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    Jacques Romain Georges Brel

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    Messaggio Da Lemond Dom Ago 04, 2013 11:43 am

    Da quando ho conosciuto questo artista (da pochi mesi, anche se mi pare da sempre) mi sembra di aver fatto "passi da gigante" nella comprensione dell'uomo e della sua grandezza. Me ne ero innamorato subito, anche se non ne sapevo molto, ma credo che il "colpo di fulmine" si sia rivelato esatto e, come accade spesso, si è trasformato in amore. La cosa che mi fa più piacere è che non sono il solo e voglio proprio cominciare questa discussione qui con la traduzione di una lettera scritta nel 1954 da Juliette Greco.
    "Ho incontrato Jacques Brel l'anno del suo arrivo a Parigi e cme dicono, così bene i canadesi, *je suis tombéè en amour* (in italiano, mi sono innamorata). Fra i tesori che mi ha proposto di cantare, c'era una canzone che, per l'epoca, era difficile, dura - Ça va (le diable) - Ho scelto quella e gli ho detto perché. Io ero abbastanza celebre, lui non ancora. Egli non aveva bisogno di me per le altre canzoni, ma per quella, senza dubbio, sì. Gli ho fatto capire la mia emozione e la certezza che sarebbe prest diventato ... quello che poi è stato e mi sentivo fiera e felice di aver incontrato un uomo come lui. La nostra amicizia è nata quel giorno e non è mai cessata: egli ha scritto per me e io canto per lui con tutte le mie forze, nel mondo intiero. Con amore. Jacques ha saputo dire tutto.



    Il diavolo (va bene)

    Un giorno, un giorno il diavolo è venuto sulla terra,
    un giorno il diavolo è venuto sulla terra
    per sorvegliare i suoi interessi, Egli ha visto tutto
    e tutto ha sentito il Diavolo.
    E dopo aver sentito tutto, e dopo aver
    visto tutto,
    è tornato a casa, là.
    E lì, c’è stato un grande banchetto,
    alla fine del banchetto, il Diavolo si è alzato
    e ha pronunciato  un discorso:

    Va Bene
    Ci sono sempre, dappertutto,
    Luci che illuminano la terra
    Va bene
    Gli uomini giocano come matti
    al pericoloso gioco della guerra
    Va bene
    I treni deragliano con rumore
    Perché dei ragazzi, pieni di ideali,
    Mettono  bombe sui binari
    E ciò crea dei morti originali
    Morti senza confessione
    Confessione senza remissione
    Va bene

    Niente si vende, ma tutto si acquista
    L’ onore e anche la santità
    Va bene 

    Gli Stati si nascondono
    In forma di società anonime
    Va bene

    I grandi si disputano i dollari
    Arrivati dal paese dei bambini
    L’ Europa ripete l'Avaro
    In una cornice del novecento
    E ciò provoca il morto di fame
    E la fame dei popoli
    Va bene

    Gli uomini hanno visto tante cose che
    I loro occhi sono diventati grigi
    Va bene

    E non si osa nemmeno più cantare
    Per le strade di Parigi
    Va bene 

    Si trattano le persone coraggiose come pazzi
    E poeti da sempliciotti
    Ma su tutti i giornali
    Tutti i bastardi hanno la loro immagine
    Questo fa male alla gente onesta
    E fa ridere invece quelle disoneste

    Va bene, va bene
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    Messaggio Da Lemond Lun Ago 05, 2013 9:15 am

    Il padre de "petit Jacky" prima della sua nascita aveva condotto una vita avventurosa in Congo, ma poi aveva rinunciato e questa diserzione diventerà uno dei temi preferiti della sua opera. D'altra parte è dall'infanzia che l'uomo trae ogni sua risora, anzi, secondo il Nostro: "Non si lascia mai questo stato, perché non si finisce mai di correre dietro ai sogni che avevamo da piccoli". E infatti nella mia vita ho cercato di relizzare il mio sogno, che non era quello di cantare, ma di proiettare i miei sogni all'esterno, ciò che in psicologia si chiamerebbe fenomeno di compensazione: si racconta quello che non siamo stati capaci di fare e in tutta la mia vita ho cercato di raccontare ciò e ho dovuto lavorare molto per ottenerlo." La sua vita reale era composta da una padre troppo adulto, un fratello maggiore troppo grande e da una madre troppo presa da una seconda vita e pertanto la sua infanzia passava con anonimi silenzi, false riverenze e soprattutto mancanza di incentivi, insomma ciò che predominava era la noia e il suo solo rifugio era il ciclismo. Amava molto correre sulla sua bici e quasi tutti i giorni andava in una specie di falsa pista nei sobborghi di Bruxelles e pedalava fin quasi a cadere per la stanchezza; era lo sfinimento totale e solo allora era felice. E anche da adulto la vitalità per lui corrispondeva all'esaurimento fisico alla fine di una bella giornata di attività, dove non aveva mai avuto il tempo di "assopirsi". Quest è la prudenza. Very Happy
    Dunque Jacques ha vissuto una infanzia solitaria che ha favorito la sua capacità a costruirsi un universo immaginario, nel quale l'artista troverà l'ispirazione e la forza per costruire i suoi sogni. D'altra parte il deserto non è propizio all'apparire dei miraggi?




    La mia infanzia passò
    tra silenzi e grigiume
    tra false riverenze
    e guanciali di piume
    d'inverno ero nel ventre
    della gran casa scura
    che era ancora a Talnor
    tra i giunchi della pianura
    d'estate in mezzo al grano
    m'immaginavo indiano
    m'avevo già capito
    che mi avevano rubato
    i miei sogni preferiti
    e il far-west

    La mia infanzia passò
    con le donne in cucina
    mentre io sognavo la Cina
    le vedevo invecchiare
    i maschi chiusi e seri
    fumavano al camino
    vagavano così lontano
    e di me non si accorgevano
    non sapevano di me
    che ogni notte piangevo
    nel mio letto e sognavo
    di salire sul tetto
    e di prendere un treno
    che non ho preso mai

    La mia infanzia passò
    tra le serve e le governanti
    e mi stupivo un po'
    che non fossero piante
    mi stupiva vedere
    quei miei parenti tutti
    andar di morte in morte
    fieri dei loro lutti
    mi stupiva di più
    far parte di quel branco
    che mi teneva al laccio
    pensando fosse amore
    io ostile come un riccio
    con un agnello in cuore

    La mia infanzia scoppiò
    e fu l'adolescenza
    e il muro di silenzio
    un giorno si squarciò
    fu la mia prima passione
    la mia prima dolcezza
    la mia prima tenerezza
    la mia prima paura
    e volai ve lo giuro
    vi giuro che ho volato
    non ero più perbene
    a cuore spalancato
    e … “la guerre arriva”
    e poi e poi noi qui stasera
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    Messaggio Da Lemond Mar Ago 06, 2013 11:36 am

    Questa canzone, scritta proprio sotto le armi, a vent'anni, evoca l'assurdità della vita militare, dove si cerca in tutti i modi di spersonalizzare l'individuo, per confonderlo nella massa informe di un universo volgare, fondato sul l'uomo "virile" al servizio della gerarchia, una matricola anonima manipolata per i disegni strategici della nazione. Twisted Evil 



    Nudo nella salvietta che usavo da bermuda,
    Ero di fuoco in faccia, col mio sapone in mano.
    Avanti un altro, avanti un altro.
    Perché avevo vent'anni e si era in centoventi
    Ad essere il seguente di quello che seguivi.
    Avanti un altro, avanti un altro.
    Perché avevo vent'anni e mi stavo scafando
    Al casino ambulante di un'armata in campagna.
    Avanti un altro, avanti un altro.

    Io avrei preferito un po' più di tenerezza
    Oppure un sorriso o almeno averne il tempo.
    Ma avanti un altro, avanti un altro.
    Non fu una Caporetto ma neppure Vittorio Veneto,
    Fu l'ora in cui rimpiangi di essere poco pratico.
    Avanti un altro, avanti un altro.
    A sentire quel caporale lacchè dei miei pendenti,
    Son colpi da crearvi armate di impotenti.
    Avanti un altro, avanti un altro.

    Lo giuro sulla testa di quel mio primo scolo:
    Da allora quella voce la sento ancora in me.
    Avanti un altro, avanti un altro.
    Quel respiro pesante e quell'alito forte
    E' un fiato di violenza, un alito di morte.
    Avanti un altro, avanti un altro.
    E da allora ogni donna nell'atto di accettare
    Le mie mani insicure mi sembra mormorare:
    Avanti un altro, avanti un altro.

    Tutti gli altri del mondo si dessero la mano,
    Ecco che cosa grido la notte nel delirio.
    Avanti un altro, avanti un altro.
    E quando non deliro trovo che è più umiliante
    Avere un proprio seguito che essere un seguente.
    Avanti un altro, avanti un altro.
    Un giorno mi farò eremita o santone indù,
    Qualcosa, ma vi giuro che non sarò mai più
    Quell'altro, quell'altro.
    Lemond
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    Messaggio Da Lemond Mer Ago 07, 2013 12:38 pm

    Nella primavera del 1955 Jacques fa un incontro determinante: Georges Paquier che oltre a diventare il suo miglio amico (per sempre), gli farà anche da segretario, economo e anche autista. Come ricompensa Georges sarà immortalato, oltre che nei Borghesi, in una canzone sublime al lui intitolata. Essa è un inno all'amicizia con la A maiuscola, pensato proprio come una relazione amorosa, priva di sesso. Essa permea a tal punto la sensibilità di Jacques che non si potrà mai rassegnare alla perdita dell'amico e la prima cosa che penserà quando gli diagnosticheranno il cancro a un polmone, sarà che finalmente potrà raggiungere l'Amico, anche senza sapere dove. (N.B. in giovinezza Jacques ha fatto parte di un gruppo cattolico, chiamato France Cordée, che gli varrà il soprannome dispregiativo da parte di George Brassens: "L'abbé Brel".)




