Da quasi vent'anni la strada è il mio luogo di lavoro, il mio ufficio a cielo aperto e non penso di lasciarlo a breve; ho 39 anni e un morale di ragazzino, il mio corpo funziona bene e non penso quasi mai alla mia età. E allora? Ho sempre fame di vittoria, anche se in questa stagione (anno 2007) non sono riuscito a trovare l'apertura e, per la prima volta in vita mia, non sono stato selezionato per il Tour; ma questo fatto, anziché scoraggiarmi, mi spinge a voler dimostrare ai miei dirigenti ((La Bouygues Telecom) che un posto in squadra me lo sarei meritato. Perché non far questo al Giro di Polonia che ho già vinto una volta? Nella tappa che arriva a Poznan tenterò qualcosa di sicuro, ma intanto cerchiamo di economizzare le forze, perché mancano ancora sessanta km. all'arrivo. Sono in piena riflessione quando si verifica un grosso rallentamento, devo frenare bruscamente, la mia ruota anteriore scoppia e capisco che non potrò evitare la caduta. Un po' sonato mi rialzo comunque alla svelta e, anche se sento un dolore vivo, ci fo poco caso. Il meccanico, che ha sostituito la ruota, mi spinge e dopo poco, approfittando delle ammiraglie al seguito, rientro in gruppo. Il dolore tuttavia persiste e capisco che quel giorno lì non potrò far niente!
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Laurent Brochard
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Laurent Brochard
Avec Matthieu Lambert "S'ils savaient ..."
Da quasi vent'anni la strada è il mio luogo di lavoro, il mio ufficio a cielo aperto e non penso di lasciarlo a breve; ho 39 anni e un morale di ragazzino, il mio corpo funziona bene e non penso quasi mai alla mia età. E allora? Ho sempre fame di vittoria, anche se in questa stagione (anno 2007) non sono riuscito a trovare l'apertura e, per la prima volta in vita mia, non sono stato selezionato per il Tour; ma questo fatto, anziché scoraggiarmi, mi spinge a voler dimostrare ai miei dirigenti ((La Bouygues Telecom) che un posto in squadra me lo sarei meritato. Perché non far questo al Giro di Polonia che ho già vinto una volta? Nella tappa che arriva a Poznan tenterò qualcosa di sicuro, ma intanto cerchiamo di economizzare le forze, perché mancano ancora sessanta km. all'arrivo. Sono in piena riflessione quando si verifica un grosso rallentamento, devo frenare bruscamente, la mia ruota anteriore scoppia e capisco che non potrò evitare la caduta. Un po' sonato mi rialzo comunque alla svelta e, anche se sento un dolore vivo, ci fo poco caso. Il meccanico, che ha sostituito la ruota, mi spinge e dopo poco, approfittando delle ammiraglie al seguito, rientro in gruppo. Il dolore tuttavia persiste e capisco che quel giorno lì non potrò far niente!
Da quasi vent'anni la strada è il mio luogo di lavoro, il mio ufficio a cielo aperto e non penso di lasciarlo a breve; ho 39 anni e un morale di ragazzino, il mio corpo funziona bene e non penso quasi mai alla mia età. E allora? Ho sempre fame di vittoria, anche se in questa stagione (anno 2007) non sono riuscito a trovare l'apertura e, per la prima volta in vita mia, non sono stato selezionato per il Tour; ma questo fatto, anziché scoraggiarmi, mi spinge a voler dimostrare ai miei dirigenti ((La Bouygues Telecom) che un posto in squadra me lo sarei meritato. Perché non far questo al Giro di Polonia che ho già vinto una volta? Nella tappa che arriva a Poznan tenterò qualcosa di sicuro, ma intanto cerchiamo di economizzare le forze, perché mancano ancora sessanta km. all'arrivo. Sono in piena riflessione quando si verifica un grosso rallentamento, devo frenare bruscamente, la mia ruota anteriore scoppia e capisco che non potrò evitare la caduta. Un po' sonato mi rialzo comunque alla svelta e, anche se sento un dolore vivo, ci fo poco caso. Il meccanico, che ha sostituito la ruota, mi spinge e dopo poco, approfittando delle ammiraglie al seguito, rientro in gruppo. Il dolore tuttavia persiste e capisco che quel giorno lì non potrò far niente!
