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    "De iure condendo" ovvero: Le Riforme necessarie al Ciclismo

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    ciclismo - "De iure condendo" ovvero: Le Riforme necessarie al Ciclismo - Pagina 4 Empty "De iure condendo" ovvero: Le Riforme necessarie al Ciclismo

    Messaggio Da BenoixRoberti Mar Mag 13, 2014 10:38 am

    Promemoria primo messaggio :

    C'è una discussione che è di valore assoluto che rischia di finire confinata ed archiviata in un 3d destinato all'oblìo.
    Chiedo agli attori di questa discussione di parlarne qua, perché è un argomento troppo importante ed interessante.
    Di seguito riporto alcuni post fondamentali.

    prof ha scritto:
    Lemond ha scritto:Infatti, dopo la Liegi di quest'anno con settanta corridori ai piedi di Ans (s.s.s.c.), avevo proposto a Ben (*) di organizzare un incontro a Milano con Magro/Berton/Aiello/Saligari/Martinello, Morris e quanti altri potessero andare, perché la crisi è grave e, se continua così, con le nuove tecnologie e i gregari sempre più forti, lo scenario rischia di essere lo stesso in quasi tutte le corse su asfalto.  Evil or Very Mad 

    (*) L'idea, partita da lui, sarebbe stata di un dibattito a tema sul forum, ma, se possibile, l'altra avrebbe tutt'altro spessore.
    Quanto mai auspicabile suscitare un incontro tra persone all'altezza di affrontare queste tematiche. In fondo anche noi tifosi siamo stakeholders di tutto rispetto ed è innegabile che chi scrive su di un forum abbia anche un qualche diritto di rappresentanza, essendo di fatto un'avanguardia e per di più' "pensante".

    Un solo appunto: non sono i gregari ad essere sempre più' forti ma, direi, i capitani che non sono dei draghi. Questo per sostenere che, forse, trattasi di situazione temporanea (in attesa di nuovi capitani più' forti).

    prof ha scritto:Posto che noi italiani vogliamo che la ns. corsa abbia i corridori migliori al via, i percorsi più' belli, lo svolgimento più' avvincente e la miglior copertura tv possibile, credo sarebbe nell'interesse di tutti suscitare la nascita di un qualcosa che assomigli molto ad un "Progetto salva-Giro e salva-Ciclismo". Avanti come ora si va al disastro.

    identificazione e dialogo tra gli stakeholders sarebbe la prima e più' logica azione da intraprendere, se non altro per verificare se fra tutti quanti è presente questa consapevolezza o se è soltanto frutto della fantasia malata di qualche fanatico e nostalgico follower oppure se vi sono interessi in campo tali da pregiudicare la salvaguardia della tradizione ciclistica (ciclismo europeo) a favore di progetti "altri" più' remunerativi e ricchi per una più' vasta platea di stakeholders.

    BenoixRoberti ha scritto:
    prof ha scritto:Quanto mai auspicabile suscitare un incontro tra persone all'altezza di affrontare queste tematiche. In fondo anche noi tifosi siamo stakeholders di tutto rispetto ed è innegabile che chi scrive su di un forum abbia anche un qualche diritto di rappresentanza, essendo di fatto un'avanguardia e per di più' "pensante".
    Caspita, che osservazione pentastellata Laughing
    Scherzi a parte, non è solo un diritto, ma anche una grossa opportunità per chi organizza e per i principali "shareholders" (così resto nel tuocampo Wink) delle società organizzatrici.
    Un amico, genitore di due ragazzi di scuola media, mi ha detto che da quando sono i genitori ed i ragazzi ad imbiancare i locali della scuola, questi sono più puliti e curati, senza scritte e danneggiamenti in genere. Il lato negativo (economico) lo sappiamo, ma quello positivo è che la condivisione fa percepire come loro le cose importanti (pubbliche) alle persone.
    Vale anche per il Giro ed il ciclismo nei confronti degli appassionati.
    Condivido completamente il concetto di radicale novità e buon senso.

    prof ha scritto:Un solo appunto: non sono i gregari ad essere sempre più' forti ma, direi, i capitani che non sono dei draghi. Questo per sostenere che, forse, trattasi di situazione temporanea (in attesa di nuovi capitani più' forti).
    Credo che i valori atletici abbiano un loro naturale andamento, un po' sopra, un po' sotto la media e che in questo momento si sia probabilmente un po' sotto. Ma non mi convincono mai le ipotesi di repentine cadute generazionali, lo dico sistematicamente e statisticamente.
    Ieri pensavo tra me dopo l'arrivo della Dunkerque.
    http://www.ciclopassione.com/t813p275-altre-corse-2014#6998
    Se Zingle avesse avuto la radiolina, la gara sarebbe finita allo stesso modo? O forse il suo ds lo avrebbe telecomandato su cosa fare?
    Io so che con quell'errore e senza la radiolina mi sono goduto il gesto atletico e l'esperienza "maturata" di Engoulvent.
    Al Fiandre, senza radioline, Kristoff sarebbe rientrato sul trio di testa e la corsa sarebbe esplosa nel finale piatto con massimo gusto per lo spettacolo. Le fughe del Giro sono letteralmente castrate dalle disposizioni delle ammiraglie, che ti dicono i secondi al chilometro da recuperare in funzione del percorso, con tutta la potenzialità di calcolo dall'ammiraglia, messa a disposizione in tempo reale ai corridori.
    Una volta si diceva "la corsa la fanno i corridori", adesso si potrebbe tranquillamente dire "la corsa la fanno i direttori sportivi". E questa cosa non mi piace per nulla. Il ds deve comandare alla mattina o urlando lungo il percorso. Stop.
    Ieri sentivo di Cecchinel che è uscito alla morte per rientrare sulla fuga, "costretto" da Scinto. Tutto bello, ma preferivo che Cecchinel lo facesse di sua sponte.

    Il sistema attuale del ciclismo è nemico dello spettacolo ed è un motore di indiscriminato livellamento verso la mediocrità, intesa proprio come suicida tendenza matematica alla media (un po' di corridori a tutti gli organizzatori, un po' di spettacolo, un po' poco di tutto ... insomma NIENTE.
    I correttivi li sappiamo, non ultimo quello di limitare o proprio impedire l'invasione tecnologica (pensiamo ai Google Glass) come detto da Lemond.

    Ps. Carlo parlane con il Magro e cominciamo dal virtuale. Il Magro, oltre che ciclista/commentatore è anche un buongustaio conoscitore di varie altre discipline, un enorme eclettico insomma.

    salvatore ha scritto:
    prof ha scritto:Un solo appunto: non sono i gregari ad essere sempre più' forti ma, direi, i capitani che non sono dei draghi. Questo per sostenere che, forse, trattasi di situazione temporanea (in attesa di nuovi capitani più' forti).
    In bicicletta negli ultimi anni si corre più forte e quindi anche la fisica ci insegna che stare al vento costa di più, quindi stare in gruppo il più a lungo possibile è sicuramente una cosa utile. I gregari aiutano a questo, inoltre permettono di ricucire sulle fughe e poi staccarsi cedendo il posto ad altri gregari altrettanto forti per fare il lavoro nel finale.

    Inoltre i gregari spesso sono capitani in altre gare o capitanti di altre squadre gli anni precedenti che, per compensi maggiori, vanno a lavorare per altri.

    Prima corridori forti erano 7/8, 2 italiani, 2 belgi, 1 francese, 1 olandese, 1 spagnolo e pochi altri ed andavano forte su tutti i percorsi. Ora a questi aggiungi lussemburghesi, svizzeri, tedeschi, cechi, russi, australiani, americani, britannici ecc, quindi corridori di livello ce ne sono di più e questo porta ad un livellamento fra capitani.

