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    Messaggio Da Admin Lun Lug 29, 2013 8:39 pm

    Promemoria primo messaggio :

    "L'Angolo de' Ristori Ciclointellettuali" by CarLemond.
    Apro questo 3D da dedicare in gran parte ad un amico conosciuto in rete, nella rete che non ha età, nazionalità e sempre meno barriere linguistiche. A parte quelle che il bischero Lemondaccio ci imporrà con la sua verve franco-empolese.
    Lemond, come tutti i personaggi, ha idee sue originali e discutibili (mi focalizzo su discutibili) e quindi apriamo la ... discussione.flower


    Ultima modifica di Admin il Dom Ago 04, 2013 1:00 pm - modificato 3 volte.

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    Messaggio Da Lemond Mer Nov 27, 2013 10:01 am

    Il ciclismo è uno sport che ha un buon rapporto con tutti i media: la stampa è appropriata, la radio gli conviene e la televisione gli calza come un guanto, specie nei Grandi Giri. In questo contesto i campioni ricevono una grande notorietà e fra essi, Anquetil è stato particolarmente ... Lui è l'ultimo della tradizione scritta, in quanto ha avuto a disposizione due delle più belle penne della stampa francese: Pierre Chany e Antoine Blondin. Il primo rappresenta il rigore assoluto e non ha eguali nell'estrarre da ogni corsa la sua essenza. Il secondo è lo scrittore perfetto che ciascuno conosce e sa rivoltare il gruppo intiero per poter farlo meglio risplendere. Wink Questi due sono stati amici di Jacques e in più di una situazione difficile, grazie a loro, ne è uscito con onore. Altre volte hanno saputo anche "tirargli le orecchie". A quei tempi sui giornali si poteva leggere più cose e chi volesse seguire, passo passo, la carriera di Jacques, gli articoli di Chany rimangono il mezzo più sicuro, mentre Blondine seguiva ancor più l'uomo ed è stato proprio lui, nella diatriba Anquetil-Poulidor a coniare i termini gotico contro romanico. Wink
    J.A. che, come si sa, si interessava piuttosto poco agli svolgimenti della corsa, quando gli domandavano di commentare l'ultima giornata, aveva l'abitudine di dire: "Domandatelo a Chany, io ero in bici e sono più abituato a "pedalare" la mia vita, piuttosto che a scriverla." Very Happy(continua)
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    Messaggio Da Lemond Gio Nov 28, 2013 9:18 am

    In effetti i corridori raccontano male le corse, si direbbe proprio che non vi hanno assistito. Very Happy Però di solito sono resi ciechi da una muro di schiene e quindi il giorno dopo, di solito, raccontano la corsa come hanno letto che si è svolta. Wink In quest'assenza di lucidità immediata bisogna considerare anche l'effetto delle pillole e delle iniezioni che dànno una diversa immagine del reale. L'anfetamina è una nemica della memoria, essa cancella sì i brutti momenti, ma anche quelli belli e pertanto è molto più facile sapere tutto su Anquetil da Chany e Blondin. Ma poi più si sa di lui e più ci troviamo di fronte al mistero e soprattutto lui non sarà mai un modello che vale anche per gli altri. Voler essere Proust quando si comincia a scrivere il primo libro può essere un'idea comprensibile, ma con effetti quasi sempre ... catastrofici e così il voler essere Anquetil, per un ciclista. Pensare di poter fare il contrario sarebbe egualmente improduttivo, anche se comunque il modo migliore di comportarsi nei confronti dei nostri idoli è considerarli come avversari; è quello che Jacques ha fatto con Coppi, rifiutando di stare sotto la sua ala e dicendogli invece chiaramente che per lui sarebbe stato solo un grande avversario da superare.
    I grandi campioni hanno il gusto della solitudine e sono spesso là davanti, come aspirati e ispirati delle grandi vette, indifferenti alla massa che, lontana dietro, si sforza inutilmente per attenuare la propria pesantezza. (continua)
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    Messaggio Da BenoixRoberti Gio Nov 28, 2013 1:32 pm

    Lemond ha scritto:I grandi campioni hanno il gusto della solitudine e sono spesso là davanti, come aspirati e ispirati delle grandi vette, indifferenti alla massa che, lontana dietro, si sforza inutilmente per attenuare la propria pesantezza. (continua)
    Riguardo alla solitudine ed all'individualismo d'eccellenza dei campioni, non ho potuto collegare questo passaggio con il bellissimo pezzo di costume di Inner Ring che mette a nudo il soffocante conformismo vigente oggi nel ciclismo.
    Il redattore nota come non vi siano oggi corridori estroversi, con particolari capigliature.
    Sono in effetti tutti soldatini, con parecchie strumenti social di comunicazione, ma sono fondamentalmente piatti ed appiattiti su un modello maschilista di ciclismo.
    http://inrng.com/2013/11/pro-cycling-society-gap/

