, - così si falsano le corse, ci si distrugge la salute e si manda in rovina lo sport più bello del mondo -.
    L'atmosfera era rovente e i giornali parlavano più del doping che della corsa, io invece guardavo la classifica e non mi capacitavo del fatto che Pantani non stesse vincendo, anzi si trovasse molto attardato dalla maglia gialla Ullrich. Ma la riscossa del pirata cominciò non appena si arrivò alle salite dei Pirenei e in due tappe risalì alquanto, come un salmone, la corrente della classifica generale e a Plateau de Beille aveva poco più di tre minuti di ritardo dal rivale, con le Alpi ancora da venire. Wink
    L'assalto finale ebbe luogo il 27 luglio, nella tappa che finiva alla Deux-Alpes, mentre sul percorso c'era da scalare anche la Croix-de-fer e il Galibier. Quel giorno, mentre da noi faceva caldo, lassù cadeva una pioggia gelida e molti corridori erano scossi dai brividi.
    Il Pirata era con il gruppo di testa, ma nell'arrivare al primo passo, scivolò e solo a prezzò di stringere molto i denti, riuscì a rientrare sui primi, che avevano tre minuti di vantaggio sul gruppo della maglia gialla. In testa non c'era accordo e molti provarono e riuscirono ad avvantaggiarsi, con Pantani che li lasciò andare, perché sapeva che l'ultima ascesa era di 18 Km, con oltre mille metri di dislivello. Agli ultimi sei si lanciò come solo lui sapeva fare e il mio cuore cominciò a battere più forte.
    Nel giro di poco, riprese con stupefacente facilità un fuggitivo dietro l'altro, si portò in testa e continuò con lo stesso ritmo, mandando in visibilio chiunque fosse davanti a un televisore. Noialtri (c'è da dirlo?) eravamo in estasi! Very Happy
    Ullrich, intanto, pativa le pene dell'inferno e dopo tre minuti dalla vittoria di Marco, il tedesco non si vedeva e quindi non solo la vittoria di tappa, ma soprattutto la maglia gialla era finalmente sulle spalle del nostro eroe, mentre i commentatori spendevano, commossi, le parole "epico" - "grandioso" - "storia del ciclismo".
    Quando stavano per scoccare i nove minuti, il tedesco si presentò, scortato da due costernati gregari e, guardandolo in faccia, non si capiva se era più disperato per il ritardo o sollevato per la fine di quel suo "calvario"? I miei due amici erano euforici e Raffaele fu anche cattivo: "Deve lustragli gli scarpini al grande Pirata!" Avrei voluto spiegargli che, in quel momento, Ullrich mi faceva troppa pena per infierire, ma avevo tredici anni e mezzo e non mi venivano le parole giuste, così alla fine dissi soltanto: Già".
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    Messaggio Da Lemond Dom Gen 11, 2015 10:30 am

    Nella tappa successiva il tedesco dimostrò di meritare l'onore delle armi, lanciandosi all'attacco in montagna senza l'aiuto di nessun gregario, ma il Pirata lo scortò fino al traguardo, come un'ombra. Finì, invece, malamente il Tour per Rodolfo Massi, che fu posto in "garde à vue" per possesso di troppi prodotti dopanti. Lo stesso giorno ci fu una tappa strana, nel corso della quale i corridori si dimostrarono solidali con i loro colleghi mesi sotto inchiesta, perché non volevano che la polizia trattasse i ciclisti come criminali. La frazione fu annullata e si riprese l'indomani fra i ritiri di intiere squadre e polemiche furiose. Secondo alcuni si stava assistendo alla morte del ciclismo, ma Marco riuscì a restare concentrato e uscì senza eccessivi danni anche dalla tappa a cronometro, quella prima dell'arrivo trionfale a Parigi. Così, in un pomeriggio radioso, il 2 agosto 1998 Marco Pantani, scortato dai compagni di squadra, sfilò verso l'Arco di trionfo, con il pizzetto tinto di giallo. Dopo ventisette anni il Tour tornava in mani italiane e in tre mesi il Pirata era riuscito a entrare nella storia. Provai a indovinare come aveva fatto ad arrivare così in alto e quel giorno mi resi conto che, nella vita, il lavoro fa la differenza: occorre crederci ogni giorno, senza risparmio o scorciatoie e solo così potrai dire di averci provato sul serio.