    Tranne alcune eccellenze, vanno forte tutti allo stesso modo. Questo è un problema per il ciclismo spettacolare.

    Lemond ha scritto:
    BenoixRoberti ha scritto:Infatti preferisco proprio per questo, al di là dello sbattimento per un reale convegno, un disimpegnato evento online, dove in tanti possano esplicitare le proprie idee.
    Ad un convegno ci possono partecipare qualche decina, max centinaia di persone. Una iniziativa online rimane, viene letta ed approfondita invece da molti altri.
    Abbiamo avuto già ampia prova della efficacia comunicativa ormai enorme della rete.
    E' uno strumento da mettere a frutto anche nel ciclismo.

    Secondo me la rete può essere preparatoria, per avere spunti di discussione, ma per un cambiamento vero, occorre altro. Qualcuno dovrebbe essere capace di presentare le idee di "Salvatore" Smile  attraverso una proposta concreta e quindi non da leggere, ma da attuare. E chi meglio dei telecronisti, che sono al centro dello spettacolo (o no) potrebbe farlo?[/quote]

    prof ha scritto:
    salvatore ha scritto:
    prof ha scritto:Un solo appunto: non sono i gregari ad essere sempre più' forti ma, direi, i capitani che non sono dei draghi. Questo per sostenere che, forse, trattasi di situazione temporanea (in attesa di nuovi capitani più' forti).
    In bicicletta negli ultimi anni si corre più forte e quindi anche la fisica ci insegna che stare al vento costa di più, quindi stare in gruppo il più a lungo possibile è sicuramente una cosa utile. I gregari aiutano a questo, inoltre permettono di ricucire sulle fughe e poi staccarsi cedendo il posto ad altri gregari altrettanto forti per fare il lavoro nel finale.

    Inoltre i gregari spesso sono capitani in altre gare o capitanti di altre squadre gli anni precedenti che, per compensi maggiori, vanno a lavorare per altri.

    Prima corridori forti erano 7/8, 2 italiani, 2 belgi, 1 francese, 1 olandese, 1 spagnolo e pochi altri ed andavano forte su tutti i percorsi. Ora a questi aggiungi lussemburghesi, svizzeri, tedeschi, cechi, russi, australiani, americani, britannici ecc, quindi corridori di livello ce ne sono di più e questo porta ad un livellamento fra capitani.

    Tranne alcune eccellenze, vanno forte tutti allo stesso modo. Questo è un problema per il ciclismo spettacolare.

    Ti confesso che il primo argomento da te citato (materiali nuovi, velocità piu' elevate) mi ha colpito.
    Se ci rifletto pero', ci sono argomenti anche per ribattere a questa obiezione (incidentalmente vorrei anche dirti che lo faccio in veste di avvocato del diavolo, non voglio che tu abbia l'impressione che sia qui a tutti costi a sostenere una mia tesi preconcetta).
    E' vero che la resistenza aerodinamica è  funzione del quadrato della velocità e pertanto, minimi aumenti di quest'ultima fanno si' che lo sforzo necessario per vincere la resistenza siano sensibilmente elevati. Se questo si applica certamente in pianura a 40 all'ora, non è però altrettanto vero in salita a 20 all'ora, dove rimanere a ruota arreca pochissimo o meglio quasi nessun vantaggio.


    Se rimaniamo al caso della LBL, ma possiamo tranquillamente estenderci a tutte le classsiche ed a tutte le gare, una Redoute corsa allo spasimo, già di per sè, avrebbe tagliato le gambe a tutti i velocisti (seppur atipici alla Gerrans) rendendo problematico il loro recupero. Fino a non molto tempo fa, i capitani mandavano i gregari a tirare alla morte sulla Redoute, col proposito di vedere chi c'era e chi non c'era e di stanare quelli che erano al gancio. Una volta fatta chiarezza, in tutti i sensi, poichè potevi immediatamente capire da chi dovevi guardarti e da chi no, cominciava la gara e i piu' forti se ne andavano senza che nessuno rientrasse piu'. Nota bene che è ciò che poi continua ad accadere tra Fiandre e Roubaix dove il divario tra Cancellara/Boonen ed il resto è fisicamente palpabile.

    Sarebbe anche doveroso obiettare che le medie di oggi (con biciclette che non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelle di solo 20 anni fa) non sono tanto piu' elevate delle medie di ieri. Addirittura io ricordo del primo Fiandre, vinto da Magni nel 1949,

    (http://www.ilmiovideosport.it/individuali/ciclismo/giro-delle-fiandre/player/144/1828.html)
    con una bici di un peso quasi doppio se rapportato ad oggi e con cambio a bacchette posteriori (significa che per cambiare dovevi smettere di pedalare e dare due colpi di pedale all'indietro)
    ciclismo - "De iure condendo" ovvero: Le Riforme necessarie al Ciclismo - Pagina 4 Bartal10
    alla media di oltre 36 km/hr.

    Allorchè il cambio diventò a comando posto sul tubo obliquo senza la necessità della contropedalata,, le medie iniziarono subito a salire per arrivare ai 40 km/hr quando ancora il rapporto minimo ammesso era il 49x23 poichè non era tecnicamente possibile averne di piu' agili - il 46 venne introdotto solo verso il '60. Da quegli anni le medie hanno sempre viaggiato sul filo dei 40/42, come oggi. 
    Sono considerazioni che, volenti o nolenti, hanno un loro peso.


    E poi, francamente, si tratta di una discussione che esiste da quando esiste il ciclismo. Ora, io non dico di prendere per oro colato quanto vado dicendo ma, quantomeno, diamo tempo al tempo. Intanto però sarebbe giusto dare corso a quelle modifiche che andiamo propugnando da tempo: una su tutte, squadre di 6/7 corridori e, perchè no, via le radioline.

    salvatore ha scritto:Le cause sono concomitanti. Il fatto che in salita si va più piano è che i corridori non hanno le palle, anche perchè dopo le salite ci sono tratti di discesa e soprattutto pianura e quindi un gruppetto con qualche gregario è molto più confortevole. Però manca il coraggio, questo è sicuro, la Liegi 2014 è un esempio. Pozzovivo e Caruso avevano il coraggio e anche le gambe, Valverde e Gerrans avevano i gregari.

    Poi se le tappe di salita dei grandi giri le fanno tutti insieme fino a 2 km dall'arrivo, non vedo soluzione.

    Forse fra le varie cause c'è anche una carenza di bagaglio tattico di alcune squadre. Capita spesso che si corre al rovescio.

    prof ha scritto:
    Lemond ha scritto:
    salvatore ha scritto:Le cause sono concomitanti. Il fatto che in salita si va più piano è che i corridori non hanno le palle, anche perchè dopo le salite ci sono tratti di discesa e soprattutto pianura e quindi un gruppetto con qualche gregario è molto più confortevole. Però manca il coraggio, questo è sicuro, la Liegi 2014 è un esempio. Pozzovivo e Caruso avevano il coraggio e anche le gambe, e Gerrans aveva i gregari.

    Poi se le tappe di salita dei grandi giri le fanno tutti insieme fino a 2 km dall'arrivo, non vedo soluzione.

    Forse fra le varie cause c'è anche una carenza di bagaglio tattico di alcune squadre. Capita spesso che si corre al rovescio.

