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4 partecipanti

    Rolf Wolfshohl, un campione.

    Morris l'originale
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    Rolf Wolfshohl, un campione. Empty Rolf Wolfshohl, un campione.

    Messaggio Da Morris l'originale Ven Dic 27, 2013 3:18 am

    Rolf Wolfshohl (Ger)
    Nato a Koln-Mirheim il 27 dicembre 1938. Passista scalatore e ciclocrossista. Professionista dal 1960 al 1975 con 41 vittorie su strada più di cento nel ciclocross.

    Rolf Wolfshohl, un campione. Wolfsh10

    Dire che Wolfshohl è stato solo un bel corridore e non un Campione con la “c” maiuscola, significa bestemmiare. Un poeta della bici, uno che correva tutto l’anno e dappertutto e che la sua zampata la metteva a segno sempre, al cospetto di campioni che oggi non ci sono, cos’è? Nel ciclocross s’è trovato a cavallo di generazioni che hanno partorito corridori come Dufraisse, Longo (il suo maggiore avversario), Eric De Vlaeminck, Van Damme e Zweifel. Su strada s’è scontrato con Anquetil, Poulidor, Van Looy, Bahamontes, Merckx, Godefroot ecc. Quanto basta per rabbrividire. Eppure, è riuscito a scavare il suo solco. Dopo il successo nel Campionato Tedesco su strada degli Junior nel 1956, si rivelò grandissimo ciclocrossista (2 volte fra i dilettanti e 12 fra i professionisti le sue affermazioni nei Campionati Nazionali, dal '58 al '73), conquistando per tre volte il Titolo Mondiale per professionisti (nel '60, '61 e '63), dove fu 5 volte secondo e 5 volte terzo.


    Rolf Wolfshohl, un campione. Wolfsh11

    Su strada fra le sue vittorie, il Titolo Tedesco nel ’68, il “Week End” delle Ardenne e il Tour de l'Aude nel ’62, la Ruota d’Oro (in coppia con Tommy Simpson) nel ’63, indi il pezzo forte col successo nella Vuelta di Spagna del 1965, dove partì come spalla di Poulidor, per finire ad impartirgli una lezione enorme. Successivamente vinse una tappa del Tour de France ed una della Vuelta di Spagna, nonché il Giro delle Sei Province nel ’67, l’anno successivo, la Parigi Nizza e nel ’70 rivinse una tappa al Tour de France. Sarebbe riuscito a imporsi anche nelle gare di un giorno se nel '63 non avesse trovato sulla sua strada la ruota veloce di Joseph Groussard, che lo batté di una gomma, al termine della Milano-Sanremo e se poche settimane più tardi, non fosse stato bloccato da una foratura e raggiunto alle porte del velodromo, quando era solo al comando della Parigi-Roubaix, praticamente imprendibile senza quel guasto. Innumerevoli poi i piazzamenti, molti dei quali resi tali dal non possedere uno spunto veloce di nota. Insomma, quanto basta per toglierci tanto di cappello.

    Rolf Wolfshohl, un campione. Wolfsh12

    Finita la carriera ha aperto prima un negozio di bici e, poi, ha iniziato a produrle a suo nome. Anche suo figlio Rolf-Dieter è stato un buon corridore fra i dilettanti, nel cross in particolare. Poi, un incidente di gara, lo costrinse alla sedia a rotelle. Morì a soli 51 nel 2011, a causa di una grave malattia.


    Maurizio Ricci - Morris



    Edit:

    La vittoria di Rolf Wolfshohl alla Vuelta 1965:


    Il terzo mondiale ciclocross di Rolf Wolfshohl a Calais nel 1963 (nel video del cinegiornale dicono erroneamente "secondo"):

    LINK MOBILE:

    Una gara di ciclocross (dovrebbe essere nei dintorni di Milano) del 1964 (Edit Morris: Ciclocross di Maggiora (Novara) Very Happy):

    LINK MOBILE:

    Longo e Wolfshohl al Ciclocross di Solbiate Olona 1964:

    LINK MOBILE:

    Una intervista di Robert Chapatte a Rolf Wolfshohl prima del Tour 1962:


    Jean-Paul Ollivier parla di Rolf Wolfshohl e della moto che non riusciva a tenergli testa:
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    Messaggio Da BenoixRoberti Ven Dic 27, 2013 8:19 pm

    Morris nel video della gara di ciclocross (nei dintorni di Milano) alla partenza ci sono tre personaggi: i due giganti Wolfshohl (al centro) e Longo a destra. A sinistra c'è un crossista della A.S. Edera, tua società del cuore.
    Sai per caso di chi si tratta?