    Nibali! mi chiamò con aria severa la professoressa di latino e io diedi un profondo sospiro e mi preparai all'ennesima scena muta! Sad ... Siamo all'Archimede qui, un liceo che ha una tradizione da difendere e lei arriva bel bello senza aver fatto i compiti, allora sentiamo che cosa avrà fatto di tanto importante nel "fine settimana". Ce lo vuole raccontare Nibali? - Sono stato a correre in bicicletta, allenamento di rifinitura sabato e la gara ieri, in provincia di Catania e ho vinto per distacco. - "Al posto! - gridò fuori di sé - torni al suo posto! All'Archimede non c'è posto per gente come lei!" Ne ero convinto anch'io, il liceo era una scuola troppo impegnativa per un giovane ammiratore del Pirata, che aveva deciso di consacrare la propria esistenza alla bicicletta. Anche Lupo e la mamma alla fine furono d'accordo e mi ritirai dalla scuola, per passare l'anno successivo in seconda professionale per perito elettronico, previo esame d'integrazione. Mi misi a studiare di buona lena per ottenere quel diploma, che mi avrebbe aperto un mestiere e reso in grado di mantenermi da solo nel giro di pochi anni.
    Al mio 14° compleanno nonna Carmela mi voleva fare un regalo speciale, come a tutti i suoi nipoti in quella particolare evenienza. Si sarebbe trattato di uno scooter, ma io, preparato all'offerta, risposi a colpo sicuro che "Vorrei tanto una montain-bike, nonna". Il concetto di bici invernale usciva dal ventaglio delle sue conoscenze, ma il tono supplichevole le era chiarissimo e, dopo alcuni istanti che mi parvero un secolo, finalmente si convinìse che, se proprio ci tenevo, avrei avuto quella cosa strana.
    A bordo della mia m-b Atala mi si aprì un mondo nuovo, perché non esisteva più un centimetro quadrato nella provincia di Messina, per quanto accidentato o fuori mano, che potesse sottrarsi alle mie attenzioni e con quella potevo saltare e, per qualche frazione di secondo, perfino volare. Wink Certo, bisognava essere ben concentrati, perché la pena per i distratti era, ad andar bene, un ruzzolone e il saper governare le cadute sarebbe stata, come mi sarei reso conto più avanti, un'arte da imparare e mettere da parte. Wink
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    Messaggio Da Lemond Mar Gen 13, 2015 9:58 am

    Nel 1999 ero pronto a passare nella categoria allievi che comprendeva gli anni 83 e 84 e Pietrafitta mi fece passare alla Cicli Fratelli Marchetta, due fratelli che si occupavano di tutto. Quando il Lupo mi portò a conoscerli rimasi molto meravigliato di come due persone potessero essere così diverse: Michelangelo era pacato, distinto educato (come nella canzone di Mina, Renato Wink ), mentre Pippo era preda di un'esaltazione perenne e il seguente è un piccolo esempio del carattere - I nostri giovani devono vincere! Battere gli altri! Lasciarli sul posto! Ammazzarli! -
    La nostra nidiata ha già un giovane di buone sperane, disse Michelangelo, si chiama Carmelo Materia, ha l'età di vostro figlio e Vincenzo ci farà amicizia in fretta. E' uno sprintere, assicurò Pippo, fisicamente l'opposto di Vincenzo, così in gara non si "pesteranno i piedi".
    Ad accompagnarmi ai raduni, in occasione delle gare era sempre papà e in macchina c'erano sempre discussioni fra noi su chi fosse più grande, se Francesco (Sceriffo Trentino) o il "Pirata" Pantani. Carmelo era effettivamente vigoroso ed era anche un bravo ragazzo, aperto e disponibile e Pippo ci spiegò come fare, in gara, a sfruttare al meglio il nostro duo. La tattica era piuttosto semplice: se Vincenzo trova il percorso adatto, parte e vince; altrimenti tira la volata a Carmelo. Quell'anno mi sentivo ispiratissimo, forse avevo in testa l'esempio di Pantani e ottenni sette vittorie, un piccolo record per la categoria, mentre Carmelo dovette spesso accontentarsi del secondo posto.
    In occasione di una vittoria mi ritrovai davanti un microfono della TV. Era una televisione privata, seguitissima in zona e la giornalista (un'elegante ragazza bionda) mi chiese se poteva scambiare due parole con me. "D'accordo ... bal bet tai". Ma si intromise subito Pippo ..."Grazie, ma vorremmo sentire il vincitore", lo liquidò la giovane, con un sorriso di circostanza. Ma l'intervista andò molto male e infatti mi sussurrò Carmelo: "Ma sei impazzito? Una femmina così e tu non spiccichi parola?"