    Inutile dire che un originale (ma anche un po' perverso) patriarca di 50 anni fa li sovrasta come statura.
    Inner Ring dice giustamente che il mondo è cambiato ma questo sport è rimasto fermo.
    Io, a volte, ho la sensazione che stia regredendo.
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    Messaggio Da Lemond Ven Nov 29, 2013 8:16 am

    Fra i solitari, Anquetil lo era più di tutti. Dai 6 ai 19 anni io sono stato lui e posso testimoniare che non era per niente confortevole, anzi direi proprio "missione impossibille". Wink Mi ricordo di aver pianto quando Jacques ha dovuto abbandonare il Tour e i ciclismo, anche perché mi immaginavo lo facesse con la sua solita "grandeur", come Bobet, che aveva dato il suo addio sull'iseran. Invece lui ha terminato in un oscuro giorno di pioggia, a metà di una discesa, tremantre di freddo e di paura. Questo freddo ghiacciato l'ò condiviso per un buon momento, perché qualcosa si era gelato dentro di me, forse dovuta alla mia giovinezza o forse alla voglia forsennata di essere un altro. Sad
    Ancora oggi però, la questione posta spesso da Geminiani resta: "Se si fosse comportato come gli altri, sarebbe stato meglio o peggio?" Questa domanda resterà per sempre, perché è stupida: Anquetil correva come nessun altro e viveva allo stesso modo!
    Una cosa resta sicura: non è mai scappato alla maledizione della maglia gialla, come molti di loro infatti è morto giovane, a 53 anni, cinque anni meno di Bobet, ma più anziano di Fignon, Coppi e Koblet.
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    Messaggio Da Lemond Sab Nov 30, 2013 8:20 am

    La prima volta che ho visto Anquetil dal vero avevo dieci anni; al velodromo di Saint-Etienne, dove io mi stavo facendo le ossa con la mia piccola bici. Mio padre aveva preso due posti in alto di una curva ed avevamo accanto un piccola signora "stéphanoise" (non so come si traduce abitante di S.E.) vestita di nero, assolutamente spaesata in questo mondo di maschi urlanti. Essa altri non era, se non la madre di Rivière, il Signore dell'anello. Infatti, durante il riscaldamento Roger venne davanti a noi per salutarla e la chiamò "mamam". Ella le disse in maniera molto affettuosa e con quel suo bell'accento del posto: "Non è importante che tu vinca, basta tu faccia attenzione a non cadere".
    La battaglia era fra francesi e italiani: Anquetil e Rivière da un lato, Coppi e Faggin dall'altro, che si dovevano affrontare in tre prove e io, naturalmente non avevo occhi che per Jacques, che teneva il suo busto parallelo alla canna verte, magnificamente immobile, pallido e biondo. Il pubblico invece osannava Rivière, il ragazzo prodigio del paese del carbone, la giovane gloria che faceva "tabula rasa" al suo passaggio: passista eccezionale, scattante sulle rampe, irresistibile su pista e dotato di grande fondo, tutto gli era promesso nel mondo del ciclismo. (continua)

    (Nota mia: lui e non Poulidor sarebbe stato il vero rivale di J.A. se, quello che ha sempre temuto sua madre, non si fosse poi verificato in quel Tour maledetto, in una discesa dietro a Gastone Nencini.
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    Messaggio Da Admin Sab Nov 30, 2013 9:27 am

    Stéphanois il nome degli abitanti, quindi a naso confermerei proprio.
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    Messaggio Da Lemond Sab Nov 30, 2013 12:05 pm

    Admin ha scritto:Stéphanois il nome degli abitanti, quindi a naso confermerei proprio.
    Come pensavo io, non è mai tradotto in italiano, e quindi, al limite si potrebbe usare un neologismo, del tipo stefanesi. Wink

    P.S.

    In Italia ci sono molti paesi che prendono nome da codesto Santo (Stefano), quindi ci potremmo regolare con loro.

    P.P.S.

    Bitossi, se ci sei, batti un colpo Wink
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    Messaggio Da Lemond Dom Dic 01, 2013 9:26 am

