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    L'ANGOLO DE' RISTORI CICLOINTELLETTUALI

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    Messaggio Da Admin Lun Lug 29, 2013 8:39 pm

    Promemoria primo messaggio :

    "L'Angolo de' Ristori Ciclointellettuali" by CarLemond.
    Apro questo 3D da dedicare in gran parte ad un amico conosciuto in rete, nella rete che non ha età, nazionalità e sempre meno barriere linguistiche. A parte quelle che il bischero Lemondaccio ci imporrà con la sua verve franco-empolese.
    Lemond, come tutti i personaggi, ha idee sue originali e discutibili (mi focalizzo su discutibili) e quindi apriamo la ... discussione.flower


    Ultima modifica di Admin il Dom Ago 04, 2013 1:00 pm - modificato 3 volte.

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    Messaggio Da Lemond Mer Dic 17, 2014 2:21 pm

    Diario di B.B.

    3 ANNI DOPO...

    Mortirolo 2004-06-16
    L’atmosfera e l’attesa erano come quelle delle importanti gare. Si,lo ammetto. Quella mattina ero emozionata e un po’ me la facevo sotto perché dovevo vincerla quella gara, forse la più importante degli ultimi tempi. Dovevo battere quella Beatrice! Lei che non badava a spese (soprattutto quelle fisiche) e al tempo (e non solo meteorologicamente parlando) pur di allenarsi, pur di avere pace con se stessa per la preparazione fisica. Le gare…. Già il sabato sera era gara. Già quel sabato a Edolo era Mortirolo. Avevo davvero paura di soccombere a quella stronzetta della “vecchia” Beatrice il cui ricordo mi assillava. La rammento sulla regina delle salite, nel ’98, forse un po’ più allenata, ma meno furba dal punto di vista ciclistico. Forse più strafottente e irriverente per le salite, ma meno esperta. Me la ricordo con una gran voglia di scendere ad ogni curva, sudatissima, affannosa, sola, assetata, indurita dai muscoli doloranti e dalla smorfia di fatica. “Mah! Se ho sofferto allora, figuriamoci questa mattina, ho pensato appena sveglia mentre ì Chia' apriva le imposte delle finestre e ì Nucci dava gli ultimi sussulti di russamento. Combattuta tra la meno faticosa salita del valico di Trivigno e il vero Mortirolo, mi ritrovo per ultima a scegliere quale via fare. “Certo Elia sa che maman scala il Mortirolo. Bella figura ci faccio se scelgo Trivigno!”. “Sbrigati a scegliere”- quasi urla ì Caparrrini. Traccheggio con la scusa di telefonare a Maurino ma i secondi passano e i gruppi (Mortirolo vero si, Mortirolo vero no) si sono già formati. Solo la voce di Roberto mi porta alla realtà e mi invita a provare..” Se ce la fai!...” Istintivamente raccatto da buon guerriero la sfida e parto. In quel momento ho sentito,il via, il “la”. La fresca discesa dell’Aprica, Maurino che ci raggiunge,il raggio rotto del Tempestini, le risate di zio, il ciclista che mi aizza, il falso Stelvio che ho fatto filmare da Maurino,la pisciatina, il mercato dei vitelli.. tutto è festa, tutto è riscaldamento. Eccomi Mortirolo.
    Non so com’è; il secondo parto, dice sia più facile, comunque più corto del primo. Il Mortirolo targato ’98 l’ho paragonato ad un parto e di sicuro lo è stato, anche quello del 2004 ma più veloce, più fresco, più equilibrato. La sorsata d’acqua alla fonte di Mazzo ha benedetto tutti e sei i componenti della spedizione ma credo, e mi piace pensarlo, che il Mortirolo mi abbia chiamato come fu per la prima volta. Ho sentito la salita che mi diceva” Vieni, sali, ti aspetto”. E’ vero, ho pigiato fin dall’inizio ma le gambe c’erano e giravano bene. Me lo ricordo tutto, tutto, tutto. Me lo ricordavo anche più bruttino. Invece i colori, la giusta temperatura, il sole brillante, facevano un panorama da cartolina. La curvona che non finiva mai, la casetta solitaria nel bosco sulla sinistra, il bosco fitto, il Plan dell’acqua, il muretto sulla destra, la curva Bugno, la parte finale dei protoni… Le scritte per lui che da lassù, sono convinta, mi ha strizzato l’occhio e mi ha detto “Hai visto vecchia gallina brontolona, rompimento di coglioni che ce l’hai fatta? Io ero più bravino di te, però alla curva con l’alberone hai un’ora e 14 minuti; ben quattro minuti in meno dell’ultima volta. Sai, io ne ho impiegati 48 di minuti ma … sono un’altra storia!! Adesso vai, pedala fino a loro, sono lì che ti aspettano. Vedi, là c’è Roberto che ti fa la foto e il Caparrini che attende il tuo urlo - Record! Record!- Siete stati tutti bravi, tutti, anche quel ragazzo con la vespa che vi ha seguiti e filmati fino a qui. Io sarò sempre con i ciclisti, vivrò in queste scritte, nei vostri ricordi, sulle vostre bandane, nei vostri scatti. Buona vita a tutti voi” Quando il Pirata ha smesso di sussurrarmi quelle parole ero già in mezzo a loro a bischereggiare, a ridere e a farmi la dovuta e meritata foto sotto l’insegna di legno.
    Zoncolan o Mortirolo? E’ un po’ come quando siamo innamorati di due persone contemporaneamente.




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    Messaggio Da vallelvo Mer Dic 17, 2014 3:42 pm

    ....i piedi a terra nooo, sempre ben saldi sui pedali, allora complimenti! Smile
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    Messaggio Da Lemond Ven Dic 19, 2014 9:53 am

    Il mio amico Dante (inferno 7)

    Dall'alto, al barlume delle fiamme eterne, vedo in fondo alla buca uno spaventoso groviglio di serpenti fra cui si aggirano dannati disperati. Non avrei mai immaginato che i ladri nella VII bolgia subissero una pena così devastante! Sì, perché essi hanno le mani legate da serpenti al tergo che si ficcano nelle reni formando un intrico sul petto. Quando poi vedo uno dei dannati trafitto da un serpente tra collo e spalle trasformarsi in un rettile e poi riprendere forma umana, rimango inebetita come paralizzata! Si tratta di un noto ladro, Vanni Fucci, che rubò gli arredi sacri di S. Iacopo in Pistoia, come dice a Virgilio, inoltre prevede a Dante sventure “politiche”. Fucci ha l'ardire di bestemmiare Dio, ma viene subito avvinghiato da vari serpenti. Ora non mi resta che arretrare vicino ai due poeti: arriva al galoppo un centauro con la groppa piena di bisce e un dragone colle ali aperte. Virgilio ci dice che è il Centauro Caco, che è a guardia dei ladri perché lui stesso rubò gli armenti di Ercole, che poi l'uccise.
    Certo, per i ladri di oggi , non basterebbero i rettili di tutto il mondo, e la bolgia risulterebbe poco capiente! (E' una “benignata !”)
    Ora vedo avanzare, forse strisciare forse traballare, un mostro composto da serpenti attorti da cui escono arti umani volti: è veramente un effetto specialissimo! Si tratta di 5 ladri fiorentini (Cianfa Donati,Agnolo Brunelleschi,Buoso degli Abati,Puccio de' Galigai, Francesco de' Cavalcanti) intrecciati a serpenti: si trasformano in rettili emettono fumo e poi riprendono forma umana ... o forse non del tutto! Dante inviperito: Godi Fiorenza poi che se' si grande che per mare e per terra batti l'ali e per lo inferno tuo nome si spande! Tra li ladron trovai cinque cotali tuoi cittadini... Non ci posso credere, esclamo io, allibita. Tu vere simplex puella! Mi fa Virgilio ironico. Anche sulla terra mi chiamano Baccella, quindi non me la prendo. Ora con i due, come al solito mi arrampico su per una roccia, al culmine si vede il fondo della VIII Bolgia, dove sono puniti i consiglieri fraudolenti. In fondo al vallone ci sono migliaia di lucciole, come per i campi durante l'estate. Scendiamo, ci avviciniamo: sono fiamme dentro cui si danna un peccatore, così ci spiega Virgilio. In ogni bolgia c'è sempre qualcosa che ci stupisce, per esempio una fiamma biforcuta. Ci sono dentro due mali consiglieri greci: Diomede ed Ulisse che insieme, con le parole, ingannarono il prossimo. Suggerirono la costruzione del cavallo (di Troia), spinsero Achille ad abbandonare Deidamia per la guerra, rapirono il Palladio di Troia (statua di Pallade Atena che Giove dette a Dardano progenitore dei troiani, perché proteggesse la città).
    Si vorrebbe parlare con i due dannati, ma ci accorgiamo che la punta maggiore della fiamma si agita come se volesse subito raccontarci la sua storia. Noi rapiti l'ascoltiamo. Ulisse dopo essere stato per più di un anno presso Circe nell'isola Ea presso Gaeta, per conoscere il mondo e gli uomini, nulla lo trattenne, né l'amore per il figlio Telemaco, che neanche conosceva, né la pietà del padre Laerte, né l'amore della Moglie Penelope. Dante ed io ci guardiamo negli occhi, quasi increduli che un uomo abbandoni tutto e tutti per soddisfare il desiderio di conoscenza di altri luoghi, popoli etc, ma per Ulisse questa era la sua vera passione: viaggiare. Per noi no: Dante costretto a lasciare Firenze, io “abbandonata” per le scelte, magari giuste, di alcuni parenti. Saluti e tante scuse Anna Bini





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    Messaggio Da Lemond Sab Dic 20, 2014 9:14 am

    Diario di B.B.

    ANCORA 3 ANNI DOPO...
    Cortina 26-28/05/2007

    Sembrava una gita scolastica e invece….
    Vorrei poter dire, a caldo, quello che mi è rimasto dentro e quello che ho provato durante i giorni del giro. Probabilmente non ci riuscirò perché molte cose rimarranno prigioniere della memoria e incapaci di raggiungere la libertà di essere lette fino in fondo. La Bertelli ha il ruolo di rompicoglioni, si sa, perché scherzando seriamente, dice quello che le passa per la testa. Poi fa sempre come vuole il gruppo, perché ai componenti è affezionata, ne sente la mancanza quando non può essere con loro e, alle loro spalle, ne dice sempre un gran bene. Ma cos’è successo veramente all’Empolitour? Erano odiosi durante la prima uscita verso Dobbiaco. Avevo vicino i’ Goti che non vanta un gran chilometraggio ciclistico e, per non perderlo subito, cercavo di limitare i danni chiacchierando un po’ con tutti per rendere la pedalata il più possibile adatta a lui. Me la vedevo buia! Si è avvicinato un arrancante Giovanni che mostrava i primi cedimenti (i’ Goti non lo vedevo più). “Dai, vieni, stammi dietro che rientriamo nel gruppo”- dico al torinese al quale, a suo tempo, sul Courchevel ero riuscita a salvargli le gambe. Le mie narici già fumavano e le orecchie si apprestavano a fare altrettanto. Quando li ho visti in fila indiana che tiravano come dannati e soprattutto senza motivo, senza pensare alla bellezza di stare insieme, di fare due chiacchiere, di rilassarsi un po’, mi hanno suscitato un misto di rabbia/ nausea che non ho potuto fare a meno di lasciarmi andare a una ennesima sfuriata. Poi nel gruppo sento mugugnare che l’andatura è troppo accelerata, che si potrebbe andare più piano e che si esagera sempre un po’. Ci vuole la solita Bertelli per accorgersene? A quel punto li ho osservati meglio e posso dire che si dividono in quattro categorie
    A) Quelli che si sentono atleti, ovviamente non lo sono e non assomigliano a tali persone nemmeno lontanamente (mi verrebbe da usare il singolare ma non oso farlo)
    B) Quelli che pur di seguirli si dimenticano della vera natura dell’Empolitour
    C) I’ Chiarugi , che non si sente un atleta pur essendolo, ma che ha dei vuoti di memoria circa la natura del gruppo
    D) La Bertelli che riesce a vedere i fiori, le belle vallate e che grida, durante la discesa del Falzarego” Belle le mie montagne”. Potrebbe appartenere a questa categoria anche i’ Pagni, ma non c’è mai!
    A ogni modo i tre giorni passati con i miei amici ciclisti sono stati veramente belli e hanno lasciato dentro di me immagini, suoni e colori che metterò in ordine sparso nella mia memoria.