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    Messaggio Da Lemond Mer Gen 14, 2015 11:20 am

    Viaggio in Italia

    Vincere e ricevere premi mi gratificava, ma al contempo ero dispiaciuto che i miei due amici non fossero in squadra con me e quindi, i pomeriggi che potevo, continuavo ad uscire con loro. La stagione calda ci correva incontro e ben presto tornò anche il Giro, con Pantani naturalmente Favorito. La notizia *galattica* era che in quell'anno 1999 l'avremmo potuto vedere con i nostri occhi, perché la corsa rosa cominciava dalla Sicilia e, alla terza tappa, l'arrivo era proprio a Messina. Quel 17 maggio eravamo tutti dietro le transenne, esposti al vento che, dicevano le radioline, stava causando molte cadute, fra cui quella di Mario Cipollini. Quanto al Pirata era ben protetto dai suoi, nella pancia del gruppo. Riuscii a vederlo per un attimo, ma fu abbastanza per emozionarmi nel profondo.
    Nei giorni successivi dovemmo accontentarci della TV e poi uscivamo in strada a mendicare una briciola di immortalità, transitando laddove era passato Marco: era il nostro rituale.
    Quell'anno era in gran forma e prese la maglia rosa già al Gran Sasso, vincendo in solitaria quella tappa; l'abbandonò il giorno successivo nella cronometro, ma il distacco da Jalabert era di pochi secondi e c'erano da scalare le Alpi. Wink
    Il Pirata fu puntuale all'appuntamento a Cuneo e il 3 giugno andò a vincere da solo sull'Alpe di Pampeago, concedendo il "bis" a Madonna di Campiglio. Ormai il secondo (Savoldelli) era a più di cinque minuti e mezzo.
    Ma la mattina di sabato 5 giugno qualcosa andò storto, perché alcuni valori sanguigni erano fuori norma e gli fu impedito di partire per "salvaguardare la sua salute". Gli avevano portato via il Giro! E non perché avessero trovato medicinali proibiti, o altre prove di colpevolezza, andava solo fermato per "il suo bene". Curioso, considerando che, come minimo, sarebbe impazzito dalla rabbia!
    Il suo addetto stampa parlò di "attentato al ciclismo" e Martinelli disse che il campione con ogni probabilità avrebbe segato in due la propria bicicletta!
    Vittima di un complotto o o ennesimo ciclista dopato? Ognuno diceva la sua, mentre a noi ragazzi non rimase che rimpiangerlo; chi mai avrebbe potuto prendere il suo posto nei nostri cuori? Quell'anno boicottammo il Tour, perché il ciclismo professionistico, orbato del suo primattore, non meritava più il nostro interesse e le uniche bici alle quali dedicarci erano le nostre, con i miei due amici che apettavano che i fratelli Marchetta li facessero correre negli allievi.
    In settembre, dopo aver superato l'esame da privatista, mi iscrissi al secondo anno dell'Istituto tecnico Industriale, con indirizzo elettronica e telecomunicazioni ed era un sollievo tornare a vivere una vita normale, perché l'anno da privatista mi aveva fatto sentire un "pesce fuor d'acqua". Purtroppo il mio nemico si dimostrò la disciplina: un giorno dei bulletti di terza se la prendevano con un ragazzino del primo anno e io mi misi in mezzo e li chiamai "vigliacchi"! Da lì nacque una rissa, che fu sedata solo dall'intervento dei bidelli. Quando tornai a casa, dopo una serie di detti e non detti il Lupo mi domandò se mi ero fatto un'idea di cosa volevo fare nella vita? Correre in bici, risposi, ma prima di poter guadagnare con il ciclismo, farò il perito elettronico, per mantenermi e non pesare sulle tue spalle. "A te è la polizia che ti dovrebbe controllare" ringhiò. E' che non mi piacciono i prepotenti, mi giustificai, e credo di averlo imparato da te! E lui - vinci tante gare, ma non dovresti farti troppe illusioni, perché sai quanti ragazzini come te ci sono in Italia? - D'accordo, ammisi, ma almeno voglio provarci. - Sei proprio una testa dura - considerò allegro.