    Rolf Wolfshohl, un campione. As_ede10
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    Messaggio Da Morris l'originale Sab Dic 28, 2013 9:45 am

    Caro Benoix, la gara di ciclocross che hai riportato, ha una didascalia errata. L'anno è davvero il 1964, ma quella corsa non si disputò nel milanese, bensi nel novarese, in quel di Maggiora, località famosa per la pista di motocross, tracciato in cui si svolse questa ciclocamprestre e per un circuito su strada che sapeva sempre richiamare i migliori ciclisti italiani. La data di svolgimento è il 13 dicembre 1964 e si chiuse con la vittoria in volata per mezza ruota di Renato su Rolf. Nel milanese, a Giussano, in quell'anno, si svolse il giorno di Santo Stefano, una prova di ciclocross avente più o meno gli stessi protaginisti. A vincere fu sempre Longo, ma al posto d'onore, staccato di una trentina di secondi, fini lo svizzero Gretener, che anticipò Rolf Wolfshohl.
    Sul corridore in maglia A.S.Edera posso dirti che non era romagnolo, quindi non appartenente a nessuna delle imparentate (molto alla lunga, tra l'altro) con la mia Polisportiva. Il corridore per me è Domenico Garbelli, che a Maggiora finì 4° e che fu azzurro a diversi mondiali. Garbelli è noto nel milanese e non è un personaggio facilmente digeribile da una certa nomenklatura ciclistica. Credo abbia ancora un grande emporio di biciclette e accessori. Un tipo vulcanico e, spesso, con ragioni da vendere.
    Il corridore, invece col berrettino della GBC è colui che poi finirà 3° a Maggiora, nonchè grande ciclocrossista italiano: il marchigiano trapiantato nel milanese Amerigo Severini.
    Ciao!
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    Messaggio Da BenoixRoberti Sab Dic 28, 2013 12:16 pm

    Caspita Morris, sei una memoria pazzesca. Dirti che sei un grande finisce per sminuirti. Very Happy
    Se avessimo una dirigenza appena appena decente in questo sport, tu saresti il curatore museale perfetto per una Hall of Fame italiana per fare cultura sportiva e trarre risorse (di ogni tipo: culturali, storiche, tecniche ed anche economiche).
    Mentre leggevo avevo mio padre di fianco che mi ha detto che l'Edera di Garbelli era di Varese o di qualche paesino attorno.
    Ora mando tutto a Mimmo Garbelli, tramite un amico comune. Garbelli è un personaggione che ho conosciuto e che hai descritto perfettamente.
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    Messaggio Da Bi-toxic Gio Gen 02, 2014 2:43 pm

    Di Wolfshohl ricorderei anche i due giorni in maglia gialla al Tour 1968. Mi sembra inutile sottolineare con chi andò in fuga, nella tappa di Aurillac... dubbioso 
    Purtroppo la perse nel giorno in cui anche Bitossi andò in leggera crisi (Grenoble), dove arrivò molto staccato, ben più dei due minuti dal gruppo dei migliori che costarono la maglia gialla anche a Cuore Matto.
    In un Tour alquanto caotico dal punto di vista del controllo della corsa, fu un'altra giornata di lotta tra i francesi; lotta che ebbe come unico risultato notevole appunto eliminare il tedesco dal podio, se non addirittura dal gradino più alto (il precedente attacco di Pingeon invece aveva avuto come altro risultato l'eliminazione di Poulidor, ovviamente...  Wink ).
    Poi Rolf risuperò Bitossi in classifica generale nella crono finale, dove appunto il toscano avrebbe potuto presentarsi in maglia gialla. Ma tutto sommato meglio così per il mio avatar: a fargli perdere una gara all'ultimo momento la Francia ci avrebbe pensato comunque 4 anni più tardi.

    Di quel Tour forse scarso dal punto di vista tecnico, ma molto combattuto, io conservo un ricordo abbastanza nitido, grazie alle dirette televisive.
    Sono sicuro che anche Morris lo conserva...