    Jojo,
    Ecco un po' d'allegria,
    Del vino e qualche bionda.
    Mi piace dirti che
    La notte sarà lunga
    A diventar domani.
    Jojo,
    Ti sento che ruggisci
    Quel canto marino
    Dove un bretone giura
    Di Saint-Cast che dimora
    Al fondo della bruma.

    Sei sottoterra, Jojo, ma canti forte.
    Sei piedi sotto e non sai di morte.

    Jojo,
    La sera anche stasera
    Si riscende in pista:
    Ritorni al Saint-Nazaire,
    Rifaccio l'Olympia
    In fondo al cimitero
    Jojo,
    Riparliamo in silenzio
    Di vecchie giovinezze:
    Ci rode a tutti e due
    Che senza un po' di grinta
    Il mondo s'avvilisca.

    Sei sottoterra, Jojo, e sembra ieri.
    Sei piedi sotto e ancora speri.

    Jojo,
    Ce l'hai perché all'inferno
    Non ci sono più posti,
    Ce l'ho con certi stronzi
    Ben più stronzi di te,
    Più stronzi ma più tosti.
    Jojo,
    Tu che capivi i fiori
    Mi vedi in crisi e mi offri
    Un pianto di pudore
    Dove io possa affogare
    Le mie banalità.

    Sei sottoterra, Jojo, ma alla buon'ora…
    Sei piedi sotto e fraterni ancora.

    Jojo,
    Ti lascio, ho preso impegno
    Con certi perdenti,
    Sbronzi amputati al cuore,
    Andati troppo avanti
    A mani spalancate.
    Jojo,
    Non torno in nessun posto,
    Rivesto i nostri sogni
    Orfano fino in fondo
    Ma so bene lo stesso
    Che adesso tocca a me.

    Sei sottoterra, Jojo, però lo sai…
    Sei sotto e t'amo come non mai.
    Lemond
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    Messaggio Da Lemond Gio Ago 08, 2013 10:19 am

    Nell'estate del 1955 è inpegnato in una "tournée" con (fra gli altri) Suzanne Gabbriello, la figlia dell'attore-umorista e con lei ha una relazione del tipo "Je t'aime, moi non plus" , dalla quale uscirà ... a pezzi. Secondo alcuni avrebbe scritto proprio per lei uno dei suoi capolavori (inscritto nel Pantheon della canzone francese). In essa confessa che per far risorgere un amore, è pronto a rinunciare al suo orgoglio, al suo modo di pensare, a tutto insomma. Alcuni versi sono particolarmente rappresentativi.

    "Laisse-moi devenir
    L'ombre de ton ombre
    L'ombre de ta main
    L'ombre de ton chien ..."



    (Nota, qui di seguito inserisco, come le altre volte la traduzione italiana, ma per chi conosce il francese (almeno un p'tit peu) penso che sia preferibile (e di molto) l'originale, perché la traduzione non riesce, secondo me, a renderne l'intensità.)

    Non lasciarmi solo.
    Tutti i malintesi,
    Tutti i giorni spesi
    Per dimenticare
    Li si può scordare,
    Possono svanire
    Come il tempo usato
    Per recriminare
    Le parole dure,
    Le domande poste
    Solo per colpire
    Il futuro al cuore.
    Non lasciarmi solo,
    Non lasciarmi solo,
    Non lasciarmi solo,
    Non lasciarmi solo.

    Ti offrirò le gocce
    Di un solo concerto,
    Quelle rare perle
    Scese sul deserto
    Per coprirti il corpo
    D'amore e di luce.
    Scaverò la terra
    Sotto la tua croce,
    Ne farò un dominio
    Dove amare è il verbo,
    Dove amore è vero
    E tu ne avrai l'impero.
    Ma non lasciarmi solo,
    Non lasciarmi solo,
    Non lasciarmi solo,
    Non lasciarmi solo.

    Non lasciarmi solo.
    Io ti inventerò
    Le parole ignote,
    Logiche insensate,
    Ti racconterò
    Di due condannati
    Arsi per amore
    E per amor rinati.
    E ti parlerò
    Di quei desideri
    Morti disperati
    Perché tu non c'eri.
    Ma non lasciarmi solo,
    Non lasciarmi solo,
    Non lasciarmi solo,
    Non lasciarmi solo.

    A volte riavvampa
    Lo sbocco violento
    Del vecchio vulcano
    Creduto già spento.
    A volte germoglia
    Su terre bruciate
    Un grano migliore
    Di più ricca estate.
    E sarà tramonto
    Di un fiammante cielo
    Solo confondendo
    Il rosso con il nero.
    Non lasciarmi solo,
    Non lasciarmi solo,
    Non lasciarmi solo,
    Non lasciarmi solo.

    Non lasciarmi solo.
    No, non piango, no.
    Neanche una parola,
    Mi nasconderò
    A vederti vivere,
    Ballare,
    A sentirti ridere,
    Cantare.
    Fammi diventare
    L'ombra della tua ombra,
    L'ombra della tua mano,
    L'ombra del tuo cane,
    Ma non lasciarmi solo,
    Non lasciarmi solo,
    Non lasciarmi solo,
    Non lasciarmi solo.
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    Messaggio Da Lemond Lun Ago 12, 2013 8:20 am

    Diciamo che, contrariamente a Brassens, che è impregnato della tradizione maschilista mediterranea, la misoginia di Brel  non è di ordine culturale, quanto piuttosto derivante da vecchie ferite. Probabilmente ha avuto esperienze negative con alcune donne che hanno prodotto in lui il desiderio di prendersi in qualche modo la rivincita su tutte. Jacques, che si è sempre compiaciuto di avere un linguaggio molto radicale dove purtroppo si perde talvolta il senso della “nuance, riuscirà però con il tempo a farsi una visione più vera dell'altra parte del cielo e rinuncerà alle provocazioni che ha tenuto spesso nei loro confronti, forse era un modo per nascondere il terrore che aveva del sesso opposto, per ammettere infine, nella maturità, di non essere riuscito semplicemente a capirle.

    “Sono cosciente di essere passato accanto, senza comprendere, a molte cose, fra cui le donne, nella mia vita. O per pigrizia, o per pudore o … Non sono soddisfatto di nessuna spiegazione, ma resta il fatto di non aver compreso. E’ un lavoro enorme conoscere le donne e quindi mi limito a dire, come scusa, che le donne sono al di sotto dell’amore che io sogno, in altre parole sono al di sotto del sogno. Ma ripeto, sono sicuro di una sola cosa: non ho mai ben capito le donne e ormai è troppo tardi".

    Qui di seguito ho messo due filmati: nel primo c'è la sintesi della sua vita in italiano, il secondo è una lunga intervista (purtroppo senza sottotitoli in italiano, perché io non so inserirli) dove illustra tutta la sua vita, compreso il suo rapporto con le donne.


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    Messaggio Da Lemond Mar Ago 13, 2013 10:53 am

    il 18 settembre 1956 Brel registra una canzone che lui giudica piuttosto banale, ma che gli varrà il G.P. dell'Accademia Charles Cros.Very Happy  Questa canzone d'amore contiene, in filigrana. tutti gli ingredienti di Brel cantautore: una evoluzione musicale in crescendo, una interpretazione piena di convinzione e soprattutto le sue idee di non violenza che gli varrano in futuro una buona parte del suo successo. La voce, al sommo della sua potenza ci dice che solo l'amore può abbattere ogni ostacolo. In epoca di guerra fredda, quasi sul punto di una "escalation" che potrebbe portare alla terza guerra mondiale, gli ascoltatoti sono particolarmrnte.  sensibili al tema.

     "Quand on n'a que l'amour
    pour parler aux canons
    et rien qu'une chanson
    pour convaincre un tambour ...
    Parla Jacques: "Questa canzone l'ò scritta durante una conferanza dove si parlava di economia (trasmessa da France Culture), per me non è una canzone d'amore!"

    Questa canzone comunque supera ogni aspettativa, sarà ripresa da tutti i cantati più popolari e sarà anche tradotta in parecchi paesi.



    Se c'è solo l'amore
    per la nostra avventura
    e nulla da spartire
    per la vita futura

    Se c'è solo l'amore
    solo lui d'ora in ora
    e se crederci ancora
    è la fame nel cuore

    Se c'è solo l'amore
    come sola certezza
    e null'altra ricchezza
    per lenire il dolore

    Se c'è solo l'amore
    per alzare le vele
    e vestire di sole
    le giornate più nere

    Se c'è solo l'amore
    come sola ragione
    come solo potere
    ed unica canzone

    ......................................