    Forse la soluzione è nel proporre qualcosa di rovesciato, perché se la salita importante è posta alla fine, è chiaro (o quasi) che tutti aspetteranno quella e poi, per essere tranquilli, gli ultimi km. della stessa.
    Ah, sono d'accordissimo ! Il problema sta anche in chi ha il manico in questo momento, organizzatori e rai in primis (io li chiamo "stakeholders" che è una figura fondamentale in tutti i progetti: gli stakeholders sono coloro che hanno un qualche interesse nel progetto, dai corridori, agli organizzatori, alla rai, alle squadre con i loro sponsor, ai giornalisti, al cittadino che si trova la strada bloccata dal passaggio di una gara e, forse i piu' importanti di tutti, gli appassionati). I percorsi, primariamente dei GG, vanno adattati alla realtà del momento: se sai che ponendo un arrivo in salita non si muoverà nessuno fino ai - 2 km, dovresti evitare di farlo: le gare dovrebbero arrivare nei paesi a fondovalle, dopo una bella discesa e, magari, dopo un bel tappone di oltre 200 km con 4 o 5 bei passi di 1a cat.
    Se lo spirito dei tempi viene recepito financo dall'unico che non dovrebbe assolutissimamente mai esserne condizionato per definizione (Papa Francesco), dovrebbe essere invece come il faro nella notte per gli organizzatori di un Giro.

    prof ha scritto:
    salvatore ha scritto:
    Lemond ha scritto:Per quanto riguarda sempre la Liegi, per scremare il gruppo Valverde i gregari non li aveva, altrimenti l'avrebbe fatto, mentre Gerrans poteva essere protetto tranquillamente dai suoi e riportato in gruppo. Infatti sulla Redoute erano rimasti in pochi, ma poi ...
    Valverde ha pensato di giocarsi la vittoria in una volata ristretta ma non si aspettava Gerrans così in palla anche alla Liegi. Se fosse scattato magari in un gruppetto avrebbe dovuto correre contro tutti. Dopo tutto ha scelto la tattica migliore, salvo trovarsi un Gerrans nel finale.
    A proposito di gregari , cade a fagiolo ricordare com'era anche ai tempi di Merckx, in cui giornalisti e appassionati (non estimatori del belga) erano concordi nell'affermare che Eddy e tutta la sua squadra stavano uccidendo il ciclismo. Si diceva che Eddy avesse la squadra migliore, con gregari che avrebbero tranquillamente potuto essere capitani in altre formazioni. Era difficile dar loro torto. Il problema consisteva proprio nel fatto che, quando costoro aprivano le danze sulla Redoute di turno, davanti rimanevano solo Merckx, Gimondi, Pollentier, Janssen e, a volte, pochissimi altri. I gregari di Eddy erano campioni a loro volta, capaci di operare selezioni che nemmeno ce le sognamo e vedi allora, ancora una volta, che  tutto si tiene: se i gregari sono deboli, è inutile averli, cosi' come se il campione non è tale, non bastano i gregari a farlo diventare.

    Personalmente ho la convinzione, da qualche tempo, che il panorama attuale sia abbastanza sconfortante: corridori in genere di non eccelsa levatura, capitani e gregari che siano. Ci sono anche delle cause molto precise: demotivazione nel far crescere le categorie giovanili (anche qui vi sono responsabilità precise e ben identificabili), una UCI privatizzata che, guardando ai paesi emergenti, si sta lasciando indietro l'Europa, organizzatori forse non all'altezza del momento.

    E' possibile che mentre abbiamo le strade percorse da migliaia e migliaia di cicloturisti over 40, abbiamo di converso meno di un migliaio di ragazzini e ragazzi tra esordienti, juniores e dilettanti, quando pochi anni fa questa cifra era 3 volte tanto e piu' ?

    E' possibile in quanto è esattamente quel che accade e sappiamo anche tutti quanti perchè accade.


    Ultima modifica di BenoixRoberti il Sab Lug 26, 2014 3:38 pm - modificato 1 volta.

    apache
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    Messaggio Da apache Sab Lug 26, 2014 9:53 pm

    Lemond ha scritto:
    Poi il chilometraggio che dovrebbe essere allungato nelle tappe di montagna e abbreviato in quelle per velocisti, tanto i km. (vedi la Sanremo non servono a niente, se non ci sono le salite).
    Su questa cosa permettimi di dissentire.
    Si vede che non segui "attentamente" la Sanremo.
    In quella gara il kilometraggio è (era) la maggior difficoltà. Per questo un corridore come Cancellara riesce ad andare a podio, a differenza di una tappa di trasferimento di un giro.
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    Messaggio Da Lemond Dom Lug 27, 2014 7:51 am

    apache ha scritto:
    Lemond ha scritto:
    Poi il chilometraggio che dovrebbe essere allungato nelle tappe di montagna e abbreviato in quelle per velocisti, tanto i km. (vedi la Sanremo non servono a niente, se non ci sono le salite).
    Su questa cosa permettimi di dissentire.
    Si vede che non segui "attentamente" la Sanremo.
    In quella gara il kilometraggio è (era) la maggior difficoltà. Per questo un corridore come Cancellara riesce ad andare a podio, a differenza di una tappa di trasferimento di un giro.

    Hai ragione, il chilometraggio è l'unica difficoltà, anche se però serve raramente a non fare arrivare i velocisti. Wink
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    Messaggio Da prof Dom Lug 27, 2014 10:29 am

    apache ha scritto:
    Lemond ha scritto:
    Poi il chilometraggio che dovrebbe essere allungato nelle tappe di montagna e abbreviato in quelle per velocisti, tanto i km. (vedi la Sanremo non servono a niente, se non ci sono le salite).
    Su questa cosa permettimi di dissentire.
    Si vede che non segui "attentamente" la Sanremo.
    In quella gara il kilometraggio è (era) la maggior difficoltà. Per questo un corridore come Cancellara riesce ad andare a podio, a differenza di una tappa di trasferimento di un giro.
    Si', sono anch'io d'accordo con Apache. Quello che pesa su di un corridore sono le ore di sella. Tra una gara di 140 km a 45 all'ora ed una di 6/7 ore a 35 all'ora, la seconda è infinitamente piu' stancante e stressante.
    Il ciclismo dei GG di oggi è già di per sè uno sport diverso dal ciclismo della tradizione. La tragedia è che non si tratta di piccole differenze, ma di uno sport totalmente diverso.
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    Messaggio Da angelo francini Dom Lug 27, 2014 10:58 am

    prof ha scritto:
    apache ha scritto:
    Lemond ha scritto:
    Poi il chilometraggio che dovrebbe essere allungato nelle tappe di montagna e abbreviato in quelle per velocisti, tanto i km. (vedi la Sanremo non servono a niente, se non ci sono le salite).
    Su questa cosa permettimi di dissentire.
    Si vede che non segui "attentamente" la Sanremo.
    In quella gara il kilometraggio è (era) la maggior difficoltà. Per questo un corridore come Cancellara riesce ad andare a podio, a differenza di una tappa di trasferimento di un giro.
    Si', sono anch'io d'accordo con Apache. Quello che pesa su di un corridore sono le ore di sella. Tra una gara di 140 km a 45 all'ora ed una di 6/7 ore a 35 all'ora, la seconda è infinitamente piu' stancante e stressante.
    Il ciclismo dei GG di oggi è già di per sè uno sport diverso dal ciclismo della tradizione. La tragedia è che non si tratta di piccole differenze, ma di uno sport totalmente diverso.
    Alcuni pensieri.
    Una gara di 270 km, come lo sono le cinque "monumento" cambia i valori in campo. Dopo i 220/230 km. di corsa anche i corridori, che normalmente in una volata si defilerebbero, diventano dei velocisti pericolosi. Un corridore così, per citarne uno, era Gimondi che su quelle distanze, non in volate di gruppo compatto, diventava temibile.
    Il ciclismo di oggi é diverso da quello della "tradizione". Vero, ma questo cambiamento é riconducibile principalmente al miglioramento dell'elemento fondamentale: il corridore come uomo. Oltre che alle migliorie del mezzo tecnico e delle strade.
    Nel ciclismo della tradizione quanti erano i corridori capaci di tenere i 40 kmh per 270 km.: pochi! Oggi tutti hanno una preparazione di base molto più alta di allora! E senza scomodare, alla Vayer, i soliti luoghi comuni!
    Per questo insisto nel dire che i riferimenti che si debbono prendere dal passato sono più riferibili alle chiare norme che dividevano il professionismo dal dilettantismo, ed alle regole tecniche: il prodotto in sé non può più ritornare quello della "tradizione" per molti motivi! Il pubblico che é cambiato, i media ed il business che ci gira attorno ed é dettato dalle TV!
    Ma per ridare un senso alla parola "tradizione" a mio parere, ripeto, bisogna ritornare ad una netta distinzione fra prof e dilettanti!
    Ma chi governa credete che abbia questa visione? Io non credo ..........
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    Messaggio Da prof Dom Lug 27, 2014 12:52 pm

