Riprendo qua un vecchio post. Non è dedicato direttamente a Bartali, ma in generale a quell'incredibile contento storico che fu il Tour del 1948, quello che avrebbe potuto mettere in guerra la famiglia di mia mamma, i colleghi di idea del nostro Uribe e altri contro i colleghi ideali del "lefebvriano" Prof (non pensavo che una mia puttanata di battuta potesse avere tanto successo
).
Se oggi possiamo percularci amabilmente è proprio perché nel 1948, dopo l'attentato a Togliatti, successe qualcosa di magico a questo Paese che lo rese più forte.
Sarà leggenda (io non lo penso e basterà vedere i documenti di seguito) ma grazie a Gino Bartali ed a quella squadra unitissima, fatta di devoti (come Ginettaccio) e di diavoli rossi (socialcomunisti) il Paese riuscì a capire che erano immensamente di più i motivi per stare assieme di quelli per dividersi.
GRAZIE GINO!
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Metti una sera di mezzo inverno passata a casa di un "grande" del ciclismo.
Un vulcano di uomo, anzi un "diavolo", il primo diavolo del ciclismo. Classe 1924, Vittorio Seghezzi è un prodigio della natura, fisicamente e mentalmente.
Basta avere il virus del ciclofilo e ascoltandolo e seguendolo si apre un libro di narrazioni incredibili e di un fascino modernissimo.
Seghezzi non ha la dialettica di un uomo del 1924, bensì quella di un bimbo figlio della rete con il bagaglio della classe 1924.
La sua è una vita incredibile, corsa (ma proprio corsa) al passo coi tempi, come al passo coi tempi è ancor oggi senza alcun imbarazzo anagrafico.
Con lui la biologia è una variabile chiaramente indipendente dal tempo, la dimostrazione della teoria della relatività e del fatto che chi ha vissuto fra le stelle resta giovane al rientro sulla Terra. A chi avesse la fortuna di incontrarlo consiglio l'imitazione di Gino Bartali, imitazione con la quale si divertiva a fare scherzi telefonici a Ginettaccio e compagni. Aperto un album di fotografie, Vittorio è un fiume in piena di aneddoti e particolari inediti senza nessuna epica sdolcinata, ma con una cura descrittiva assolutamente viva e moderna. Lui ha la capacità di mettere in moto la macchina del tempo e di accompagnarti negli anni 40 da ciclista e negli anni 60 da ds della Faema in cui lancia il grande Gianni Motta, con il nobile distacco che contraddistingue chi la storia (con la S maiuscola) non l'ha solo vissuta, ma l'ha pure fatta.
Le foto richiedono un minimo di documentazione storica per possedere il filo degli eventi, ma è un documento non fotografico che letteralmente mi fa sgranare gli occhi e che mi fa commuovere da ricercatore ciclofilo nostalgico. Non resisto e chiamo subito Morris.
Mi accorgo di avere davanti la storia, quella stessa storia che Vittorio dimostra di avere posseduto e vissuto come una bella auto guidata per migliaia di chilometri di avventura fra il periodo bellico vissuto da partigiano, l'epoca da indipendente ed il grande professionismo dell'epoca eroica.
Il documento è del 1948. Siamo nel dopoguerra, ma i segni della guerra fredda si cominciano a sentire. La contrapposizione fra il Fronte Popolare socialcomunista e la Democrazia Cristiana alleata di altri partiti laici è altissima ed al limite del drammatico, anche se gli italiani hanno appena approvato la carta costituente ed il bisogno di democrazia e confronto è certamente sentito. C'è però l'evento che potrebbe fare traboccare il vaso e far degenerare il conflitto: l'attentato al leader del Partito Comunista Palmiro Togliatti. La rivoluzione sembrava dietro l'angolo, come pure una guerra civile. Ma sono i giorni del Tour de France e Gino Bartali viene investito di una responsabilità nazionale (e forse pure di più) dal Primo Ministro Alcide De Gasperi. Gino Bartali incanta ed esalta gli italiani tutti vincendo il Tour, mentre il leader comunista si riprende.
Ebbene spesso è stato scritto che l'aiuto di Bartali fu enfatizzato per accrescere l'epica del ciclismo di allora. Oggi mi sono detto:"quanto di più falso!".
Il ciclismo, i ciclisti al Tour, ebbero veramente un ruolo fondamentale nel salvare questo paese. Fierissimo di loro.
Non solo De Gasperi chiese aiuto a Bartali, ma addirittura inviò in Francia due suoi ministri per "fare gruppo" e motivare i nostri ciclisti (sia la nazionale maggiore che quella dei cadetti).
Di seguito la riproduzione fotografica del documento. In fondo alla prima immagine noterete le firme dei ministri Pietro Campilli e Giuseppe Pella.
Le altre firme sono dei componenti della nazionale, i cui nomi sono correttamente riportati nel link di seguito:
http://it.wikipedia.org/wiki/Partecipanti_al_Tour_de_France_1948
Ringrazio Vittorio per avermi autorizzato a pubblicare questo documento di cui è giustamente gelosissimo.
Grazie a Morris per tutte le preziose informazioni fornite, con l'auspicio di farvi incontrare quanto prima.
Ps. Agli azzurri del 1948 il Governo italiano riconobbe un premio condiviso di 1 milione di lire, una cifra pazzesca per quel periodo.
GRANDE CICLISMO!