    Se c'è solo l'amore
    per i sogni già persi
    per gridare il pudore
    di essere diversi

    Se c'è solo l'amore
    per fissare la data
    in cui ardere il cuore
    di chi è solo poeta

    Se c'è solo l'amore
    per sentir la preghiera
    di chi chiede il favore
    di arrivar fino a sera

    Se c'è solo l'amore
    per cercare una meta
    e una via disperata
    per tentar la sortita

    Se c'è solo l'amore
    per avere coscienza
    e nutrir la speranza
    che non tutto è violenza

    Se avremo solo amore
    e nient'altro davvero
    avremo nelle mani
    amici, il mondo intero.
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    Messaggio Da Lemond Mer Ago 14, 2013 12:05 pm

    Il 25 novembre 1958 riuscirà ad esibirsi nel tempio mitico per tutti gli artisti di lingua francese: l'Olympia. Quel giorno sarà da segnare come rappresentativo di un enorme gradino salito nella scala della popolarità, perché la stampa è unanime nell'applaudire la sua enorme prestazione sulla scena.



    Non saprò mai perché la pioggia
    lasci là sui ripari suoi
    e sciolga la sua peste grigia
    per adagiarsi su di noi

    non saprò mai perché Scirocco
    si porti a spalla ogni mattino
    la risatina dello sciocco
    in dotazione a ogni bambino

    io queste cose non le so
    ma so che sempre t'amerò

    non saprò mai perché sia dritta
    la strada verso la città
    perché mi porti alla sconfitta
    appena il bosco lascerà

    e perché mai abbia le ali
    la nebbia diaccia che mi scorta
    e fa pensare a cattedrali
    dove passione giaccia morta

    io queste cose non le so
    ma so che sempre t'amerò

    non saprò mai perché le vie
    si offrano a me a una a una
    vergini e fredde come arpie
    per i miei passi senza luna

    non saprò mai perché la notte
    faccia del pianto una canzone
    e m'abbia spinto a venir qui
    ad aspettarti alla stazione

    io queste cose non le so
    ma so che sempre t'amerò

    non saprò mai se su quel treno
    pronto a raggiungere Amsterdam
    prenderà posto quella coppia
    di cui sarai tu l'uomo temo

    che direzione prenderà
    la nave che vi aspetta in porto
    e che volete farmi ancora
    quanto potete farmi torto

    io queste cose non le so
    ma so che sempre t'amerò

    .......................................................................

    io queste cose non le so
    ma so che sempre t'amerò
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    Messaggio Da Lemond Gio Ago 15, 2013 8:23 am

    Alla fine del 1959 realizza una nuovo disco che contribuirà a cancellare dalla memoria di quasi tutti il fantasma de "l'Abate Brel". Ci sono solo canzoni di alta qualità e fra esse si può citare, per cominciare "Les Flamandes", un ritratto ironico e caricaturale delle sue compatriote che, malgrado l'avanzare dei tempi nuovi, continuano a coltivare i loro sacri doveri di *bigotte*, perché contro la tradizione non si può andare.



    Danzano senza parlare
    Danzano nei giorni della festa
    Danzano senza parlare
    Danzano un luigino a testa
    Danzano perché han vent'anni e si
    danzano poi si fidanzano
    fidanzano e poi si sposano
    sposano e poi dopo affiliano
    seguono così la volontà
    di mamma del loro sacrestano
    sua eminenza che le prediche fa
    ed è per ciò che devono danzare

    un due tre, un due tre, un due, un due
    un due tre, un due tre, un due tre

    Danzano ma senza fremere
    fremere nei giorni della festa
    Danzano ma senza fremere
    per carità mai grilli per la testa
    Danzano per han trent'anni e se
    danzano la gente vedrà
    che tutto va e i figli crescono
    crescono mentre germoglia il grano
    seguono così la volontà
    di mamma del loro sacrestano
    sua eminenza che le prediche fa
    ed è per ciò che devono danzare

    un due tre, un due tre, un due, un due,
    un due tre, un due tre, un due tre

    Danzano senza sorridere
    sorridere nei giorni della festa
    Danzano senza sorridere
    sorridere però che mal di testa
    Danzano a settant'anni ma
    danzano e la gente vedrà
    che i loro bei nipoti crescono
    crescono mentre germoglia il grano
    prendono anche l'eredità
    di mamma del loro sacrestano
    sua eminenza che le prediche fa
    ed è per ciò che devono danzare

    un due tre, un due tre, un due, un due, un due tre

    Danzano neanche farlo apposta
    Danzano nei giorni della festa
    Guardale neanche farlo apposta
    sembrano davvero senza sosta
    Danzano anche a cent'anni ma
    danzano e la gente vedrà
    che tutto va che sono sempre in piedi
    mentre sta per germogliare il grano
    Seguono ancora l'etica
    di mamma del loro sacrestano
    lasci il prete che farnetica
    ed è così che loro muoiono

    un due tre, un due tre, un due tre, un due tre
    Lemond
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    Messaggio Da Lemond Ven Ago 16, 2013 9:41 am

    "La colombe" è una canzone di tutt'altro registro, ispirata dall'attualità che incendia le frontiere. Piuttosto che prendere direttamente posizione contro la guerra d'Algeria, Brel scrive questo "ditirambo al contrario", sprovvisto di riferimenti precisi, reso sublime dalle corde di F. Rauber. Come "Le déserteur" de Boris Vian,



    questa canzone diventerà un inno contro la guerra e, ad esempio quando ci sarà il Vietnam in molti, fra cui Joan Baez la integreranno nel loro repertorio. Va detto però che tutto ciò si è prodotto al di là della volontà di Jacques che, se era stato un contestatario da giovane, da adulto rifuggeva da questo atteggiamento, perché ormai era diventato un costume corrente; [da lui Gaber riprenderà la frase seguente: "Quando un pensiero trova compagnia, forse è venuto il momento di cambiare idea".Evil or Very Mad ] ora, sono parole sue, bisogna trattare le cose in maniera poetica. Smile Ed è appunto quello che a lui riesce sempre, a differenza, secondo me, di B. Vian che riesce solo a scrivere un piccolo "pamphlet" contro la guerra, ma niente di più.  



    Perché questa fanfara
    Coi soldati in plotone
    Che aspettano il massacro
    In fila alla stazione?
    Perché questo convoglio
    Stertoroso che avanza
    Partendo da un sopruso
    Fino all'intolleranza?
    Perché queste corone
    E i fiori i pianti i lai,
    Per l'agio di morire
    Per le stronzate altrui?

    Non si va più per boschi, la colomba è ferita.
    Non andiamo più al bosco, l'abbiamo già abbattuta.

    Perché quest'ora buia
    Che butta la speranza
    E la nostra giovinezza
    Sotto il treno in partenza?
    Perché queste tradotte
    D'uomini deformati
    In una sola notte
    Per farne dei soldati?
    Questo treno di pioggia,
    Questo treno di guerra
    Che corre verso il nulla
    Diretto sottoterra?

    Non si va più per boschi, la colomba è ferita.
    Non andiamo più al bosco, l'abbiamo già abbattuta.

    Perché questi sacrari
    Memori di sconfitte
    E queste frasi fatte
    Per esequie ufficiali?
    Perché i giorni di gloria
    Pagati da chi è morto
    Perché poi questo aborto
    Possa dirsi vittoria?
    Queste lande sconvolte,
    Queste vite straziate
    Perché l'ultima luce
    Si spenga a cannonate?

    Non si va più per boschi, la colomba è ferita.
    Non andiamo più al bosco, l'abbiamo già abbattuta.

    Perché il tuo caro volte
    Cui concedi distrutta
    L'onore delle armi
    Prima della sconfitta?
    Perché il tuo corpo sfuma,
    Il tuo corpo che muore
    Sulla banchina come
    Un fiore su una tomba?
    Perché questo futuro
    Che mi violenterà
    Per prendermi l'amore
    E spaccarlo a metà?

    Non si va più per boschi, la colomba è ferita.
    Non andiamo più al bosco, l'abbiamo già abbattuta.
    Lemond
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    Messaggio Da Lemond Sab Ago 17, 2013 9:30 am

    Brel ha raggiunto il vertice della piramide (1960) nel momento in cui l'onda "yéyé" si abbatte sulla Francia, infatti il 14 marzo 1960 J. Hallyday pubblica il suo primo disco e quello che sarà chiamato il "tornado H." sta provocando manifestazioni isteriche in un pubblico in delirio. Jacques saprà resistere alla tempesta "yéyé" ?
    Nel 1961 appare il suo quinto disco e in esso si possono trovare tesori imperituri.
    Fra essi possiamo parlare di "Marieke" una canzone dove il ritornello è in fiammingo, anche se poi, se si traduce, quelle frasi non significano nulla, perché in quel caso Jacques ha privilegiato l'eufonia al senso. A proposito della sua nazione fiamminga, egli ha sempre sostenuto di esserlo "par coeur" anche se la sua pronuncia non è quella di Bruges o Gand, bensì con l'accento di Amsterdam. Per tutta la vita tenderà a distinguere i "flamands" (fiamminghi) dai "flamigants" (frangia integralista della popolazione che accuserà di essere stati nazisti durante la guerra e cattolici prima e dopo. Evil or Very Mad 





    Canzone comica (premette l'autore), anche se la parola giusta sarebbe sarcastica.