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Re: Laurent Brochard
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Re: Laurent Brochard
Parecchio giovane, se non sapessi che è lui, non lo riconoscerei.
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Re: Laurent Brochard
Non ti fare ingannare dalle apparenze,
Si tratta di una foto del 2006,quando Brochard militava nella Bouygues,quindi abbastanza verso la fine della sua carriera tra i professionisti,un anno prima dell'episodio che più sopra hai riportato.
Si tratta di una foto del 2006,quando Brochard militava nella Bouygues,quindi abbastanza verso la fine della sua carriera tra i professionisti,un anno prima dell'episodio che più sopra hai riportato.
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Re: Laurent Brochard
Hai ragione, mi sono fatto ingannare.
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Re: Laurent Brochard
Andrà meglio domani, le cadute fanno parte del mestiere e non è mia abitudine lamentarmi. Altre volte mi è capitato di finire sanguinante e scorticato da per tutto, ma di ripartire con spirito combattivo i giorni seguenti. La mia resistenza al dolore talvolta ha stupito i miei giovani colleghi, ma sono così, punto e a capo.
La sera in albergo la squadra è preoccupata, perché oltre a me ci sono altri due corridori caduti e per A. Labbe si teme la frattura della clavicola. Andiamo tutti e tre all'ospedale. io seguo gli altri senza inquietudine, ma ho torto, perché anche a me, così come ad Arnaud, è diagnosticata una frattura.
Il dottore mi annuncia che il ritiro è inevitabile e per me è un grave colpo: poche ore prima ero in pieno spirito di conquista e ora invece devo lasciare la corsa!
Peggio, forse dovrò sottopormi a un'operazione chirurgica, ma in questo caso non ho nessuna voglia di farla sul posto e domando di essere rimpatriato. Anche in Francia la diagnosi è la stessa e in più l'intervento non è risolutivo, perché non sopporto le placche che hanno dovuto mettermi e quindi è necessaria una seconda operazione e perdo molto tempo. Siamo di gà in settembre e dovrei sbrigarmi a ricorrere per trovare una squadra l'anno seguente, ma la cosa non si rivela possibile. Io non lo so ancora, ma quel giorno in Polonia per me è stata l'ultima corsa.
La sera in albergo la squadra è preoccupata, perché oltre a me ci sono altri due corridori caduti e per A. Labbe si teme la frattura della clavicola. Andiamo tutti e tre all'ospedale. io seguo gli altri senza inquietudine, ma ho torto, perché anche a me, così come ad Arnaud, è diagnosticata una frattura.
Il dottore mi annuncia che il ritiro è inevitabile e per me è un grave colpo: poche ore prima ero in pieno spirito di conquista e ora invece devo lasciare la corsa!
Peggio, forse dovrò sottopormi a un'operazione chirurgica, ma in questo caso non ho nessuna voglia di farla sul posto e domando di essere rimpatriato. Anche in Francia la diagnosi è la stessa e in più l'intervento non è risolutivo, perché non sopporto le placche che hanno dovuto mettermi e quindi è necessaria una seconda operazione e perdo molto tempo. Siamo di gà in settembre e dovrei sbrigarmi a ricorrere per trovare una squadra l'anno seguente, ma la cosa non si rivela possibile. Io non lo so ancora, ma quel giorno in Polonia per me è stata l'ultima corsa.
