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    Quale futuro per il ciclismo (quel ciclismo descritto da Danilo Di Luca nel suo libro)

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    Quale futuro per il ciclismo (quel ciclismo descritto da Danilo Di Luca nel suo libro) - Pagina 4 Empty Quale futuro per il ciclismo (quel ciclismo descritto da Danilo Di Luca nel suo libro)

    Messaggio Da BenoixRoberti Mar Apr 26, 2016 10:17 am

    Promemoria primo messaggio :

    Ho fatto uno stralcio dalla discussione sulla frase di Di Luca su Pantani perché la discussione su "quale ciclismo vogliamo?" è decisamente decollata ed era inutile lasciarla nel 3d del grande Marco.

    vallelvo ha scritto:Perchè nessuno intervenne ai tempi? Solo sempre per soldi, anche scrivere i libri....
    Sempre più triste.

    Nel caso specifico, di Di Luca, va detto che lo stesso nel 1998 era all'ultimo anno da Under23.
    Perché nessuno intervenne? Hai ragione da vendere, ma il gruppo è qualcosa di antitetico ad una aggregazione. E' la somma di individui che tale restano anche se assembrati.
    Nessuno è mai intervenuto per un altro pesantemente chiamato in causa.
    Di fronte ai tribunali dell'ipocrisia sportiva (chiamarla giustizia è un eufemismo) ciascuno è e resta solo.

    Non so se si possa dire che Di Luca lo faccia per soldi, che abbia scritto il libro per avidità e denaro.
    Lo trovo riduttivo perché avendo una avviata azienda di produzione di bici, forse, gli sarebbe convenuto il silenzio. Non penso che la sua vita cambi con qualche decina di migliaia di euro mettendo a rischio una azienda, un marchio.

    Infine dalle preview di brani del libro interpreto una narrazione più intima, più su se stesso che non la classica vuotata di sacco per portare fango e danno ai colleghi.

    Eppoi qualche suo ex collega ... che ebbe a scaldarsi a suo tempo, diciamo che sarebbe meglio che non pontificasse.
    Non so se sia peggio tra chi si dopa e viene beccato e chi fa la morale da ventriloquo del potere e poi salta bellamente i controlli perché protetto.
    Per questa ragione non me la sento di gettare la croce addosso a Di Luca in modo esclusivo.
    Di Luca è la punta, ma sotto c'è un iceberg nascosto (dall'antidoping).

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    Messaggio Da vallelvo Mar Mag 10, 2016 2:31 pm

    Chi lo può dire.
    LA era già stato colpito da una malattia che a tanti non lascia scampo. Non mi spiego con che coraggio abbia continuato ad accettare quel sistema.
    La morte del giovane Verdick fa pensare, non solo quella negli ultimi mesi.
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    Messaggio Da BenoixRoberti Mar Mag 10, 2016 2:57 pm

    Lemond ha scritto:Grazie Alf delle tue parole, solo che non vedo (in questo caso) nessuna contraddizione fra noi: il doping fa male, è indubbio, può portare cecità, cancro e tante altre cosette e la società deve fare qualcosa per insegnare alla gente a non doparsi, come a non fumare, non mangiare carne e a fare una vita il più possibile sana, però a mio parere considerare il doping reato serve solo a peggiorare le cose. In quanto sopra, mi limitavo a ripetere una cosa ovvia, che sappiamo tutti, un asino, se si dopa, non diventa un cavallo e quindi l'aver tolto ad Armstrong i suoi Tour è una stupidaggine sesquipedale Sad , così come pensare (come fanno in troppi) che il ciclismo si trovi maggiormente nel ciclismo che in altri sport. Se poi non ho capito qualcosa delle tue osservazioni, ripetimelo, perché davvero non ho trovato niente con cui non sono d'accordo.
    Non contraddizioni nel merito, quanto nell'oggetto di analisi: il focus su cui mirare l'obiettivo.

    Allo stato, partire dal doping per una qualsiasi analisi della condizione dei ciclisti è a dir poco fuorviante, anche se so che questo apparirà incomprensibile, se non proprio inaccettabile, per la larga platea degli spettatori.
    Però, molto di recente ho dovuto prendere atto di come la problematica sia stata più facilmente dal pubblico non ciclofilo che dagli appassionati di questo sport. E' una cosa che colpevolmente ho messo a fuoco solo da poco tempo.

    Io non concordo su quanto hai detto per Armstrong, o meglio sarei d'accordo se Lance fosse stato uno dei tanti ad essere caduto nella rete.
    Purtroppo Lance è stato altro, ovvero IL PROTETTO. Gli altri venivano deliberatamente puniti mentre lui diveniva arrogante.
    Poi è stato punito, isolato e chi era in affari con lui si è smarcato e l'ha fatta franca grazie al potere ricattatorio che poteva esercitare. Le promesse di Cookson di fare pulizia nell'Uci si sono dimostrate chimere e l'unico pulizia è stata la semplice sostituzione dei boss per via elettorale, che poi chiamarla elettorale ... è un eufemismo.