    Messieurs les Flamingants, j´ai deux mots à vous rire
    Il y a trop longtemps que vous me faites frire
    A vous souffler dans l’cul, pour dev’nir autobus
    Vous voilà acrobates mais vraiment rien de plus
    Nazis durant les guerres et catholiques, entre elles
    Vous oscillez sans cesse du fusil au missel
    Vos regards sont lointains, votre humour est exsangue
    Bien qu´il y ait des rues à Gand qui pissent dans les deux langues
    Tu vois, quand j’pense à vous, j´aime que rien ne se perde
    Messieurs les Flamingants, je vous emmerde

    Vous salissez la Flandre, mais la Flandre vous juge
    Voyez la mer du Nord, elle s´est enfuie de Bruges
    Cessez de me gonfler mes vieilles roubignoles
    Avec votre art flamand italo-espagnol
    Vous êtes tellement, tellement beaucoup trop lourds
    Que quand les soirs d´orage, des Chinois cultivés
    Me demandent d´où je suis, je réponds fatigué
    Et les larmes aux dents : "Ik ben van Luxembourg"
    Et si, aux jeunes femmes, on ose un chant flamand
    Elles s´envolent en rêvant aux oiseaux roses et blancs

    Et je vous interdis d´espérer que jamais
    A Londres, sous la pluie, on puisse vous croire anglais
    Et je vous interdis, à New York ou Milan
    D´éructer, messeigneurs, autrement qu´en flamand
    Vous n´aurez pas l´air con, vraiment pas con du tout
    Et moi, je m´interdis de dire que je m´en fous
    Et je vous interdis d´obliger nos enfants
    Qui ne vous ont rien fait, à aboyer flamand
    Et si mes frères se taisent et bien tant pis pour elles
    Je chante, persiste et signe, je m´appelle : Jacques Brel
    Lemond
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    Messaggio Da Lemond Dom Ago 18, 2013 9:55 am

    Questa canzone prefigura Jean Ferrat "Nul ne guérit de son enfance" come forma di elogio della psicanalisi, anche se per Brel tutto ciò è involontario, perché lui non conosce molto questa disciplina. Gaber invece ne farà oggetto di studio (ad es. l'io diviso di R. Laing), anche se poi arriverà alla conclusione che l'analisi giova molto ... all'analista. Very Happy E, secondo me, parafrasa Brel anche il sommo Luigi Lombardi Vallauri quando sostiene ad es. che la religione dovrebbe essere vietata ai minori, proprio perché in quell'età si assorbe tutto quanto come spugne e poi, il male fatto, rimane per sempre. Evil or Very Mad Ritornando a Jacques, non da studioso, ma da persona intelligente, l'autore ci spiega in qual modo un uomo costruisce la sua memoria attraverso volti, paesaggi, amarezze, imposizioni: tutti elementi che modelleranno la propria sensibilità.




     
    On n´oublie rien de rien
    On n´oublie rien du tout
    On n´oublie rien de rien
    On s´habitue c´est tout

    Ni ces départs, ni ces navires
    Ni ces voyages qui nous chavirent
    De paysages en paysages
    Et de visages en visages
    Ni tous ces ports, ni tous ces bars
    Ni tous ces attrape-cafard
    Où l´on attend le matin gris
    Au cinéma de son whisky
    Ni tout cela, ni rien au monde
    Ne sait pas nous faire oublier
    Ne peut pas nous faire oublier
    Qu´aussi vrai que la Terre est ronde.

    On n´oublie rien de rien
    On n´oublie rien du tout
    On n´oublie rien de rien
    On s´habitue c´est tout

    Ni ces jamais ni ces toujours
    Ni ces "je t´aime" ni ces amours
    Que l´on poursuit à travers cœurs
    De gris en gris de pleurs en pleurs
    Ni ces bras blancs d´une seule nuit
    Collier de femme pour notre ennui
    Que l´on dénoue au petit jour
    Par des promesses de retour
    Ni tout cela ni rien au monde
    Ne sait pas nous faire oublier
    Ne peut pas nous faire oublier
    Qu´aussi vrai que la Terre est ronde

    On n´oublie rien de rien
    On n´oublie rien du tout
    On n´oublie rien de rien
    On s´habitue c´est tout

    Ni même ce temps où j´aurais fait
    Mille chansons de mes regrets
    Ni même ce temps où mes souvenirs
    Prendront mes rides pour un sourire
    Ni ce grand lit où mes remords
    Ont rendez-vous avec la mort
    Ni ce grand lit que je souhaite
    A certains jours comme une fête
    Ni tout cela ni rien au monde
    Ne sait pas nous faire oublier
    Ne peut pas nous faire oublier
    Qu´aussi vrai que la Terre est ronde

    On n´oublie rien de rien
    On n´oublie rien du tout
    On n´oublie rien de rien
    On s´habitue c´est tout
    Lemond
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    Messaggio Da Lemond Lun Ago 19, 2013 11:23 am

    "Le moribond" è una delle sue canzoni predilette e infatti lui scrive: "Mi sento a mio agio in questo personaggio, perché amo talmente la vita!" La canzone è una feroce critica sociale, avviluppata da un "humour" sarcastico che si accentua con l'uso del linguaggio popolare. Ci sono i temi fondamentali, quasi direi ossessivi, del Nostro: la morte, la misoginia, l'adulterio. A proposito di quest'ultimo ci si può domandare se la sua visione della donna: "maitresse" traditrice gli è data dal ricordo della madre che si era, al tempo della sua infanzia, abbandonata ad alcune relazioni pericolose.Evil or Very Mad 

    P.S.
    Naturalmente lui è stato il primo come sempre a dire "c’est dur de mourir au printemps", che sarà ripresa, fra gli altri anche da F. De André

    "Ninetta mia crepare di maggio
    ci vuole tanto troppo coraggio
    Ninetta bella dritto all'inferno
    avrei preferito andarci in inverno".





    “Addio Emile ti ho amato molto
    addio Emile ti ho amato molto lo sai
    abbiamo cantato gli stessi vini
    abbiamo cantato delle stesse ragazze
    abbiamo cantato gli stessi dispiaceri
    addio Emile sto per morire
    è dura morire a primavera sai
    ma io parto per il cimitero
    con la pace nell’anima
    perché visto che tu sei buono come il pane
    so che ti prenderai cura di mia moglie
    voglio che si rida
    voglio che si balli
    voglio che ci si diverta come dei matti
    voglio che si rida
    voglio che si balli
    quando mi si calerà giù
    Addio prete ti ho amato molto
    addio prete ti ho amato molto lo sai
    non eravamo dalla stessa parte
    non facevamo lo stesso cammino
    ma cercavamo lo stesso approdo
    addio prete sto per morire
    è dura morire a primavera sai
    ma io parto per il cimitero
    con la pace nell’anima
    perché visto che tu eri il suo confidente
    so che ti prenderai cura di mia moglie
    voglio che si rida
    voglio che si balli
    voglio che ci si diverta come dei matti
    voglio che si rida
    voglio che si balli
    quando mi si calerà giù
    Addio Antoine non ti ho amato molto
    addio Antoine non ti ho amato molto lo sai
    mi rompe un bel po’ di crepare proprio oggi
    mentre tu te la passi così bene
    e sei più solido anche della noia
    addio Antoine sto per morire
    è dura morire a primavera sai
    ma io parto per il cimitero
    con la pace nell’anima
    perché visto che tu eri il suo amante
    so che ti prenderai cura di mia moglie
    voglio che si rida
    voglio che si balli
    voglio che ci si diverta come dei matti
    voglio che si rida
    voglio che si balli
    quando mi si calerà giù
    Addio moglie mia ti ho amato molto
    addio moglie mia ti ho amato molto lo sai
    ma ora prendo il treno per il buon dio
    prendo il treno che arriva prima del tuo
    ma si prende il treno che si può
    addio moglie mia sto per morire
    è dura morire a primavera sai
    ma io parto per il cimitero
    con gli occhi chiusi, moglie mia
    perché visto che li ho chiusi sovente
    so che tu ti prenderai cura della mia anima
    voglio che si rida
    voglio che si balli
    voglio che ci si diverta come dei matti
    voglio che si rida
    voglio che si balli
    quando mi si calerà giù”.
    (Traduzione di Dino Gibertoni)
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    Messaggio Da Lemond Mar Ago 20, 2013 12:08 pm

    C'è una canzone poco conosciuta di Jacques, ma che credo sia una delle più impressionanti: una requisitoria d'avanguardia contro la stupidità umana, colpevole delle più vili barbarie. Jacques era piuttosto fiero di quanto ha scritto, perché ha scelto proprio quello quando lo hanno chiamato in TV per un piccolo corso sull'arte di scrivere canzoni. In quell'occasione spiega che  il testo non è definitivo ed infatti in questa prima versione ha scritto:
    "Mais il sont arrivés e jai peur des soldats
    Preferant la raison à la raison d'Etat"
    mentre nella versione registrata
    "Mais ils sont arrivés et c´est à coups de bâtons
    Que la raison d´État a chassé la raison".
    Si può anche dire, per chiudere la presentazione de "Les singes" che Brel inverte la proposizione di Darwin: L' uomo non rappresenta l'evoluzione della specie, ma una scimmia degenerata! Evil or Very Mad 



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    Messaggio Da Lemond Mer Ago 21, 2013 9:31 am

    "L'ivrogne" e "Le prochain amour" sono legate fra loro e autobiografiche; la seconda fa riferimento alla rottura delirante con Suzanne Gabbriello che gli piantò nel cuore il pugnale insanguinato della sconfitta amorosa. E così cerca di curare le sue ferite immaginando un nuovo idilio, cercando comunque di restare lucido. "Je sais, je sais, que ce prochain bonheur/Sera pour moi la prochaine guerre ..."
    E infatti, di lì a poco quest'uomo insaziabile ha già cominciato una relazione con Sylvie, citata appunto nell'Ivrogne.