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Re: Laurent Brochard
L'enfant sauvage
Un'immagine, più che un ricordo vero e proprio: ho tre anni e, insieme a mio padre attraverso la foresta dell'Epau, paradiso di coloro che corrono per diletto e credo che anch'io abbia sempre sentito il bisogno di spendere energie, sin dal momento in cui sono stato capace di stare in piedi. Sono nato a Le Mans, patria della famosa corsa automobilistica e ho avuto due fratelli. Siamo stati accuditi da mia madre a tempo pieno, visto che non eravamo nemmeno dei tipi troppo calmi. Ho energie da vendere e sono piuttosto turbolento e questo è il mio modo di esprimermi e provo in giovanissima età parecchie difficoltà a integrarmi con gli altri. Sono piuttosto, anzi parecchio timido e nei primi anni di scuola, resto in disparte, senza nessun compagno, ma guai a chi tenta di litigare con me, se mi si provoca, so reagire. La solitudine, accentuata dal trasferimento, quando avevo otto anni, nel piccolo paese di Sain-Denis-sur-Sarthon, devo dire, però, che non mi pesa. Mi ritiro nel mio mondo interiore, del quale ho tracciato i contorni e ancor oggi non sono troppo capace di esprimere agli altri quello che sento. E' così, punto e a capo. Gli insegnanti non sanno che pensare di questo bambino e talvolta sento dire di me che ho capacità, che però non riesco ad esprimere e sulla pagella infatti molte volte scrivono: "Potrebbe far meglio". A dire il vero, mi annoio sui banchi di scuola e quei buoni profitti che ottengo, talvolta in matematica, non sono certo dovuti all'impegno, bensì all'estro che ogni tanto mi piglia. Solo la ginnastica è per me motivo di interesse e lì do il meglio di me, anche se, come ho lasciato intendere all'inizio, non ho aspettato l'età scolare per essere sensibile all'esercizio fisico: la corsa a piedi nel bosco è sempre stata onnipresente in famiglia.
Un'immagine, più che un ricordo vero e proprio: ho tre anni e, insieme a mio padre attraverso la foresta dell'Epau, paradiso di coloro che corrono per diletto e credo che anch'io abbia sempre sentito il bisogno di spendere energie, sin dal momento in cui sono stato capace di stare in piedi. Sono nato a Le Mans, patria della famosa corsa automobilistica e ho avuto due fratelli. Siamo stati accuditi da mia madre a tempo pieno, visto che non eravamo nemmeno dei tipi troppo calmi. Ho energie da vendere e sono piuttosto turbolento e questo è il mio modo di esprimermi e provo in giovanissima età parecchie difficoltà a integrarmi con gli altri. Sono piuttosto, anzi parecchio timido e nei primi anni di scuola, resto in disparte, senza nessun compagno, ma guai a chi tenta di litigare con me, se mi si provoca, so reagire. La solitudine, accentuata dal trasferimento, quando avevo otto anni, nel piccolo paese di Sain-Denis-sur-Sarthon, devo dire, però, che non mi pesa. Mi ritiro nel mio mondo interiore, del quale ho tracciato i contorni e ancor oggi non sono troppo capace di esprimere agli altri quello che sento. E' così, punto e a capo. Gli insegnanti non sanno che pensare di questo bambino e talvolta sento dire di me che ho capacità, che però non riesco ad esprimere e sulla pagella infatti molte volte scrivono: "Potrebbe far meglio". A dire il vero, mi annoio sui banchi di scuola e quei buoni profitti che ottengo, talvolta in matematica, non sono certo dovuti all'impegno, bensì all'estro che ogni tanto mi piglia. Solo la ginnastica è per me motivo di interesse e lì do il meglio di me, anche se, come ho lasciato intendere all'inizio, non ho aspettato l'età scolare per essere sensibile all'esercizio fisico: la corsa a piedi nel bosco è sempre stata onnipresente in famiglia.
