http://www.gazzetta.it/Ciclismo/26-07-2013/inchiesta-anti-doping-senato-francese-perche-sempre-ciclismo-20852094351.shtml
di Pier Bergonzi
LA FRANCIA COME L'ITALIA
Il #doping di Stato, l'Italia come la #DDR. L'ipocrisia e l'accanimento contro il #ciclismo
Negli anni 80 lo sport italiano in crisi di risultati decise di affidare il proprio destino ad un pool di medici e ricercatori dell'università di Ferrara. Era quello il periodo dell'auto-emotrasfusione.
Decine di atleti di diverse federazioni sportive (nuoto, ciclismo, atletica, sport invernali e probabilmente anche altre) furono "potenziati" dalla macchina da guerra ferrarese.
Coloro che si rifiutarono di accettare il trattamento furono anche costretti a smettere (es. nuotatore Giovanni Franceschi).
La ricerca ematica in generale ebbe in quel periodo un fortissimo sviluppo e fece il suo ingresso la famigerata epo.
Il Coni per anni finanziò il trattamento dei suoi migliori atleti, ovvero della migliore gioventù sportiva di questo Paese. Le medaglie arrivavano copiose ed i dirigenti si gongolavano per i risultati ottenuti dai loro beni strumentali, gli atleti.
Le macchine sportive garantivano medaglie e tutto filava liscio.
Se alla migliore gioventù viene fatto capire dal vertice dello sport che certe pratiche sono necessarie per vincere, e che le sostanze non sono rilevabili ai controlli, cosa dovevano capire i ragazzi di allora che volevano fare sport e sport professionistico?
Capirono tutti la stessa cosa, come era normale che capissero. Non serviva la cultura per comprendere che senza la cura non si andava da nessuna parte.
Chi aveva insegnato loro tutto questo? Chi glielo aveva dimostrato coi fatti e con i grandi miglioramenti?
Furono i ciclisti a dare il là all'epo generalizzata? O è più corretto dire che furono coloro, dirigenti federali e del Coni, che li spinsero, per non dire obbligarono, alla cura spiegandogli implicitamente che quella sostanza/e non era rintracciabile?
Quando i ciclisti stessi cominciarono ad esprimere le loro preoccupazioni per la loro salute, il mondo dirigenziale dello sport inventò il "doping fino al 50%", celebrando uno dei picchi dell'ipocrisia.
Poi, verso la fine degli anni 90, si ebbe una Cima Coppi dell'ipocrisia: l'utilizzo vergognoso degli atleti trovati a sforare il 50% (sulle cui rilevazioni sarebbe meglio stendere un velo pietoso) ai fini di immagine dei dirigenti stessi.
Coloro che per anni avevano affidato i migliori atleti nelle mani dei manipolatori sanguigni si ergevano a paladini dell'antidoping. Dopo 15 anni questa ipocrisia non è ancora cessata e FRANCAMENTE LA MISURA E' COLMA.
A che gioco stiamo giocando? Perché il ciclismo è regolarmente utilizzato come capro espiatorio ed è stato svenduto per mostrare un falso, falsissimo antidoping, che negli sport a diretto controllo delle federazioni centrali del Coni è quasi inesistente?!
Anche la Magistratura è ormai a conoscenza delle coperture di certi atleti nello sport e lo stillicidio verso il ciclismo è ormai inaccettabile.
A capo del ciclismo devono esserci persone del nostro sport e non concessionari del Coni, che si prestano ad ogni esigenza ipocrita di quella struttura. L'era petrucciana deve finire!
E' inaccettabile, come affermato da uno dei massimi dirigenti dell'antidoping, che la ricerca del doping debba essere fatta "nelle discipline a rischio".
Chi afferma queste idee è un uomo che lavora per la Wada, per l'antidoping italiana ed è uomo di ... calcio (ex medico della Roma).
Per la cronaca è il Prof. Pigozzi che è stato il relatore della tesi di laurea del nostro presidente federale Renato Di Rocco.
Il ciclismo non si può più impecorire così davanti a tesi sulla diffusione del doping che fanno acqua da tutte le parti e che sono il trionfo dell'ipocrisia e della falsità ideologica. La realtà è altra.
Ed è inaccettabile che si possa distruggere la memoria di persone che non ci sono più e non si possono difendere, che in vita scrissero chiaramente "andate a vedere cos'è un ciclista".
Coloro che un tempo imposero e diffusero, oggi pretendono di imporre il cambiamento, la morale ed una nuova cultura sportiva!
Nonostante la mole incredibile di fango gettata su questa disgraziata disciplina, agli ultimi Giri d'Italia e Tour de France c'erano milioni di spettatori (quasi un milione sulla Alpe d'Huez).
Chi ha coraggio, chi ha a cuore lo sport, chi ha a cuore il nostro ciclismo, chi conosce i fatti e la storia vera di questo sport deve parlare!!!
L'invito è rivolto a tutti i ragazzi degli anni 80 e 90, la "generazione epo", che tanta superficiale stampa sta letteralmente linciando mediaticamente, nel disegno tracciato da questa ipocrita ed impresentabile dirigenza
sportiva.
PARLATE, ORA O MAI PIU'!
A nessuno deve più capitare ciò che è successo a voi.
La gente di sport, la gente vera ha capito e capirà.
Nessuno può disprezzare il vostro valore sportivo.
Ps. Ai puristi etici è concesso di dire che queste parole sono il solito vittimismo dei ciclisti. Non è però concesso loro di ignorare i fatti e le vicende che coinvolgono i dirigenti immondi per cui gli stessi operano e diffondono veleni (inconsciamente o deliberatamente in modo interessato).
Ultima modifica di Admin il Ven Nov 22, 2013 2:36 am - modificato 2 volte.