Nato ad Orsago (Treviso) il 19 marzo 1947. Passista. Inseguitore. Professionista dal 1970 al 1972. Su strada non ha ottenuto vittorie.
Questo ragazzone veneto, cresciuto nel G.S. Caneva, un sodalizio che poi negli anni diverrà un leader indiscusso della categoria dilettanti, possedeva doti sul passo ed una posizione in bicicletta, che parevano presagire ad una grande carriera di passista. Con accelerazioni impetuose ed una straordinaria capacità di finisseur, era riuscito a ritagliarsi le attenzioni di molti osservatori. Le sue azioni erano spesso attese, sia dagli avversari, quanto dai tecnici, e lui, puntualmente, superava i marcamenti e s'aggraziava le simpatie dell'osservatorio. Notevoli furono, fra gli altri, i suoi successi per distacco a Bassano del Grappa, Stevenà e Seregno. Si guadagnò così la maglia azzurra più volte, fino a portarla in occasione delle Olimpiadi di Città del Messico e nei mondiali di Montevideo. Appariva destinato ad una grande carriera, ma all'indomani dei Giochi, non passò subito fra i professionisti e, probabilmente, quell'anno in più fra i "puri", ebbe il suo bel peso nel prosieguo del suo cammino. All'elite del ciclismo arrivò nel 1970, nella Filotex di Franco Bitossi. Con un passista come Giuseppe, la squadra biancoblu poté giocare al meglio le possibilità del capitano e Rosolen capì che, perlomeno come gregario, nessuno poteva togliergli un ruolo di peso. Chiuse il suo primo Giro d'Italia al 59° posto, ma nessuno avrebbe mai pensato a quella, come l'unica grande corsa a tappe conclusa nella carriera del corridore trevigiano. Su pista, ove Giuseppe passò una bella fetta della sua permanenza nel ciclismo, il suo comportamento al primo anno fra i prof, fu degno del nome che s'era conquistato fra i dilettanti. Sul velodromo di Lanciano, conquistò subito il titolo italiano dell'inseguimento, ed anche lì nessuno si sarebbe mai aspettato di vedere quella performance senza un prosieguo. Nel 1971, fu solo un onesto gregario su strada e su pista, non riuscì più ad emergere in sincronia col talento che gli era riconosciuto. Alla fine del 1972, dopo la conferma delle non soddisfacenti prestazioni della stagione precedente, abbandonò il ciclismo a soli 25 anni.
Maurizio Ricci detto “Morris”