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Re: Laurent Brochard
Tipico DNA da ciclista:
- indidualista con gusto di esserlo in positivo (avere un mondo dentro)
- calcolatore (la matematica come strumento al proprio estro)
- socialissimamente asociale (sono impegnato con me stesso )
- energia e vitalità
- timidezza agorafobica
- la foresta (bosco, salita, natura aperta) come luogo dove sfogare il proprio io.
Da manuale.
- indidualista con gusto di esserlo in positivo (avere un mondo dentro)
- calcolatore (la matematica come strumento al proprio estro)
- socialissimamente asociale (sono impegnato con me stesso )
- energia e vitalità
- timidezza agorafobica
- la foresta (bosco, salita, natura aperta) come luogo dove sfogare il proprio io.
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Re: Laurent Brochard
Mio padre era solo un dilettante della corsa, mia madre invece era stata una sportiva di alto livello, campione regionale e quarta ad un campionato di Francia e credo che abbia corso insieme a C. Besson in qualche prova internazionale. Già a cinque anni i miei genitori mi hanno fatto conoscere qualche piccolo cross insieme alle ragazze e credo di non esserne uscito male da tali confronti. Ma è soprattutto attraverso la scuola che posso soddisfare il mio desiderio di ogni sport, compresi quelli collettivi. Nel calcio penso di avere doti tecniche interessanti, ma mi accorgo con dispiacere che i miei compagni di squadra sono svogliati, si sono iscritti solo per gioco e non si impegnano a fondo. Ciò mi provoca una profonda frustrazione, ma non la do a vedere, perché la timidezza mi spinge a ... Ma decido che gli sport collettivi non fanno per me e ritorno al cross-country, dove la mia facilità nei meeting scolastici non è sfuggita a chi mi sta intorno e a 12 anni mio padre mi propone di entrare all'ASOS Alençon, con il quale posso correre ogni fine settimana e i risultati si vedono; questo avrebbe dovuto fare di me una persona sicura, ma al contrario il dopo vittoria rappresenta quasi un supplizio: montare sul podio è la peggior cosa che possa capitare a una persona così chiusa e schiva. E talvolta, per evitarlo, sono tentato di rallentare e finire tranquillo fra gli attardati; dicendo ciò rischio di far arrabbiare tutti quelli che sperano di vincere almeno una volta, ma la verità è questa.
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Re: Laurent Brochard
Solo quando sono dovuto andare lontano da casa ho cominciato un po' ad aprirmi (avevo allora 15 anni) ed è proprio a quel tempo che mio padre decide di ritornare alla sua prima passione: il ciclismo, acquista una bici da corsa e va in giro con i suoi amici. Per me è naturale seguirli. La mia prima bici è assemblata da mio padre con i materiali che ha trovato e il cambio è situato vicino ai pedali ed esso sarà il compagno dei miei saliscendi in bassa normandia, caratterizzati da numerose cadute. Sono un "rompicollo", perché non ho proprio coscienza del pericolo, ma tengo poco conto anche della fatica e nelle uscite, lunghe anche 100 km, seguo gli amici di mio padre (appartenenti anche a buone categorie di dilettanti) senza alcuna difficoltà e partecipo anche ai numerosi sprint che si fanno per strada e ciò mi fa venire voglia di testarmi in qualche competizione. Le prime sono senza infamia e senza lode, ma poi arriva la cronoscalata di Alençon, una prova molto considerata nel 1985 con, alla partenza, dei buoni corridori. E' soprattutto Pierre Meslet (fratello di Alain, ex gregario di Hinault e vincitore sui Campi Elisi al Tour) che fa figura di spauracchio. E lui è venuto per vincere, come molti altri trentenni o più iscritti quel giorno là, ma io mando all'aria tutti i pronostici, realizzando il tempo migliore. E il mio "exploit" è sorprendente a tal punto che quel che sento alla proclamazione del risultato e del tipo "ma dov'è uscito quel tipo" "si sono sbagliati di certo" "aspettiamo, perché non è possibile". In effetti è il mio primo risultato in campo ciclistico che, confrontato con il bel "palmarés" di molti partecipanti, fa davvero digrignare i denti. Farsi battere da un ragazzino, totalmente sconosciuto, per di più su di una bici rappezzata non è certo gradevole per quei vecchi marpioni e allora ci si perde in congetture. Io sto zitto, come mi ha sempre insegnato mio padre, però questa vittoria mi fa capire che si mi allenassi ...