    Lemond
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    Messaggio Da Lemond Gio Gen 15, 2015 10:11 am

    Continuavo a crescere e mi ero anche rinforzato, grazie alla mountain-bike, ma spalle e torace erano sempre magri; sarebbe stato un guaio per un aspirante pugile, ma un vantaggio per chi doveva scalare le montagne. Wink Per adeguarmi alla mia nuova statura nel 2000 mi dettero una bici nuova e, con mia grande gioia, furono ammessi a far parte della Cicli Marchetta anche i miei due compagni-bucanieri e quindi eravamo in quattro, tutti amici per la pelle. I fratelli proprietari gongolavano per questo, perché sapevano che tante squadre erano lacerate dalla rivalità interna! A forza di disputare gare fra paesi e borgate in ogni angolo della Sicilia, mi ero convinto che Messina, con i suoi 250,000 abitanti, l' Università e i traffici marittimi, fosse una città grandissima, molto di più ad esempio di Reggio Calabria: la dirimpettaia-rivale. In tutta l'isola d'altronde, era superata solo da Palermo e Catania, ma i messinesi dicevano che da noi si viveva meglio e poi nessuno aveva feste paragonabili alle nostre di Mezzagosto. Wink Insomma, se pure esistevano città più grandi, non erano prestigiose come la nostra. Se riuscii a liberarmi di quest'idea, il merito fu dei miei compagni di scuola e del programma di corse della categoria Allievi nella stagione 2000. Nella mia classe c'era chi aveva il padre che lavorava al Nord e le corse di quell'anno molte si disputavano in continente. La prima volta che varcammo lo stretto il padre di Carmelo venne a salutarci, fissando con una certa diffidenza il versante calabrese e ci disse: "Buona fortuna e state attenti agli italiani," - Perché noi siamo Siciliani ed è una cosa diversa. - Per me, che sognavo di indossare un giorno la maglia tricolore fu una frase sorprendente e mi diede anche la misura di quanti pregiudizi e barriere mentali ci creavamo da soli. Sad Quasi subito scoprimmo che potevamo misurarci e battere i nostri coetanei di Reggio, Catanzaro e Taranto, però i viaggi erano lunghi e costosi. Ero arrivato al punto che, se non vincevo, mi sentivo in colpa per le lunghe ore di viaggio "a vuoto" che toccavano a mio padre (sempre) e ai miei famigliari (talvolta). In Basilicata, ogni anno, si svolgeva il trofeo Intersud, una delle corse più importanti della stagione. La gare si svolse in un clima apocalittico, perché i contadini avevano scelto quel giorno per la ripulitura dei campi (con il fuoco), con il risultato che si pedalava attraverso una distesa di braci e cortine di fumo denso e allora decisi di andarmene in fuga quasi subito, perché avevo paura di cadere in mezzo al gruppo. Corsi da solo buona parte del percorso, tutto quel fumo mi dava alla testa e mi accorsi solo all'ultimo della linea bianca per terra, sormontata da uno striscione e affiancata da due ali di pubblico: ero semisoffocato, ma avevo vinto. Wink Mi dettero la Coppa d'oro e tutti i miei si strinsero intorno a me. I fratelli Marchetta erano incontenibili, perché era il momento più alto nella storia della loro società, ma pensavano già ai campionati regionali di Palermo. Mi fecero salire sul podio e indossai la maglia del vincitore: era gialla, come quella del Tour e, per un attimo, mi sentii come Pantani. Solo in quel momento mi accorsi di una ragazzina dagli occhi gentili e d'aspetto elegante, di un paio d'anni più giovane di me: era la figlia maggiore di Michelangelo e le congratulazioni in bocca a lei mi sembravano speciali. In quella sarabanda non riuscii però a fare l'unica cosa che avrei voluto davvero: appartarmi e scambiare due chiacchere con Elena, cercai di dirle qualcosa, ma il padre di Carmelo mi rapì per una foto ricordo e persi di vista la bella Elena. Sad
    Il giorno dopo, arrivando a scuola, mi accorsi di avere più amici di prima e mi resi conto che il successo, ancorché piccolo, porta con sé confusione e obblighi e tu che pensavi di essere da solo in bicicletta, ti trovi all'improvviso tirato da tutte le parti, come se ognuno pretendesse un pezzo di te. In quel caso avverti (o almeno per me fu così) una vertigine, perché la gioia sincere di chi ti vuole bene si mescola, senza rimedio, con i salamelecchi degli adulatori e le parole interessate degli opportunisti.