    COLORI
    - Il serpentone bianco-azzurro che si snodava verso Dobbiaco era molto suggestivo al punto che un signore al bordo della strada ha scattato una foto.
    - Enrosadira: colore rosa tipico delle Dolomiti. La sera del sabato, mentre salivo in solitaria (e il resto del gruppo dove sarà?) al lago Misurina, ho avuto la fortuna di vedere questo colore perché un raggio di sole illuminava una delle tante vette. Indimenticabile.
    - Il grigio della pioggia delle Tre Croci, in compagnia del dott.Borchi, di Ivanoe (senza l’accento!) e di altri Tortellini, ravvivato da un urlaccio: “O Beatrice, tu se’ sempre ni’ mezzo”. Erano amici di Fibbiana e Montelupo che già l’anno scorso salutai sul Colle San Carlo. Ganzo!
    - Il rosa della maglia di Di Luca, il rosa delle scritte per terra, il rosa dei palloncini, il rosa del nastrino al collo del giornalista Capodacqua che ho conosciuto sul passo Giau e col quale ho scambiato delle battute niente male…
    - Il bianco dei capelli di’ Goti che, come sempre, ha ravvivato la compagnia.

    IMMAGINI
    - Il panorama mozzafiato delle Tre Cime. Stop. Ogni parola è superflua e non renderebbe giustizia alla bellezza delle montagne. E non c’era il sole…
    - La discesa del Falzarego. Non ho battuto il record di velocità (72 km/h) ma è stato un momento di pace, leggerezza e serenità. Non c’era l’ombra di una macchina e la bici andava da sola. E’ stato lì che ho urlato alle montagne “Belle”.
    - La telefonata che ho fatto, mentre salivo il Giau, alla mia scuola e in particolare al prof Guidi amante del ciclismo. Ho sentito il tonfo: è schiantato d’invidia!
    - Le “strippate” al ristorante “La Tavernetta”
    - Gli immancabili, inossidabili, indistruttibili, insostituibili Torcini-Marchetti.
    - “ Dura all’inizio, dura a metà e dura alla fine”…la salita del Giau fatta insieme a Remo è stato forse il momento più impegnativo. E’ vero, mi c’è rientrato anche di telefonare alla scuola, ma gli ultimi cinquecento metri non finivano mai. La rifarei subito!!
    - Le risate che mi hanno fatto fare i’ Tempestini e i’ Traversari con il tormentone della Taurina. Esilaranti.
    - La prima ora del viaggio di ritorno. Un silenzio… ogni tanto mi voltavo e li vedevo completamente persi tra le braccia di Morfeo. Che òmini!

    SUONI

    - Il mio respiro che ascoltavo lungo la salita delle Tre Cime: frequente ma regolare.
    - “Senti che silenzio” mi ha detto Remo mentre salivamo il Giau. Forse il più assordante.
    - Il silenzioso Boldrini che non è riuscito a levare un filo di voce per salutare i’ Borchi e la sottoscritta perché doveva fare la salita a tutta. Poverino, era messo proprio male!
    - L’allegra baldoria ridanciana prima, durante e dopo la lettura delle recensioni del Caparrini. Pochi lo ascoltano e alcuni dormono, ma senza quel momento che giro sarebbe?
    - Il vocione di’ Goti che mi ha tormentato per tutto il viaggio

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    Messaggio Da Lemond Dom Dic 21, 2014 9:17 am

    Il mio amico Dante (inferno 8)

    Dal giornale di bordo di Ulisse: con pochi compagni vecchi e tardi, decisi a seguirlo in nome di virtute e conoscenza, su una barca, forse costruita in fretta e furia per non ascoltare il richiamo dei sentimenti famigliari, navigò il mediterraneo,visitò la costa europea della Spagna, quella Africana fino al Marocco, poi la Sicilia, la Sardegna e altre isole di quel mare. Eppoi, gira e rigira, andò fatalmente verso le colonne d'Ercole, (si dice che i monti Calpa in Europa e i monti Abila in Africa, delimitano lo stretto di Gibilterra). Quando Ercole in una delle sue fatiche, il rapimento dei buoi di Gerione re di Tartesso in Spagna, arrivò sull'Oceano spaccò in due la cima di una montagna affinché il mediterraneo si unisse all'oceano Atlantico. Poi sui due tronconi eresse due colonne, fissando il limite oltre cui nessun uomo poteva andare. il nome Gibilterra deriva dal governatore islamico Gebel Tariq che conquistò la Spagna, partendo proprio dal capo dove era approdato nel 710. A questo punto Ulisse esortò i compagni a osare, e oltrepassare il limite umano. Coraggio da leoni!! Vissero infatti navigando verso l'emisfero australe non un giorno da leoni, ma 5 mesi... improvvisamente si parò davanti a loro una montagna altissima, che lì per lì li rallegrò, ma da questa si levò un turbine, tipo onda anomala, che avvolse la barca degli audaci esploratori, la fece girare su se stessa trascinandola sott'acqua e il mare si richiuse inesorabile su di loro. Sono presa da una grande angoscia: l'uomo impotente di fronte all'ignoto, ma mi accorgo che i due vati stanno parlando con un'altra “fiamma”. Si tratta di Guido di Montefeltro ... la sua è una storia veramente incredibile, in cui ha una parte fondamentale la nequizia di Bonifacio VIII. Guido infatti si fece frate, per espiare le sue colpe e tutto sarebbe andato per il verso giusto se non fosse intervenuto il nefando ed astuto Bonifacio, che, in guerra con i Colonna, chiese consiglio a Guido, già esperto stratega, per atterrare la rocca dei nemici: Palestrina. Il malcapitato un po' incerto, fu rassicurato dal papa che lo assolse prima di commetere il peccato. La rocca fu conquistata e poco dopo Guido morì. Venne a prenderlo S. Francesco per portarlo in paradiso, ma un diavolo sopraggiunse e spiegò a Francesco che Guido era stato assolto prima di peccare e senza pentimento, quindi portatolo davanti a Minosse, che si attorse 8 volte la coda intorno al corpo, fu buttato giù nell'ottava bolgia come consigliere fraudolento. Quello che capita nella IX bolgia è indescrivibile!! Se tutti gli uomini caduti nelle varie guerre mostrassero le loro mutilazioni non darebbero uno spettacolo uguale a quello che si vede giù nella bolgia dei Seminatori di discordia, che girano per la valle e passano davanti a un diavolo che con una spada li “accisma” cioè li squarta o li ferisce profondamente... il "bello" è che le ferite si rimarginano e tutto riprende eternamente! Ridotto malissimo è Maometto: spaccato dal mento in giù tanto che le budella penzolano fra le gambe (produsse una scissione religiosa) ... e che dire del suo genero Ali con la testa spaccata in due, e di Mosca dei Lamberti con le mani mozze (suggerì di uccidere Buondelmonte che non aveva mantenuto la promessa di sposare un' Amidei, indi provocò a Firenze la scissione fra Guelfi e Ghibellini)... Ma ora basta! Mi sembra di impazzire a vedere un dannato che regge con la mano la sua testa tagliata di netto, è Bertrand dal Bornio che istigò Enrico il giovane contro Enrico II d'Inghilterra. Saluti e “genetiche” scuse da Anna Bini


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    Messaggio Da Lemond Lun Dic 22, 2014 9:48 am

    Diario di B.B.

    Giro d’Italia 2008-06-03
    Mi aveva affiancato un pulmino pieno di ciclisti che mi incitavano a pedalare ma, con tutta sincerità, non avevo bisogno di quelle parole. Io so quando pedalo bene. E soprattutto so quando non voglio pedalare bene. E’ diventata una mia scelta in seguito ad un evento che poco più di un anno fa mi ha segnato molto e soprattutto ha segnato il mio modo di vedere le cose. Poi è arrivato il Torcini che mi ha quasi sussurrato” Ti trasformi tutte le volte che pedali su queste belle montagne”. E’ vero, divento la Bea di sempre, quella che si diverte a soffrire e a bearsi delle meraviglie della natura. Soprattutto sono venuta meno alla promessa che mi son fatta “poco più di un anno fa”: fermare i motori appena avverto la stanchezza, appena il mio corpo mi chiede di più. No, tutto questo non l’ho rispettato. Era più forte di me: Pampeago, Malga Ciapela. Il giro dei quattro passi! Lo ritengo mio territorio perché lì è nata la Bea ciclista. Dovevo gustarmi ogni momento, ogni curva, ogni discesa lontana dagli schiamazzi e dalle parole spesso a bischero che escono dalle bocche degli empolitouresi.
    Ma non è solo questa la motivazione per cui sono volutamente uscita dal gruppo. Il fatto è che non mi sono sentita parte di esso.
    E questa volta sono maledettamente seria.
    Tutto è nato nel ritorno da Pampeago. Ho cercato di tenere a bada il gruppo perché non si facessero prendere dalle smanie di prestazione sulla via del ritorno. E ci sono riuscita! Aspettando nei pressi di Moena coloro che si staccavano un po’ e mantenendo con urlacci costante la velocità. Poi, a pochi km da Canazei, abbiamo trovato la strada bagnata ed è stato uno sgretolio. Purtroppo ho trovato foglie secche e aggrovigliolate che si sono depositate su un ruzzolino del cambio, costringendomi a fermare la bici e ad impataccarmi le mani. Intanto il gruppo si allontanava sempre più, ma io, una volta rimontata in sella, speravo di vedermelo spuntare dietro la curva pronto ad aspettarmi. Siee! Niente da fare! Non so cosa mi pesava di più in quel momento. La delusione? La consapevolezza di valere meno che nulla? L’abbandono? La pioggia? Il rumore del cambio? Le mani sporche di morchiacciamaledetta? Ma peggio di ogni altra cosa è che, arrivati all’albergo, nessuno si era accorto del fatto che la Bertelli non c’era. Peccato!
    Peccato davvero. Adesso non ho più voglia di nessuno, ho voglia di stare da sola. Tuttavia spero che questa voglia mi ritorni al più presto, anche perché ci sono le montagne francesi da scalare e, se proprio questa voglia di stare con gli empolesi non arriverà in tempo, mi tapperò il naso per non sentire il loro puzzo e pedalare lo stesso in mezzo a loro.

