Parla Anquetil: Nel 1966 sognavo una corsa perfetta, senza alleanze, senza astuzie e colpi della sorte, una corsa di puro ciclismo. Perdere o vincere non avrebbe avuto importanza in tale perfezione.
Poteva essere la L.B.L. "la Doyenne", la più bella delle classiche. Ho chiesto ai miei compagni di stare dietro, di lascia fare a me da solo, non volevo aiuti da nessuno. Fa caldo, mi sento bene e voglio eliminare "à la pedale" (espressione francese che lascio perché ne è facilmente intuibile il significato, mentre non trovo un corrispondente modo italiano di dire) tutti i miei avversari. Se la gara, come spero, seguirà il suo corso normale, sarà sulla cote de Wanne o dal monte Theux che attaccherò.
Genet, Spruyt e Schleck sono in fuga con un minuto di vantaggio uno scarto colmabile. Inseguo con Motta, Mercks e Altig. Stablinski si stacca per un incidente meccanico. Siamo sul M. Theux e fino allora non mi sono potuto muovere perché non volevo ritrovarmi con quei tre davanti sulla mia ruota fino alla fine.
Fa un caldo d'inferno e il calore è il mio primo alleato, provo un'accelerazione e li guardo tutti e non mi sembrano brillanti: Altig ha male alle gambe e non cessa di cambiare posizione, Eddy è troppo allungato per star bene, Motta salterà di sicuro. Ora siamo sulla cote della Bouquette e, senza violenza, senza scatti, solo aumento costante della velocità, sono tutti in fila dietro di me ed io accelero ancora e il buco è fatto. Passo per primo in cima e mi metto nella posizione tipica del cronometro. Restano i tre davanti, ma quando li passo "in tromba" non provano neppure a prendermi la ruota e allora so di aver ottenuto la "vittoria pura".
Sul podium, mentre tutti si congratulano con me, vedo arrivare un piccolo uomo che, con un tono di presa in giro mi dice: "Allora, signor Anquetil, bisogna fare pipi" e io rispondo. "No, caro signore, io non farò proprio niente!