    angelo francini ha scritto:
    Alcuni pensieri.
    Una gara di 270 km, come lo sono le cinque "monumento" cambia i valori in campo. Dopo i 220/230 km. di corsa anche i corridori, che normalmente in una volata si defilerebbero, diventano dei velocisti pericolosi. Un corridore così, per citarne uno, era Gimondi che su quelle distanze, non in volate di gruppo compatto, diventava temibile.
    Il ciclismo di oggi é diverso da quello della "tradizione". Vero, ma questo cambiamento é riconducibile principalmente al miglioramento dell'elemento fondamentale: il corridore come uomo. Oltre che alle migliorie del mezzo tecnico e delle strade.
    Nel ciclismo della tradizione quanti erano i corridori capaci di tenere i 40 kmh per 270 km.: pochi! Oggi tutti hanno una preparazione di base molto più alta di allora! E senza scomodare, alla Vayer, i soliti luoghi comuni!
    Per questo insisto nel dire che i riferimenti che si debbono prendere dal passato sono più riferibili alle chiare norme che dividevano il professionismo dal dilettantismo, ed alle regole tecniche: il prodotto in sé non può più ritornare quello della "tradizione" per molti motivi! Il pubblico che é cambiato, i media ed il business che ci gira attorno ed é dettato dalle TV!
    Ma per ridare un senso alla parola "tradizione" a mio parere, ripeto, bisogna ritornare ad una netta distinzione fra prof e dilettanti!
    Ma chi governa credete che abbia questa visione? Io non credo ..........
    Carissimo Angelo, io dissento totalmente dal fatto che il corriodre di oggi, come uomo, sia meglio di quello del passato. Come ben sai, nel passato si correva tanto di piu', a medie assolutamente paragonabili a quelle di oggi e le carriere duravano anche piu' a lungo. Negli anni '70, Peter Post, tanto per fare un esempio, vinse una Roubaix a 46 di media, con una bicicletta che, rispetto a quelle di oggi, gli toglieva un buon 15% su un'analoga prestazione compiuta su bici moderna.
    Tempo fa menzionavo la media di un Fiandre vinto da Magni, sotto l'acqua, a quasi 37 all'ora, con cambio a bacchette sulla forcella posteriore: non so se hai presente cosa significasse cambiare con quell'aggeggio. Voleva dire quasi fermarsi e ripartire.
    Togliti una curiosità, vatti a vedere le medie generali di Giro e Tour e confrontale con quelle di oggi, tenendo amente il parametro 15% che è molto conservativo in quanto io sono convinto che siamo a un buon 25%. No, Angelo, i corridori di oggi sono molto piu' scarsi di ieri e, molto semplicemente, perchè si è ridotta enormemente la base. Vai a confrontare il numero di iscritti nelle 3 categorie (esordienti, allievi, dilettanti) di 30/40 anni fa con quello di oggi.
    In Italia, quando ero dilettante, vi erano, tutte le domeniche e senza contare le infrasettimanali, almeno 7/8 gare e ognuna raccoglieva almeno 70/100 dilettanti. Passare professionisti significava passare attraverso una selezione che oggi proprio non vedo. Poi, lo sai bene, non bastava passare in quanto il piu' difficile era rimanerci. Vi era un abisso nel modo di correre tra dilettanti e professionisti. A parte le distanze, che già erano un ostacolo insormontabile per un buon 50% dei neo-pro, la salita era percorsa a velocità che erano assolutamente inimmaginabili tra i dilettanti.

    Tutti lavoravano e pochi andavano a scuola: per allenarsi, ci si alzava alle 4 del mattino, si facevano 100 km e si andava a lavorare (o a scuola) belli come il sole. Mi dici che schiatta di uomini era questa ? Erano dei sopravvissuti.
    Lo spirito di sacrificio non è nemmeno paragonabile a quello del corridore odierno.  Nibali, faceva notare ieri qualcuno in tv, si lamentava del fatto che sta lontano dalla famiglia molto a lungo (capita anche a me, che pur non corro piu', a volte sto via anche un anno) e che deve fare la vita del certosino, tutta rinunce. Non cita però che viene servito da capo a piedi, che non si deve curare di nulla (di nulla!) e che percepisce uno stipendio che lo ha già messo al riparo per il resto dei suoi giorni.

    E parlo di un corridore che mi piace.

    Altro capitolo: la preparazione di base. La preparazione di un atleta è fondata su ipotesi parascientifiche che non hanno mai ricevuto alcuna validazione e che, pertanto, si riducono a mere ipotesi e null'altro. Se poi consideriamo che, Vayer e Slongo docent, chiunque in pratica può fare il preparatore di ciclismo, dimmi tu dove sta la scienza in questo caso. E' richiesta una laurea? No.
    D'altra parte, dimmi tu, se fosse vero quanto si sostiene da piu' parti e cioè che la preparazione di oggi consentirebbe cose lunari, impensabili in passato, perchè si sono ridotte le distanze cosi' drasticamente? Perchè i GG si percorrono tutti al di sotto dei 3500 km, quando un tempo si viaggiava costantemente tra i 4000 e i 4500?. Perchè, comparativamente, i corridori di oggi corrono cosi' tanto di meno?

    Come ti ho detto, è nato un altro sport che non è piu' ciclismo. Ma guarda, Angelo, che è proprio "altro", altra roba. Chiediti se lo puoi ancora definire sport di resistenza e fatica.
    I progressi sulle medie, stanne certo, sono puramente dovuti alle innovazioni apportate ai mezzi. Bici che un tempo pesavano 15 kg, oggi pesano 6 kg: ruote che un tempo pesavano mezzo kg, oggi pesano sui 200 grammi. Tu non hai idea di che cosa significhi questo perchè, forse, non hai dimestichezza con le formule della meccanica razionale: io che ce l'ho, te lo assicuro, ti posso tranquillamente dire che si tratta di differenze nemmeno piu' commensurabili. Io parlavo di un fattore 15 ma, con ogni probabilità, siamo a un fattore 30. Se solo avessi un po' di tempo per studiarmelo ...