    PS: approfitto dell'occasione per fare i migliori AUGURI DI BUON ANNO a tutti!
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    Messaggio Da Morris l'originale Ven Gen 03, 2014 11:47 am

    Ottima puntualizzazione su Wolfshohl, Bitox!  Wink  Very Happy 
    È vero, quello del 1968 fu un Tour molto combattuto ed incerto fino alla fine. Una corsa anarchica, perché mancava di fatto un leader, anche se al via c’era il vincitore uscente, l’eterno atteso vincente, ed una serie di grandi corridori. Ed anarchica perché ogni singolo di vertice era dotato di spessore, mentalità e coraggio che oggi non ci sono più.
    Cuore Matto era un corridore tentacolare, fosse nato quarant’anni dopo, oggi lo vedremmo anche sul versante dei GT, irridere colleghi senza “punch” telecomandati e, mi permetto, pure scarsi, alla luce delle nuove benzine esistenti, delle preparazioni mirate, di conoscenze nel corredo dell’atleta inimmaginabili negli anni sessanta e di biciclette che sono delle bombe, capaci di fare andare “meglio” anche i buoi. Si pensi, ad esempio, al solo aspetto delle variabili dei rapporti in dotazione, sempre in grado di “salvare la gamba” e di essere messi in azione senza avvisare l’avversario con quelle “telefonate” esistenti un tempo. Ma la vera tragedia del ciclismo sono state le tabelle dei medici con annessi e connessi, e quelle logiche d’uso della squadra, comprese le comunicazioni in radiolina, che hanno mortificato l’impressionismo del ciclismo. Quel “pennello” che fa dello sportivo un artista.
    Si potrebbero fare su argomenti del genere dei veri e propri convegni, e li andrò a sviscerare prima o poi. Quel che mi auguro però, e lo dico solo come accenno, è che dall’UCI sorgano quanto prima delle “riforme di cesoia” che uccidano il Pro Tour, che favoriscano l’ingresso di nuovi sponsor e che, soprattutto, queste figure abbiano la possibilità di farsi la loro squadra senza spendere follie. Sodalizi con un limite massimo di 15 corridori tesserabili e con la possibilità di schierarne solo sei in una grande corsa a tappe aperta e fissata in 32 equipe. Basta con gli squadroni che insaccano le corse e che allontanano il pubblico dal pedale (anche se gli appassionati non riescono a notarlo, purtroppo!). Il ciclismo è sport individuale con tinte di squadra, non il contrario, ed è sport che non potrà mai cancellare quel filo conduttore che è stata la forza propulsiva della sua popolarità, ovvero quello dei “forzati della strada”. Certo forzati, ben lungi dai contenuti coniati stupendamente da Albert Londres, bensì in sofà, visti i corredi oggi possibili (dalle bici, ai caschi, alle possibilità di reperire liquidi in corsa, ed altre assistenze eccetera). Non è più possibile convivere con sparizioni e preparazioni, che solo gli idioti pensano linde come la zia zitella ed illibata di Annibale Concimati, sul Tende o sulla collina cara a Tartarin di Tarascona. E che cavolo!
    Quindi quanta nostalgia per il Tour 1968! E quanta crescente ed imperiosa convinzione che i vari Jan Janssen, Herman Van Springel, Ferdinand Bracke, Roger Pingeon, Rolf Wolfshohl, Lucien Aimar e l’immenso Franco Bitossi, fossero tutti superiori ai “meno peggiori” esponenti dei GT odierni. E che scalatori come Gregorio San Miguel, Andres Gandarias e Aurelio Gonzalez (tre di cui parlai a lungo a Marco Pantani, in una giornata indimenticabile…), possano solo essere scimmiottati dai connazionali dell’oggi, compreso il “Cacciavite della Saxo”, e che persino i Gomez del Moral, gli Ugo Colombo, i Georges Pintens, potessero giocarsela per posizioni altissime nei sempre più decadenti Giro, Tour e Vuelta di questa epoca da minimi storici.
    Sono nostalgico? No, realista e, soprattutto, in grado di superare il test della cartina al tornasole su demenza senile o eccesso di nostalgia, quando vado a fare i confronti su altre discipline sportive.
    Un abbraccio, coetaneo ed atletico Bitox!
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    Messaggio Da Maìno della Spinetta Gio Feb 06, 2014 4:49 pm

    BenoixRoberti ha scritto:Caspita Morris, sei una memoria pazzesca. Dirti che sei un grande finisce per sminuirti. Very Happy
    Se avessimo una dirigenza appena appena decente in questo sport, tu saresti il curatore museale perfetto per una Hall of Fame italiana per fare cultura sportiva e trarre risorse (di ogni tipo: culturali, storiche, tecniche ed anche economiche).
    Mentre leggevo avevo mio padre di fianco che mi ha detto che l'Edera di Garbelli era di Varese o di qualche paesino attorno.
    Ora mando tutto a Mimmo Garbelli, tramite un amico comune. Garbelli è un personaggione che ho conosciuto e che hai descritto perfettamente.

    Trasferiamo il museo del ciclismo al nuovo Vigorelli,
    responsabile Morris.
    Milano guadagnerebbe:
    1) Un museo
    2) il nuovo Vigo polifunzionale
    3) Morris

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