    Durante la prova di velocità di fronte a Coppi, Roger era impegnato in un "surplace" e, per realizzare questo capolavoro di pazienza muscolare si era proprio piazzato davanti a sua madre (e a noi). Ella gli carezzò leggermente la maglia, io no. Anquetil stava aspettando la prova di inseguimento e, quando arrivò il suo turno, fece meraviglie. Nel mio ricordo l'immagine è chiarissima: brilla in tutto il suo pallore del viso e l'accelerazione decisiva mi fa ancora ... male alle gambe Very Happy, mentre il Grande Fausto quel giorno ebbe male per intiero, perché subì l'umiliazione suprema di essere raggiunto. Evil or Very Mad Jacques vinse anche contro Faggin e alla fine la Francia surclassò l'Italia.
    Oggi, che scrivo più di cinquant'anni dopo, sento il bisogno, per concludere, di sottolineare un aneddoto, un incidente di corsa che mi era scappato allora. Sono tornato a Saint Etienne per consultare i giornali dell'epoca; quel giorno stava nevicando e, solo nella sala di lettura, leggo La Tribune e Le Progrès. Le pagine sono ingiallite e le foto mal definite, ma chissà forse ci potrò ritrovare un'immagine di me, minuscolo, ai fianchi della signora Riovière o forse un ritratto di Anquetil festeggiante la vittoria. Question Guardo le pagine del giorno, quelle della vigilia e del giorno dopo e l'avvenimento è molto ben dettagliato, ma i due quotidiani sono formali: Anquetil non c'era. Question 
    C'era ben stato un omnium Francia-Italia, ma con Rivière, Darrigade e Gaignard per i nostri colori! Resto incredulo!!!
    Ho dunque visto correre un fantasma e questo fantasma mi ha accompagnato per più di cinquant'anni, esso ha fondato la "passione per J.A." ed era soltanto un'immagine della mia mente.
    Nei suoi aspetti somatici, in quei muscoli possenti delle gambe e del dosso Anquetil nascondeva anche certe fibre di cui erano intessuti i miei sogni e forse il suo più grande segreto era, in fin dei conti, di trovarsi ... anche dove non c'era. Smile

    FINE

    Il romanzo della sua vita continua con Sophie Anquetil "Pour l'amour de Jacques
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    Messaggio Da BenoixRoberti Mar Dic 03, 2013 12:44 pm

    Foto bellissima. Ovviamente la dedico all'immenso "ristoro" delle nostre menti Laughing

    L'ANGOLO DE' RISTORI CICLOINTELLETTUALI - Pagina 7 Anquet10

    Ps. Siamo alla partenza del Giro 1967. Lassù Montini. La faccia di Anquetil è tutta un programma Laughing Twisted Evil 
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    L'ANGOLO DE' RISTORI CICLOINTELLETTUALI - Pagina 7 Empty Sophie Anquetil "Pour l'amour de Jacques"

    Messaggio Da Lemond Mer Dic 04, 2013 9:49 am

    Sophie Anquetil "Pour l'amour de Jacques"

    Questo libro me lo porto dietro dall'età di cinque o sei anni, come se avessi saputo già allora di doverlo scrivere. Una mattina di qualche mese fa ho scoperto che era venuto il tempo di mettere le parole su carta. Sono sempre stata fiera della nostra storia, perché mi pare magnifica, complessa certo, ma mai banale, anche se è difficile da spiegare, ma al fondo c'è sempre e soltanto l'amore.
    Raccontarla è un piacere, anche se dovrò rivisitare grandi tristezze e incomprensioni, perché, prima di tutto, è una storia che rappresenta un inno alla vita. Sia chiaro che ho scritto questo libro per raccontare, non per giudicare e per dire il vero dall'interno, visto che in molti hanno provato a farsene carico dall'esterno. :(Questa storia è nostra e solo un membro della famiglia è capace di spiegarla e, per tutti quelli che ci vogliono bene, ma anche per chiunque altro, devo mettere la nostra vita nero su bianco. Wink
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    Messaggio Da BenoixRoberti Mer Dic 04, 2013 11:03 am

    Sarà un viaggio a dir poco affascinante. Very Happy 
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    Messaggio Da Lemond Ven Dic 06, 2013 8:44 am

    Ho trentadue anni e vivo in Corsica, dove gestisco, con Joel, un Albergo-ristorante sopra Calenzana. Dalle finestre si ha l'impressione di poter toccare il mare. Joel è un ragazzo del posto, che ama questo luogo "alla follia". Abbiamo un figlio di sei anni che sembra di già possedere l'occhio del vero amante della montagna; è anche per lui che questo libro esiste.
    Il mio caso è particolare, perché da piccola ho avuto due mamme e l'una era la figlia dell'altra e tutte e tre vivevamo sotto lo stesso tetto, insieme al mio "bigamo" papà. A ciò si deve aggiungere un'altra cosa: mio padre era un semi-dio per la Francia e si chiamava Jacques Anquetil.
    Mia madre biologica, Annie, è la figlia di primo letto di Jeanine, che ha sposato J.A. Annie dunque non è la figlia biologica di mio padre e quindi non c'è stato incesto. Però, dall'età di dieci anni ha avuto Jacques come patrigno, un patrigno che i figli di Jeanine (c'era anche Alain) adoravano.
    Quando Annie ha compiuto diciannove anni le è stato chiesto, con dolcezza, se si sentiva di diventare una madre biologica, a condizione che poi risultasse a tutti gli effetti che la madre giuridica fosse Nanou (soprannome di Jeanine) e non lei, anche se poi Anquetil non è riuscito a far trascrivere i suoi desideri negli atti civili. Vedremo in seguito le versioni di tutti, ma sia ben chiaro che non voglio in nessuna misura regolare i conti, ma semplicemente rendere più chiara possibile la vicenda. In tutti i casi mio padre, Annie e Janine mi hanno talmente amato che sono sempre stata al riparo da qualsiasi stato d'animo vendicativo.
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    Messaggio Da Lemond Dom Dic 08, 2013 9:20 am