    Tu parli di regolamenti: siamo forse in presenza dell'unico caso al mondo in cui regolamenti e norme vanno in direzione opposta, non tanto allo sviluppo tecnologico, ma proprio alla logica. Credo che vi sia ancora la libertà di poterlo affermare, ammenochè non voglia anche tu fare come il tizio che, qualche tempo fa, mi suggeriva caldamente di occuparmi di altro se il ciclismo non mi piace piu'. Gli dava fastidio che io esponessi critiche, peraltro sempre ben documentate.
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    Messaggio Da BenoixRoberti Dom Lug 27, 2014 1:51 pm

    Prof devi dare un valore diverso all'eccellenza di quel periodo, che nessuno mette in dubbio.
    Penso che Angelo non volesse proprio dire quelle cose nella forma che tu hai letto.
    Anche per una questione affettiva, perché era il ciclismo della sua adolescenza, più o meno.

    Giusto ora stanno facendo vedere su Raisport la crono conclusiva del Tour 1970 vinte entrambe (crono e Tour) dal cannibale. La crono di 54 km (Versailles > Parigi) la vinse alla stessa media con cui ieri Martin ha vinto la crono di Périgueux di pari lunghezza.
    Dove sta il miglioramento tra il 1970 ed il 2014 (44 anni)? Nel fatto che i 54 km di Périgueux fossero i più impegnativi, molto più vallonati.
    E' abbastanza normale che ci sia stato un progresso. Non vedo perché lo si debba negare, perché la grandezza di quel periodo ciclistico non viene minimamente messa in discussione.
    Che i numeri dell'eccellenza di allora fossero più limitati nel numero di corridori non è dubitabile, anzi direi che ne spiegava la bontà.

    Facciamone un bagaglio comune (a tutte le generazioni) e non un vessillo anagrafico-ideologico.
    La mia conoscenza ciclistica diretta comincia dai 70, ma la capacità persuasiva ed i fini dettagli di Morris (o dell'Anquetil di Lemond) mi hanno fatto conoscere quasi chimicamente anche il periodo precedente, aldilà delle mie letture pregresse. Una tradizione si rafforza solo con una forte rilettura in chiave moderna (aldilà delle deformi riforme attuali). E' importante mantenere un filo rosso fra passato e presente, altrimenti la frattura diventa anagrafica ed insanabile, un processo insomma che questo sport non può permettersi (anche per la necessità di lettura realistica e non ideologica del ciclismo anni 90, così tanto vituperato ma non meno vero di quello di altri periodi).

    Mio padre ad esempio diceva ad esempio che è una cazzata affermare che Merckx è stato il migliore, perché Coppi e Bartali correvano su strade sterrate ed avevano avuto 6 anni di guerra e stop bellico e i loro avversari erano più "grandi" di quelli di Merckx ... e via così.

    Per me dire che Merckx è stato il più grande non sminuisce minimamente il valore di Coppi e Bartali.
    Non ha senso lo scontro generazionale in generale, ancor di più nel ciclismo.
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    Messaggio Da angelo francini Dom Lug 27, 2014 2:42 pm

    Solo per precisare, senza velleità.
    Ho parlato di media facendo riferimento non ai valori assoluti (avevo scritto "pochi" con il ?), ma alla capacità di molto più corridori di raggiungere medie di alto valore.
    Questo intendevo con miglioramento dell'uomo/corridore! E su questo sono pienamente convinto: rispetto alla mia generazione (50) i ragazzi di oggi sono di un altro livello! Noi eravamo molto più ruspanti.
    I numeri del ciclismo giovanile? Oggi abbiamo la concorrenza di altri sport, che all'epoca erano sconosciuti, e le comodità hanno cambiato la vita. Una volta la bici era un mezzo di trasporto comune, oggi é ritenuta una cosa snob! Una volta i corridori meridionali erano pochi, oggi sono la maggioranza! Vi sarà un motivo: che non discende dallo sport, ma discende dalla società che é cambiata.
    Incluso il fatto che oggi nella culla del ciclismo italico, regioni a nord degli Appennini e Toscana, fare ciclismo é un rischio per il traffico che vi é rispetto a 40/50 anni fa.

    Non discuto sul fatto generazionale: i confronti sono possibili solo sulle statistiche!
    Il ciclismo, in se, non é diverso: é fatica, sacrificio, scelta di vita.
    L'aver cancellato la divisione fra Prof e dilettanti, oggi esistente solo nel world tour (al di la delle leggi dei singoli paesi in materia), ha provocato che le corse debbano essere per forza più corte, poiché sovente ammetti al via, nelle corse dalla classe HC in giù, corridori che non sono in grado di fare corse più lunghe.
    Se non capiamo che quella demenziale scelta della licenza unica e della classifica individuale UCI sono la causa dei mali del ciclismo, vuol dire che ci mancano dei riferimenti. E sono il padre e la madre dell'escalation del doping!
    Quindi il pensiero che volevo dare era quello che bisogna ritornare alla divisione netta fra professionisti e dilettanti, nell'interesse di tutte e due le categorie!
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    Messaggio Da prof Dom Lug 27, 2014 11:48 pm

    Nessuna ideologia, ci mancherebbe: sono stra-vaccinato. Solo dati e osservazioni asettiche.
    Certo però che questa meridionalizzazione del ciclismo opera nel cervello come una provocazione. Una provocazione dalla quale però tutti tentiamo di tenerci ben lontani....

    Va però detto che la bicicletta sta tornando prepotentemente di moda come mezzo di trasporto, e proprio nei paesi piu' tardo capitalistici: Nord Europa, Germania, Inghilterra. Paesi, oltretutto, con condizioni meteo spesso proibitive: in Italia non lo si nota ancora ma, potete starne certi, non tarderà ad affermarsi lo stesso trend. Certo che in Norvegia risulta assai problematico trovare corridorini esili da 60 kg, potenzialmente numerosissimi invece in Sicilia e Sardegna. Infatti i norvegesi vincono gli sprint ed affondano in salita.

    Con questo nuovo sport, il "ciclismo moderno", fatto di tappette brevi e salite estreme, la selezione che si opera è di natura squisitamente razziale e il rischio di non capitalizzare questo rinnovato interesse per la bicicletta (che non è snobistico!) ai fini di una crescita del ciclismo stesso, è altissimo.
    Forse la strada per evitare questa selezione su base razziale che si va profilando, sta proprio nel ritornare al ciclismo come sport di fatica.
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    Messaggio Da BenoixRoberti Lun Lug 28, 2014 12:03 am

    Il problema è che hai già cancellato Froome, etnicamente britannico.
    A parte gli scherzi io non rilevo in Nibali ed Aru questa differenza "bio-razziale" dal veneto Formolo, da Villella o dallo scalatore romagnolo Manuel Senni.
    Che i nordici (del nord Europa) siano più "potenti" non v'è dubbio, era così anche un tempo, ma noi avevamo un colosso come Re Leone ed anche un Petacchi, mentre gli svedesi hanno avuto ottimi passisti scalatori, dai fratelloni Pettersson all'innominabile di nome Niklas Axelsson, cancellato dalla storia di questo sport.

    Non disperare, nel giro di qualche anno tornerà qualche bello smilzo da 1,85 a vincere un GT.
    Il ciclismo non è l'atletica leggera.