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    Messaggio Da Lemond Mar Dic 23, 2014 9:25 am

    Il mio amico Dante (inferno 9)

    Quasi, quasi, Dante ed io ci vorremmo fermare, siamo psicologicamente spossati dallo strazio abominevole dei seminatori di discordia, ma Virgilio inesorabile ci esorta ad andare e noi ubbidiamo. Al culmine della solita roccia-ponte su cui ci siamo arrampicati, non si vede niente, ma si odono lamenti così strazianti che ci tappiamo le orecchie per non sentire, inoltre viene su dalla X bolgia un puzzo di membra marcite. E come se nella fossa infernale si fossero riuniti i morbi che in estate si sviluppano in val di Chiana, in Maremma e in Sardegna (si tratta per lo più di malaria che veniva curata in alcuni “spedali”, di cui il grande Dante mi aveva parlato, forse lui stesso c'era stato). Piano, piano ci rendiamo conto, scendendo, delle orribili pene a cui sono sottoposti i Falsificatori dell'ultima bolgia: la X. Sono coloro che falsificarono i metalli (alchimisti e spacciatori di monete), la persona (chi si è finto un altro per trarne vantaggio) e la parola; tutti sono oppressi e sfigurati da morbi ripugnanti come lebbra, rabbia, idropisia e febbre. Mi fermo ad ascoltare la storia di Gianni Schicchi
    (di lui mi parlò la nonna Emilia cultrice della musica di Puccini, che appunto musicò l'opera omonima). Questo dannato punito con la rabbia che più rabbiosa non si può, si finse Buoso Donati (già morto) per dettare morente un testamento a favore di se stesso e di altro parente, che lo pagò per questo. Si assiste ad una brutale zuffa fra Mastro Adamo, falsario di fiorini e Sinone che con parole false spinse i troiani a portare dentro le mura di Troia il famoso cavallo. Ma è tempo di andare, fra parziali tenebre. Si ode un alto suono di corno, forse così l'avrà suonato Orlando, per chiedere soccorso a Roncisvalle. Via via che procediamo ci appare sempre più nitida un'alta torre, così Dante ed io crediamo, invece Virgilio ci spiega che si tratta di giganti dentro un pozzo dall'ombelico in giù, e le spalle che emergono sembrano i merli enormi di una torre (Pare il castello di Monteriggioni coronato da torri). Uno dei giganti rivolge parole incomprensibili a Dante. Sfogati, contentadoti di suonare il corno! Lo apostrofa Virgilio. Ormai siamo abituati a tutto e voglio sapere chi è. Nembrot re di Babilonia che ideò la torre di Babele per giungere fino a Dio, il quale, per punire la presunzione degli uomini, fece loro parlare lingue diverse. Un'altra “montagna” umana è Fialte che osò ribellarsi a Giove, per questo è legato strettamente da catene. Siamo mezzi morti dalla paura , ma dobbiamo accettare l'aiuto del gigante Anteo che blandito da Virgilio, ci afferra e ci depone chinandosi sulla ghiaccia del fiume Cocito, cioè sull'ultimo cerchio dell'inferno; il Nono
    Dante invoca l'aiuto delle muse, perché da solo non riuscirebbe a trattare un argomento così difficile. Fatti pochi passi sulla zona spessa di ghiaccio, si sente una voce che ci ammonisce a non calpestare le teste dei dannati costretti sotto il ghiaccio. Per chiarire meglio , il IX cerchio è diviso in 4 zone : Caina (Traditori dei parenti); Antenora (traditori della patria); Tolomea ( traditori degli amici); Giudecca (Traditori dei benefattori). Tutti i dannati sono in varie posizione nel ghiaccio, gli ultimi immersi sotto il ghiaccio. Completamente intirizzita dal freddo, quasi senza accorgermene, precedo i due poeti , che si soffermano a parlare con alcuni e mi trovo davanti uno spettacolo inquietante, a dir poco, meglio dir sarebbe allucinante e sconcertante... Auguri a tutti voi con le mie più “festose” scuse, Anna Bini


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    Messaggio Da Lemond Ven Dic 26, 2014 9:13 am

    Diario di B.B.

    26 Maggio 2012
    Cepina, piazzola di parcheggio. Goti, Sabrina ed io partiamo ridanciani ma un po' emozionati alla volta dello Stelvio con i suoi 2758 m di altitudine.
    A causa del piccolo intervento avuto appena un mese prima della scalata dello Stelvio, temevo, come dice i' Chiarugi, l'eccessiva intimità con la sella. Le cose procedevano nel migliore dei modi e il mio spirito era in tutti i sensi nel più alto dei cieli. Sabrina pedalava al mio fianco ed ero felicissima di scalare per la quinta volta il Re Stelvio.
    Pedalata dopo pedalata mi ritrovo ai piedi dei primi tornanti che affiancano la cascata.
    Lo spettacolo è veramente degno di emozione.
    Ai bordi della strada ho visto una miriade di genziane, mi è sembrato di vedere inoltre le campanule e, nei pressi degli ultimi tornanti, ho notato dei piccoli astri alpini. Ebbene, mentre pensavo a tutto questo mi venivano in mente le parole della famosa canzoncina “Quel mazzolin di fiori...” Non mi meraviglio se nessuno di quei rospi di empolesi si è soffermato a notare tali bellezze perché la loro attenzione è rivolta o alla ruota dell'uomo da staccare, o al computerino, o all'orologio per vedere i tempi di ascesa e/o chilometraggio.
    E' stato allora che l'ho visto. Non era solo, vicino c'erano tre persone, due di fianco e una dietro. Ho letto sul dorso della maglia il cognome (che non ricordo) seguito dal nome Luca. E' un ragazzo paraplegico con due spalle da gladiatore che mezze bastavano per compensare quelle dei miei amici ciclisti. Spingeva con non poca fatica la sua carrozzina. Mi sono appena avvicinata e, salutandolo, l'ho chiamato per nome “Forza Luca , alé “.
    Ho continuato a pedalare e mi sono allontanata.
    In quel tratto ero sola, Sabrina era un po' indietro. Ho riflettuto molto sulla forza di volontà, sulle motivazioni che ci portano a volte ad andare oltre i nostri limiti: sfidare lo spazio, il tempo, i disegni che la vita ti prepara. E' stato così che nei miei pensieri sono entrati tanti personaggi, è arrivato Cristoforo Colombo, vicino c'era Bolt che correva a fianco della carrozzina di Luca. C'ero io che ho sfidato alcuni anni fa il disegno che mi aveva preparato la vita. Insomma mi son trovata in cima allo Stelvio piena di pensieri e con la voglia di tornare indietro e parlare un po' con Luca. Ma arriva Sabrina e i' Bitossi e poi gli altri.
    E poi i' Goti! Grande Goti.
    Luca non era più nei miei pensieri; c'era il Giro, il puzzo delle T.Max, i miei amici, e c'era il freddo che mi spingeva a tornare giù e trovare un posto “meglio” per godermi la visione della tappa. E così, via a tutta birra in discesa.
    Arrivata nel punto in cui la strada spiana l'ho rivisto! Luca stava facendo una sosta; Pagni e i suoi amici gli passavano una borraccia e delle barrette. Non mi sono persa d'animo, ho fatto un'inversione di marcia e sono tornata a salutarlo. Mi ha ricambiato il saluto con un sorriso carico di energia e simpatia. Ho parlato un po' con lui, gli ho fatto i miei complimenti e ho abbracciato quelle spalle, rubandogli quell'energia che era impossibile non avvertire standogli vicino. “Sei il più bravo fra tutti noi. Alé alé Luca”.
    Il serpentone dei tornanti, il panino, gli amici ciclisti che dormono, l'attesa della corsa, l'aver riconosciuto due o tre soli ciclisti, la divertente discesa fino a Bormio, l'arrivo a Tirano e la meritata cena.
    Oggi ha vinto Luca, primo indiscusso fra tutte le migliaia di ciclisti saliti fin lassù.
    I miei orsi empolesi avranno visto Luca? Nel dubbio ho preferito proclamare vincitori ex aequo Goti e Sabrina perché, chi per un motivo e chi per un altro, hanno avuto entrambi lo spirito di Luca.

    P:S Ho saputo proprio ieri che Luca, una volta arrivato al traguardo, è stato intervistato e applaudito a lungo.
    Mi sarebbe piaciuto essere lì e applaudirlo insieme a tutta quella gente.

     http://video.repubblica.it/sport/cosi-ho-scalato-lo-stelvio-in-sedia-a-rotelle/97205/95587
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    Messaggio Da vallelvo Ven Dic 26, 2014 2:46 pm

    Questi diari di B.B. mi portano indietro nel tempo. Le salite descritte le ho percorse in macchina, al seguito del mio compagno ed i suoi amici in bicicletta. Il volto di quei ragazzi, non più giovani era felicità vera per la conquista. 

    E' il passato! Ricordi, pensieri e sensazioni che rivivo, anche se diversi da quelli narrati da B. con tanta passione e simpatia. Mi divertono.

    Ho un ricordo. Tappa dello Zoncolan, giornata stupenda, forse era un altro Luca, non importa. Sicuramente un campione, un vero campione, soffrivo con lui. Aveva braccia possenti, su quel volto tanta fatica, gli amici lo incitavano, non voleva aiuti. La conquista di quella montagna era vita, abnegazione, un vero soldato. Ammirazione per quel ragazzo che non ho saputo avvicinare, è un mio limite. 

    Mi scuso per "l'invasione".
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    Messaggio Da Lemond Sab Dic 27, 2014 9:44 am

    vallelvo ha scritto:
    Mi scuso per "l'invasione".

    Vuoi scherzare? Anzi ... :clappps:
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    Messaggio Da Lemond Sab Dic 27, 2014 10:04 am

    Il mio amico Dante (Inferno 10)

    Ci sono,in una buca, naturalmente ghiacciata, due dannati; uno di questi alle spalle dell'altro lo addenta là dove il cervel si giunge colla nuca. Perché tanto odio? Il dannato cannibale solleva la bocca dal feroce pasto e racconta la sua storia, anche se non vorrebbe, ma se il rammentarla accrescerà infamia al traditore che rode quando Dante la racconterà su nel mondo, è pronto al lagrimevole argomento. Lui è Ugolino della Gherardesca fu signore di Pisa guelfo, ma l'arcivescovo Ruggeri ghibellino lo tradì, lo imprigionò con i suoi nipoti e figli nella torre dei Gualandi (o torre della Muda, cioè dove mettevano le aquile a mutare le penne) e lì morirono orribilmente. Per questo cruento e crudelissimo fatto fu detta poi torre della fame. Il mio amico Dante parla con altri dannati, ma io ho il presentimento di un incontro che mi “segnerà” per sempre.
    Siamo di fronte a Lucifero, imperador del doloroso regno, nella zona dei traditori dei benefattori. Satana gigantesco esce fuori dalla ghiaccia dal petto in su. La testa ha tre facce: rossa, gialla ,nera. Allegoricamente forse significano: odio, impotenza, ignoranza, in contrapposto all'amore, potenza e sapienza di Dio e alla divina Trinità. Sotto ad ognuna ha due ali , più grandi delle vele di una nave, che agitandosi originano il vento che ghiaccia il Cocito e ... agghiaccia noi tre! Nelle tre bocche stritola 3 traditori: Giuda, Cassio e Bruto.
    Caro Dante e sommo Virgilio tiratemi fuori da questo inferno ... non ne posso piùùùùù! E loro mi accontentano. Ci aggrappiamo ai peli folti di Satana e arrivati laddove la coscia s'attacca al fianco , Virgilio con noi avvinghiati si capovolge e ci depone sull'orlo di un buco, da dove si vedono le zampe di Satana penzolare nel vuoto. Siamo passati, come spiega Virgilio, dall'emisfero boreale a quello australe, abbiamo oltrepassato il centro della terra dove in un buco sta eternamente confitto il traditore dei traditori Lucifero, che per la sua ribellione Dio catapultò laggiù. La terra, per paura del mostro, si ritirò, fuggì sotto le acque dell'emisfero australe e formò la montagna del purgatorio. Spiegazione non molto chiara, ma io sono contenta di essere fuori, anzi vado di corsa dietro i due amici che si immettono in una cavità “natural Burella”. Si sente un rumore di acqua che scorre: è un ruscelletto che lambisce il cunicolo.Veniamo finalmente fuori dalla strettoia, attraverso un pertugio tondo. Sono scoppiata in un pianto di gioia dirotto ed ho abbracciato Dante, mi sono inchinata per rispetto a Virgilio. Non ci importa di riposare, perché ci aspetta il cielo chiaro. Le cose belle, le stelle significano che l'uomo libero dal peccato mortale può ambire alla luce del perdono di Dio... ”e quindi uscimmo a riveder le stelle”
    L'inferno è composto da 34 canti, perché il primo è una introduzione, Purgatorio e Paradiso sono di 33, per cui la Commedia è di 100 in totale; le tre parti terminano con la parola *stelle*.