    On a beau faire, on a beau dire
    Qu´un homme averti en vaut deux
    On a beau faire, on a beau dire
    Ça fait du bien d´être amoureux

    Je sais, je sais que ce prochain amour
    Sera pour moi la prochaine défaite
    Je sais déjà à l´entrée de la fête
    La feuille morte que sera le petit jour
    Je sais, je sais, sans savoir ton prénom
    Que je serai ta prochaine capture
    Je sais déjà que c´est par leur murmure
    Que les étangs mettent les fleuves en prison

    Mais on a beau faire, on a beau dire
    Qu´un homme averti en vaut deux
    On a beau faire, on a beau dire
    Ça fait du bien d´être amoureux

    Je sais, je sais que ce prochain amour
    Ne vivra pas jusqu´au prochain été
    Je sais déjà que le temps des baisers
    Pour deux chemins ne dure qu´un carrefour
    Je sais, je sais que ce prochain amour
    Sera pour moi la prochaine des guerres
    Je sais déjà cette affreuse prière
    Qu´il faut pleurer quand l´autre est le vainqueur

    Mais on a beau faire, on a beau dire
    Qu´un homme averti en vaut deux
    On a beau faire, on a beau dire
    Ça fait du bien d´être amoureux

    Je sais, je sais que ce prochain amour
    Sera pour nous de vivre un nouveau règne
    Dont nous croirons tous deux porter les chaînes
    Dont nous croirons que l´autre a le velours
    Je sais, je sais que ma tendre faiblesse
    Fera de nous des navires ennemis
    Mais mon cœur sait des navires ennemis
    Partant ensemble pour pêcher la tendresse

    Car on a beau faire, on a beau dire
    Qu´un homme averti en vaut deux
    On a beau dire
    Ça fait du bien d´être amoureux


    La sbornia

    Ami, remplis mon verre
    Encore un et je vas
    Encore un et je vais
    Non, je ne pleure pas
    Je chante et je suis gai
    Mais j´ai mal d´être moi
    Ami, remplis mon verre
    Ami, remplis mon verre

    Buvons à ta santé
    Toi qui sais si bien dire
    Que tout peut s´arranger
    Qu´elle va revenir
    Tant pis si tu es menteur
    Tavernier sans tendresse
    Je serai saoul dans une heure
    Je serai sans tristesse

    Buvons à la santé
    Des amis et des rires
    Que je vais retrouver
    Qui vont me revenir
    Tant pis si ces seigneurs
    Me laissent à terre
    Je serai saoul dans une heure
    Je serai sans colère

    {au Refrain}

    Buvons à ma santé
    Que l´on boive avec moi
    Que l´on vienne danser
    Qu´on partage ma joie
    Tant pis si les danseurs
    Me laissent sous la lune
    Je serai saoul dans une heure
    Je serai sans rancune

    Buvons aux jeunes filles
    Qu´il me reste à aimer
    Buvons déjà aux filles
    Que je vais faire pleurer
    Et tant pis pour les fleurs
    Qu´elles me refuseront
    Je serai saoul dans une heure
    Je serai sans passion

    {au Refrain}

    Buvons à la putain
    Qui m´a tordu le cœur
    Buvons à plein chagrin
    Buvons à pleines pleurs
    Et tant pis pour les pleurs
    Qui me pleuvent ce soir
    Je serai saoul dans une heure
    Je serai sans mémoire

    Buvons nuit après nuit
    Puisque je serai trop laid
    Pour la moindre Sylvie
    Pour le moindre regret
    Buvons puisqu´il est l´heure
    Buvons rien que pour boire
    Je serai bien dans une heure
    Je serai sans espoir

    {Refrain:}

    Ami, remplis mon verre
    Encore un et je vas
    Encore un et je vais
    Non, je ne pleure pas
    Je chante et je suis gai
    Tout s´arrange déjà
    Ami, remplis mon verre
    Ami, remplis mon verre
    Ami, remplis mon verre
    Lemond
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    Messaggio Da Lemond Gio Ago 22, 2013 1:56 pm

    Ci sono altre due canzoni che sono piuttosto legate fra loro, perché “Madeleine” in qualche modo prefigura. “Ces gens là”. La prima, sotto forma di farsa, mette in scena un personaggio patetico che, malgrado tutte le sconfitte subite, continua a credere nella realizzazione dei suoi futuri sogni amorosi. E’ evidente che Brel si compiace spesso di raccontare questo tipo di individui: mediocri, se non peggio. Forse è un mezzo per lui, che soffre di un complesso riguardo alle donne, di sublimarlo? Però, secondo il Nostro “Madelaine” non è una donna, rappresenta invece l’arte di attendere, come Beckett in “Godot”, e lui è questo che fa, come coloro che parlano al mondo di una pace giusta e durevole. “Le bourgeois” rappresentano egualmente un’altra preoccupazione breliana: il fenomeno di riproduzione di ogni schema, la storia che si ripete e i contestatori diventeranno, a loro volta, contestati! Ma il fato ha voluto che né lui, né il suo amico Jo (citato nella canzone) siano diventati dei pancioni che “fanno morire il mondo per mancanza di *imprudenza*.



    Sto aspettando Maddalena,
    Le ho portato dei lillà,
    Lo faccio ogni settimana:
    A Maddalena piacerà.
    Sto aspettando Maddalena,
    Prenderemo il trentatré,
    Poi una bella pizza al taglio,
    Maddalena, io e te.
    Maddalena è il mio Natale,
    E' tutte le mie Americhe
    Anche se è un po' su per me
    Come dice suo cugino, un tale.
    Sto aspettando Maddalena,
    Ce ne andremo al cinema,
    Potrò dirle quanto l'amo.
    Maddalena gradirà.

    Perché è tanto carina
    Perché è tanto così
    Perché è la mia regina
    Maddalena che aspetto qui. Sì.

    Sui lillà di Maddalena
    Pioggerella anzichenò
    E come ogni settimana
    Maddalena tarda un po'.
    Sto aspettando Maddalena,
    Passa un altro trentatré,
    Per la pizza sta chiudendo…
    E Maddalena non c'è.

    Maddalena è il mio riposo,
    E' tutte le mie Americhe
    Anche se è un po' su per me
    Come dice suo cugino, un coso.
    Sto aspettando Maddalena,
    Ci rimane il cinema,
    Potrò dirle ancora “Ti amo”.
    Maddalena apprezzerà.

    Perché è tanto carina
    Perché è tanto non so
    Perché è la mia regina
    Maddalena che tarda un po'. No…

    Aspettavo Maddalena,
    Ho buttato via i lillà,
    Come ogni settimana
    Maddalena non verrà.
    Aspettavo Maddalena,
    Fottuto anche il cinema,
    Resto con i miei “Ti amo”.
    Maddalena non verrà.
    Maddalena è proprio un guaio,
    E' tutte le mie Americhe
    Ma certo è troppo su per me
    Come dice suo cugino, un caio.
    Aspettavo Maddalena,
    Toh, l'ultimo tram che va
    Tutto zuppo, tutto chiuso.
    Maddalena non verrà.

    Però è tanto carina
    Però è tanto chissà
    Però è la mia regina
    Maddalena che non verrà Ma…

    Tornerò domani sera,
    Le riporterò i lillà,
    Lo farò ogni settimana.
    A Maddalena piacerà.
    Tornerò domani sera,
    Prenderemo il trentatré,
    Poi un po' di pizza al taglio,
    Maddalena, io e te.
    Maddalena è come un vizio,
    E' tutte le mie Americhe,
    Meglio se è un po' su per me,
    Come dice suo cugino, un tizio.
    Aspetterò Maddalena,
    Ce ne andremo al cinema,
    Potrò dirle quanto l'amo
    E Maddalena mi amerà.