    All'interno del nostro "quatuor" non esistevano le menzogne, che lasciavamo per l'esterno: sapevo che Annie mi aveva messo al mondo e la chiamavo mamma, ma conoscevo altresì che Nanou (mia nonna) non mi aveva partorito, ma mi aveva talmente desiderato e si occupava di me così tanto che chiamavo mamma anche lei; ero loro còmplice. Spesso mi si dice che una simile situazione deve aver lasciato tracce, enon positive. Ebbene no. Anche se si sa che nessuno è pienamente lucido quando si esamina, continuo a rispondere di no. Questa storia permea in gran parte la mia vita e sarei un'altra se non avessi provato una simile esperienza, ma l'ò vissuta soprattutto nella felicità, quando ero piccola.
    Dopo, certo, le cose si sono complicate ed è venuto il tempo delle dispute fra adulti e soprattutto la follia di un uomo innamorato, che non voleva perdere la donna amata, cercando di farla ritornare attraverso la gelosia dell'altra, precipitò tutti noi in una trappola che non potemmo mai esorcizzare. E quando venne il tempo della malattia, della sofferenza e della morte, sono stata così male da raggiungere il panico. Sono arrivata sul bordo del precipizio e solo la mia infanzia, tutta quella felicità, gaiezza e amore che avevo ricevuto, mi ha impedito di precipitare. Wink
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    Messaggio Da Lemond Lun Dic 09, 2013 8:32 am

    Era una delizia assoluta sapere che avevo un papà che mi amava in maniera incondizionata, senza riserve, all'infinito. Sono stata "marchiata" dalla gloria di mio padre? Ma certo, come avrebbe potuto essere alrimenti? E lui ha amato il fatto che ne fossi fiera? E' ovvio anche questo. Nello stesso tempo sapevamo che se lui non fosse stato J.A, star e eroe nazionale, noi ci saremmo amati così tanto, perché in fondo non era questo che contava. Wink Ciò che era importante era il nostro rapporto che faceva astrazione da tutto e tutti, tranne naturalmente Nanou e Annie. Ma era anche J.A. e amava esserlo e pure io ero contentissima che lo fosse. Wink Egli voleva avermi "sempre" con sé, mi nutrivo fra le sue braccia e quando, ho cominciato a camminare, mi conduceva da per tutto e così fin da piccolissima ho conosciuto i mercati delle bestie e molte fiere dove si esponevano macchine agricole. Ma andavo anche a pattinare, al circo, o a Rouen e ogni volta la gente ci circondava per stringergli la mano. Wink Ma ciò che gli piaceva di più era quando gli facevano complimenti su di me, perché egli voleva mostrare che aveva una figlia, perché questo desiderio, che aveva realizzato solo in tarda età, lo aveva avuto da sempre. Wink Ma non mi "celebrava" solo all'esterno, perché anche agli Elfi si proponevano spesso feste di due o tre giorni, alle quali erano invitati tutti gli amici, a cominciare da quelli di gioventù per proseguire con quelli avuti dal ciclismo. E naturalmente io stavo sempre con mio padre e vedevo come tutti lo ammiravano. I love you
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    Messaggio Da Lemond Mar Dic 10, 2013 8:33 am

    Mio padre era profondamente fedele alle amicizie e i suoi compagni d'infanzia e di adolescenza sono rimasti tali fino alla fine e l'essere diventato Anquetil non ha cambiato per niente Jacques. Più che essere una star o una vedette, egli era considerato un eroe ed è entrato nella mitologia sportiva esagonale con questo "status". Nei greci l'ammirazione portata a dei, titani, giganti e eroi non era assoluta, se ne conoscevano infatti anche le debolezze e così mio padre era un uomo che aveva delle capacità superiori al comune mortale, ma restava un uomo con tutti i suoi limiti. Però, pur restando il più semplice degli uomini, aveva uno strano potere che lo portava ad una specie di sovranità sui suoi simili. La base di tutto, diceva Pierre Chany è la forza che gli deriva dal suo carattere, dall'intelligenza e dalla volontà. Jacques, come tutti i grandi, aveva capito due cose: hai voglia di avere tutti i doni del mondo, se non lavori duro, non otterrai mai niente e poi non si può ingannare sé stessi, giocare ad essere un altro, perché quello che importa non è la seduzione che può essere solo apparente, ma la vittoria vera, quella che rimane.
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    Messaggio Da Lemond Mer Dic 11, 2013 9:38 am