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Re: Laurent Brochard
Quand la machine s'emballe
Con il mio diploma di decoratore in tasca e, mentre, cercavo di ottenere anche quelli di ebanista e scultore di legno, ero giunto a 18 anni e, lato sportivo conciliavo bene le mie discipline preferite: il ciclismo l'estate e la corsa a piedi in inverno. Alla fine del 1986 fu la corsa delle Tre Cime, una gara prestigiosa che decise il mio orientamento finale. Quel giorno là infatti realizzai un *numero* come si dice in gergo. Davanti tutta la giornata, forai a 20 km. dal traguardo e dovetti ripartire con tre minuti di ritardo. Fu un inseguimento sfrenato, ma riuscii soltanto ad arrivare a 20 secondi da vincitore. Però questa prestazione fu notata. F. Legeard, presidente di un club mi avvicinò per propormi di entrare nella squadra. L'U.C. Mamers-Neuchatel aveva una buona reputazione, per aver fatto passare *pro* due corridori della regione e contava nelle sue file B. Jousselin (che ha avuto una grande carriera fra i dilettanti) e J. Neveu, futuro team-manager di una squadra continentale. Diciannove anni sono un'età piuttosto avanzata per cominciare sul serio il ciclismo, ma Fernand è convinto che ho un buon margine di progressione. Ai suoi occhi sono fatto per il ciclismo e, per parte mia, sto mettendo sempre più fra parentesi la corsa a piedi. Il nostro obiettivo per l'anno 1987 è la vittoria nello "challenge Huby" una speciale classifica a punti, organizzata dal comitato del Pays de Loire, accessibile agli "espoir" e "juniors". Si disputa in quattro prove qualificative, più la finale divisa in due parti: cronometro e in linea. La finale è programmata fine agosto. Per la prima volta mi alleno in maniera seria, anche con alcune uscite dietro il derny, guidato proprio da Fernand.
Con il mio diploma di decoratore in tasca e, mentre, cercavo di ottenere anche quelli di ebanista e scultore di legno, ero giunto a 18 anni e, lato sportivo conciliavo bene le mie discipline preferite: il ciclismo l'estate e la corsa a piedi in inverno. Alla fine del 1986 fu la corsa delle Tre Cime, una gara prestigiosa che decise il mio orientamento finale. Quel giorno là infatti realizzai un *numero* come si dice in gergo. Davanti tutta la giornata, forai a 20 km. dal traguardo e dovetti ripartire con tre minuti di ritardo. Fu un inseguimento sfrenato, ma riuscii soltanto ad arrivare a 20 secondi da vincitore. Però questa prestazione fu notata. F. Legeard, presidente di un club mi avvicinò per propormi di entrare nella squadra. L'U.C. Mamers-Neuchatel aveva una buona reputazione, per aver fatto passare *pro* due corridori della regione e contava nelle sue file B. Jousselin (che ha avuto una grande carriera fra i dilettanti) e J. Neveu, futuro team-manager di una squadra continentale. Diciannove anni sono un'età piuttosto avanzata per cominciare sul serio il ciclismo, ma Fernand è convinto che ho un buon margine di progressione. Ai suoi occhi sono fatto per il ciclismo e, per parte mia, sto mettendo sempre più fra parentesi la corsa a piedi. Il nostro obiettivo per l'anno 1987 è la vittoria nello "challenge Huby" una speciale classifica a punti, organizzata dal comitato del Pays de Loire, accessibile agli "espoir" e "juniors". Si disputa in quattro prove qualificative, più la finale divisa in due parti: cronometro e in linea. La finale è programmata fine agosto. Per la prima volta mi alleno in maniera seria, anche con alcune uscite dietro il derny, guidato proprio da Fernand.