    : e quindi uscimmo a riveder le stelle

    : Puro e disposto a salire a le stelle

    : l'amor che move il sole e l'altre stelle

    Se i due amici mi sosterranno, tenterò di salire la montagna del purgatorio ...

    Vi saluto con gioiose scuse Anna Bini


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    Messaggio Da Lemond Lun Dic 29, 2014 8:39 am

    il mio amico Dante (Purgatorio 1)

    Dante, Virgilio ed io siamo sulla spiaggia del purgatorio. Il mio amico “abbandona” la morta poesia dell'inferno, per raccontare un viaggio pieno di speranza; per questo ha bisogno dell'aiuto delle muse, specialmente di Calliope (dalla bella voce, che le Pieridi, figlie del re di Tessaglia, osarono sfidare nel canto e per questo furono tramutate in piche o gazze). Siamo in un'aria vagamente azzurrina, il pianeta Venere risplende da oriente. Essendo nell'emisfero australe possiamo vedere il polo antartico illuminato dalle 4 stelle della Costellazione della Croce del sud. E ora, meraviglia delle meraviglie, si presenta a noi un vecchio, barba e capelli brizzolati: Catone, il guardiano del purgatorio!
    Ci crede dannati fuggiti dall'inferno, ma Virgilio lo rassicura: Dante, per volere di Dio e la salvezza dell'anima, è già passato dall'inferno, ora visiterà il purgatorio. Quindi in nome di Marzia sua moglie, Catone lo lasci passare!
    Catone non ha bisogno di essere blandito, ma ordina a Virgilio di cingere Dante con un giunco liscio, e lavargli via dal viso lo sporco dell'inferno per poi presentarsi al primo angelo del purgatorio.
    Ma chi è Catone? Marco Porcio Catone (uccisosi a Utica nel 46 a. C.), accusò Catilina; parteggiò per Pompeo e quando si accorse della supremazia di Giulio Cesare, si uccise per non assistere al trionfo della tirannide. Vi chiederete come mai Catone non è fra i dannati suicidi ? Perchè Dante lo considera un mirabile esempio di uomo libero e perciò lo assolve e lo fa custode del purgatorio, dove le anime cercano la libertà dal peccato, per raggiungere dopo l'espiazione la gloria del paradiso. (Nota di Carlo Ristori, per quanto riguarda Catone Uticense, penso che Dante si sbagliasse nel considerarlo un esempio di uomo libero, era invece prigioniero del pensiero di suo nonno (il Censore) e nella sua breve vita ha avuto il tempo di odiare tutto e tutti, è sempre stato il più a destra nel partito degli "optimates" e nessuna riforma per lui era possibile se non il ritorno al passato, insomma un reazionario a tutto tondo; per quanto riguarda la tirannide, a Roma c'è sempre stata e già i Gracchi avevano provato a ribellarsi; la differenza con quella di Cesare è che prima era oligarchica e poi divenne monarchica)
    Andiamo verso il basso della spiaggia dove ancora il sole non ha sciolto la rugiada, Virgilio lava il viso di Dante, che riprende il colore naturale, poi coglie un giunco (che ricresce subito) con cui cinge Dante- Giunco simbolo di umiltà con cui l'uomo peccatore si dispone ad espiare le colpe. Il sole è già all'orizzonte e noi vediamo arrivare un angelo su un “vassello snelletto” e non possiamo sostenere la luce che emana. Approdato alla spiaggia fa scendere dalla barca più di cento spiriti che cantano In exitu Israel de Aegypto. Esse vedono Dante vivo e sono smarrite, incredule Una di esse si fa avanti, vorrebbe abbracciare Dante, ma invano. Si manifesta per Casella molto amico del poeta, e si meraviglia perché, essendo morto prima del 1300, solo ora giunga alla spiaggia del purgatorio? Casella spiega che le anime non dannate si raccolgono alla foce del Tevere, dove l'angelo nocchiero le preleva per portarle al lido del purgatorio. L'angelo sceglie a suo piacimento le anime e Casella è stato “imbarcato” soltanto dopo l'indulgenza del Giubileo del 1300. Dante prega Casella, se gli è permesso,di consolarlo cantandogli una canzone, proprio scritta dal vate “Amor che nella mente mi ragiona”.. Noi tre e le anime rimaniamo estasiati dal canto di Casella, dimenticando tutto. Sopraggiunge Catone, sdegnato per la negligenza delle anime, e le esorta al cammino verso l'espiazione. Esse si sparpagliano verso il monte, come i colombi intenti a beccare, se qualcosa li impaurisce, abbandonano il pasto e si sbandano...

    .Saluti e speranzose scuse da Anna Bini


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    Messaggio Da Lemond Mar Dic 30, 2014 9:33 am

    diario di B.B.

    LETTERA GOTIANA

    AL SIG. PRESIDENTE DELL’EMPOLITOURS (sic)

    Carissimo cronista dell’Empolitours, come sai ti stimo come atleta e per la tua penna sempre sagace pungente e divertente ma i fatti che hai descritto per il Giro d’Italia 2012 nei miei confronti non sono per niente veritieri. Qualche tuo collaboratore non ti ha informato bene della mia modesta performance.
    Stando alla tua cronaca si legge che il Goti ha asceso il S. Cristina nel furgone. Tutt’altro. Lo stentoreo Goti, l’ha fatto tutto fino all’ultimo tornante. E’ sceso solo quando il suo fido assistente gli ha detto che mancavano ancora altrettanti tornanti. Il Goti avendo nelle gambe solo 10000 Km. ha ben pensato di abbandonare per non cadere in acido lattico, dovendo il giorno successivo scalare l’impervio Stelvio. Il giorno successivo il Goti ha pensato bene di farsi portare dal suo fidato compagno in furgone fino a Cetina 7/8 Km. Da Bormio.
    Il Goti ha cominciato a pedalare con un rapporto 34/27 fino ai tornanti del 14% dove ha dovuto passare al 34/29.
    A 3/4 km. dalla vetta dello Stelvio è stato raggiunto da un tranquillo Bitossi che l’ha incoraggiato con un “Forza Goti” cosa che non è avvenuta quando è stato sorpassato da il transgenico Boldrini, che forse per la roba che aveva ingerito non l’ha neppure visto ne immaginato.
    Infine è stato superato nell’ordine dall’artistico Giunti, che anche lui l’ha incitato e infine dal Supremo Caparrini. Arrivato in vetta allo Stelvio, il Goti ha visto arrivare ancora il Chiarugi e qualche altro che non ricorda. Le malelingue che davano il Goti a bordo di una corriera non sono sportivi, vogliono solo denigrare il Goti, perché forse sono certi che non ci sarebbe stata storia con un Goti allo loro età e con tutti gli allenamenti e le cure mediche che fanno durante tutto l’anno, trascurando anche i loro doveri coniugali, così facendo non sanno che i Goti sono sempre in agguato per consolare le loro mogliettine.
    Vi ricordo che sono 69 le primavere, ma tiro i “rapporti” come se fossero 19.

    Sempre con Voi, fino a che i miei quercioli me lo permetteranno.
    In fede e con tantissima simpatia e stima .

    A.Goti
    RISPOSTA BERTELLIANA

    Caro canottiere dai possenti quercioli
    il tuo modo di scrivere, così schietto e pungente, contraddistingue lo "stile Goti" sempre inconfondibile. Sicuramente si attaccheranno ai piccoli errori che hai commesso (sono mille e non diecimila i km che hai nelle gambe; Cepina, che non dista da Bormio 7/8 km ma un po' meno). Queste saranno solo delle puerili scuse per non ammettere il torto dello scrittore che si fida delle malelingue e riporta sulla cronaca del Giro dei benemeriti sfondoni.
    Tieni duro Goti e conquista in pace tutte le loro donne!
    Con grande sfida e simpatia
    La Bertelli che dice sempre le cose come stanno ed è per questo che sta sul culo a molti che occupano le alte sfere dell'Empolitour. Wink


    Lemond
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    Messaggio Da Lemond Mer Dic 31, 2014 8:26 am

    Il mio amico Dante (Purgatorio 2)