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    Messaggio Da Lemond Ven Gen 16, 2015 11:59 am

    Con la maglia gialla all'Intersud i fratelli avevano trovato il giusto premio per anni di sacrifici e potevano girare a testa alta nell'ambiente del ciclismo amatoriale. Le mie vittorie li avevano resi un po' speciali e perfino invidiati e la Cicli Marchetta era ormai richiesta sui palcoscenici più lontani e prestigiosi. Pippo un giorno ci disse che mai un meridionale aveva vinto il Giro, ideato in Lombardia per impulso della Gazzetta dello Sport e intorno ad esso nacque il primo serbatoio di campioni. Solo dopo anni il ciclismo si è un po' allargato: prima al Piemonte, poi alla tre Venezie e quando lo vinse un bolognese (Calzolari) fece epoca. Poi siamo arrivati in Toscana, con il grande rivale di Coppi: Gino Bartali e volevo chiedervi se sapete qualcosa di lui? Niente? Eppure ha vinto tre Giri e due Tour, mentre il suo corregionale Fiorenzo Magni era detto "Il Leone delle Fiandre" perché primeggiò tre volte in quella grandissima classica. Furono loro i primi campioni nati a sud dell'Appennino; erano toscani come Dante Alighieri, il vino Chianti e il Palio di Siena e da allora quella regione è diventata il punto nevralgico del ciclismo italiano! Cominciavo ad avere un'idea di dove volesse arrivare, ma non osavo dirlo. In Toscana i bambini imparano a pedalare prima che a camminare, riprese, e Noi, grazie agli straordinari risultati conseguiti ... andremo a correre in Toscana. Wink
    Partimmo per la campagna in Etruria pochi giorni dopo la fine delle scuole e, per fortuna, dalle parti di Sala Consilina, riuscii a dormire e, sballottato fra Raffaele e la portiera, feci un sogno in bianco e nero.
    Pedalavo nel gruppo e intorno a me c'erano solo adulti, non sapevo quale competizione fosse, ma andavamo a circa 40 kmh, e qualcuno gridò che mancavano 3 km. al Passo. Mi girai e vidi che eravamo rimasti in pochi, forse una dozzina, poi in cima solo in tre e allora guardai meglio i miei avversari e li riconobbi: quello magro con la maglia più chiara era Coppi, quindi il forzuto, con il cranio ormai calvo, doveva essere Bartali. I due campioni si attardarono per passarsi la borraccia e io ne approfittai per staccarli. Sfilai per primo al G.P.M. e un attimo dopo si spalancò di fronte a me la più lunga e spaventosa serie di tornanti che avessi mai visto, ma mi lanciai senza paura, riuscendo a disegnare in anticipo le traettorie. In fondo mi voltai e, dietro, c'erano ancora Fausto e Gino, paralizzati nel gesto di passarsi la borraccia. Continui a pedalare come un ossesso, perché se qualcuno mi avesse raggiunto avrei perso la volata. L'ultimo km. mi parve lunghissimo e mi voltai per controllare gli inseguitori, ma non c'era più nessuno, solo un polverone remoto. Un attimo dopo ero sul podio e la Miss con i fiori per me era ... Elena Marchetta. Mi baciò sulla guancia e io mi sentii l'uomo più felice del mondo. Mi svegliai e domandai dove eravamo? Vicino a Napoli, rispose mio cugino, il viaggio è ancora lungo. Arrivammo a Siena dopo il tramonto e andammo in un ostello della gioventù, insieme ad altri ciclisti. Trovammo poi una pizzeria per la cena e a tavola si parlò solo di corse. Pippo ci spiegò che l'indomani ci sarebbero state delle ottime società toscane che volevano visionarci e se farete bella figura, forse l'anno prossimo ...
    "Ma come si fa a correre per una squadra di qui, abitando in Sicilia?" - disse mio cugino - . Certamente uno si deve trasferire e mi rivolse uno sguardo che mi fece correre un brivido lungo la schiena.