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Re: Laurent Brochard
Il lavoro porta i suoi frutti e al mattino dell'ultima "manche" figuro sul podium della classifica provvisoria: J.C. Robin e P. Jamin sono, nell'ordine, i miei più pericolosi avversari. La crono mattinale è lunga 8,9 km. e io impiego 12'44" e l'annuncio del miglior tempo stabilito da un certo Laurent Brochard provoca enorme sorpresa e anche un certo scetticismo. Sento le stesse riserve di due anni prima. Ma chi è dunque questo Brochard? Da dove viene fuori? E lo speaker non esita a annunciare al microfono che c'è un errore nel cronometraggio! Mal gliene incoglie, perché René Vincent, il direttore del comitato dipartimentale e officiante come commissario della corsa, si precipita verso lo speaker per fargli capire a chiare lettere che ha perso un'occasione grossa per stare zitto! "Un errore di cronometraggio, ma non dica stupidaggini, oggi abbiamo davanti a noi un futuro campione del mondo. Sì un futuro campione del mondo e lei osa mettere in dubbio la sua prestazione!? Il tutto condito da una serie di ingiurie contro il malcapitato! Oggi, con il tempo trascorso, l'aneddoto si presta molto bene al sorriso.
Comunque sia i miei avversari sono prevenuti: non sarà molto facile "farmi sloggiare" dalla prima posizione nella classifica del "challenge". Da parte mia mi aspetto di passare un pomeriggio difficile, come infatti accade, perché gli attacchi provengono da tutte le parti, sembra quasi che si sia formata una coalizione per far vincere Robin o Jamin. Ma rispondo a tutti e termino ben piazzato in gruppo, assicurandomi così la vittoria finale.
Comunque sia i miei avversari sono prevenuti: non sarà molto facile "farmi sloggiare" dalla prima posizione nella classifica del "challenge". Da parte mia mi aspetto di passare un pomeriggio difficile, come infatti accade, perché gli attacchi provengono da tutte le parti, sembra quasi che si sia formata una coalizione per far vincere Robin o Jamin. Ma rispondo a tutti e termino ben piazzato in gruppo, assicurandomi così la vittoria finale.
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Re: Laurent Brochard
Da quel giorno la mia reputazione era stabilita; più nessuno si sarebbe chiesto chi fosse L.B. e in qualche settimana sono passato dalla terza alla prima categoria, perché avevo vinto tutte le prove disputate. Poi ci fu la Quattro giorni Leclerc, dove vinsi la crono, una tappa e la classifica finale.
Durante le due stagioni seguenti (88 e 89) mi sembra di essere sopra una nuvola e non realizzo davvero quello che mi arriva e, siccome nella vita di tutti i giorni non riesco a trovare un lavoro corrispondente alle mie qualifiche, mi dedico soprattutto al ciclismo. E le vittorie continuano e non solo nel mio dipartimento, mi arriva addirittura di prendere l'aereo per andare a disputare il Tour de l'Ile de Réunion. Tutto sembra funzionare per il meglio, tanto più che non devo fare il servizio militare, perché sembra abbia un eccesso di colesterolo nel sangue. Però il mio club deve diminuire il proprio "budget" a causa del ritiro di uno sponsor e Fernand teme di non potermi più offrire le condizioni necessarie alla mia espansione sportiva. Allora prende contatto con il presidente di una delle migliori associazioni sportive della regione parigina, che accetta subito di farmi entrare nei propri ranghi.