    Vedo Dante turbato dal rimprovero di Catone, ma ora è impaurito perché osserva la sua ombra, ma non quella di Virgilio. Quanta ingenuità! Virgilio è un'anima e non corpo, che fu sepolto a Napoli, portato da Brindisi per ordine di Augusto. Dante non sa spiegarsi certi misteri divini, come Platone e altri filosofi. E allora “State contenti umana gente al quia” Contentatevi uomini e non investigate sui perché, credeteci e basta! Ci avviamo su per un pendio, più ripido delle rocce liguri e vediamo venire da sinistra una schiera di anime, che si meravigliano di Dante: “è” vivo, dall'ombra che proietta. Virgilio come al solito spiega.
    Siamo nell'antipurgatorio che è diviso in 4 balze: negligenti scomunicati, ma pentiti; negligenti per pigrizia, lenti a pentirsi; negligenti morti violentemente, pentiti all'ultimo momento; negligenti che trascurarono lo spirito per i beni materiali, poi pentiti. Qui s'incontra un'anima, sconosciuta a Dante che si rivela per Manfredi, biondo bello e di gentile aspetto, con una ferita in mezzo alla fronte e una al sommo il petto. Manfredi di Svevia, figlio illegittimo di Federico II. Per il fatto di appartenere alla casa di Svevia, ebbe sempre nemici i papi Innocenzo IV e Clemente I, che gli contrastavano il potere di Napoli e della Sicilia, di cui era re dopo la morte del fratello Corrado IV. Scomunicato due volte, fu capo del Ghibellinismo italiano. Mandò rinforzi nella battaglia di Montaperti contro i guelfi fiorentini, vinta da Farinata degli Uberti. Fu sconfitto da Carlo I d' Angiò, chiamato dal papa contro gli Svevi e morì eroicamente a Benevento nel 1266. Lui ci racconta la sua morte, prima però raccomanda a Dante di far sapere a sua figlia Costanza la verità sulla sua fine: ferito mortalmente, si pentì dei suoi peccati. E qui siamo veramente indignati per quanto successe! Se l'arcivescovo di Cosenza e il suo mandante, papa Clemente IV, avessero letto il vangelo in cui si esalta la misericordia di Dio verso i peccatori, (nota di Carlo Ristori: nel Vangelo e nella Bibbia in generale si esalta altresì la vendetta e le punizioni per chiunque non si conformi al volere dell'altissimo signore e padrone del mondo  diavoletto ) certamente non avrebbero fatto disseppelire il corpo di Manfredi dal tumulo, eretto dai suoi fedeli, per buttarlo fuori del regno di Napoli come eretico, presso il fiume Garigliano, dove è lacerato dal vento e dalla pioggia. Manfredi precisa che anche gli scomunicati pentiti, possono ottenere il perdono di Dio. Questi peccatori devono stare nell'antipurgatorio trenta volte il tempo che vissero scomunicati. Inoltre prega Dante di invitare Costanza a pregare per diminuire la sua pena. Mentre ci inerpichiamo su per il monte, che ci appare altissimo, Dante mi esprime il disagio per l'interferenza di quel mio amico empolese: ora lui "sommo", lassù nei cieli, sa tutto lo scibile umano antico, presente, futuro, ma allora nel 1300 ciò che si poteva conoscere di scienze, astronomia, filosofia ecc, lui lo sapeva... e quindi è inutile correggere certe sue certezze. Dopo una lunga dissertazione astronomica, che il vate riferisce solo a me e a Virgilio, per non entrare in polemiche inutili, si sente sconfortato al vedere l'altezza del monte; chissà quando raggiungeremo la cima. Virgilio ci esorta a continuare .Si vede un masso dietro il quale stanno sdraiate, in atteggiamento di pigrizia, alcune anime. Una di queste tiene il viso chino fra i ginocchi, sembra che la pigrizia sia sua sorella. Si tratta di Belacqua, fiorentino, che fabbricava e vendeva strumenti musicali; si pentì proprio in punto di morte. Ora lui non si muove, perché deve scontare nell'antipurgatorio tanto tempo quanto ha vissuto..

    Saluti e auguranti scuse da Anna Bini
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    Messaggio Da Lemond Ven Gen 02, 2015 8:23 am

    Il mio amico Dante ( Purgatorio 3)

    Quel diavolino beffardo è proprio inopportuno nell'antipurgatorio, dove non vi è traccia di tali entità ! Comunque proseguiamo, le anime che incontriamo si meravigliano come al solito che Dante sia vivo! Ora siamo fra le anime morte violentemente, pentitesi all'ultimo momento, che subiscono la stessa pena dei negligenti “pigri”. Conosco tre “disgraziatissime” anime di morti ammazzati. La prima è Iacopo del Cassero, podestà di Fano, finito in una palude inseguito dai soldati degli Estensi e lì malamente ucciso. La seconda anima è Buonconte da Montefeltro, di cui non si riuscì a trovare il cadavere, dopo la battaglia di Campaldino. Il diavolo, umiliato dall'angelo che si portò via l'anima in seguito all'estremo pentimento, si vendicò del corpo, che fece trascinare da una tempesta apocalittica nelle acque dell'Arno e lì rimase per sempre. Un'altra anima è Pia de' Tolomei (secondo una delle tante leggende fu uccisa dal marito Nello Pannocchieschi signore della Pietra in Maremma, che si era invaghito di Margherita degli Aldobrandeschi), che ci dice molto concisamente “ Siena mi fe', disfecemi Maremma, salsi colui che 'nnanellata pria disposando m'avea colla sua gemma” cioè nacqui a Siena sono morta in Maremma. Cosa mi è successo dopo lo sa chi mi ha dato col fidanzamento e col matrimonio l'anello con una gemma preziosa. Dante è emozionato dal modo così conciso, e senza odio, con cui Pia racconta la sua storia. Si parla con altre anime e tutte chiedono preghiere in suffragio ai vivi per diminuire la loro pena. Ciò solleva dei dubbi in Dante, ma Virgilio lo conforta, dicendogli che tale argomento sarà chiarito meglio da Beatrice. Proseguiamo la salita e un'anima si avvicina e chiede chi siamo. Quando Virgilio dice di essere nato a Mantova, lo spirito lo abbraccia , perché anche lui fu di Mantova. Tale scena di amore patrio solleva una grande indignazione in Dante che inveisce contro l'italia e Firenze “ Serva Italia albergo di dolore per gli odi politici, bordello di vizi, luogo senza pace. Il codice di leggi di Giustiniano non è valso a niente: gli uomini di chiesa non lasciano all'imperatore il potere temporale, la sede dell'impero è vuota, anche perché l'imperatore Alberto d'Austria ha abbandonato l'italia come il padre Rodolfo. Dovrebbero venire a vedere le lotte fra le famiglie potenti italiane. Invece Firenze non ha nessuno di questi mali anzi é piena di giustizia, pace .., purtroppo non è vero! Firenze è come un'inferma che non trova requie, girandosi nel letto di dolore! Proseguiamo con Sordello da Goito, che fu poeta in lingua provenzale è ritenne Virgilio un grande maestro, ora è lì con noi e sarà la nostra guida finché gli è consentito. Dobbiamo passare la notte in un incavo della roccia, perché durante il buio non è lecito salire il monte. In una valletta sottostante ci sono varie anime di regnanti, fra cui Rodolfo d' Asburgo che trascurò di venire in Italia. Vediamo scendere dall'alto due angeli con spade fiammeggianti e spuntate che si mettono a guardia della valletta per difendere le anime dal serpente. Mentre scendono le tenebre si parla con le anime di Luchino Visconti (vissuto ai tempi dell'infelice conte Ugolino, fu giudice di Gallura e guelfo pisano) e di Corrado Malaspina, predice a Dante che entro sette anni conoscerà la Valdimagra in Lunigiana, di cui i Malaspina sono signori. Intanto arriva strisciando la biscia maledetta, subito cacciata dai due angeli, che con volo uguale tornano in cielo. Saluti con le “note” scuse da Anna Bini


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    Messaggio Da Lemond Sab Gen 03, 2015 9:13 am

    Diario di B.B.

    GIUGNO 2013 IL CAMINO DE SANTIAGO
    Appunti sparsi

    Sabrina, cara amica ciclista, è stata un'ottima compagna di viaggio.

    I momenti belli sono stati tanti e anche quelli meno belli fanno ora parte integrante di tutto quel che ci è capitato e abbiamo vissuto per ben 943 km in 9 giorni di bicicletta matta e disperata.

    Non abbiamo avuto nessun guasto o problema tecnico (a parte un cedimento iniziale del mio portapacchi). E questo è tanto!

    In compenso, dopo Pamplona abbiamo pedalato per molte ore sotto l'acqua e ti assicuro non è stata cosa piacevole.

    Le cattedrali di Burgos, Leon, Santiago... ma anche le chiesette con i nidi di cicogne sul loro campanile.
    I ponti medievali come quello di Puente de l'Orbigo o quello di Puente la Reina...
    Gli ostelli sperduti nelle campagne con i pellegrini sempre sorridenti ma anche russanti (certi concerti la notte!)

    E poi la meseta!
    Interminabili distese di campi di grano, orzo, avena che oscillavano al costante vento (per fortuna l'abbiamo avuto a favore per tutto il tragitto) punteggiati da cazzotti di rosso: erano gli enormi papaveri spagnoli. Grossi così io non li ho mai visti!

    Il Cammino dei pellegrini viandanti, a tratti, era vicinissimo alla strada statale, sempre percorsa dalle nostre bici da corsa ed era frequente il saluto che ci facevamo a vicenda: " Buen Camino"

    Il lungo viaggio, cominciato dal versante francese dei Pirenei, Sain Jean Pied de Port, e terminato sulle coste della Galizia, Capo Finisterra (proprio perché non c'è più la terra, finita, c'è l'Oceano...) volevo che non finisse più e nello stesso tempo sentivo incessante la voglia di casa.
    Una sensazione unica, mai provata prima d'ora.

    Volevo davvero che non finisse più il viaggio. Volevo tornare a casa il prima possibile!

    Il punto di maggior impatto emotivo è stata la Cruz de Hierro.
    Qui,ai piedi di un alto palo con in cima una piccola e semplice Croce, il pellegrino depone un sasso. Il proprio sasso portato da casa. Pare si debba deporre in segno di lascito nel senso di "lasciare qualcosa di te, del tuo passato, di cose che vorresti non tenere più" (almeno le voci in giro dicono questo). Ad ogni modo è molto personale la cosa, fatto sta che mi sono sciolta in un pianto inconsolabile fatto di mille e mille ricordi di un passato che non mi appartiene più . E' stato un momento veramente intenso.

    Quante cose vorrei raccontare... ma non mi vengono perché sono emozioni e come tali difficili da riportare ed esprimere

    Ci vorrebbe un elenco
    -la conchiglia portata da casa, segno del pellegrino (l'aveva raccolta Elia da piccolo al mare e mi ha fatto compagnia per tutti i nove giorni, attaccata alle borse posteriori)
    -le borse posteriori di 5 kg e anteriore di 2 (più o memo)
    -materializzazione di angeli custodi che ci indicavano la strada quando eravamo in difficoltà (a volte erano camionisti, signore al volante o per strada, ciclisti che ci scortavano fino all'ostello, gentili signori di mezza età ecc.)
    -il sassolino
    -i silenzi, quasi tutti mattutini, dove ognuna delle due cicliste era immersa con le proprie riflessioni e pensieri vari
    -gli stessi pantaloni per 9 gg. messi dopo la doccia e i ricambi lavati in modo assai assai spartano
    - la preziosissima carta del pellegrino con la quale si riceve la Compostela che attesta il tuo viaggio, custodita gelosamente dentro la busta di tela dell'Eroica. Nella carta ci sono tutti i Selli (timbri) delle varie località raggiunte. Uno più bello dell'altro. Ogni pellegrino ne va fiero! Io più di tutti perché il primo timbro me lo hanno fatto anche sull'Eroica!
    -la delusione di Santiago:era già finito il Cammino e c'è stato un attimo di abbandono
    -la cerimonia durante la messa del pellegrino dell'incensore: Il Botafumeiro
    -l'urlo liberatorio alla vista dell'Oceano
    -i voli che ho dovuto "subire" (io che soffro di claustrofobia!) insieme alle bici impacchettate. Andata: Milano Malpensa-Bordeaux /Bordeaux-Bayonne (in treno) /Bayonne -Saint Jean Pied de Port (autobus) Ritorno- Santiago-Francoforte / Francoforte-Pisa
    -il ritorno a casa con una voglia matta di ripartire e farne un pezzo, questa volta a piedi (magari camminando un pezzo della via Francigena come allenamento)
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    Messaggio Da Lemond Lun Gen 05, 2015 7:45 am

    Il mio amico Dante (Purgatorio 4)