    Torniamo al focus, ai giorni nostri.
    Alcuni sport hanno scelto di regolare i panni sporchi con i silent warning (tennis. nuoto), altri con la protezione uguale per tutti (calcio).
    Il ciclismo ha aperto una strada diversa, forcaiola di facciata e lurida nella sostanza, e partire dal doping per trovare una soluzione sarebbe un grave errore. Mi spiego.
    Premesso che il modus operandi attuale puzza di ipocrisia in maniera totale, tanto che l'Uci si è fatta addirittura il tribunale in casa, alla faccia delle leggi antidoping dei vari paesi, ipotizziamo per assurdo che nel contesto attuale si arrivi a decidere di liberalizzare il doping. Cosa cambierebbe?
    Finirebbe sì il regime delle protezioni, sparirebbe l'ipocrisia sull'argomento, chiaro, ma quanto cambierebbe la condizione dei ciclisti?
    A quel punto i ciclisti sarebbero sottoposti a esplicite richieste di fare quanto di più spregiudicato per ottenere risultati. I più forti sarebbero i più disposti a mettere a rischio la propria salute.
    I valori sportivi naturali sarebbero (comunque o ancora di più) soppiantati dall'influenza della medicina e della sperimentazione, perché a quel punto si attiverebbe logicamente una forsennata ricerca medica per soddisfare questa domanda prestazionale.
    Le condizioni di lavoro dei ciclisti e le loro possibilità di rinnovo dei contratti sarebbero legate completamente alla loro predisposizione ad accettare ogni più rischioso compromesso per perseguire il grande risultato.

    Credo di potere pertanto affermare che il doping sia solo un grimaldello che il sistema utilizza per appropriarsi dei ciclisti, sia esso libero o proibito.

    Prendere coscienza di questo aiuterà a puntare sul vero cancro del ciclismo: il sistema stesso.
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    Messaggio Da BenoixRoberti Ven Mag 13, 2016 8:51 pm

    Sono sempre più convinto, mio malgrado, che questo sport possa migliorare solo con l'apporto di persone che provengono dal suo esterno.
    C'è una congenita ipocrisia di fondo non solo fra i corridori, ma anche fra gli addetti e una insopportabile ipocrisia fra chi questo sport lo narra, ne conosce ogni retroscena, ma continua per ipocrisia narrativa a descrivere una favola che è morta, sepolta, violentata, uccisa nel suo dna.
    Sembra il giornalaismo de "La vita in diretta".

    Vicennati sulla sua pagina Facebook rivolto a Danilo Di Luca:

    Tristezza, per la vita tremenda che hai fatto. Puoi aver guadagnato milioni di euro, ma ti sei costretto a campare tra sotterfugi e aghi, bugie e calcoli da alchimista per non farti beccare. Ti sei portato dentro per anni una stanza segreta in cui custodire i peggiori segreti. Hai fatto fuori un matrimonio bellissimo e allontanato una donna eccezionale, non hai potuto parlare sino in fondo con le persone che ti stavano attorno. Se ti fermi a rileggerla questa storia, come puoi esserne fiero? Tristezza.
    Rabbia, per tutte le volte che mi hai preso in giro. Dicono: «Che cosa avrebbe potuto raccontarti? Se ti avesse detto del doping, avrebbe rovinato l'amicizia, perché ti avrebbe costretto a scrivere». Probabilmente è vero, ma era davvero amicizia? Rabbia.
    Rammarico, per non aver colto l'unica occasione in cui in realtà mi lasciasti intravedere qualcosa: ricordi? Campo Imperatore, giugno 1999, una ventina di giorni dopo Campiglio. Un gruppo di giovani corridori in ritiro e proprio mentre andavo via dalla montagna, quella frase urlata dalla bici attraverso il finestrino: «Scrivilo, i primi a essere contenti che sparisse l'epo saremmo noi campioni. Vinceremmo di più e più facilmente». Ora posso dire che quella era un'ammissione. La scrissi. Pensai fosse un concetto generico, invece era un'ammissione. E come sempre in quegli anni, non se ne fece nulla. Rammarico.
    Malinconia, per il declino dell'uomo. Eri un grande, da seguire e raccontare. Sfrontato. Forte. Incazzato. Magari non avevi il motore dei più forti, ma due palle così che ti avrebbero permesso di vincere anche senza prendere nulla. Marzoli ha ragione alla fine del libro: la Liegi la vincevi anche come mamma t'ha fatto. Il Giro no, ma perché non farsi bastare le classiche? Malinconia.
    Fastidio, quando sento parlare di pulizia. Perché si pretende la pulizia soltanto dagli atleti di questo sport, quando la si è dimenticata in ogni altro angolo della vita moderna? Che cosa significa: pulito? C'è un mestiere da fare e ci sono regole da rispettare, punto. Il resto è la solita ipocrisia. L'ipocrisia che spinge oggi a esaltare coloro che hanno smesso per non doparsi e che invece, nei giorni del ritiro, venivano indicati come corridori di scarso talento che avevano trovato la scusa giusta. La stessa ipocrisia che adesso spinge a puntare il dito contro l'ingenuo, perché tale sei sempre stato, che ha scritto l'ennesimo libro. Ma poi, perché cavolo l'hai scritto? Qual era il tuo obiettivo? Sarebbe stato bello lo avessi scritto. Fastidio.
    Malinconia, nell'assistere al declino disperato e disperante. Penso a tuo padre e a quelle tre dita che gli mancano. Penso alla sua schiena ingobbita. Capisco la voglia di emanciparsi e guadagnare più di lui, capisco la determinazione e la voglia di arrivare. Non riesco a farmi scendere il tradimento di quelle origini umili e dei valori che ti sono stati passati. Malinconia.
    Rabbia, di nuovo, nel leggere di come tutti abbiano assecondato la tua follia, perché di follia s'è trattato. La riunione con Corsetti e Zorzoli che ti avvisano che c'è un sospetto uso di epo. Callari che si limita a chiedere se state tranquilli. E poi Carlo, di cui dico poco perché so che sta male e mi va di rispettarlo. Se davvero vuoi bene a qualcuno, non gli spieghi il modo per distruggersi. Rabbia.
    Stizza, per non aver creduto a Luca Scinto (che avrà pure tante colpe, ma proprio grazie ad esse sa vedere cose che io non coglievo) quando mi disse di averti guardato negli occhi prima di riprenderti e di aver capito che eri certo di poter fare come sempre. Forse sarebbe stato meglio se avessi smesso prima. Stizza.
    Rammarico, perché proprio nello scrivere questo libro avresti potuto mostrare il vero Danilo, quello che in realtà ha una sensibilità, che ha sempre nascosto dietro la maschera da killer. Non ci credo che non ti dispiace di come è finita, non ci credo neanche un po'. Quando un sogno si sfascia a questo modo, il segno te lo lascia dentro. Sarebbe stato bello che nel momento in cui ti sei consegnato alla gogna mediatica, avessi mostrato la consapevolezza di aver buttato via il tuo talento. Rammarico.
    Tenerezza, pensando al ragazzino che batteva tutti i bimbi dei dintorni. Era ancora tutto da scrivere, non avevi ancora deciso di scriverla col sangue. Tenerezza, già...
    Gratitudine, per aver ammesso di averci mentito. A un certo punto ti viene la colpa per aver raccontato qualcosa di poco vero. Ho vissuto tutta la tua traiettoria, non mi sono perso una tappa. Il Regioni delle tre tappe nel 1997. Il campionato italiano del 1998. Il Giro dei dilettanti dello stesso anno. Le vittorie da pro' fino a quell'ultima domanda nella stanza di Dimaro.
    «Danì, l'hai fatto davvero?».
    «No, ti dico che non ho fatto niente...».
    Fatica, infine, con la quale anche questa volta mi tuffo in un nuovo Giro d'Italia, chiedendomi a cosa credere e a cosa no. Qualcosa avrò certamente dimenticato, qualcosa mi verrà rinfacciato ancora: sentivo di dover scrivere queste parole, essendomi sentito tirato per la manica. Non ho mai capito se abbiate pensato di fare del bene a questo sport, prima dopandovi e poi raccontandolo. Ma se ancora c'è gente che viene a vederli passare, spero si imponga la consapevolezza che quella che hai narrato è stata la triste storia di Danilo Di Luca. Dire che tutti gli altri facevano lo stesso è il modo più vigliacco per attenuare la tua colpa. E tu per quel che ricordo non sei mai stato un vigliacco. Oppure ho sbagliato anche stavolta?
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    Messaggio Da leonzi Ven Mag 13, 2016 10:59 pm

    Sì Vicennati, sbagli anche stavolta
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    Messaggio Da BenoixRoberti Sab Mag 14, 2016 1:34 pm

    Le parole di Vicennati hanno scatenato un putiferio.
    Per alcuni il curato ascolano è un idolo nel suo ruolo di predicatore buonista (dove i buoni sentimenti sono venduti al Kilo e dove la retorica si spreca come l'olio di frittura).

    Per altri è solo una testimonianza dall'interno del "sistema", dipartimento "media".

    Restando ai media, colpisce la innovativa franchezza di una trasmissione televisiva, purtroppo solo di una tv locale.



    Segnalo altri pezzi di benedetto giornalismo fuori dal coro del sistema ipocrita.
    http://www.ciclismo-online.it/2016/05/06/iene-accpi-due-a-zero-e-palla-al-centro/
    http://www.ciclismo-online.it/2016/05/10/tutti-ostaggi-e-ricattabili-cosi-il-sistema-usa-lantidoping-per-spartire-il-potere/

    http://www.ovettodicolombo.it/danilo-di-luca-libro-caso-pantani/
    http://red-live.it/2-senza/tenquestion/bestie-da-vittoria-intervista-a-danilo-di-luca
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    Messaggio Da BenoixRoberti Sab Mag 14, 2016 7:09 pm

    Un plauso anche a Paolo Colombo per l'intervista verità senza pennellate di ipocrisia.