    Per questo motivo sono sempre rimasta meravigliata che uno dei luoghi comuni sul mito di mio padre fosse che si allenava poco. Egli ha sempre controllato tutto, anche quando si concedeva un dolce o beveva champagne, se fosse stato un calciatore, sarebbe stato un grande lo stesso, ma in lui non ci sarebbe mai stata quella frenesia che si impadronisce, quasi sempre, di chi segna. Wink Andiamo ragazzi, avrebbe detto con calma, si mette la palla al centro e ... Sobrio ed efficace, J.A: è sempre stato così.
    L'epoca aveva bisogno di un tipo così, non rammento più chi aveva detto, ma credo sia stato A. Blondin. Lui veniva spesso da noi a passare due o tre giorni e ci regalava i suoi commenti vivi e folgoranti: "In Poulidor, diceva a mio padre, c'è la gallina dalle uova d'oro, alla fine sarà più ricco di te".
    Ma in questo si sbagliava, perché mio padre fu più ricco nelle ricchezza che conta, quella del cuore. Wink E la testimonianza ne sia questo libro: una storia di disordine, follia, eccessi, malattia e morte, d'amicizia e di tenerezza, ovvero la vita secondo Jacques Anquetil.
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    Messaggio Da Lemond Ven Dic 13, 2013 9:13 am

    Mi hanno spiegato spesso come le famiglie si formano: spesso ci si sposa fra persone dello stesso ceto sociale e addirittura fra uomini e donne dello stesso luogo, i giochi di solito sono fatti in anticipo. Per quel che riguarda gli Anquetil, rimontando fino a quattro generazioni, si deve ammettere che i sociologi hanno ragione, perché tutto è avvenuto in uno spazio normanno di circa cinquanta chilometri. Ma ciò che avvenne alla mia bisavola Augustine Melanie Anquetil, nata Grouh nel 1849, fu veramente un grosso "granello di sabbia" nell'ingranzaggio della predestinazione. Wink Nel 1870, durante la guerra franco-prussiana, aveva 21 anni ed era una buona patriota, timida e povera che svolgeva il lavoro di governante in una casa alsaziana di ricchi borghesi. Come fece un colonnello tedesco a innamorarsi di lei non lo so, ma accadde. Egli era biondo, occhi chiari, viso emaciato e un fisico ben slanciato; Melanie fu subito presa dal fascino di quel "nemico", anche se non avrebbe dovuto. Era vedovo, con un figlio e ricco di famiglia e sarebbe diventato, come minimo, generale, se non fosse stato falciato dalla mitraglia francese. Sad Il tedesco si chiamava Ernst e la scelta di Melanie di chiamare suo figlio Ernest Victor mi fa credere a questa storia d'amore, più che ad altre che giravano sul suo conto, perché non si dà il nome al figlio di chi eventualmente ti ha preso con la forza.
    Comunque sia, con la morte di Ernst, Augustine Melanie è distrutta, perché oltre al dolore c'è la messa al bando dalla società: nubile con figlio, di padre ignoto. Ritorna in Normandia dai suoi parenti, che si vergognano di lei e che non la rinnegano, però la sequestrano, lasciandola il più possibile lontano dagli altri, con per compagno il suo lavoro. "Infila, infila l'ago, tanto ormai tu non ti mariterai mai!"  Sad
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    Messaggio Da Lemond Sab Dic 14, 2013 9:18 am

    Mélanie mette al mondo il suo Ernest Victor il 3 aprile 1871 e in quella residenza c'è un recluso in più! Solo nel 1875 la mia ava ritroverà la  libertà e ciò perché entrambi i genitori si ammalano e non possono muoversi. Tuttavia ella sa bene che la sua è una libertà condizionata dal suo "peccato" e chi oserà andare contro l'obbrobrio permeato nella città intiera? Madre di un bastardo tedesco, il nemico giurato dei francesi in questa fine di secolo: è un destino senza avvenire!
    Ma ciò è un pensiero che non tiene conto di Fréderic Anquetil al quale nessuno potrà mai dire che cosa fare e soprattutto che pensare. Wink E per lui non ci sono dubbi: Augustine Mélanie, madre nubile o no, peccatrice secondo la chiesa e i benpensanti, è il suo genere di ragazza e la sposerà il 25 novembre 1876 e, dopo aver ascoltato il suo cuore darà il suo nome anche al figlio di lei, che diventerà Ernest Victor Anquetil, il futuro nonno di Jacques. Wink
    Mio padre ha dunque sangue tedesco nelle vene, l'avrà mai detto a Rudy Altig, suo avversario e amico? Credo di no, però avrà sicuramente avuto, nei suoi confronti, qualche piccolo sorriso alla sua maniera. Wink Quando evocava suo nonno, a metà prussiano, lo chiamava "le frisé" (alterazione del nome tedesco Fritz) in maniera, affettuosa, ma solo lui poteva parlarne, perché girava sempre nell'aria un dovere di riserva per quel che era accaduto. Sad
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    Messaggio Da Lemond Dom Dic 15, 2013 8:56 am