    Ps. Non so se è una osservazione razziale, credo di no, ma dopo tanti anni è tornato un podio interamente latino in uno dei Tour più vivaci e spettacolari (dall'inizio) della storia.
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    Messaggio Da prof Lun Lug 28, 2014 12:44 am

    Caro Ben, la vedo dura per chi pesa piu' di 60 kg.
    Puoi rigirarla come ti pare ma quella è merce che si trova piu' facilmente nelle isole del Mediterraneo, non certo tra i fiordi. Almeno come regola generale.
    Non è come l'atletica? Diciamo che incomincia ad assomigliarle ...
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    Messaggio Da angelo francini Lun Lug 28, 2014 8:45 am

    Una discussione dai contenuti sportivi dovrebbe svolgersi con argomentazioni di esclusiva natura tecnico-regolamentare sportiva.
    Invece si introducono sempre elementi che di sportivo-regolamentare nulla hanno, portando la discussione lontana dalla base di partenza che, appunto, dovrebbe essere quella sportiva.
    Si introducono problemi che sono di natura sociale e non di natura sportiva, che competono alle autorità civili e non ad un movimento sportivo che dovrebbe occuparsi solamente dello sport di vertice: ossia si introducono elementi che dovrebbero far parte dell'operare degli enti di promozione sportiva più che quello di federazioni che debbono occuparsi della programmazione sportiva finalizzata al risultato sportivo.
    In Italia sovente, con il social corretto, si finisce con lo sconfinare nello spazio che é riservato allo "Sport x tutti" che nulla c'entra con il compito istituzionale affidato alle Federazioni.
    Quando ho parlato del sud, mi riferivo a certe aree geografiche, non certo alle caratteristiche fisiche della popolazione.
    Ed il ciclismo, a differenza di tutti gli altri sport, risente molto dei fattori ambientali esterni: traffico prima di tutto.
    A città Milano solo 50 anni fa esistevano parecchie società, come in tutta la Lombardia. Negli ultimi 25 anni Milano città ha perso l'80% delle società e la Lombardia il 50%. Eppure il ciclismo é molto seguito in queste zone.
    E questi numeri senza considerare che questa diminuzione non tiene conto che oggi un 30% delle società affiliate arrivano dal MTB/Fuoristrada, che appunto come movimento si é sviluppato in quell'epoca. 
    E non é proponendo le piste ciclabili che si incentiva il ciclismo agonistico su strada: se seguiamo questa strada presto saremo relegati in appositi spazi delimitati, perché sulle strade di queste zone il ciclismo da fastidio oltre ad essere pericoloso per chi lo pratica.
    Ed allora, non avendo difeso, la peculiarità agonistica dovremo forzatamente pensare a gare brevi corse a medie folli.
    L'esempio ci viene dalle corse su strada del mondo amatoriale: corse brevi, per permettere a tutti di partecipare, che unite alla mancanza di attività agonistica post under 23, hanno innalzato il livello agonistico e portato a far si che le corse si svolgano a medie folli, con la conseguenza che leggiamo nei bollettini di guerra del TNA del Coni.
    Ma continuando ad esaltare, come da ormai un decennio fa la federazione, i risultati relativi all'aumento dei chilometraggi delle piste ciclabili sul territorio nazionale non si fa altro che traghettare il ciclismo su strada verso un ciclismo fatto di TAPPETTE e SALITE ESTREME.
    Un Nibali, un Aru non nascono PROFESSIONISTI del ciclismo, ma lo sono diventati attraverso il tempo.
    Vent'anni fa ogni 350 tesserati esordienti del 1° anno SOLO UNO arrivava a passare professionista come corridore, non come campione.
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    Messaggio Da prof Lun Lug 28, 2014 10:40 am

    Se c'è uno refrattario al sociologismo d'accatto, quello sono proprio io. Premetto che sono assolutamente d'accordo con te sui guasti causati dalla cancellazione di fatto del dilettantismo, ma negare che la tendenza in atto, voluta ed auspicata proprio da federazioni ed organizzatori, verso un ciclismo che è altro da sè stesso e che sta diventando uno sport diverso da quello che amavamo, non aiuta a fare chiarezza.
    Negare che il vincitore di un GG non può pesare piu' di 60 kg vestito, non aiuta ad avere un quadro complessivo di ciò che sta accadendo. Non vi è nulla di "sociale" (è un termine che odio, sono un inguaribile individualista) in questa presa di coscienza ma soltanto la constatazione che ci troviamo di fronte ad un ciclismo dove non vince piu' il corridore di fondo e di resistenza. Un ciclismo dove i GG stessi non sono piu' quello che dovrebbero essere.

    D'accordo con te anche sulla questione delle "riserve indiane" che sono le piste ciclabili. Le piste ciclabili devono servire a chi si vuole recare al lavoro usando la bicicletta, non a chi si deve allenare. Se devo basarmi su quanto visto altrove poi, dall'uso della bici per recarsi al lavoro, si passa in fretta al suo impiego per fini eminentemente sportivi. In questo senso le piste ciclabili hanno una loro ragione. Tu non puoi nemmeno immaginare lo sviluppo che ha avuto la bicicletta in un paese come la Norvegia, tutto montagne, vento, neve, pioggia e ... con pochissime ore di luce.

    La bicicletta è destinata a risorgere proprio come mezzo di trasporto e ciò sta già avvenendo: non ti dico dell'Inghilterra: le folle che abbiamo visto al Tour non sono di curiosi; le strade della greater London, al mattino ed alla sera, sono uno sciamare di biciclette peraltro, in quasi totale assenza di piste ciclabili.

    Stessa cosa accade in Germania; anche li' non ti dico quanta gente si percorre in sella ad una bici i 10/15/20 km che li separa dall'ufficio. Una volta che lo provi, non riesci piu' a rinunciarvi perchè è troppo piu' bello che usare l'automobile. Questa viene felicemente lasciata alla moglie.

    Come vedi, ancora una volta le istituzioni ciclistiche sono piu' indietro rispetto al movimento che è già nato. Operare una segregazione di tipo biometrico, significa confinare questo sport all'epopea della donna cannone.

    Sono contentissimo che Vincenzo abbia vinto il Tour, questo va da sè, ma questo non significa che dobbiamo tenere le fette di prosciutto sugli occhi.
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    Messaggio Da BenoixRoberti Lun Lug 28, 2014 11:01 am

    Questo tuo post è molto meglio argomentato di quello precedente, ma io non vedo una deriva dal normotipo ai pesi mosca. Nibali, Froome, Wiggo, Evans sono nella media storica di questo sport.
    Non scorgo una mutazione genetica del corridore in giallo. Siamo lontani anni luce dai ghetti sportivi di basket ed atletica.
    Il rischio, se vi fosse, sarebbe da considerare, certamente, anche sul piano del riequilibrio normativo fra gli ingredienti tecnici di un Tour. L'equilibrio è fondamentale e mi pare che sia sostanzialmente rispettato. Era Miguelon ad essere fuori dalla media, come comunque sono quelli alti come lui nella popolazione mondiale. Presto o tardi uno smilzo tornerà (anglosassone, nordico, latino o amerindio). Siamo nel pieno rispetto statistico.
    Quest'anno c'era poca crono, l'anno prossimo ritornerà. Se vi fossero solo montagne ci troveremmo a porci quel dubbio, ma non è così. Peraltro quest'anno al Tour sono state più decisive le tappe intermedie che non le tappe di vera montagna. E ciò è un bene per l'economia mediatica del Tour, che ha avuto davvero poche giornate "morte".
    E il pubblico questa qualità l'ha molto apprezzata.
    Mancava il tappone, lo sappiamo, ma date le ipotesi di progetto, non era fattibile per i limiti regolamentari ben descritti da Francio.
    In questo mi sento di dare ragione a lui, ovvero di focalizzarsi su quelle, e magari di rivederle dando il giusto rilievo ai basamenti della tradizione ciclistica.

    Ps. Nel tennis si gioca al meglio dei 3 set, mentre al Roland Garros ...
    Al Polonia ed al Romandia possiamo fare le tappe da 140 km, al Tour si dovrebbe poter sforare una o due volte i 240 km, una volta almeno in montagna.