    Siamo verso la ora terza della notte, Dante si addormenta e quando si desta ci racconta di aver sognato un'aquila dorata che lo rapisce e lo porta fino alla sfera del fuoco (allegoricamente è Lucia, la grazia illuminante che conduce Dante alle porte del purgatorio). Ormai il sole è alto e ci troviamo dinanzi all'entrata.Si salgono tre scalini: bianco di marmo ossia la contrizione; turchino di pietra screpolata ossia la confessione; rosso porfido ossia soddisfazione; sul più alto c'è l'angelo portiere con la spada sguainata, che, saputo da Virgilio la causa del viaggio di Dante, ci fa passare. Il mio amico si getta ai piedi dell'angelo che gli incide sulla fronte 7 P e lo ammonisce di purificarsi, poi con due chiavi, una d'oro l'altra d'argento, consegnate da S. Pietro, apre la porta del purgatorio. E ci ordina di non voltarsi indietro altrimenti si tornerebbe fuori. Sad
    Ci troviamo nella prima cornice che ha, sul muro perimetrale di marmo bianco, bassorilievi con esempi di Umiltà proprio perché qui si purificano i superbi, che si muovono lentamente sotto il peso di macigni sul collo. L'angelo custode della zona cancella una P dalla fronte di Dante. Incontriamo Omberto Aldobrandeschi, superbo signore di Campagnatico; Oderisi da Gubbio maestro nell'arte della miniatura: in vita si ritenne il più bravo di tutti; superbia inutile perché nasce sempre uno che supera! Infine Provenzan Salvani, superbo ghibellino senese.
    Incisi su un ripiano ci sono esempi di superbia punita, come Lucifero altero angelo ribelle precipitato da Dio al centro della terra. Un cherubino luminoso avanza verso di noi apre le ali e ci esorta a salire nella seconda cornice e,, con un battito di ali, toglie il secondo P dalla fronte di Dante.
    Le anime purificanti sono quelle degli invidiosi. Stanno seduti poggiati alla sponda della cornice, hanno il cilicio e gli occhi cuciti col fil di ferro.
    Incontriamo Sapia, di incerto casato: cedette a Siena la zona di Castiglioncello ereditata dal marito Viviano dei Saraceni; lei godeva delle sventure altrui, mentre si doleva della felicità del prossimo;, per questo peccato, di cui si pentì, è qui. Parliamo con altre anime di invidiosi, fra cui Guido del Duca, che parla con rammarico della valle in cui scorre il fiume Arno, piena di male, tanto che sarebbe meglio che scomparisse! ”Per mezza Toscana si spazia un fiumicel che nasce in Falterona e cento miglia di corso nol sazia “ L'Arno fiume che vide, vede, vedrà il bene e il male di Firenze, quindi caro amico Dante rassegnamoci e continuiamo ad amare questo “torrente” che ci ha dato belle “stangate”, soprattutto quando, irato, da di fuori!. Qui si sentono voci che gridano esempi di invidia punita. Dante, impaurito, è ammonito da VIrgilio, che rimprovera gli uomini che si volgono alle cose terrene, trascurando la bellezza del cielo.
    Verso il tramonto ci appare un angelo di cui non possiamo sostenere lo splendore, cosa invece possibile quando saremo purificati. Mentre ci avviamo alla terza cornice, Virgilio, su domanda di Dante, spiega che cosa vuol dire occuparsi troppo dei beni materiali, trascurando i beni celesti; in genere gli uomini sono spinti a questo dall'invidia e dalla bramosia del possesso.
    Giunti alla terza cornice, Dante ha delle visioni mirabili di pace e serenità e Virgilio gli spiega che sono esempi di mansuetudine, adatti alla terza cornice, dove si purificano gli iracondi, avvolti da un fumo denso e scuro, per cui siamo costretti a tenere gli occhi chiusi. Saluti e “fumose scuse” da Anna BIni.






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    Messaggio Da Lemond Mar Gen 06, 2015 10:20 am

    Diario di B.B.

    Giro 2014

    Una volta arrivata al Santuario di Oropa pensavo, insieme a Sabrina e al mio gruppo dei pari, di scendere a Biella e con calma arrivare all'albergo e "godermi" la tappa alla televisione.
    Poi è successo un piccolo miracolo (vista la vicinanza al Santuario non mi sono molto meravigliata)
    Ho sentito il Caparrini che diceva "Che delusione, molti dell'Empolituor sono scesi"
    No,a quel punto non potevo tradire il capitano supremo e neppure lo spirito dell'Empolitour.
    Povero Caparrini, la delusione non sono le persone che scendono a valle. E' invece la globalizzazione, che ha sottratto il giusto spirito al gruppo di via Baccio da Montelupo, la responsabile di tutto ciò.
    LO SPIRITO EMPOLITURIANO è purtroppo andato perso quasi del tutto.
    Ma il miracolo continua...
    "Guarda chi c'è? Beatrice, (dice il mio nome, altro miracolo...) guarda chi arriva?" urla il Cap
    Il Goti, trionfante ma stanco, felice di essere lì ma stanco, UNICO ma stanco, arriva trafelato, affamato e sorridente.
    Ri-eccolo, allora non è morto lo Spirito!
    EVVIVA EVVIVA, la Bertelli non si è lasciata abbindolare dalle sirene della discesa verso Biella e il Goti dà conferma che ci siamo ancora
    Tour, aspettaci

                                                                F I N E
                                                               (per ora
    )
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    Messaggio Da Lemond Mer Gen 07, 2015 8:17 am

    l mio amico Dante (purgatorio 5)

    Fra gli iracondi che incontriamo, di grande rilievo è Marco Lombardo.di cui si sa poco (forse fu un ghibellino dei tempi di Federico II. “Lombardo” è un generico riferimento all'Italia settentrionale). Dante conobbe la sua fama di uomo politico virtuoso e coraggioso, che subito sprona Dante a pregare per lui quando sarà in cielo. Il mio amico è un po' confuso riguardo ad un argomento: la causa della corruzione del mondo. Marco Lombardo comincia un discorso più che interessante, da ascoltare con la massima attenzione. Secondo una logica errata, il male deriva dagli influssi delle stelle sugli uomini, (nota di Carlo Ristori: "chiamala logica!) invece sono proprio loro la causa di ogni male; soprattutto quando le due supreme autorità , papa e imperatore, sono venute meno ai loro doveri. Dio ha posto due soli per il bene degli uomini, invece il sole ecclesiastico ha spento quello politico, generando debolezza e confusione. Bisogna ritornare all'autonomia dei due poteri, solo così l'umanità potrà uscire dall'inarrestabile processo degenerativo.
    Finalmente usciamo dal fumo acre e intenso,e vediamo il sole che sta per tramontare. Dante dopo un breve sonno dice di avere avuto delle visioni, ma una luce improvvisa, che non possiamo sostenere, ci spinge a salire, è l'angelo della cornice, che cancella il III P dalla fronte di Dante. Siamo molto stanchi e chiediamo a Virgilio dove ci troviamo? E' la IV cornice, dove si espia il peccato dell'accidia. Virgilio ci istruisce sull'amore che può essere causa di bene e di male: certamente l'amore rivolto a Dio e alle cose belle è sempre positivo, ma ... Gli accidiosi sono coloro che si volsero con lentezza ai beni celesti, né furono mai solleciti, ora vanno velocissimi e gridano esempi di accidia punita. Qui la IV P è cancellata dalla fronte di Dante. Questa volta egli ci racconta un sogno molto “singolare”: Una donna brutta, balbuziente, monca, di colorito livido, ma Dante la trova bella, gli pare che canti dolcemente e che dichiari con naturalezza di essere un'adescatrice. Appare una donna “santa e presta”, rimprovera l'indifferenza di Virgilio, prende la femmina “balba” le strappa le vesti, mostra il suo ventre tanto puzzolente che il vate si sveglia. Allegoricamente: la femmina balba è simbolo di tre peccati, avarizia, gola e lussuria. La donna santa può simboleggiare la ragione umana o la grazia illuminante, come ci spiega Virgilio. Si giunge abbastanza rapidamente nella V cornice, dove si purificano gli avari e prodighi, che giacciono bocconi sul duro pavimento, con piedi e mani legate e gridano esempi di virtù contro il loro vizio ed esempi negativi di avarizia e di prodigalità. Incontriamo papa Adriano V, Ottobono dei Fieschi, che ci supplica di dire a sua nipote Alagia di pregare per lui, a meno che i parenti malvagi non abbiano resa cattiva anche lei. Parliamo con un'altra anima: Ugo Capeto, radice della mala pianta che rovina tutta la cristianità. In vita si chiamava Ugo Ciappetta, figlio di un beccaio, che quando finirono i Carolingi, ebbe il governo del regno, tanto che a suo figlio Ugo fu data la corona di Francia. Da lui cominciarono i reali discendenti,senza infamia e senza lodo. Con la conquista della Provenza, con l'aiuto di Carlo d'Angiò, i Capetingi divennero malvagi e violenti, presero anche la Normandia e la Guascogna. Poi venne in Italia Carlo d'Angiò, con il loro assenso e quello del papa, che condannò a morte Corradino di Svevia e fece avvelenare Tommaso d' Aquino. Ugo Capeto ci predice altre disgrazie, come quando ad Anagni il papa Bonifacio VIII sarà catturato ... Saluti e scuse augurali, di buon 2015, da Anna Bini.
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    Messaggio Da vallelvo Sab Gen 10, 2015 8:29 pm

    Giro  2014. Promozione turistica. Laughing

    Bea, scusa il tu, a Oropa hai almeno consumato un bel piatto di polenta concia, piatto tipico del biellese?
    Non tutti ne vanno matti ad esempio ai miei amici veronesi, tanto formaggio e burro in superficie. Una bomba  calorica, ma ormai la salita era terminata. Smile

    Da Oropa si può raggiungere il Santuario di Graglia dove sorge la Fonte Lauretana, poteva esserci un altro miracolo per gli empolesi.
     
    Circa  10 km di strada asfaltata e sterrata, in posti incontaminati e pieni di luce, delizia per gli occhi. Dalla  Bossola si  può  proseguire per altri 10 km fino ad Andrate, sempre sui 1000 m slm, con strada pianeggiante: da un lato il biellese, dall'altro l'eporediese. In 20 km di discesa si raggiunge Biella dalla Valle dell'Elvo. Ivrea a 15 km si raggiunge percorrendo la strada della Serra Morenica. Rilievo di origine glaciale risalente al periodo quaternario. E' la più grande formazione del genere in Europa.
    Potrebbe essere il racconto del Giro 2015: tappa con arrivo a Cervinia. pedalare
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    Messaggio Da Lemond Lun Gen 12, 2015 9:23 am

    da B.B.

    L'ultimpo miracolo per gli empolesi si è verificato il giorno dopo quando abbiamo pedalato lungo la salita di Graglia. BELLISSIMA come BELLISSIMO il panorama.Quello che segue è il racconto della giornata finale della spedizione ciclistica al Giro 2014. Il resto del racconto lo si può leggere sulle pagine della Ciclistica Empolitour



    Si mangia per pedalare o si pedala per mangiare? Anche a colazione il dilemma è tangibile, ma un altro più impellente si sovrappone e riguarda l'antefatto della guardia forestale di Noveis. Si sa che la gente dà buoni consigli quando non può più dare cattivo esempio. Egli da sedicente ciclista suggerisce a Caparrini di non andare oggi a Piedicavallo dopo un circolo vizioso nel biellese, come vidimato nelle sacre scritture del programma, ma di sperimentare il giro dei due santuari, tornando ad Oropa ma dalla terra incognita di Graglia. E il presidente vacilla, medita, si consulta, rimugina e poi cede al cambiamento. Ormai il suo Giro non ha più niente da perdere, la vendetta della tappa è compiuta, i conti saldati e la merce venduta. Questa domenica ha mere funzioni conviviali e riempitive. Si pedala per giustificare il pranzo nell'Agorà, si pranza per giustificare le docce e ci si lava per giustificare le pedalate.

