Promemoria primo messaggio :
Il ciclismo è un sport sporco, nel senso della polvere, legato ad una immagine povera, nel senso antitetico alla ricchezza, ma la pubblicità ha avuto storicamente un buon rapporto con questo sport.
Non foss'altro perché la prima sponsorizzazione extra-tecnica (quella della crema Nivea) che ha sverginato lo sport è stata proprio del ciclismo, una idea di ripiego (ma involontariamente rivoluzionaria) del grande Fiorenzo Magni.
Il ciclismo era per sua natura esagerato, già pubblicitario (comunicativo) nel suo stesso svolgersi. Era un media di per sé perché attraversava anche le aie di paese, dove la polvere ed anche gli stronzi di gallina facevano da pavimento al transito delle gare. Il ciclismo era un megafono per tutti, perché tutti grazie al ciclismo si sentivano protagonisti. Fu il successo dei grandi marchi di biciclette, il mezzo verso la libertà dell'inizio del secolo scorso.
La pubblicità è stata poi un veicolo fondamentale per l'affermazione in epoca abbastanza recente del Tour de France, grazie alla presenza e complicità di guru dell'advertising come Jaques Seguela. Il Tour era un evento mondano e pubblicitario a casa di tutti. E parliamo degli anni 60-80.
Con l'arrivo in massa del mondo anglosassone abbiamo avuto l'ingresso di tanti marchi tecnologici, cosa che un po' cozzava con uno sport "ciao mama, sono ...". Ma ormai sappiamo come il ciclista odierno, sempre più social, gps e google oriented, sia diverso dallo stereotipo di partenza, anche grazie al tecnologico doping, ahinoi.
Eppoi per twittare, sgrammaticato e "ortografikamente scorretto", non servono (purtroppo) cultura e studio.
In ogni caso l'aspetto più pubblicitario, più accattivante resta sempre la fatica, perché spingere la bestia sulle salite davanti a quella degli altri è dura oggi, come vent'anni fa e cent'anni fa. Lo dico aldilà delle mille differenze e diciamo pure facilities (per essere onesti).
Nonostante crisi, alti e bassi, il ciclismo ha continuato il suo tormentato rapporto con la pubblicità, anche se purtroppo oggi questo rapporto si è interrotto nel nostro Paese, anche perché il nostro Paese ha interrotto il suo rapporto con l'industria e la vera produzione di beni utili.
Di pubblicità legata al ciclismo però non c'è solo quella direttamente coinvolta da sponsorizzazioni o fornitura tecnica, c'è anche quella che utilizza il nostro sport come immagine per comunicare qualcosa.
Uno degli ultimi esempi è lo spot dell'Omega Co-Axial, uno spot che deve comunicare per un orologio il "perfect mechanical movement". Cosa di meglio di un geometrico e tridimensionale ciclismo su pista.
Il ciclismo è un sport sporco, nel senso della polvere, legato ad una immagine povera, nel senso antitetico alla ricchezza, ma la pubblicità ha avuto storicamente un buon rapporto con questo sport.
Non foss'altro perché la prima sponsorizzazione extra-tecnica (quella della crema Nivea) che ha sverginato lo sport è stata proprio del ciclismo, una idea di ripiego (ma involontariamente rivoluzionaria) del grande Fiorenzo Magni.
Il ciclismo era per sua natura esagerato, già pubblicitario (comunicativo) nel suo stesso svolgersi. Era un media di per sé perché attraversava anche le aie di paese, dove la polvere ed anche gli stronzi di gallina facevano da pavimento al transito delle gare. Il ciclismo era un megafono per tutti, perché tutti grazie al ciclismo si sentivano protagonisti. Fu il successo dei grandi marchi di biciclette, il mezzo verso la libertà dell'inizio del secolo scorso.
La pubblicità è stata poi un veicolo fondamentale per l'affermazione in epoca abbastanza recente del Tour de France, grazie alla presenza e complicità di guru dell'advertising come Jaques Seguela. Il Tour era un evento mondano e pubblicitario a casa di tutti. E parliamo degli anni 60-80.
Con l'arrivo in massa del mondo anglosassone abbiamo avuto l'ingresso di tanti marchi tecnologici, cosa che un po' cozzava con uno sport "ciao mama, sono ...". Ma ormai sappiamo come il ciclista odierno, sempre più social, gps e google oriented, sia diverso dallo stereotipo di partenza, anche grazie al tecnologico doping, ahinoi.
Eppoi per twittare, sgrammaticato e "ortografikamente scorretto", non servono (purtroppo) cultura e studio.
In ogni caso l'aspetto più pubblicitario, più accattivante resta sempre la fatica, perché spingere la bestia sulle salite davanti a quella degli altri è dura oggi, come vent'anni fa e cent'anni fa. Lo dico aldilà delle mille differenze e diciamo pure facilities (per essere onesti).
Nonostante crisi, alti e bassi, il ciclismo ha continuato il suo tormentato rapporto con la pubblicità, anche se purtroppo oggi questo rapporto si è interrotto nel nostro Paese, anche perché il nostro Paese ha interrotto il suo rapporto con l'industria e la vera produzione di beni utili.
Di pubblicità legata al ciclismo però non c'è solo quella direttamente coinvolta da sponsorizzazioni o fornitura tecnica, c'è anche quella che utilizza il nostro sport come immagine per comunicare qualcosa.
Uno degli ultimi esempi è lo spot dell'Omega Co-Axial, uno spot che deve comunicare per un orologio il "perfect mechanical movement". Cosa di meglio di un geometrico e tridimensionale ciclismo su pista.
Ultima modifica di BenoixRoberti il Gio Nov 13, 2014 11:58 pm - modificato 1 volta.