    Ma ritorniamo agli anni '80, perché, dopo essersi sposata, Mélanie non ha finito le sue pene: Frédéric muore nel 1882 a causa di un'influenza e lei rimane vedova, con un figlio piccolo, a quarantatré anni. Sa cucire e quindi eserciterà questo mestiere al suo domicilio, mentre suo figlio comincerà a sedici anni a lavorare come tagliaboschi. Ernest Victor saprà solo alla maggiore età chi era il suo vero padre e la leggenda vuole che sia scomparso nella foresta per tre giorni e tre notti per meditare sulla notizia. Era un giovane dai modi di fare molto lenti e determinati, organizzato e puntuale fino alla mania. A ventiquattro anni, il figlio del "frisé" è già qualche tempo che riflette su ciò che sente per una certa signorina: Augustine-Alexandrine Langlois, che svolge l'apprendistato da sua madre. Una sera parte per la foresta e dopo tre giorni ritorna deciso a sposarla.  E nel 1906, dopo diverse femmine e un maschio morto da piccolo (Ernest), sarà padre di un altro Ernest, il babbo di Jacques. L'ultima a nascere in questa famiglia numerosa sarà Albertine, la mia prozia, un signora dallo spirito vivace, che ha lavorato tutta la vita il suo pezzo di terra, per vendere al mercato i legumi prodotti e ancora oggi si tiene in esercizio per piacere e abitudine. Che iddio la mantenga ancora molto tempo su questa terra. Wink
    Evidentemente non si può non notare la determinazione del nostro boscaiolo a chiamare i figli Ernest e potremmo scommettere che era il suo modo di onorare la memoria del padre, che non aveva, purtroppo, mai potuto conoscere. Sad
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    Messaggio Da Lemond Lun Dic 16, 2013 10:24 am

    Nel 1914 Ernest V. è chiamato per la Grande Guerra e nel dicembre 1915 i tedeschi uccidono il figlio del colonnello pussiano (il cerchio si chiude). Evil or Very Mad Augustine deve affrontare, da sola, il carico dei cinque figli viventi. Per fortuna è una donna coraggiosa e, seppur abbigliata di nero, si mette al lavoro. Ha due attività: piccoli lavori di cucito nella la notte con le candele, e l'orto da coltivare durante il giorno, i cui prodotti di solito vende a Rouen, partendo da Quincampoix per spingere un carretto quasi centenario. Dei figli non c'è nessuno che non ha voglia di far niente e ancor giovani riescono a trovare lavoro. Ernest, il futuro padre di Jacques, a undici anni e con il certificato di studi in tasca, è preso come apprendista muratore (il suo primo mestiere). A venti anni, nel 1926, incontra Marie Legrand, di condizione ancora più modesta della sua: dall'età di due anni è orfana di entrambi i genitori ed è vissuta in un centro di assistenza pubblica, dove ha imparato il mestiere di "lingère" (lavoro che riguarda la biancheria, anche se io non so in che cosa consista), prima di essere sistemata alle dipendenze del conte d'Amiens. I due si sposano nel 1929 e l'otto febbraio 1934 nasce il loro primo figlio: Jacques a Mont-Saint-Aignan. I due procedono piuttosto bene, con il salario di maestro-muratore della regione, fino alla mobilitazione del 1939. Nel 1940 riesce a fuggire dalle prigioni tedesche e raggiunge la casa, in tempo per veder nascere il suo secondogenito: Philippe. La famiglia è completata e il quartetto è unito da una vita semplice, ma solida. Tuttavia, in Normandia i Prussiani comandano e hanno proprio bisogno di un maestro-muratore come lui, ma il Nostro è proprio allergico alle uniformi verdi e cambia mestiere (pur adorandolo). Riesce ad ottenere un pezzo di terra e, circondato dai tedeschi, riesce comunque a specializzarsi nella coltura delle fragole. Jacques, mio padre, all'epoca ha sei-sette anni e da un paio possiede una piccola bici rossa, che suo padre è riuscito ad accomodare ed è felice, quando lo vede filare e sa che sogna già di diventare un ciclista. Ma conosce anche la realtà che gli dice: in famiglia i sogni sono proibiti. Sad
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    Messaggio Da Lemond Mar Dic 17, 2013 7:57 am

    I miei nonni sono molto attaccati e la loro fede è triplice. lavoro, famiglia, Normandia e mio padre vive un'infanzia dura, ma felice; me ne ha parlato spesso, perché era cosciente che, quello che ha vissuto allora, ha rappresentato l'impronta della propria personalità. Ernest, come ho scritto, amava profondamente la famiglia, ma detestava i pigri, gli svogliati, il lavoro fatto male e gli incompetenti. Mai la tenerezza verso i figli aveva la meglio sul dovere; se avevi veramente l'influenza, eri curato come un tesoro, ma se facevi finta di aver mal di testa, ti ritrovavi i lavori peggiori. Sad
    Dunque, prima della scuola, si va nel campo e quando la scuola è finita, ci si ritorna e non si può diventare un uomo se si trasgredisce a questa regola fondamentale.
    Ernest pianificava il lavoro della settimana minuziosamente e ciascuno sapeva in dettaglio quel che avrebbe dovuto fare e, se uno si organizzava per far bene quel compito, non gli era chiesto altro. Wink  E Jacques, sin da ragazzo, si è formata questa idea, riguardo al lavoro: presto e bene, ma non un grammo di più. Wink
    Per la scuola era lo stesso, perché mio padre era un buon allievo, spinto dalla voglia di apprendere presto e bene e cioè sapere, ma soprattutto capire quello che studiava. Da giovane era di già quello che sarebbe diventato da adulto: previdente, organizzato e soprattutto capace di cominciare qualsiasi cosa, sapendo quali sono le basi fondamentali da cui partire.
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    Messaggio Da Lemond Mer Dic 18, 2013 8:22 am