    Il nuovo percorso riceve consensi unanimi, o quasi, perché i due Buglione tornano a casa, Goti è ovviamente pago, e la Bertelli bubbola perché la salita del santuario di Graglia potrebbe somigliare ad un pezzo di Noveis. Continua a bubbolare quando Caparrini torna in camera perché ha dimenticato la fascia frontale, quando il gruppo passa col rosso e quando qualcuno si mette a tirare con troppa foga. Si capisce perché nei pressi di Donato, al sorgere della prima salita, chi può cerca di staccarla e riservare il bubbolio ai caparriniani. E si capisce perché il gruppo dei tempestiniani sia più numeroso del solito quando si scopre che la salita del santuario di Graglia è proprio un pezzo di Noveis. Da lì si passa sul Tracciolino, una viuzza blandamente ondulata che fino ad Oropa mette d'accordo tutti con l'idillio della verzura, del panorama e degli strapiombi. Anche il cronista può rilassarsi perché non deve ricordarsi le classifiche, i distacchi o le botte. Dopo un tappone può bastare anche un capitolo di scarico solo per descrivere il ritorno ad Oropa in versione quieta. Una frettolosa foto in mezzo alla strada è l'ultima immagine di unità dei ciclisti perché il pranzo nell'Agorà che dovrebbe essere conclusivo ed ecumenico si svolge con la solita lotta alla sopravvivenza individuale senza che nessuno soppesi i sessanta chilometri consumati con la razzia di viveri attuata. Si pedala per mangiare, è la soluzione del dilemma. Poi guardandosi intorno nella sala piena di commensali normali, si scopre una verità nascosta di vita quotidiana che può essere messa come il sugo di tutta la storia: mangiare senza pedalare é più facile che pedalare senza mangiare.

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    Messaggio Da Lemond Lun Gen 12, 2015 9:35 am

    l mio amico Dante (purgatorio 6)

    Mentre procediamo, affrettando il passo sentiamo tremare il monte e un grido di gloria. Dante ed io siamo molto impauriti, anche se Virgilio ci rincuora. Poco dopo incontriamo l'anima di Stazio (Publio Papilio Stazio 50-26d.C poeta latino, autore delle Selve e di due poemi, Achilleide e Tebaide). Ed proprio lui che ci spiega la causa del terremoto. Non è tale, sono le anime purificate che volano in cielo. Inoltre ci chiarisce che oltre la porta del purgatorio non vi sono perturbazioni atmosferiche, né tanto meno sismi! Si parla ancora con Stazio, che si stupisce che la guida di Dante sia quel Virgilio che ammirò molto come autore dell'Eneide, ma che non aveva mai conosciuto. L'angelo della quinta cornice cancella dalla fronte di Dante la V P. Virgilio chiede ancora a Stazio come mai è fra gli avari e il poeta risponde che lui espia il peccato contrario, cioè la prodigalità. Dice anche che lui *pagano* si è convertito leggendo la IV egloga di Virgilio, in cui predice la venuta di Cristo.
    Siamo alla V ora del giorno e sul ripiano della sesta cornice troneggia un albero carico di frutti deliziosi, mentre dietro scaturisce da una roccia una fonte di acqua limpida ed una voce fra le fronde grida esempi di temperanza. Qui sono le anime dei golosi, molto magre che soffrono la fame e la sete, non potendo arrivare ai frutti, né bere l'acqua pura. Io, essendo una golosona, mi faccio piccola, piccola, dietro i due vati, che parlano con l'anima di Forese Donati, amico “stuzzichino” di Dante, a cui spiega che si trova già nel purgatorio Nota di Carlo Ristori, non capisco che significhi, perché non credo si potesse passare dall'inferno al purgatorio?) per le preghiere della moglie Nella, donna assai virtuosa in confronto alle fiorentine, femmine scostumate, che prima o dopo si accorgeranno che cosa il cielo prepara per loro. Inoltre predice a Dante che Firenze sarà sempre più spoglia di virtù e che Corso Donati, il maggiore artefice del male della città, sarà trascinato a coda di un cavallo verso l'inferno. Dopo aver ascoltato altri esempi di astinenza e del contrario, L'angelo cancella la VI P dalla fronte di Dante.

    Sono veramente spossata ed ho una grande nostalgia di tornare a casa , ma Dante mi conforta dicendomi che siamo giunti all'ultima cornice , la VII : Quella dei lussuriosi.

    Poco prima Stazio, che ci accompagna ancora, spiega che quando l'uomo muore,l'anima si scioglie dal corpo e porta con sé le facoltà sensitive e intellettive, le une che non hanno più organi rimangono inattive, le altre divengono più forti. Per cui le ombre che si vedono prendono forma corporea, proprio in virtù delle facoltà intellettive. La settima cornice è piena di fiamme che ci lambiscono, per cui dobbiamo stare molto attenti; in esse ci sono due schiere di anime, che espiano la lussuria. Come al solito le anime si stupiscono che Dante sia vivo e lui stesso dà la spiegazione. Incontriamo Guido Guinizzelli, poeta bolognese, ghibellino, iniziatore del “dolce stil nuovo”. Dante vorrebbe abbracciarlo, ma il fuoco lo impedisce. Fra i lussuriosi c'è un trovatore provenzale: Arnaldo Daniello, inventore della sestina lirica. A questo punto l'angelo dell'ultima cornice ci esorta a passare tra le fiamme per giungere al paradiso terrestre. Dante ed io naturalmente ci rifiutiamo, ma Virgilio convince Dante assicurando che presto incontrerà Beatrice. Cancellata la VII P, per forza entriamo nel fuoco che, per virtù divina, ci lambisce e usciamo dalla parte opposta. Siccome è notte, ci fermiamo all'inzio di una salita. Dante si addormenta e sogna una donna giovane e bella che coglie fiori, che dice di essere Lia (moglie di Giacobbe) e che sua sorella Rachele è sempre in contemplazione di Dio. Dante ed io, ben svegli, udiamo con grande rammarico il congedo di Virgilio , che non può più guidarci, essendo giunti al paradiso terrestre... Saluti da Anna Bini con sincere scuse.
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    Messaggio Da vallelvo Lun Gen 12, 2015 11:56 am

    Suppongo siate saliti da Mongrando fino a Donato, poi giù a Netro Very Happy e Graglia, salitella al Santuario.

    L'itinerario dei ciclisti professionisti è l'inverso, da Occhieppo via  Muzzano e poi su su.

    Su queste strade  si allenavano i ragazzi  di Savio/Bellini.
    Nei giorni scorsi Mattia Pozzo ha pubblicato una foto su twitter, stava scollinando da Croceserra/Andrate.

    Mi ha risposto  scrivendo "uno dei miei posti preferiti". Very Happy
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    Messaggio Da Lemond Mar Gen 13, 2015 10:12 am

    Purgatorio (fine)

    Ci addentriamo nella meravigliosa foresta del paradiso terrestre, canti soavi di uccelli, alberi verdi e “schietti”. Il nostro andare è ostacolato da due fiumicelli di acqua pura, ma ad un tratto ci appare una donna che cantando coglie fiori: è Matelda ( allegoricamente la vita attiva). Ci spiega che nel paradiso terrestre c'è ogni sorta di pianta, la zona è bagnata da 2 fiumi: Leté che toglie la memoria del peccato, Eunoè che ravviva la memoria del bene. Procedendo ci appare una lunga processione: 7 candelabri d'oro (i doni dello spirito Santo), 24 seniori o libri della bibbia, 4 animali ossia i 4 evangelisti ( Marco=leone, Matteo=angelo, Giovanni=aquila, Luca=toro); (nota Carlo Ristori: non sapevo che gli angeli fossero considerati animali non umani) il carro trionfale della chiesa; il grifone ossia Cristo, 3 donne che danzano, ossia le tre virtu teologali: Fede, speranza, carità; altre 4 ossia le virtù cardinali: prudenza, fortezza, temperanza e giustizia. La processione finisce con un vecchio, Giovanni autore dell'Apocalisse. All'improvviso da una nuvola di fiori esce una donna... è Beatrice! Dante nonostante l'intensa emozione, piange perché si è accorto della sparizione di Virgilio. Beatrice lo rimprovera, perché deve lamentarsi per cose più gravi. Poi gli ricorda che quando lei morì, invece di onorarla per sempre, si dette ad una vita peccaminosa, allora da santa donna quale era, pensò che per salvarlo l'unico mezzo era quello di fargli vedere i dannati infernali . Per questo ella scese giù nell'inferno, nel limbo e pregò il vate Virgilio di soccorrere Dante. Il mio amico è umiliato e non trova parole, anzi confessa balbettando le sue colpe. La bellezza di Beatrice è tale che non si accorge di essere stato immerso nel Leté e che Matelda gli mette il capo sottacqua tanto da fargli bere qualche sorso. Potenza delle donne angelicate!!! Ora assistiamo a qualcosa di sconvolgente che non sappiamo bene che cosa significhi. Da un albero scende un'aquila che colpisce il carro del corteo, poi una volpe affamata si avventa contro il fondo del carro, ma Beatrice la rimprovera di laide colpe, per cui la volpe fugge. Poi esce un drago che rompe un pezzo del carro, che si trasforma in un mostro con 7 teste, i peccati mortali, seduta sul mostro appare una meretrice che viene baciata da un gigante che trascina il carro per la selva. Beatrice ci spiega il significato di tutto ciò. Io riesco a capire solo che l'aquila è l'imperatore che dona alla chiesa il potere temporale, che il drago è la cupidigia dei beni terreni che rovina la chiesa, che la meretrice è la corte pontificia corrotta e che il gigante che trascina il carro per la selva è il trasferimento della sede pontificia ad Anagni. Bastaaaa ! grido a Dante, non ci capisco più niente! ma lui è come ipnotizzato da Beatrice che predice, rimprovera e parla, parla! Devo constatare che alla Divina non manca la loquacità! La beatissima si accorge della difficoltà di Dante a comprenderla e quindi invita Matelda ad immergere Dante nell'Eunoè perché si ricordi delle cose buone. Anch'io mi tuffo in quell'acqua miracolosa e mi ricordo, sì mi ricordo chiaramente che sono stata utile a qualcuno, che ho confortato. Ci sentiamo molto bene: Dante pensa di finire qui il racconto del purgatorio e canta: “Io ritornai da la santissima onda rifatto sì come piante novelle rinovellate di novella fronda, puro e disposto a salire a le stelle”. Ed io piccola fiorentina in cerca di pace, perdo l'occasione di vedere con Dante il Paradiso? Neanche per idea !!!! Saluti e scuse serafiche da Anna Bini

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    Messaggio Da Lemond Ven Gen 16, 2015 10:10 am

    PARADISO

    Dante, prima di intraprendere il viaggio pieno di gioia e di speranza, invoca il grande Apòllo, perché lo aiuti nel difficile compito di narrare gli eventi che ci aspettano. E forse dopo di lui altri poeti invocheranno Apòllo con più degna voce. Dante mi parla con sincerità, ritenendomi come altri che tentano di seguirlo, non “abile” intellettivamente per capirlo. “ O voi che siete in piccioletta barca desiderosi d'ascoltar, seguiti dietro al mio legno che cantando varca, tornate a riveder li vostri liti: non vi mettete in pelago, ché forse perdendo me rimarreste smarriti .”

