angelo francini ha scritto:Leggo da più parti commenti su questa vicenda.
Non conoscendo i particolari mi astengo dal farne ulteriori.
Credo di poter dire che i commenti su Ciclopassione siano stati comunque improntati all'analisi dei fatti e non ai soliti processi morali e moralistici. Sospetto fortemente che tu ti riferisca ai commenti pubblicati da Tuttobici.
Sono sincero e non mi nascondo dietro un dito. Quelli che Tuttobici pubblica, di commenti, sono proprio il risultato della pancia del movimento ciclistico italiano. Il quadro che ne esce ricorda molto le disgustose folle medievali armate di frutta marcia ed altro che, a prescindere dalle reali colpe del condannato, si assiepava attorno ai patiboli per godere dello spettacolo.
Ogni periodo ha le sue gogne ed i suoi squallidi popolani.
Abbiamo una Costituzione avanzatissima che mostra con assoluta chiarezza come la pena non coincida con la punizione, bensì con un periodo di rieducazione e recupero alla società civile del condannato.
Questo passaggio, traslato nel ciclismo, dovrebbe comportare la crescita culturale e la consapevolezza, nonché l'applicazione delle regole nel bene e nel male con reciproca soddisfazione della società civile e del condannato.
Ma gli accenti forcaioli, disgustosi per la bassezza ed il "coraggio" mostrato nell'
uccidere i morti, pone degli oggettivi dubbi su chi possa essere meglio fra dopati e popolani della gogna.
Di certo i secondi mi fanno più schifo, ma lo tengo come una opinione personale.
Questi sono poi gli stessi che fanno invece i garantisti per i politici beccati con le mani nella marmellata (ovvio, quelli sono più potenti). Siamo un Paese di giustizialisti/garantisti ad intermittenza, come le lingue leccaculo.
Se Tuttobici limitasse questa deriva disgustosa, perderebbe forse qualche morboso commentatore, ma certamente ne guadagnerebbe come prodotto editoriale in qualità.
La libertà di ciascuno deve sempre terminare dove comincia quella degli altri. Stante il fatto che quei commenti sono nascosti dietro nickname, è come se quelle frasi anonime (ingiuriose ed inutili ad una crescita culturale e giuridica del movimento) siano pronunciate da chi ha la direzione di quella testata. E questo non è un piacere ed un onore di cui andare fieri. Quella non è più libertà di commento.
vallelvo ha scritto:Basteranno gli esiti degli esami a cui probabilmente si sarà sottoposto nello scorso luglio? O forse avrebbe dovuto informare anche gli organi competenti, essendo ancora un ciclista seppure squalificato, delle cure a cui avrebbe dovuto sottoporsi?
Ieri sera ho provato ad abbozzare una analisi, ma mi mancano gli elementi per fare ipotesi complete, oltre quelle che ho messo lì.
Probabilmente ne sapremo qualcosa in più se l'Uci, bontà loro, avrà la cortesia di fornire delucidazioni nella necessaria (e tanto da loro decantata trasparenza).
La prima sensazione è che entrambi, Uci e Santambrogio, abbiano commesso degli errori.
Se Santambrogio ha mentito sarà facilmente sbugiardato.
Se invece l'Uci avesse fatto tutto infilzando il corridore (già macchiato) come un tordo sarebbe gravissimo, ma in tal caso le responsabilità non emergerebbero mai con chiarezza, ahimé.
Va detto che qua c'è un documento ufficiale di un medico di un ospedale pubblico, e se quel documento fosse stato visionato ad Aigle prima del 20 ottobre potremmo legittimamente sospettare che l'Uci abbia sfruttato il brianzolo per fornire un testimonial (negativo) in più al suo marketing sulla "pulizia nel ciclismo".
Tenuto conto che in tal caso Santambrogio avrebbe fatto da sé la segnalazione di assunzione del prodotto è evidente che gli ispettori sarebbero andati a colpo sicuro, come pure gli esaminatori del laboratorio. Bel colpo!
E sarebbe l'ennesimo pateracchio indecente. Spero che Francini possa avere qualche elemento in più nei prossimi giorni per analizzare la cosa sulla base dei regolamenti nazionali e internazionali.
Consiglio la lettura di due diverse analisi, entrambe con ampi elementi di condivisione per quanto mi riguarda:
http://www.tuttobiciweb.it/index.php?page=news&cod=74912&tp=n
http://blog.cyclingpro.it/2014/12/18/santambrogio-una-storia-triste/
anche se il secondo è già arrivato a delle conclusioni univoche (preferisco i dubbi possibilisti di Stagi), che non saprei se possano essere considerate attendibili.
Mi pongo solo un dubbio:
se Santambrogio avesse davvero inviato ad Aigle preventivamente quella documentazione e se avesse davvero quelle problematiche, dovremmo porci davvero il dubbio sul sostanziale rispetto dei diritti umani degli sportivi.
Per difendersi da una accusa di positività avrebbe in tal caso dovuto divulgare ai quattro venti (esponendosi anche allo stolto ludibrio) delle faccende di salute personale coperte (in Italia almeno) dalla privacy.
Con questo non prendo le difese di Santambrogio, ma sollevo il dubbio sulla necessità di tutelare la dignità delle persone, aldilà della correttezza delle competizioni e dei diritti dei corridori onesti che si massacrano di chilometri ed allenamenti (dentro le cui file si annidano anche innumerevoli ipocriti senza ritegno).
Sparare sentenze e giudizi è questione di attimi. Analizzare e prevedere gli effetti del diritto applicato richiede invece discernimento e serenità di valutazione. E questo è un insegnamento anche per gli zelanti che stanno al Coni in cerca di testimonial a buon mercato e per i ciclo-forcaioli come Ivano Fanini, che da questa vicenda dovrà, comunque vada, trarre degli utili insegnamenti.