    Alla fattoria Anquetil non mancava niente, ma non vivevano certo nell'opulenza: la povertà era stata eliminata, pur non essendo ricchi, ma per mantenere questo stato occorreva il duro lavoro giornaliero di tutti. Il piccolo contandino ama il suo pezzetto di terra un po' come la ciambella di salvataggio su di una nave e allo stesso tempo lo fa sentire un signore, perché, anche se gli costa tanta fatica, tu non ha padroni e ciò non ha prezzo. Wink
    "Tu diventerai un operaio specializzato" decide Ernest per suo figlio Jacques, e lui si ritrova al collegio tecnico di Sotteville. In questo modo gli sono tagliate sul nascere le aspirazioni? No, perché non c'era in lui nessuna vocazione particolare, amava la vita, ma la prendeva così come veniva e anche il collegio non gli dispiaceva. Wink E poi, quando usciva, rientrava sempre in contatto con la sua terra. Essa contava parecchio e, fin dalla più tenere età, amava osservare il paesaggio normanno: la fauna, la flora e le stelle. Una vecchia enciclopedia aveva come libro da comodino, dove poteva istruirsi sull'astronomia. 
    Questo interesse per la natura e per i misteri del cosmo era molto profondo e molto spesso si attardava quasi fino all'alba nel bosco e aveva stabilito che era molto più interessante osservare ad es. i cinchjali che ucciderli e una volta (molto tempo dopo) mi portò con sé e rammento che mi stringevo al suo petto, molto impressionata da tutti quei rumori e da quelle tenebre rabbrividenti. Ma all'apparire della luna i miei timori si spensero. Wink Mio padre cominciò a calpestare le foglie e a imitare il verso del cinghiale e mi fece proprio ridere quando mi accorsi che questi animali gli rispondevano. Very Happy In questo modo mi trasmetteva tutte le sue radici, prodotte in lui dal territorio normanno. Sono quei momenti là che mi hanno permesso di conoscerlo più a fondo.
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    Messaggio Da Lemond Gio Dic 19, 2013 8:45 am

    La gente del posto lo aveva soprannominato "le Roué". Nota mia, questo aggettivo significa diverse cose, anche opposte, ma nel suo caso credo voglia dire l'astuto, perché era nella foresta (quindi per estensione sulla strada) che si evidenziavano meglio le sue qualità: finezza, precisione, capacità di osservazione etc. Era una persona calma nei suoi ragionamenti, così come nel modo di spiegarsi, Mi ricordo molto bene di quella sera quando con mio cugino Frèderic (avevamo circa dieci anni) gli abbiamo chiesto una spiegazione sommaria sul firmamento e ... abbiamo avuto diritto ad un corso particolare di astronomia che finì alle quattro del mattino. Very Happy Mio padre non faceva mai le cose a metà e quella notte ci ha fatto ben conoscere ciò che occorreva sapere per avere le basi fondamentali sull'argomento. Credo che neppure i suoi amici più fraterni abbiano mai saputo quanto fosse legato alla sua terra, perché un po' nascondeva questa passione per pudore e se la teneva stretta dentro di sé; e quando le feste in casa terminavano e gli amici se ne andavano, lui aveva bisogno di partire solo nel bosco. E io l'ò saputo un po' per intuito e un po' perché si percepiva da certe sue frasi che la solitudine sotto un cielo stellato gli offriva dei momenti indispensabili al piacere della vita. Wink
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    Messaggio Da Lemond Ven Dic 20, 2013 8:57 am

    Quando il figlio Jacques compie otto anni, Ernest sostituisce la piccola bici con un'altra più adatta alla gambe parecchio cresciute. Ne recupera una abbandonata, la rimette a posto, cambia le ruote e la ridipinge. In questo regalo c'è senz'altro il desiderio di fargli piacere, ma anche la considerazione che la scuola è lontana dalla fattoria e che in bici si può andare in due. In questo modo i fratelli possono partire una mezz'ora più tardi e rientrare nel campo ... Non credo ci fosse altro, anche se Enrst si interessava al ciclismo e da giovane aveva avuto anche il desiderio di provare a cimentarsi nelle competizioni. Mio padre mi ha sempre detto che Ernest si è sempre tenuto in disparte dai suoi trionfi e forse, senza rendersene ben conto lui stesso, almeno non del tutto, era un po' geloso che lui non avesse potuto provare. Questa constatazione faceva sorridere Jacques, perché aveva una grande tenerezza per suo padre e tutte le indulgenze possibili per le eventuali contraddizioni del suo animo. Ritornando alla nostra storia, Jacques ha visto, fino ad una certa età, la bici solo come mezzo di locomozione che dava una più ampia libertà e lui la libertà l'à sempre molto apprezzata. Wink Però, già due anni dopo, quella bici lì era diventata troppo piccola e allora J. propose al padre il seguente contratto: "Tu licenzi un operaio, io farò il suo lavoro e con i soldi risparmiati si compra una bici nuova". "Tu non ci riuscirai" rispose E. - Mettimi alla prova!"
    La scommessa fu vinta e fu acquistata una Stella celeste, che non era da corsa, ma che era molto utile e, allo stesso tempo, faceva morire d'invidia tutti i suoi compagni. Smile
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    Messaggio Da Lemond Sab Dic 21, 2013 8:29 am