    Il problema dei corridori sotto i 60 Kg lo vedo invece più rilevante, ma questa è un'altra faccenda, molto molto seria, al limite dell'anoressia (leggere fra le righe le parole di Wiggo sui sacrifici per le gare a tappe).
    In questo caso a nessuno interessa la tutela della salute.
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    Messaggio Da angelo francini Lun Lug 28, 2014 11:11 am

    BenoixRoberti ha scritto:Ps. Nel tennis si gioca al meglio dei 3 set, mentre al Roland Garros ...
    Al Polonia ed al Romandia possiamo fare le tappe da 140 km, al Tour si dovrebbe poter sforare una o due volte i 240 km, una volta almeno in montagna.
    Rileggere i miei post precedenti, dei giorni scorsi!
    Nei grandi Giri é possibile fare due tappe sopra i 240 km: e non vi é scritto che debbono essere piatte.
    L'unica prescrizione é quella di rientrare nella media dei 180 km x tappa e di non superare i 3500 km totali.
    Ossia: se ti fai una crono di 20 km. questa nel calcolo della media km giornaliera di farà abbassare il valore e quindi potresti anche inserire tappe di un chilometraggio diverso.
    Idem per le altre gare a tappe o in linea.
    Ma ripeto il problema principale é nell'inesistenza oggi di una differenza fra PROFESSIONISMO e DILETTANTISMO: é questa causa che ha portato ad una sorta di tutela del patrimonio giovanile, snaturando quella che era la tradizione del ciclismo a livello professionistico. Se vuoi far partire giovani di 20 anni al Tour o al Giro, non poi puoi fare un Tour o un Giro di 4/4200 km!
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    Messaggio Da BenoixRoberti Lun Lug 28, 2014 11:20 am

    Mah sì, non essere lezioso. Smile
    E' ovvio che non puoi fare tapponi di montagna con i limiti regolamentari Uci e le ipotesi di progetto del Tour 2014 (con tante località di montagna e media montagna da accontentare).
    Quello intendevo.

    Giovani
    Spiega meglio. Quando scrivi "Se vuoi far partire giovani di 20 anni al Tour o al Giro, non poi puoi fare un Tour o un Giro di 4/4200 km" intendi a livello assoluto, o perché con la situazione attuale i giovani non sviluppano l'abitudine alle lunghe distanze e bisognerebbe correggere le regole per abituarli a ciò?
    Io propendo per la seconda possibilità.

    Tanto che Gimondi, giovane non ancora 23enne e professionista, vinse un Tour di quasi 4200 km, 49 anni fa.
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    Messaggio Da prof Lun Lug 28, 2014 11:26 am

    Te l'ho detto, Angelo, sono pienamente d'accordo: l'aver cancellato di fatto il dilettantismo è stata un'emerita sciocchezza, foriera, peraltro, di tutte le storture che hai evidenziato.
    Benoix sembra non essere d'accordo sulla deriva biometrica del ciclismo: è un peccato poichè, con queste norme, non potrà che accentuarsi.
    Riportare il chilometraggio a 4500 km, introdurre cronometro da 80 km non potrà che riequilibrare questa tendenza e restituirci un ciclismo piu' credibile.
    Ho detto credibile e non a caso.
    Oggi, duole dirlo, con la presenza di questi sedicenti "preparatori", non lo è e non lo può essere.
    Invito a non perdere mai di vista quella che si chiama la "big picture". Se non si ha ben presente tutto quanto il quadro complessivo, non si può comprendere bene quel che sta accadendo.
    Corridori-fantini di 60 kg non appartengono alla storia e tradizione del ciclismo, altro che balle!!!
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    Messaggio Da angelo francini Lun Lug 28, 2014 11:30 am

    Devi partire nelle analisi dai regolamenti attuali, e dai motivi che hanno determinato l'adozione degli attuali parametri.
    Cosa vuol dire Gimondi nel 65, o una volta si correva la Milano-Roma!
    All'interno di quella discussione, fatta negli ambiti internazionali preposti (ass. corridori, ass. organizzatori, ass. gruppi sportivi, ass. dir. sportivi, direttivo e Cons Prof dell'UCI) sono state fatte delle scelte che ora vediamo applicate.

    Lezioso
    Perché vuoi far apparire che é vietato fare tapponi di montagna di oltre 240 km. questa é una scelta che fa solo l'organizzatore, perché per regolamento non é vietata.
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    Messaggio Da BenoixRoberti Lun Lug 28, 2014 11:34 am

    Ma non l'ho detto che è vietata (o fatto apparire). E' una conseguenza matematica del match fra regole e ipotesi di progetto.
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    Messaggio Da angelo francini Lun Lug 28, 2014 11:36 am

    BenoixRoberti ha scritto:Ma non l'ho detto che è vietata (o fatto apparire). E' una conseguenza matematica del match fra regole e ipotesi di progetto.
    Cosa vuoi dire: che bisogna cambiare le regole per adattarle all'ipotesi di progetto?
    Quella si chiama deroga ......
    Fai lo stesso ragionamento di quello che non puoi vedere!
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    Messaggio Da BenoixRoberti Lun Lug 28, 2014 11:49 am

    No, cambierei la regola che limita a 3500 km lo sviluppo dei GT innalzando la media.
    O forse lascerei libertà per i GT, perché gli organizzatori hanno interesse a creare il loro miglior prodotto (anche se so che questa affermazione non ti piacerà) ed anche solo con le necessità legate ai trasferimenti, la media imposta dalle regole verrebbe rispettata senza per forza imporla normativamente.
    La bulimia regolamentare dell'Uci ha davvero stufato.
    Comunque sia, tutti questi discorsi andranno poi riparametrati alla luce delle effettive riforme che verrano applicate dal 2017, spero con senso empirico, ovvero senza paura di sperimentare.
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    Messaggio Da angelo francini Lun Lug 28, 2014 11:54 am

    Ma quello che vuoi tu o quello che voglio io, conta come il due di picche a briscola quando la briscola é denari.
    Perché tutte quelle componenti che prima ho citato la pensano in un modo diverso: tanto é che loro, tutti insieme, hanno deciso queste regole!
    Tu credi che nel 2017 vi saranno modifiche sostanziali in questo senso?
    Io proprio no, conoscendo il pollaio ed i polli che lo compongono!
    Per ora quella riforma é una proposta e nell'inverno verrà discussa in appositi simposi all'Aigle delle predette associazioni.

    Un esempio perché l'UCI ha fatto quelle scellerate norme sulle Continental!
    Sino a tre quattro anni fa le Continental avevano le stesse caratteristiche delle altre due categorie: oggi le hanno modificate!
    E qualche membro italiano di quelle associazioni si é alzato a dire o ricordare la legge 91? No perché così con la regolamentazione dell'UCI pensava di scappare alla Legge 91: e fino ad ora pare ci sia riuscito, grazie a tante complicità........
    Quindi non pensare che ci saranno chissà quali stravolgimenti: prima conta l'interesse di ogni partecipante, poi se una modifica non ostacola l'interesse di un singolo, qualche modifica insignificante verrà fatta..............
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    Messaggio Da prof Lun Lug 28, 2014 12:43 pm

    Il quadro è semplicemente terrificante e spero che la vittoria di Nibali non abbia come effetto, almeno tra di noi, l'indurci a dimenticare che viviamo in un ciclismo profondamente malato.
    Il nemico è palesemente la volontà UCI di regolamentare e dominare tutto il mondo ciclistico a proprio uso e piacimento; nulla di strano, in un'Europa illiberale e impegnata a costruire le basi del nuovo totalitarismo prossimo venturo.
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    Messaggio Da BenoixRoberti Lun Lug 28, 2014 1:34 pm