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    Messaggio Da Lemond Sab Gen 17, 2015 11:12 am

    La prima gara che disputammo in Toscana fu una delusione: restai in gruppo fino alla fine. Pippo ci invitò a non perderci d'animo, perché ci restavano ancora tre corse, e quella del giorno dopo era la più importante: la Coppa Mazzola. Eravamo intenti a conoscere il percorso, quando ci accorgemmo di essere osservati da un terzetto di adulti di una certa età e poi la donna restò i disparte, mentre gli uomini si fecero sotto. Uno disse "Sono Bruno Malucchi della Mastromarco". C'era qualcosa di nobile nel suo portamento, tanto che mi diede l'idea di un antico gentiluomo di campagna. A Pippo si illuminò il volto e - che piacere, non pensavo sareste venuti davvero - e si scambiarono una robusta stretta di mano. - Allora, Marchetta, incalzò l'anziano gentiluomo, qual è il giovane forte? Vogliamo tenerlo d'occhio oggi -. Pippo mi indicò a dito con un sorrisetto. - Così magro! Dove la trova la forza per correre? - Oggi lo/i vedrete, perché di solito non si nasconde/ono. Wink Delle tre gare, due le vinsi io, in fuga solitaria e l'altra Carmelo allo sprint e per la Mastromarco fu un colpo di fulmine; all'improvviso non potevano più pensare di mettere su una squadra juniores per la stazione 2001 ... senza Carmerlo e me.
    Erano disposti a farci "ponti d'oro", purché ci trasferissimo nella frazione di Lamporecchio, provincia di Pistoia; ci avrebbero fornito una casa, pasti cucinati e un rimborso spese. Si sarebbero occupati di iscriverci a scuola, badando di persona che facessimo i compiti e loro stessi sarebbero andati a parlare con i prof. nei giorni di ricevimento. Insomma, secondo loro, non si poteva proprio dire di no. - Ne parleremo con i ragazzi e i genitori - disse il Marchetta e salutammo. Il viaggio verso la Sicilia sembrò durare un terzo, rispetto all'andata, anche se io non riuscii a chiudere occhio!
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    Messaggio Da Lemond Dom Gen 18, 2015 10:16 am

    Il regno del ciclismo

    "E così il mio bambino se ne va", sospirò mia madre. "Ma quale bambino, avrà sedici anni fra due mesi, è un pezzo che non è più un "picciriddu". Guardalo bene in faccia, ha la barba ormai! Anch'io sulle prime ero perplesso, proseguì il Lupo, con questo Mastromarco che non si trova nemmeno sulle carte geografiche, però su Bicisport c'è, eccome! E' una società eccellente per far crescere gli juniores. E poi il Franceschi è un gentiluomo e ha fatto a tutti una buona impressione, quando è venuto qui a conoscerci. E anche la signora Bruna; hanno promesso che ci penseranno loro a seguire in tutto e per tutto il nostro ragazzo." Mamma tirò su col naso, cercò il mio sguardo e mi domandò per l'ennesima volta se volevo anadare davvero a correre in Toscana? "Certo, lo hanno già fatto altri, prima di me e io forse valgo di meno? E poi mi hanno già iscritto a scuola a Empoli, prenderò tutte le mattine la corriera, insieme a Carmelo, lui andrà a Ragioneria e io all'Istituto professionale." La mia è una scuola piena di sportivi, dice il Franceschi: ci sono parecchi ragazzi dell'Empoli calcio, anche Montella ha studiato lì e lui in Toscana ci si era trasferito a 13 anni. "Hanno rischiato grosso i suoi genitori, perché il mondo del calcio è molto diverso da quello del ciclismo, disse il Lupo. Li detestava proprio i calciatori, perché si allenano pochissimo e, con tutto il tempo che hanno, spesso vengono loro in mente idee bacate! Mi scappava da ridere al pensiero che i ragazzi delle giovanili fossero presi come esempio di viziose star del calcio, ma assicurai che li avrei evitati come la peste, quei lazzaroni. Very Happy