    Sono i suoi amici che cominciano ad appassionarsi veramente al ciclismo e si iscrivono ad un club che organizza uscite di allenamento e qualche partecipazione a corsette locali. Essi sognano la gloria sportiva e eleggono i campioni dell'epoca come loro dei, questo sport diventa il centro della loro giovinezza. La cosa non è strana, perché nel dopoguerra è di gran lunga lo sport numero uno in Normandia e Bretagna, quello che è strano è che mio padre, invece, guarda tutto ciò con circospezione e senza interesse: "Non comprendevo quale fosse il piacere a farsi male su una bici, al massimo, per me, era solo tempo perso, da quando ho cominciato a ragionare non ho mai accettato che ogni sforzo non debba essere pagato. I soldi non fanno la felicità, lo sento sempre dire, va bene, allora se tu ne hai, sei infelice?"
    Due dei suoi amici d'infanzia e che lo sono stati fino all'ultimo continuano a correre e Jacques li prende in giro spesso e respinge i loro inviti a iscriversi al club. Sono sempre insieme in ogni altra attività del tempo libero, ma, per quanto riguarda il ciclismo, li lascia soli.
    Un giorno, tuttavia, accompagna Maurice ad assistere alla finale della Maglia dei giovani e l'ambiente gli piace. E' un certo M. Billaux che vince questa corsa nel 1948 e diventerà uno dei suoi più grandi amici. Ed egli ricorda l'episodio: "All'arrivo  Maurice è venuto a congratularsi e insieme a lui c'era un biondino che mi guardava in silenzio, con un piccolo sorriso. E' la prima volta che ho visto J.A.".
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    Messaggio Da Lemond Dom Dic 22, 2013 8:41 am

    Come ho già scritto, mio padre teneva in gran conto l'amicizia e ogni festa che organizzava a casa sua era fondata sul cameratismo, più o meno recente. Con Darrigade, Geminiani, Ocana e altri non aveva certo trovato degli ingrati e ci ritornerò.
    A quattordici/quindici anni Jacques si diverte a prendere in giro gli amici che si iscrivono al club ciclistico, tanto più che, oltre a non prendere un soldo, talvolta riportavano danni seri in conseguenza di cadute ... Però i compagni non cessano di sfidarlo, tanto più che sosteneva che sarebbe stato uno scherzo, per lui, andare più forte di loro. Ma perché farlo, visto che voi al massimo vincete medaglie di cioccolato? Wink Ma Jacques ama i suoi amici, così come ama la famiglia e sa che anche Ernest Anquetil aveva sognato di essere corridore. A casa si parla di Pellissier oltre che delle altre glorie nazionali e locali. Però a farlo decidere è stato il giorno in cui Maurice gli ha dimostrato che c'era anche da guadagnare dal ciclismo, non solo medaglie di cioccolato: in una corsa locale al vincitore dànno un bici da corsa. "Vado subito ad iscrivermi al club" dice all'amico, pur sapendo che tutti gli rideranno dietro, ma il suo orgoglio, unito al suo gusto di fare sensazione, gli dice che se lui ci si mette, li batte tutti. Poi, del resto, in ogni cosa era così, nel gioco, nello studio e nel lavoro era capace di un impegno ben superiore al normale.
    Alla prima uscita di allenamento le scommesse si sprecano, nel gruppo dei compagni, su quale sarà il momento in cui si staccherà il *piccolo*. Very Happy"
    "Essi avevano ragione di scommettere, ma non sapevano che stavo allenandomi sulla mia Stella da un mesetto circa, perché non c'era bisogno che qualcuno mi spiegasse che nel ciclismo la preparazione è primordiale e in quella prima uscita, appunto, sono rimasto con loro fino alla fine e quello che ho visto nei loro occhi mi è piaciuto, ma ciò che mi ha dato ancora più soddisfazione è l'aver compreso che con altre tre settimane davanti potevo vincere quella bici". Wink "Dunque, hai vinto la corsa?" "No, perché due mesi erano ancora pochi, ma dopo altri due non ho smesso più di trionfare nelle corse regionali".

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