    Il cuore al calduccio,
    Il naso nel quartino,
    Nella tampa d'Eva di Viggiù,
    Con l'amico Puccio
    E l'amico Dino
    Bruciavam la nostra gioventù.
    Puccio faceva Voltaire
    E Dino Casanova,
    E io, io che ero il più fesso,
    Io parlavo solo di me stesso.
    E quando a mezzanotte uscivano i notai
    Reduci dal Club Corona D'Oro
    Gli mostravamo il culo ed il buon decoro
    Cantando in coro:

    “I borghesi sono dei porconi,
    Più diventan vecchi meno sono buoni,
    I borghesi sono dei porconi,
    Più diventan vecchi più sono cogl…”

    Il cuore al calduccio,
    Il naso nel quartino,
    Nella tampa d'Eva di Viggiù,
    Con l'amico Puccio
    E l'amico Dino
    Sbronzavam la nostra gioventù.
    Puccio ballava da vicario,
    Casanova non osava,
    E io… io, refrattario (non lo nego),
    Ero sbronzo come il mio alter ego.
    E quando a mezzanotte uscivano i notai
    Reduci dal Club Corona D'Oro
    Gli mostravamo il culo ed il buon decoro
    Cantando in coro:

    “I borghesi sono dei porconi,
    Più diventan vecchi e meno sono buoni,
    I borghesi sono dei porconi,
    Più diventan vecchi più sono cogl…”

    Col cuore a riposo
    Ed i piedi in terra,
    Ogni sera al Club Corona d'Oro,
    Con il dottor Puccio
    Ed il dottor Dino,
    Fra noi notai si fa un pokerino.
    Puccio parla di Voltaire,
    Dino di Casanova,
    E io, io che sono il più riservato,
    Parlo solo del mio operato.
    Ed è uscendo verso mezzanotte, signor commissario,
    Che dalla tampa di quella Eva di Viggiù
    Dei giovani stracciaceli ci mostrano il tafanario
    E per di più cantano:

    “I borghesi sono dei porconi,
    Più diventan vecchi e meno sono buoni”.
    Così dicono, signor commissario:
    “I borghesi sono dei porconi,
    Più diventan vecchi e più sono coglioni…”
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    Messaggio Da Lemond Ven Ago 23, 2013 6:03 pm

    Dopo il suo trionfo all'Olympia (13 ottobre 1961) J.B. si produce in una "tournéè" maratona, che lo porta in medio-oriente, Turchia, Danimarca ed Italia, mentre rifiuta di esibirsi in Spagna, perché essa si trova sotto il giogo franchista e in questo periodo non ha molto tempo per scrivere. Per cercare di rilassarsi dai troppi sforzi richiesti si trasferisce in una villetta fra Mentone e Nizza: un asilo ben scelto per calmarsi, ma soprattutto per sognare. Infatti, fra cielo e mare egli riesce a trovare il tempo per la vela, un suo sogno d'infanzia, così come volare, entrambi "reves vers l'inaccessible".



    Rêver un impossible rêve
    Porter le chagrin des départs
    Brûler d´une possible fièvre
    Partir où personne ne part

    Aimer jusqu´à la déchirure
    Aimer, même trop, même mal,
    Tenter, sans force et sans armure,
    D´atteindre l´inaccessible étoile

    Telle est ma quête,
    Suivre l´étoile
    Peu m´importent mes chances
    Peu m´importe le temps
    Ou ma désespérance
    Et puis lutter toujours
    Sans questions ni repos
    Se damner
    Pour l´or d´un mot d´amour
    Je ne sais si je serai ce héros
    Mais mon cœur serait tranquille
    Et les villes s´éclabousseraient de bleu
    Parce qu´un malheureux

    Brûle encore, bien qu´ayant tout brûlé
    Brûle encore, même trop, même mal
    Pour atteindre à s´en écarteler
    Pour atteindre l´inaccessible étoile.


    Sognare l'impossibile sogno,
    Avere la febbre di chi va,
    Andare, oltrepassare il segno,
    Qualunque ventura ne verrà.
    Amare fino a squarciarsi il cuore,
    Amare come nessuno sa,
    Tentare di sollevarsi in volo,
    Salire, dar la scalata al cielo.

    Questa è la mia meta, arrivare lassù,
    Dare in pegno la vita
    Per lottare di più
    E non cedere mai,
    Non volere pietà
    Finché non è finita,
    Addannarsi
    Per la verità.
    Io non so se mai ne sarò degno

    O se ce la farò
    Ma il mio cuore
    Morirebbe sereno
    Come un arcobaleno.
    Amo ancora, bruciato dall'ardore.
    Brucio ancora, divorato d'amore.
    Sogno ancora di poter conquistare
    Quella stella che brilla solo a me.
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    Messaggio Da Lemond Sab Ago 24, 2013 9:01 am

    Jacques non ha avuto un "curriculum" scolastico considerevole, anzi è sempre stato un allievo indisciplinato e ha dovuto anche ripetere qualche anno. Ed ecco che con "Rosa" si prende la rivincita sui suoi compagni che non sono potuti sfuggire al destino che è stato tracciato per gli studenti modello: impiccati al loro ruolo, stabilito da altri e che sono diventati ad es. farmacisti, perché ai genitori non era riuscito realizzare quell'aspirazione. Sad


    Rosa rosa rosam
    Rosae rosae rosa
    Rosae rosae rosas
    Rosarum rosis rosis

    C´est le plus vieux tango du monde
    Celui que les têtes blondes
    Ânonnent comme une ronde
    En apprenant leur latin
    C´est le tango du collège
    Qui prend les rêves au piège
    Et dont il est sacrilège
    De ne pas sortir malin
    C´est le tango des bons pères
    Qui surveillent l´œil sévère
    Les Jules et les Prosper
    Qui seront la France de demain

    Rosa rosa rosam
    Rosae rosae rosa
    Rosae rosae rosas
    Rosarum rosis rosis

    C´est le tango des forts en thème
    Boutonneux jusqu´à l´extrême
    Et qui recouvrent de laine
    Leur cœur qui est déjà froid
    C´est le tango des forts en rien
    Qui déclinent de chagrin
    Et qui seront pharmaciens
    Parce que papa ne l´était pas
    C´est le temps où j´étais dernier
    Car ce tango rosa rosae
    J´inclinais à lui préférer
    Déjà ma cousine Rosa

    Rosa rosa rosam
    Rosae rosae rosa
    Rosae rosae rosas
    Rosarum rosis rosis

    C´est le tango des promenades
    Deux par seul sous les arcades
    Cerclés de corbeaux et d´alcades
    Qui nous protégeaient des pourquoi
    C´est le tango de la pluie sur la cour
    Le miroir d´une flaque sans amour
    Qui m´a fait comprendre un beau jour
    Qu´ je n´ serais pas Vasco de Gama
    Mais c´est l´ tango du temps béni
    Où pour un baiser trop petit
    Dans la clairière d´un jeudi
    A rosi cousine Rosa

    Rosa rosa rosam
    Rosae rosae rosa
    Rosae rosae rosas
    Rosarum rosis rosis

    C´est le tango du temps des zéros
    J´en avais tant des minces des gros
    Qu´ j´en faisais des tunnels pour Charlot
    Des auréoles pour saint François
    C´est le tango des récompenses
    Qui allaient à ceux qui ont la chance
    D´apprendre dès leur enfance
    Tout ce qui ne leur servira pas
    Mais c´est le tango que l´on regrette
    Une fois que le temps s´achète
    Et que l´on s´aperçoit tout bête
    Qu´il y a des épines aux Rosa

    Rosa rosa rosam
    Rosae rosae rosa
    Rosae rosae rosas
    Rosarum rosis rosis
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    Messaggio Da Lemond Dom Ago 25, 2013 10:34 am

    Siamo arrivati ad una delle sue canzoni più importanti (fra l'altro sarà votata nel 1969 come canzone del secolo in un concorso organizzato da RTB (e Jacques non è mai stato troppo amato in patria). L'autore dichiara che si tratta più di un poema che di una canzone. ;)Essa permette a J.B. di mettere in evidenza la sua identità nazionale, dopo la caricatura che ne aveva fatto con "Le Flamand". E' un capolavoro che per qualcuno richiama la pittura (non per me che di questo tipo di arte non ne capisco niente!), come se egli avesse messo il suo cavalletto davanti a un paese e un paesaggio dimenticato dalle guide turistiche. Un paesaggio modesto caratterizzato dal vento e dalle onde del mare del nord,  che nasconde i propri tesori sotto un velo di nebbia e nevischio. Le rime così ricche per un paese così piatto (e non l'inverso) prova, qualora ce ne fosse bisogno, che l'aristocrazia poetica va al di là delle cose che canta.
    Si consiglia di ascoltarla e comprenderla in originale, anche se esiste una versione tradotta da Duilio Del Prete: "La bassa landa". Ma già dal titolo uno può comprendere la differenza. Wink



    Le plat pays
    by Jacques Brel
     
    Avec la mer du Nord pour dernier terrain vague
    Et des vagues de dunes pour arrêter les vagues
    Et de vagues rochers que les marées dépassent
    Et qui ont à jamais le cœur à marée basse
    Avec infiniment de brumes à venir
    Avec le vent de l´est écoutez-le tenir
    Le plat pays qui est le mien

    Avec des cathédrales pour uniques montagnes
    Et de noirs clochers comme mâts de cocagne
    Où des diables en pierre décrochent les nuages
    Avec le fil des jours pour unique voyage
    Et des chemins de pluie pour unique bonsoir
    Avec le vent d´ouest écoutez-le vouloir
    Le plat pays qui est le mien

    Avec un ciel si bas qu´un canal s´est perdu
    Avec un ciel si bas qu´il fait l´humilité
    Avec un ciel si gris qu´un canal s´est pendu
    Avec un ciel si gris qu´il faut lui pardonner
    Avec le vent du nord qui vient s´écarteler
    Avec le vent du nord écoutez-le craquer
    Le plat pays qui est le mien

    Avec de l´Italie qui descendrait l´Escaut
    Avec Frida la Blonde quand elle devient Margot
    Quand les fils de novembre nous reviennent en mai
    Quand la plaine est fumante et tremble sous juillet
    Quand le vent est au rire, quand le vent est au blé
    Quand le vent est au sud, écoutez-le chanter
    Le plat pays qui est le mien.
    Lemond
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    Messaggio Da Lemond Lun Ago 26, 2013 9:05 am