    Bene, visto che si è arrivati alla famosa legge 91, invito a leggere questo documento, ovvero la lettera che il presidente della Lega Prof Vincenzo Scotti ha inviato al presidente Coni Malagò.
    Ognuno si faccia le sue riflessioni. Io mi taccio per non condizionare la discussione

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    https://legaciclismo.files.wordpress.com/2014/07/comunicazione-prof-scotti-pres-malagc3b2-15-luglio-2014.pdf


    Queste erano le premesse della missiva:

    http://legaciclismoprof.org/2014/07/16/lettera-del-presidente-di-lega-vincenzo-scotti-al-presidente-coni-giovanni-malago-cambiamo-in-fretta-la-legge-91-sul-professionismo-o-per-le-nostre-societa-non-ci-sara-futuro/
    Lettera del Presidente di Lega Vincenzo Scotti al Presidente CONI Giovanni Malagò: cambiamo in fretta la Legge 91 sul professionismo o per le nostre società non ci sarà futuro

    Pubblicato il luglio 16, 2014 di legaciclismoprof
    Riportiamo di seguito il testo integrale della lettera che il presidente della Lega del Ciclismo Vincenzo Scotti ha inviato ieri al Presidente del CONI Giovanni Malagò riguardante la revisione della legge 91 del 1981 sul professionismo sportivo.

    E’ un’iniziativa che serve a trasmettere il forte disagio del mondo professionistico italiano che ha bisogno di soluzioni immediate, le quali sono sicuramente alla portata, visto il testo predisposto dal Gruppo di lavoro del CONI sulla riforma della legge sul professionismo che ha messo assieme le proposte di tutti gli sport trovando convergenze importanti.

    L’obiettivo della proposta di legge, che il CONI ha la facoltà di proporre al Parlamento, è quello di modernizzare e aggiornare la normativa, in maniera pragmatica e con interventi che non stravolgano l’impianto generale della legge, in modo che possa rispondere adeguatamente alle esigenze dello sport professionistico attuale.

    Maggiore apertura internazionale, diminuzione dei costi del lavoro per le società italiane anche grazie alla possibilità di contratti di formazione e apprendistato, migliore gestione dei contributi previdenziali e dell’accesso pensionistico per gli atleti sono alcuni dei punti cardine del testo.

    Questi interventi potranno essere di sicuro ausilio nell’arginare la fuga all’estero o la sparizione delle nostre società sportive che già oggi sono ridotte ai minimi storici. Solo con la presenza di società italiane e operanti in Italia possiamo ricercare e dare un futuro ai nostri giovani talenti.
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    Messaggio Da angelo francini Lun Lug 28, 2014 2:03 pm

    Caro Benoix, cosa vuoi dire con la pubblicazione di questa lettera?
    Cosa c'entra questa lettera con i fatti tecnico-regolamentari?

    In questa lettera leggo solamente l'assoluta incapacità di un'analisi profonda dei reali problemi che hanno portato a questa situazione!
    Ed il problema principale non é quello economico come si vuol far credere nella lettera!
    Il problema é nell'assoluta incapacità di questo organo, la Lega Ciclismo, di capire che l'errore é nell'aver permesso all'UCI di appropriarsi di un ruolo che non gli compete!
    E di aver consentito questa involuzione sulle competenze dell'organo internazionale nonché sull'applicazione di quelle norme in ambito nazionale, grazie ed a causa di compiacenti, quanto devastanti interpretazioni normative, rese da innominabili consulenti di parte pronti a rendere qualsiasi parere che facesse piacere al governante del momento, con l'unica condizione che fosse garantito il pagamento della loro lauta parcella!

    In questa lettera la massima carica istituzionale del ciclismo professionistico italiano non sembra rendersi conto che il problema non é quello che lui scrive (finanziario) ma che il problema é sotto l'aspetto normativo regolamentare!
    Non si chiedono questi signori, perché fra tutti gli sport professionistici, la LEGA del CICLISMO PROFESSIONISTICO sia l'unica Lega professionistica italiana ad aver ammesso la sede societaria fuori dall'Italia, e lasciato all'UCI la facoltà di stabilire dove una società debba risultare affiliata!
    Il problema non é dove ha sede la società (pur rispettando la territorialità stabilita dalle vigenti Leggi statali): può anche star bene che, essendo società di capitali, abbiano sede in un diverso Stato dell'Unione Europea!
    I veri problemi del professionismo ciclistico sono altri!

    Le società di calcio avrebbero maggior interesse delle squadre italiane di ciclismo ad avere la sede in Paesi comunitari ove le imposte, poste a carico della società sportiva, sono più favorevoli: ma ciò non é consentito dalle REGOLE SPORTIVE della tanto chiacchierata Federazione Calcio!

    Se con questa lettera si pensa di modificare la Legge 91, ossia lo status dei calciatori professionisti, credo che non vi sia la capacità di analizzare le problematiche del ciclismo italiano che prescindono dalla Legge 91!

    Ma d'altronde una Lega del Ciclismo Professionistico che é stata introdotta nello Statuto Federale della FCI dall'Assemblea di Bologna del 04.12.2011, dopo che per molti anni era stata relegata al rango di organo federale (il Consiglio del Ciclismo Professionistico) e che é retta da uno Statuto adottato il 15.11.2010 (quindi 24 mesi prima della data in cui é stata stabilita la sua nascita???): dove e quando é stata celebrata l'Assemblea costitutiva di questa associazione privata come stabilito dal codice civile ed in applicazione di quanto deciso dall'Assemblea di Bologna che ha deliberato la sua creazione con l'attuale forma giuridica, a seguito della modifica fatta allo Statuto federale? 
    E non vado oltre con considerazioni che riguardano la legittimità di tale organo a gestire il Ciclismo professionistico!

    E quindi caro Benoix ora spiegami, quale titolo hanno di parlare!
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    Messaggio Da BenoixRoberti Lun Lug 28, 2014 2:55 pm

    Concordo su gran parte di ciò che hai scritto, ma resta il fatto che gli arbìtri/ingerenze dell'Uci danneggiano quasi solo noi. Un team inglese, ad esempio, non ha l'esigenza di spostarsi in Svizzera.
    Il trasferimento di "sovranità" in favore dell'Uci è ormai avvenuto.
    Non mi dilungo oltre. Lascio valutare agli altri.

    Se ne riparlerà, quando i lavori del "tavolo ristretto" trapeleranno.
    Mandare la lettera al Coni su questi argomenti ha la stessa conseguenza di una letterina a Babbo Natale, e poteva essere utile solo per dire che qualcosa si è fatto e che il problema è di conoscenza della Lega Prof, insomma operazione di immagine nei confronti dei tesserati, dall'esito assolutamente scontato: NULLA.
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    Messaggio Da angelo francini Lun Lug 28, 2014 3:13 pm

    Continuo a meravigliarmi.
    Cosa cavolo c'entra l'UCI con le leggi nazionali!
    L'UCI dovrebbe preoccuparsi di regolamentare solo l'aspetto tecnico/normativo dello sport che gestisce.
    Ma in quale altro sport avviene che la Federazione europea o mondiale intervenga con regole che alterano le Leggi di uno Stato sovrano!
    Quindi l'UCI non ci ha danneggiato: siamo noi che abbiamo contribuito prima e poi concesso all'UCI di arrivare a questo: ed il primo responsabile di questo sfascio in campo internazionale é italiano ed é stato per oltre 20 anni presidente del Consiglio Professionistico dell'UCI.

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