    Quella sera stessa passarono da casa Raffaele e mio cugino, vestiti a festa e profumati e mi portarono fuori, con la scusa di fare due passi. Mi dissero poi che i fratelli Marchetta avevano organizzato un piccolo brindisi in onore degli "ostracizzati". Wink "Certo che siete delle belle teste, protestai, mi potevate avvertire e darmi la possibilità di cambiarmi!" Pippo e Michelangelo Marchetta avevano fatto le cose in grande: il nostro angolo era composto da tre tavoli ravvicinati e sembrava preso d'assedio dagli amici di tutto il quartiere. Non appena mi videro, fui salutato da un lungo applauso, con grida e cori che mi fecero girare la testa. Anche Carmelo, nonostante lo avesse saputo prima, era spaesato, non riuscivamo a credere che tutta quella gente fosse lì per noi. Il centro della scena, naturalmente, fu occupato dal vulcanico Pippo, che fece un lungo discorso dei suoi, e finì con ... ora il ciclismo nazionale ha bisogno di loro. Wink Mi girava la testa, ma il senso di vertigini aumentò quando riconobbi, fra tutti gli occhi che mi puntavano, quelli di Elena. C'era anche lei e io ero conciato come un poveraccio, di fianco a tutti gli altri elegantissimi! Sad Trovai comunque la forza di avvicinarmi e sentii il suo profumo di pesca e di mandorli in fiore. Cercando di essere spiritoso, le dissi che "me ne andavo come quegli emigranti che, nei tempi passati, partivano con la valigia di cartone." Wink Ma se volevo gettare un ponte fra noi due, capace di superare la grande distanza, dovevo sbrigarmi. "Ti va se ci scambiamo i numeri di telefono, avrei dovuto dirle", ma non ci riuscivo! Sad "E' tua sorella la ragazza accanto a tuo padre?" - disse Elena - ma in realtà io sentii un messaggio diverso "Ti sbrighi a chiedermi questo numero". Allora vinsi la paura di svenire e ... un attimo più tardi era fatta. Very Happy
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    Messaggio Da Lemond Lun Gen 19, 2015 10:11 am

    Il paese di Mastromarco era minuscolo: a stare larghi, erano un paio di km. di strada, con ai lati case modeste di due o tre piani e dietro, solo campagna. I luoghi di interesse pubblico si limitavano alla chiesa parrocchiale, Casa del popolo, poste e scuola materna; vi erano poi due bar, uno dei quali anche pizzeria. Il quartiere corridori del G.S.M. era un casale a due piani, che i titolari (Malucchi e Franceschi) avevano affittato, per ospitare i giovani venuti da fuori, piuttosto che confinarli in albergo. Al piano terra si trovava il magazzino degli attrezzi, dal cui soffitto pendevano rastrelliere cariche di ruote spaiate e un'ampia cucina, con una tavolo capace di ospitare una dozzina di persone. Una scala conduceva al piano superiore, dove, in una stanza, stavano le bici, messe insieme negli anni dalla società. Servivano come rincalzi, nel caso si fossero guastate quelle personali degli atleti. C'erano altre quattro camere e, sul fondo, l'ampio ambiente dei bagni, con docce comuni e le indispensabili lavatrici, perché, com'è ovvio, non c'erano donne di servizio e ognuno doveva fare la sua parte per tener pulita e in ordine la propria roba. Avevamo ciascuno una camera, chiusa di giorno, ma aperta di notte, per eventuali controlli, perché alle undici dovevamo tutti essere a letto. "Qui non c'è niente di proibito" - disse il patron - però voglio sapere sempre dove siete, il rispetto è fondamentale e chi sgarra si prende la corriera e ritorna a casa sua! Decisamente non mi potevo lamentare di una stanza "tutta mia", fornita anche di una TV, mentre Carmelo aveva anche un videoregistratore, che ci sarebbe stato prezioso nelle lunghe sere di autunno. Wink
    La zona di Lamporecchio brulicava si squadre ciclistiche, ciascuna rivale delle altre e per orientarmi in questa mappa di antagonismi, dovevo rendermi conto che il territorio era diviso in rioni, ognuno dei quali aveva i propri colori tradizionali e gruppi sportivi. Funzionava un po' come per le contrade di Siena, solo che c'erano le biciclette, al posto dei cavalli. Anche allontanandoci un po' da Lamporecchio, si trovavano tante altre compagini sportive: a nord, fino Montecatini e Agliana, a sud, si arrivava ad Empoli e Fucecchio.
    Data la passione per le due ruote del circondario, i campioni erano tenuti in grande stima e si sentiva parlare, come di una leggenda, di Andrea Tafi, compagno del pisano Bartoli e del livornese Bettini, nello squadrone Mapei. Tafi era un membro fisso della nazionale azzurra e nel suo palmarès figuravano addirittura due corse "monumento" come il Giro di Lombardia e la Paris-Roubaix. Il suo barbiere di fiducia era di Mastromarco e quando il Tafi arrivava, si creava un capannello intorno al negozio.
    Difficile dire quale squadra, fra quelle vicine, fosse la più detestata, ma forse non avevo ancora capito fino a che punto i paesani potessero voler bene ai loro portacolori e male a quelli delle comunità vicine.Sad

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