    Nel marzo 1963, Brel ritorna all'Olympia per la seconda volta e in quella occasione presenta ben otto titoli nuovi che poi saranno registrati nel suo ottavo disco. Va detto "en passant" che tutte le sue registrazioni sono fatte in diretta, perché Jacques ha sempre rifiutato di mettere la sua voce su di una banda "play-back" Lo scopo è che nessun mezzo tecnico deve ridurre l'emozione, ne alterare le sfumature stabilite con i suoi musicisti e se ci sono delle imperfezioni sonore, che importa! L'importante è che l'emozione rimanga intatta. Wink Nel disco e all'Olympia apre con "Le bigottes" un deliziozo "pamphlet" che darà luogo sulla scena a una mimica colma di sarcasmo indimenticabile. Come nei "Flamands" attacca gli adepti ipocriti del "buondio". Very Happy Per esprimere il suo anticleriscalismo ironico Jacques fa uso di neologismi, di cui ha il segreto:
     
    "Puis elles meurent à petit pas
    A' petit feu, en petit tas
    Les Bigottes
    Qui cimitierent à petit pas
    Au petit jour d'un petit froid ..."


     
    testo tradotto da Bruno Lauzi)
    Le vedi andare passin passin
    sembrano tanti cagnolin
    le bigotte le bigotte.
    La confusione dentro è tanta
    che confondono l’amore e l’acquasanta
    le bigotte le bigotte.
    Se fossi il diavolo per carità
    io credo mi farei castrare.
    Se fossi Dio sentendole pregare
    la fede perderei chissà, per le bigotte.
    Camminan sempre senza guardare
    di contraltare in contraltare
    le bigotte le bigotte.
    E ci ci ci e cia cia cia
    le orecchie iniziano a fischiar
    son le bigotte le bigotte.
    Vestite in nero come il curato
    che è troppo buono con le creature
    guardano in basso come se il Signore
    dormisse sulle loro calzature
    le bigotte le bigotte.
    Sabato sera dove vai? Nelle balere
    con gli operai, non con le bigotte le bigotte.
    Non escon mai per la città
    per via della verginità
    le bigotte le bigotte le bigotte.
    Escono solo durante il vespro
    per lor le Messe non son mai troppe
    fiere di avere così ben conservato
    il diamante che hanno nelle chiappe
    di bigotte.
    Ma un giorno muoion pianin pianin
    fuocherelìn nel polmoncìn le bigotte le bigotte.
    Si incimiteran passìn passìn
    nell'alba fredda di un bel mattin
    le bigotte le bigotte.
    E su nel cielo che non esiste
    gli angeli inventano per lor le feste
    con un paio di alucce rotte
    le fan volare via via via via
    perché le han rotte le bigotte.
    Lemond
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    Messaggio Da Lemond Mar Ago 27, 2013 9:41 am

    In questo disco si trova anche "Les vieux" un capolavoro di iperrealismo, formato da versi di diciotto sillabe, che ci fa sentire il profumo proprio delle persone anziane e di esse jacques ci propone anche un ritratto così patetico, da sfiorare le frontiere del pudore e di quel che può essere comunque accettato. Forse, proiettando un'immagine così pessimista della vecchiaia, Brel prende inconsciamente la rivincita sul destino che, purtroppo, non gliela farà conoscere, ma forse è solo un indignarsi contro la solitudine morale in cui troppo sovente sono lasciate certe persone. Lui non si è comportato così con la persona che gli ha ispirato la canzone: sua madre. Pur dovendogli addebitare alcune sue turbe d'infanzia, Jacques adorava sua madre e andando regolarmente a farle visita durante la malattia, vedeva che ogni volta essa, purtroppo, progrediva. La madre andava in principio dal letto alla finestra e poi invece "dal letto al letto".

    https://www.youtube.com/watch?v=M-nyLvIuHDU

    Sempre più silenziosi
    Parlano poco i vecchi, soltanto con gli occhi.
    Superate le ubbie
    Tirano avanti a stento, un cuore solo in due.
    Da loro sa di timo, di bucato e di lavanda,
    Di parole d'un tempo.
    Anche se vive in centro
    Vive sempre in provincia
    Chi vive troppo a lungo.
    A volte hanno un sorriso
    Che stona un po' all'accordo del ricordo che fu,
    A volte hanno una stilla
    Che gli imperla le ciglia ma non piangono più.
    E poi tremano un poco ascoltando le fusa
    Del pendolo d'argento
    Che ticchetta in salotto
    E che invecchia con loro
    E che dice vi aspetto.

    Riposano senza sogni
    Fra il pianoforte chiuso e un libro da sfogliare.
    La gattina è già morta
    E il Moscatello nuovo non li fa più cantare.
    Nei gesti troppo rughe si aggirano in un mondo
    Che si è troppo ristretto:
    Dal letto alla finestra,
    Dal letto alla poltrona,
    E poi dal letto al letto.
    Se van fuori è a braccetto
    Vestiti a tutto punto col sole, al funerale
    Di qualcuno che sai
    Più conciato di lui, più bruttina di lei.
    E nel pianto di un'ora non tengono più conto
    Il pendolo d'argento
    Che in salotto ticchetta
    Come a fare le fusa
    E a casa li aspetta.

    Non è proprio che muoiano:
    Raggiungono dormendo un sonno più profondo.
    Si tengono per mano
    Si tengono e un mattino non si trovano più.
    E l'altro resta lì, che sia il buono o il cattivo,
    Il saggio o il perdigiorno,
    Questo non conta niente.
    Uno resta e innocente
    Si ritrova all'inferno.
    L'avrete vista a volte quella vita piovosa
    Senza gioia, così
    Come a chiedere scusa d'essere ancora qui,
    Rintanarsi lontana dalla festa, da noi,
    Dal pendolo d'argento
    Che ticchetta in salotto
    E continua il suo canto
    E le dice “ti aspetto”,
    Che in salotto ticchetta
    E continua il suo canto
    E che intanto ci aspetta.
    Lemond
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    Messaggio Da Lemond Mer Ago 28, 2013 9:42 am

    Poi viene "Les fenêtres" una canzone cinematografica, che richiama nel titolo la Finestra sul cortile di Hitchcock, dove l'autore dà la parola alle "vipere" che osservono, constatano e sanzionano con i loro infallibili "occhi di bove". Questa canzone è prolungata da un altra nello stesso disco "La parlotte" del tutto rappresentativa della maggioranza piccolo religiosa del genere umano: quando una persona, pur irreprensibile, volta le spalle, si espone immancabilmente alle critiche dei suoi conoscenti, emesse spesso più per il piacere di sparlare che per reale cattiveria. D'altra parte per Brel la maggior parte della gente non fa/dice/pensa cose anche orrende, perché ha il male dentro di sé, tutt'altro, quello che di solito spinge in basso è (vedremo in dettaglio più avanti) ... La ... bêtise. Sad


     
    Les fenêtres nous guettent
    Quand notre cœur s´arrête
    En croisant Louisette
    Pour qui brûlent nos chairs
    Les fenêtres rigolent
    Quand elles voient la frivole
    Qui offre sa corole
    A un clerc de notaire
    Les fenêtres sanglotent
    Quand à l´aube falote
    Un enterrement cahote
    Jusqu´au vieux cimetière
    Mais les fenêtres froncent
    Leurs corniches de bronze
    Quand elles voient les ronces
    Envahir leur lumière

    Les fenêtres murmurent
    Quand tombent en chevelure
    Les pluies de la froidure
    Qui mouillent les adieux
    Les fenêtres chantonnent
    Quand se lève à l´automne
    Le vent qui abandonne
    Les rues aux amoureux
    Les fenêtres se taisent
    Quand l´hiver les apaise
    Et que la neige épaisse
    Vient leur fermer les yeux
    Mais les fenêtres jacassent
    Quand une femme passe
    Qui habite l´impasse
    Où passent les messieurs

    La fenêtre est un œuf
    Quand elle est œil-de-bœuf
    Qui attend comme un veuf
    Au coin d´un escalier
    La fenêtre bataille
    Quand elle est soupirail
    D´où le soldat mitraille
    Avant de succomber
    Les fenêtres musardent
    Quand elles sont mansardes
    Et abritent les hardes
    D´un poète oublié
    Mais les fenêtres gentilles
    Se recouvrent de grilles
    Si par malheur on crie :
    "Vive la liberté"

    Les fenêtres surveillent
    L´enfant qui s´émerveille
    Dans un cercle de vieilles
    A faire ses premiers pas
    Les fenêtres sourient
    Quand quinze ans trop jolis
    Et quinze ans trop grandis
    S´offrent un premier repas
    Les fenêtres menacent
    Les fenêtres grimacent
    Quand parfois j´ai l´audace
    D´appeler un chat un chat
    Les fenêtres me suivent
    Me suivent et me poursuivent
    Jusqu´à c´que peur s´ensuive
    Tout au fond de mes draps

    Les fenêtres souvent {x3}
    Traitent impunément
    De voyous des enfants
    Qui cherchent qui aimer
    Les fenêtres souvent
    Soupçonnent ces manants
    Qui dorment sur les bancs
    Et parlent l´étranger
    Les fenêtres souvent
    Se ferment en riant
    Se ferment en criant
    Quand on y va chanter
    Ah, je n´ose pas penser
    Qu´elles servent à voiler
    Plus qu´à laisser entrer
    La lumière de l´été

    Non je préfère penser
    Qu´une fenêtre fermée
    Ça ne sert qu´à aider
    Les amants à s´aimer


     
    C´est elle qui remplit d´espoir
    Les promenades, les salons d´thé
    C´est elle qui raconte l´histoire
    Quand elle ne l´a pas inventée
    C´est la parlote, la parlote

