E' una notizia bellissima questa. Una notizia che mi riempie di gioia con molta cognizione di causa.
Per tanti anni la vicenda di Bartali che aveva aiutato gli ebrei dell'area fiorentina era finita nel novero delle leggende metropolitane. In fondo Ginettaccio non era uno che imponesse la sua verità. Era un brontolone (all'apparenza), ma in fondo un gran bonaccione (anzi proprio un buono) che non faceva mai le cose per secondi fini o per gloria.
Me lo ricordo da piccolo col berrettino dell'azienda col suo nome (che poi non aveva nemmeno più credo) girare fra la gente alle corse come un comune spettatore, dialogare e discutere con tutti. Era il campione alla portata di tutti, l'inverso (per dire) di un altezzoso Cipollini. E questo suo essere del popolo lo affermava con orgoglio.
Purtroppo questa caratteristica lo sminuiva di fronte ad alcuni. Ma Gino era molto più grande di quanto apparisse ed alcuni abusavano della sua profonda gentilezza, trasparenza e buona fede.
Qualche anno fa (ero pischello) ho avuto la fortuna di partecipare ad un evento degli ex azzurri con lui e con tanti dei suoi ex colleghi e di ascoltare la sua storia da chi lo conosceva bene, aneddoti privati compresi. Tutte le storie sugli ebrei aiutati erano verissime. Chi glielo faceva fare di rischiare la vita a lui che era un grande campione, ben visto tanto dai fascisti che dagli antifascisti? Semplice, Bartali era una persona buona.
Lui era così, passionale, vivo, aperto al dialogo con tutti, ragazzini compresi.
Un suo ex gregario, suo grande immenso amico e di fede politica pure avversa raccontò a mio padre le peripezie vissute da Gino, un uomo che non si smontava di fronte a nulla e che era capace, se motivato da nobili obiettivi, di affrontare un carro armato. Di recente ho avuto modo di verificare di persona (grazie ad alcuni documenti) che ruolo ebbe nel 1948, insieme agli altri azzurri, nel tenere insieme questo Paese, risparmiandogli una assurda guerra civile, post-bellica. Tutto ciò avvenne perché lui democristiano, credente quasi bigotto (bigotto in apparenza poi), ma radicalmente uomo di popolo, raccoglieva la simpatia e la credibilità della gente della parte politica avversa di allora. De Gasperi che era certamente fine politico, che sapeva annusare l'aria, capì che quel burbero toscano, battagliero nello sport ma capace di dialogare e far dialogare la profonda Toscana cattolica coi comunisti (nei quali aveva pure alcuni fra i migliori amici) poteva essere un anello di congiunzione comune per una Italia ancora fragile, senza molti valori condivisi, divisa e lacerata dalla tremenda guerra appena terminata. Certo, la fortuna ci mise del suo, perché Togliatti si riprese fisicamente dall'attentato, ma nulla toglie che Bartali e quei ragazzi ebbero un ruolo fondamentale nell'accomunare il Paese.
L'Italia gli doveva tanto ed era assurdo vedere come alcuni alle gare lo schernissero. Un po' come i nipoti bastardelli che si prendono gioco perfidamente dei propri nonni. Niente di più vile. Purtroppo, dovendosi esprimere in pubblico, la sua voce roca e rovinata non aiutava la comprensione, ma in privato mantenendo il tono basso e parlando fra amici, Gino si esprimeva al meglio e con una profondità d'animo che pubblicamente non appariva.
Si parla sempre del dualismo con Coppi, ma pochi sanno (dalla voce dei pochi protagonisti ancora vivi) che il credente (papalino) Bartali fu una delle persone più vicine a Coppi nei momenti difficili del suo legame con la Dama Bianca e lo fu ancor di più negli ultimi mesi di vita di Fausto, quando il rapporto di questi con Giulia Occhini si era un poco incrinato, un particolare questo che pochi hanno raccontato.
Non c'è nulla da fare, Ginettaccio era un buono, un generoso, un inguaribile altruista.
Sono molto fortunato ad averlo conosciuto.
Di tutte le cose lette oggi su di lui, la più bella frase l'ho letta sul vecchio forum scritta da un brillante forumista:
"Il Palmares del campione toscano continua ad arricchirsi anche dopo la sua scomparsa"
Mi sono commosso, E' una frase splendida, anzi Giusta.