    Riconosco che ha ragione , però la curiosità di sapere supera la certezza della mia ignoranza.

    Lui allora con fare gentile, vista la mia testardaggine nel seguirlo, mi prende per mano e mi indica il sole che si trova in quel punto dell'orizzonte, che s'incrocia con lo zodiaco, con l'equatore e con il coluro equinoziale, recando giorni belli e influssi benigni. (Coluro equinoziale = meridiano celeste passante per i poli; eclittica zodiacale = cerchio massimo della sfera celeste . Siamo nell' equinozio di primavera: 21 marzo.) Naturalmente non sto a scrivere tutto quello che Dante mi ha detto sull'argomento astronomico e non so se rimanere col mio amico o fare finalmente ritorno nella mia meravigliosa Firenze, ma Beatrice ci guarda negli occhi. Io sono presa da una specie di energia straordinaria che mi fa volare verso il cielo, leggera come una piuma. La santa donna ci fa capire che siamo giunti nel primo cielo del paradiso, quello della luna, che è il più basso. Il paradiso è così: 1) cielo della luna, dove sono gli Angeli, 2) cielo di mercurio con gli Arcangeli; 3) cielo di Venere con i Principati; 4) cielo del sole con le Potestà; 5) cielo di Marte con le virtù; 6) cielo di Giove con le Dominazioni; 7) cielo di Saturno con i Troni ; 8) cielo delle stelle fisse con i Cherubini; 9) cielo del Primo mobile con i Serafini. Infine l'EMPIREO che comprende tutti i cieli. In ogni cielo ci sono le anime beate che godono eternamente la Vita Celeste.

    Siccome siamo sulla luna, Dante vuol sapere che cosa siano le macchie lunari. Beatrice con un sorrisetto di pietà, confuta l'opinione di Dante che ritiene la causa delle macchie la varia densità della materia che forma la luna. Invece, nell'empireo gira il primo mobile e sotto di lui il cielo delle stelle fisse che suddivide la virtù del primo mobile nelle diverse stelle, per cui i cieli sottostanti ricevono l'influenza del cielo superiore e lo passano all'inferiore, e così via; dalla virtù dell'intelligenza motrice deriva il vario risplendere dei corpi celesti, cioè zone più chiare e zone più scure che sembrano macchie come quelle della luna.

    Le anime beate di questo cielo appaiono a Dante come riflesse in uno specchio, invece sono vere anime che stanno, pur beate, nel cielo più basso perché mancarono ai loro voti. Per esempio Piccarda Donati, la prima che incontriamo nel paradiso, sorella di Corso e Forese, fattasi monaca, il fratello Corso la rapì al convento per darla in moglie a Rosellino della Tosa, quindi non poté mantenere il voto di castità, come è successo a Costanza, ultima figlia di Ruggero II, re di Sicilia, sposa di Arrigo VI e madre di Federico II; secondo la leggenda tratta a forza dal convento.

    Mi vengono in mente gli stessi dubbi di Dante: ci son vari gradi di santità? No. Le anime beate hanno tutte la loro sede nell'Empireo, ma per far capire a Dante che ci sono vari gradi di beatitudine gli appaiono nei vari cieli, dal più basso al più alto. Venire meno ai voti non per volontà della persona , ma per forza di altri non è una colpa, ma una mancanza di coraggio, infatti le due donne sopraddette avrebbero potuto tornare in convento, dopo il forzato matrimonio . Comunque sia godono pienamente il loro grado di santità.

    Saluti con scuse dolci-amare da Anna Bini
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    L'ANGOLO DE' RISTORI CICLOINTELLETTUALI - Pagina 14 Empty Re: L'ANGOLO DE' RISTORI CICLOINTELLETTUALI

    Messaggio Da Lemond Ven Gen 16, 2015 10:41 am

    I ciclisti Erranti, a cura del Chiarugi

    Prima puntata 11/01/2004

    Invocazione alle muse e prima avventura alla conquista delle sacre paste dell’oste Bazzani.



    Canto le gesta dei ciclisti erranti

    che pedalavano nei dì di festa

    a caccia di dolciumi ridondanti.

    Pedalavan insieme a cercar gesta

    come gregge di pecore belanti

    con solenne andatura e poco lesta.

    Son d’Empoli e di luglio vanno al Tour,

    si chiaman nientemen che Empolitour.



    La fama lor è già dimolto opima

    in tutte le locande del reame,

    nei bar e nei rifugi d’ogni cima,

    e quest’anno le nostre umili brame

    saranno di diffonderla anche in rima

    sì che la fama eguagli la lor fame,

    ma per abbandonar l’usata prosa

    qui ci vuole una musa fantasiosa.



    È facile la vita dell’Ariosto

    che canta i cavalier, l’arme e gli amori.

    Si metta a verseggiar al nostro posto

    di soste-Pagni e fiacchi corridori,

    di paste, di pattona e girarrosto,

    di Caparrin che ponza e fa sudori.

    Son cavalier non d’arme ma d’orpelli

    ed han di donne (e manna) la Bertelli.



    È facile cantar d’eroi e d’agoni

    prendendo dalla storia epico spunto,

    ma se l’eroe è ciclista coi coscioni

    orrendi ed appuzzanti di vil unto,

    pure l’estro di Tasso e di Tassoni

    sarebbe in comprensibil disappunto

    ed io che son della materia incolto

    canterò ciò ch’ancora non s’è svolto;



    canterò tutta l’opera in diretta

    sperando che la musa n’abbia voglia

    e dopo un canto o due non si dimetta.

    Perché mi sa che l’arte qui s’imbroglia

    e invece d’esaltar la bicicletta

    costoro esalteran la pastasfoglia.

    Con la lusinga di finir in versi

    si spera almen che sappian contenersi;



    si spera che invogliati dal poema

    questi ciclisti dalle grosse taglie,

    dopati dalle paste con la crema,

    ingaggino mirabili battaglie

    sulle salite, dove ognuno frema

    d’involarsi coll’impeto di quaglie:

    l’Empolitour sedotta dalle ottave

    diventerà una squadra forte e grave.



    Guidati dal nocchiero Caparrini,

    Bertelli, Tempestin, Chiarugi, Nucci,

    Pagni Arconte e Transgenico Boldrini,

    Bagnoli Elle, Giunti, Ziodipucci

    e Pucci, tutti ugual nei completini

    biancoazzurri, così larghi e carucci:

    la squadra varierà di fase in fase

    ma questa è già la formazione base.



    La prima impresa stesa a canovaccio

    fu quella al luculliano Bar Bazzani,

    nella famosa terra di Boccaccio.

    L’odor di bomboloni sovrumani

    giungeva fin ad Empoli in Via Baccio,

    sembrava di toccarli con le mani,

    parevan già fra i denti le frittelle

    e tutti scalpitavan sulle selle.



    La conquista del Sacro Bombolone,

    scaldava dei ciclisti il cor nei petti.

    Prima però c’è una sostituzione:

    Pucci fa spazio al bradipo Boretti

    che, imprevedibil per definizione,

    arriva quando meno te l’aspetti.

    Il campanile intanto scocca il don

    quando Boretti arriva col pompon.



    “Ma la Bertelli arriva o non arriva?”

    Tutti gridavan in ansioso coro.

    La dama è più del solito tardiva

    e i cavalier uniti a concistoro

    eran pronti a lasciarla alla deriva.

    “Questo ritardo è contro ogni decoro,”

    diceva Caparrin più che impaziente

    “ma se si lascia sola, chi la sente?”



    Sopra a rigor vinse diplomazia

    che fe’ la dama attesa in pompa magna

    per colpa, disse, d’una vecchia zia.

    Ma quando il gruppo uscì per la campagna,

    pria d’imboccare l’agognata via

    ella indugiò per salutar la cagna,

    e mentre abbaia il cane e canta il gallo

    sparisce anche Boldrin tinto di giallo.



    Baldo e leggiadro come Polifemo,

    ecco Boldrin coll’asociale cappa

    e con due labbra ch’a pensarle tremo.

    Son dunque tutti uniti per la tappa,

    c’è pure il giallorosso Borchi Remo,

    che parte insieme e sul più bello scappa.

    Boldrin ha labbra turgide e biancastre,

    e il gelo sulle pozze fa le lastre.



    In quella parte del giovanetto anno…

    Comincerebbe Dante, e per far breve

    gli rubo questo verso senza affanno,

    per dir che c’era brina come neve

    e il moccio al naso parve il minor danno,

    contro il dolor di piede freddo e greve.

    “È caldo e mi son messo due calzini.”

    Disse per consolarci Caparrini.



    Chiarugi, privo di coibente grasso,

    com’usano Bagnol, Borettti e Pagni,

    insorse mentre il gruppo andava a spasso,

    dicendo: “Si rassega, o bei compagni,

    a pedalar con questo blando passo.

    Statemi dietro e che nessun si lagni.

    Il freddo mi molesta, son Chiarugi

    e per far rima romperò gli indugi.



    Si va formando uno sbuffante treno

    al quale sol di Sughera la rampa

    pone repente inevitabil freno.

    “Il mio desio di bombolon avvampa.”

    Esclama Nucci e in un battibaleno

    un rude scatto sui pedali stampa.

    Boldrini ci rimane un po’ di vetro

    e non riesce proprio a stargli dietro.



    Ondeggia Nucci ormai senza contegno,

    tanto l’idea di paste gli dà brio.

    S’inarca e si contorce con impegno

    per appressarsi al fin del suo desio

    e in questo perde della strada il segno

    trascinando in error Boldrini e Zio.

    Chiarugi, che li osserva filar dritto,

    per giusta via va in testa zitto zitto.



    Come se non bastasse, a rallentare

    l’approdo dal Bazzani ci s’aggiunge

    pur Tempestin che fora il tubolare.

    E mentre Tempestin le mani s’unge

    per cambiare la ruota, Nucci pare

    un ansio calabron che ronza e punge.

    “Dagli una mano, orsù, Bagnoli Elle,

    ché sennò si raffreddan le frittelle!



    Vedrete il Bar Bazzan quant’è opulento,

    quanto ridondan le sue sacre paste.

    Caffè egli serve in vetro, in oro e argento.

    Finor le soste sono state caste:

    questa ne vale in lusso almeno cento

    di quelle nostre più sfarzose e faste.”

    Quando transita Nucci per Gambassi

    ha fame che divorerebbe sassi.



    La sua saliva si profonde in laghi

    che scorrono copiosi su Certaldo.

    Bagnol, Boldrin, Boretti son presaghi

    e taglian corto al casalingo caldo.

    Gli altri d’ogni altra attesa son già paghi

    e guardan Nucci salivante e baldo,

    poi guardan Bar Bazzan con facce serie

    e leggon cubital CHIUSO PER FERIE.



    Ahi dura strada perché non t’apristi?

    Non osan proferir nessun avverbio

    gli infamati e affamati miei ciclisti.

    Fu più lo scorno o l’interior diverbio

    che li rese quel giorno magri e tristi?

    Risponderà Boccaccio col proverbio:

    chi pedala nel clima dell’Alaska

    sempre finisce che lo piglia in tasca.



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