    C´est elle qui sort toutes les nuits
    Et ne s´apaise qu´au petit jour
    Pour s´éveiller après l´amour
    Entre deux amants éblouis
    La parlote, la parlote

    C´est là qu´on dit qu´on a dit oui
    C´est là qu´on dit qu´on a dit non
    C´est le support de l´assurance
    Et le premier apéritif de France
    La parlote, la parlote
    La parlote, la parlote

    Marchant sur la pointe des lèvres
    Moitié fakir et moitié vandale
    D´un faussaire elle fait un orfèvre
    D´un fifrelin elle fait un scandale
    La parlote, la parlote

    C´est elle qui attire la candeur
    Dans les filets d´une promenade
    Mais c´est par elle que l´amour en fleurs
    Souvent se meurt dans les salades
    La parlote, la parlote

    Par elle j´ai changé le monde
    J´ai même fait battre tambour
    Pour charger une Pompadour
    Pas même belle, pas même blonde
    La parlote, la parlote
    La parlote, la parlote

    C´est au bistrot qu´elle rend ses sentences
    Et nous rassure en nous assurant
    Que ceux qu´on aime n´ont pas eu d´chance
    Que ceux qu´on n´aime pas en ont tellement
    La parlote, la parlote
    La parlote, la parlote

    Si c´est elle qui sèche les yeux
    Si c´est elle qui sèche les pleurs
    C´est elle qui dessèche les vieux
    C´est elle qui dessèche les cœurs
    Gna gna gna gna gna gna
    Gna gna gna gna gna gna

    C´est elle qui vraiment s´installe
    Quand on n´a plus rien à se dire
    C´est l´épitaphe, c´est la pierre tombale
    Des amours qu´on a laissé mourir
    La parlote, la parlote
    La parlote, la parlote
    Lemond
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    Messaggio Da Lemond Gio Ago 29, 2013 10:19 am

    Oggi possiamo parlare della canzone che credo sia la più commovente scritta/cantata da qualcuno; si descrive un amore tradito (il motivo più ricorrente per il Nostro). Sulla spiaggia all'imbrunire, quando il mare sta cambiando di colore, la voce narrante vede cambiare il suo mondo nel momento in cui scorge il volto di un "intruso".  Qui gli ottoni e gli archi dell'orchestra riescono ad accompagnare in maniera perfetta un paesaggio annebbiato dalla confusione dei sentimenti e al centro, naturalmente, c'è la voce di Jacques che si fa magistrale quando pronuncia con enfasi la frase chiave, all'origine del dramma amoroso:
    " Nous étions deux amis et Fanette l'aimait ..."

    P.S. Rigorosamente interdetta la traduzione in italiano

    P.P.S. chi non piange con lui e (con me) ... Sad



     
    La fanette
    by Jacques Brel
     
    Nous étions deux amis et Fanette m´aimait
    La plage était déserte et dormait sous juillet
    Si elles s´en souviennent les vagues vous diront
    Combien pour la Fanette j´ai chanté de chansons

    Faut dire
    Faut dire qu´elle était belle
    Comme une perle d´eau
    Faut dire qu´elle était belle
    Et je ne suis pas beau
    Faut dire
    Faut dire qu´elle était brune
    Tant la dune était blonde
    Et tenant l´autre et l´une
    Moi je tenais le monde
    Faut dire
    Faut dire que j´étais fou
    De croire à tout cela
    Je le croyais à nous
    Je la croyais à moi
    Faut dire
    Qu´on ne nous apprend pas
    A se méfier de tout

    Nous étions deux amis et Fanette m´aimait
    La plage était déserte et mentait sous juillet
    Si elles s´en souviennent les vagues vous diront
    Comment pour la Fanette s´arrêta la chanson

    Faut dire
    Faut dire qu´en sortant
    D´une vague mourante
    Je les vis s´en allant
    Comme amant et amante
    Faut dire
    Faut dire qu´ils ont ri
    Quand ils m´ont vu pleurer
    Faut dire qu´ils ont chanté
    Quand je les ai maudits
    Faut dire
    Que c´est bien ce jour-là
    Qu´ils ont nagé si loin
    Qu´ils ont nagé si bien
    Qu´on ne les revit pas
    Faut dire
    Qu´on ne nous apprend pas
    Mais parlons d´autre chose

    Nous étions deux amis et Fanette l´aimait
    La plage est déserte et pleure sous juillet
    Et le soir quelquefois
    Quand les vagues s´arrêtent
    J´entends comme une voix
    J´entends... c´est la Fanette
    Lemond
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    Jacques Romain Georges Brel Empty Re: Jacques Romain Georges Brel

    Messaggio Da Lemond Ven Ago 30, 2013 10:35 am

    Non si può omettere di citare "Le filles e les chiens" una canzone di cui si è senza dubbio esagerato la misoginia, perché quando J.B. assimila, con ironia, il sesso debole agli animali della specie canina, è troppo provocatore, per essere preso realmente sul serio. E poi già prima in "Ne me quitte pas" non aveva egli stesso dichiarato di essere pronto a diventare l'ombra di cane della sua amante? Misoginia a parte, come direbbe il suo amico Brassens, Jacques è un uomo che ha fatto seguire sempre alle parole, gli atti ed è sempre stato conosciuto (da chi gli stava intorno) per la sua immensa generosità. E' stato a cantare gratis in molti ospedali, le case di riposo, e gli istituti per andicappati e ciò (evidentemente) molto prima dell'apparizione della famosa "charity business" degli anni ottanta, che permetterà agli artisti di utilizzare cause umanitarie per beneficiare di grande pubblicità. Sad Egli attribuirà in maniera definitiva l'integralità dei diritti d'autore de "La Fanette" a Isabelle Aubret, vittima nel 1963 di un incidente che avrebbe compromesso la sua carriera. Più tardi, nella più grande segretezza, girerà, a favore della Fondazione creata da Lino ventura per aiutare gli andicappati, i diritti de "L'enfance". Insomma luomo che ha "mal aux autres" si impegnerà durante tutta la sua (breve) esistenza a difendere, in tutti i modi a lui possibili, i più deboli. Nel 1963 la morte si installe brutalmente ai suoi fianchi: a distanza di due mesi muoiono entrambi i genitori e soprattutto la scomparsa di Elisabeth creerà una crepa profonda nel cuore di Jacques e da qui "Le dernier repas" che permette al Nostro d'immaginare le ultime ore precedenti l'avvento della falciatrice: Come un film che si svolge al contrario, tutte le preoccupazioni, le rivolte, i piaceri le gioie, così come i soprassalti di un'infanzia piena di sogni, si trovano concentrati in questa canzone testamentaria.

    "Lancer des pierres au ciel
    En criant : "Dieu est mort!"
    Une dernière fois

    J´insulterai les bourgeois
    Sans crainte et sans remords
    Une dernière fois

    Dans ma pipe, je brûlerai
    Mes souvenirs d´enfance
    Mes rêves inachevés
    Mes restes d´espérance




    Io per l'ultima cena
    Voglio rivedere
    I miei cani, i miei gatti
    E la riva del mare.
    Io per l'ultima cena
    Voglio mi si propini
    Tutta la cantilena
    Di parenti e vicini
    E voglio che si beva
    Quel vino fatto d'uva,
    Quel buon vino da messa
    Da rallegrare un boia,
    E voglio si divori
    Dopo qualche sottana
    La gallina fagiana
    Che ruspava nell'aia.
    Poi voglio esser portato
    In cima alla collina
    A vedere i miei boschi
    Dormire un sonno accorto
    E in segno di rivolta
    Gettare pietre in cielo
    Gridando “Dio è morto”
    Per un'ultima volta.

    Io per l'ultima cena
    Voglio i miei agnelli,
    Le vacche ed i miei polli,
    Le oche e le mie mogli.
    Io per l'ultima cena
    Voglio quelle baccanti
    Di cui fui donno e re
    E mi furono amanti.
    Quando avrò nella trippa
    Di che affogare il mondo
    Sbriciolerò la coppa
    Per imporre silenzio
    E urlare a squarciagola
    Alla morte che avanza
    Le canzonacce oscene
    Che sturban le beghine.
    Poi voglio esser portato
    In cima alla collina
    Là dove il cielo imbragia
    E si adagia in pianura
    E là, ancora in piedi,
    Fiero di averli offesi,
    Insulterò i borghesi
    Per un'ultima volta.

    Dopo l'ultima cena
    Vadano tutti via,
    A finire bisboccia
    Fuori da casa mia!
    Dopo l'ultima cena
    Voglio restare solo,
    In trono come un re
    Che accolga le vestali.
    In fumo brucerò
    I resti di speranza,
    I sogni non vissuti,
    Le voci dell'infanzia,
    Conserverò soltanto,
    Per rivestirmi il cuore,
    L'incanto di un roseto
    E il nome di un amore.
    Poi guarderò la cima
    Della mia collina
    Che danza e s'allontana
    E infine svanirà
    E nella mia natura
    Immobile ed assorta
    Lo so che avrò paura
    Ma per l'ultima volta.
    Lemond
    Lemond
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    Jacques Romain Georges Brel Empty Re: Jacques Romain Georges Brel

    Messaggio Da Lemond Ven Ago 30, 2013 1:40 pm

    Ho trovato una versione video (non solo audio) di "Ne me quitte pas"


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