Lemond ha scritto:Mi dispiace di non potermi associare, ma per me è sempre stato uno sopravalutato. Era un corridore normale e anche come persona piuttosto fra color che stanno nel mezzo, ma quasi sempre, quando parlava, sembrava che dicesse saiddioché. Rammento che come C.T. preferiva arrivare secondo sicuro, piuttosto che provare a vincere, il tutto in ossequio al suo carattere e ai potenti di allora.
Non hai di che dispiacerti Lemondaccio.
Non siamo un forum mono-pensiero, siamo un forum di pensiero, anche quello schietto e tagliente, evitando come la peste di scadere nell'acredine e nel bullismo per contrapposizione "ideologica".
La sincerità, l'immediatezza e la genuinità fanno la differenza fra una cattiveria ed un pensiero rigoroso, per quanto scomodo o imbarazzante.
Ho fatto questa premessa perché devo dire che un po' mi ritrovo nella tua descrizione; non c'è dubbio che Alfredo Martini non fosse mai stato un uomo-contro, per sua natura portato alla mediazione e al confronto, che a volte appariva come un lisciare il pelo al potente.
Pur da uomo di sinistra, malcelava questa sua, diremmo impropriamente,
democristianità.
Fino a lì mi trovo d'accordo con te, però un conto è essere così per solo opportunismo e scaltro utilitarismo, un altro è invece esserlo per una innata bontà interiore ed una sorta di inguaribile positivismo umano.
In questa sua natura aveva saputo essere centrale già da corridore nei rapporti estremamente difficili fra il trio dominante: Coppi, Bartali, Magni.
Di Magni lui, comunista, si era fatto garante per i processi che avevano coinvolto il pratese per il suo passato fascista nelle camicie nere. In quei successi ciclistici del dopoguerra (dopo ... guerra) italiano, lui era stato uno dei principali artefici della tessitura dei rapporti. Anche se non era un campione, era uno che sapeva leggere la corsa e leggere il pensiero dei colleghi. In questo era avanti agli altri anni luce.
I suoi vecchi colleghi (con uno appena leggermente più giovane ho parlato giusto stamattina) lo hanno sempre individuato come una figura carismatica. E la nomina a CT fu la semplice conseguenza di quel carisma e dei suoi sorprendenti successi come DS dei fratelli Pettersson e di altri ad inizio anni 70.
A me è capitato due volte di vederlo all'opera dopo la diramazione delle convocazioni nazionali, dopo il Trittico Lombardo. In entrambe le occasioni si fermava a parlare con chiunque e senza imbarazzo o supponenza.
In questo era unico, e se la gente lo riconosce oggi come "il CT" è proprio per questo suo essere naturalmente "padre" del
ciclismo italiano.
Direi che oggi e domani potremmo dedicare un 3d per i nostri ricordi (NIENTE NECROLOGI) di Alfredo Martini, oltre che per immagini e video.