Per tanti anni la vicenda di Bartali che aveva aiutato gli ebrei dell'area fiorentina era finita nel novero delle leggende metropolitane. In fondo Ginettaccio non era uno che imponesse la sua verità. Era un brontolone (all'apparenza), ma in fondo un gran bonaccione (anzi proprio un buono) che non faceva mai le cose per secondi fini o per gloria.
Me lo ricordo da piccolo col berrettino dell'azienda col suo nome (che poi non aveva nemmeno più credo) girare fra la gente alle corse come un comune spettatore, dialogare e discutere con tutti. Era il campione alla portata di tutti, l'inverso (per dire) di un altezzoso Cipollini. E questo suo essere del popolo lo affermava con orgoglio.
Purtroppo questa caratteristica lo sminuiva di fronte ad alcuni. Ma Gino era molto più grande di quanto apparisse ed alcuni abusavano della sua profonda gentilezza, trasparenza e buona fede.
Qualche anno fa (ero pischello) ho avuto la fortuna di partecipare ad un evento degli ex azzurri con lui e con tanti dei suoi ex colleghi e di ascoltare la sua storia da chi lo conosceva bene, aneddoti privati compresi. Tutte le storie sugli ebrei aiutati erano verissime. Chi glielo faceva fare di rischiare la vita a lui che era un grande campione, ben visto tanto dai fascisti che dagli antifascisti? Semplice, Bartali era una persona buona.
Lui era così, passionale, vivo, aperto al dialogo con tutti, ragazzini compresi.
Un suo ex gregario, suo grande immenso amico e di fede politica pure avversa raccontò a mio padre le peripezie vissute da Gino, un uomo che non si smontava di fronte a nulla e che era capace, se motivato da nobili obiettivi, di affrontare un carro armato. Di recente ho avuto modo di verificare di persona (grazie ad alcuni documenti) che ruolo ebbe nel 1948, insieme agli altri azzurri, nel tenere insieme questo Paese, risparmiandogli una assurda guerra civile, post-bellica. Tutto ciò avvenne perché lui democristiano, credente quasi bigotto (bigotto in apparenza poi), ma radicalmente uomo di popolo, raccoglieva la simpatia e la credibilità della gente della parte politica avversa di allora. De Gasperi che era certamente fine politico, che sapeva annusare l'aria, capì che quel burbero toscano, battagliero nello sport ma capace di dialogare e far dialogare la profonda Toscana cattolica coi comunisti (nei quali aveva pure alcuni fra i migliori amici) poteva essere un anello di congiunzione comune per una Italia ancora fragile, senza molti valori condivisi, divisa e lacerata dalla tremenda guerra appena terminata. Certo, la fortuna ci mise del suo, perché Togliatti si riprese fisicamente dall'attentato, ma nulla toglie che Bartali e quei ragazzi ebbero un ruolo fondamentale nell'accomunare il Paese.
L'Italia gli doveva tanto ed era assurdo vedere come alcuni alle gare lo schernissero. Un po' come i nipoti bastardelli che si prendono gioco perfidamente dei propri nonni. Niente di più vile. Purtroppo, dovendosi esprimere in pubblico, la sua voce roca e rovinata non aiutava la comprensione, ma in privato mantenendo il tono basso e parlando fra amici, Gino si esprimeva al meglio e con una profondità d'animo che pubblicamente non appariva.
Si parla sempre del dualismo con Coppi, ma pochi sanno (dalla voce dei pochi protagonisti ancora vivi) che il credente (papalino) Bartali fu una delle persone più vicine a Coppi nei momenti difficili del suo legame con la Dama Bianca e lo fu ancor di più negli ultimi mesi di vita di Fausto, quando il rapporto di questi con Giulia Occhini si era un poco incrinato, un particolare questo che pochi hanno raccontato.
Non c'è nulla da fare, Ginettaccio era un buono, un generoso, un inguaribile altruista.
Sono molto fortunato ad averlo conosciuto.
Di tutte le cose lette oggi su di lui, la più bella frase l'ho letta sul vecchio forum scritta da un brillante forumista:
"Il Palmares del campione toscano continua ad arricchirsi anche dopo la sua scomparsa"
Mi sono commosso, E' una frase splendida, anzi Giusta.