Da Lemond Gio Gen 23, 2014 12:14 pm
Nera LUce (XVII)
Scandali diceologici dell'escatologia
Chiaramente è questo il punto decisivo della diceologia. Esamineremo in ordine i dogmi dell'inferno, purgatorio e paradiso
Inferno. Peccati mortali
Dogma: l'inferno è una pena eterna per i peccati "mortali", essa consiste appunto nella "morte eterna" ossia in una vita cosciente interminabile priva della visione di dio e di ogni altra forma di beatitudine, abbinata o no al tormento anche fisico del fuoco. La morte eterna senza "poena ignis" è dovuta a tutti i concepiti che abbiano vissuto con il solo peccato originale (in pratica a tutti i feti, neonati e bambini innocenti [ora forse anche agli embrioni ] e a tutti gli adulti, senza peccati personali, ma privi del battesimo. La morte eterna con pena del fuoco a tutti coloro che muoiono in peccato mortale, non assolto da uno dei sacramenti della giustificazione.
I peccati mortali a giudizio della chiesa docente sono molti, per esempio disprezzare un rito della stessa: le cerimonie dell'esorcismo, del catechismo o dell'acqua battesimale; disprezzare il ricorso ai sacramenti, violare il precetto festivo, anche senza disprezzo, rompere il diugiuno prescritto, farsi circoncidere, commettere copula con donna sposate, masturbazione, sodomia o altri atti carnali gravi, senza peraltro arrivare alla copula, in genere fornicare anche senza adulterio; giacerre con la propria moglie in modo da evitare il concepimento della prole; in genere compiere peccati venerei; chiamare dio a testimone di una menzogna anche lieve; rattristarsi anche con la dovuta moderazione della vita di qualcuno o godere della sua morte naturale.
In tutti i casi menzionati la pena della morte eterna con fuoco è dovuta per giustizia, una giustizia alla quale dio non può sottrarsi.
Dubbi: l'idea di una pena eterna è talmente orribile da far arretrare tutti gli animi aperti alla compassione o anche appena sensibili alle critiche moderne contro la pena di morte, la pena comunque crudele o l'ergastolo.
Entro la tenebra spaventosa che essa allarga sull'intiero progetto creativo di dio, si possono anche ritagliare alcune oservazioni puntuali che in nessun caso esauriscono l'orrore della prospettiva nel suo insieme.
1) Nessun atto, per quanto grave, può meritare una pena eterna, perché non c'è proporzione fra gravità della colpa e quella della pena.
2) Meno ancora può meritarla un non-atto come un peccato o reato ereditario
3) Molti peccati giudicati mortali dal magistero sono incredibilmente piccoli, basti pensare alla masturbazione
4) E' asimmetrico sostenere che il paradiso non può essere meritato per giustizia, ma solo erogato per grazia, mentre l'inferno invece è meritato e dunque dovuto per giustizia. Sembrano due pesi e due misure.
5) E' contrario ai princìpi più avanzati del diritto e specificamente del diritto influenzato dal cristianesimo, una pena che in nessun modo tenda alla rieducazione/riabilitazione del condannato. L'inferno è quindi *anticostituzionale*
6) La giustizia di dio viene presentata come quella di un *padre*. Che padre sarebbe quello che eclude per sempre la riconciliazione?
7) L'inferno viola il principio di proporzionalità (non solo come al n. 1) anche nel senso che colpe estremamente diverse vengono punite con la stessa pena. Quali che siano i gradi o i gironi nella dannazione eterna, i tratti comuni prevalgono incomparabilmente su quelli differenzianti.