Durante le due stagioni seguenti (88 e 89) mi sembra di essere sopra una nuvola e non realizzo davvero quello che mi arriva e, siccome nella vita di tutti i giorni non riesco a trovare un lavoro corrispondente alle mie qualifiche, mi dedico soprattutto al ciclismo. E le vittorie continuano e non solo nel mio dipartimento, mi arriva addirittura di prendere l'aereo per andare a disputare il Tour de l'Ile de Réunion. Tutto sembra funzionare per il meglio, tanto più che non devo fare il servizio militare, perché sembra abbia un eccesso di colesterolo nel sangue. Però il mio club deve diminuire il proprio "budget" a causa del ritiro di uno sponsor e Fernand teme di non potermi più offrire le condizioni necessarie alla mia espansione sportiva. Allora prende contatto con il presidente di una delle migliori associazioni sportive della regione parigina, che accetta subito di farmi entrare nei propri ranghi.
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Re: Laurent Brochard
"Domandarmi se voglio Brochard è come chiedere a un cieco se vuole riavere la vista!", risponde C. Jacques e l'affare è subito concluso. Fernand, il mio primo mentore, mi lascia in buone mani, perché la società Anthony-Berny, oltre a essere un faro nel ciclismo dilettanti, fungeva altresì come riserva della grande squadra professionistica Système U e cioè "l'équipe" diretta da C. Guimard il cui "leader" altri non era se non L. Fignon, numero uno mondiale ed eroe sfortunato al Tour del 1989.
La notizia mi fece girare la testa, perché mi sembrava che tutto andasse troppo veloce: mi trovavo nell'anticamera della migliore formazione al mondo, dopo solo due stagioni di ciclismo al mio attivo. Oggi mi dico che non ho avuto proprio il tempo di apprezzare e di assaporare pienamente quello che mi era arrivato.
Mi dànno due bici Raleigh identiche a quelle dei grandi e mi rendo conto che ormai si fa sul serio, la macchina si è definitivamente messa in moto e in questa stagione 89-90 ho messo le mie dita nell'ingranaggio che condurrà al professionismo.
La notizia mi fece girare la testa, perché mi sembrava che tutto andasse troppo veloce: mi trovavo nell'anticamera della migliore formazione al mondo, dopo solo due stagioni di ciclismo al mio attivo. Oggi mi dico che non ho avuto proprio il tempo di apprezzare e di assaporare pienamente quello che mi era arrivato.
Mi dànno due bici Raleigh identiche a quelle dei grandi e mi rendo conto che ormai si fa sul serio, la macchina si è definitivamente messa in moto e in questa stagione 89-90 ho messo le mie dita nell'ingranaggio che condurrà al professionismo.
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Re: Laurent Brochard
Dans la chambre du professeur Fignon
"Guarda che tu stai per fare una stupidaggine" Chiaramente M. Thèze, direttore della Francia Espoir, non approva che divori alcuni croissant alla partenza del Tour di Renania. Anche gli altri corridori sembrano stupefatti. "Non si scherza con la dietetica". Ma io non ho mai fatto attenzione a questo genere di cose, penso di avere una igiene di vita corretta, ma senza privazioni di sorta. Esse portano quasi sempre alla frustrazione. Nel mio primo anno a Anthony ottengo la selezione nella squadra nazionale e la maglia tricolore è per me un grande onore, di cui cerco in ogni modo di essere degno. Anche se al termine delle corse, bisogna restituirla. All'epoca è la regola e i mezzi non sono quelli della Castorama, ma io mi separo malvolentieri da quella tunica simbolica. In Renania (1990) vinco lo sprint di cinque fuggitivi, nella prima tappa, che arrivava a Mayence, nonostante i miei croissant e anche dopo i risultati seguono per tutta la stagione, che si conclude (quasi) con il Tour della Comunità Europea, dove indosso di nuovo la maglia tricolore. Questa corsa, oggi sparita, ha preso per un certo periodo il posto del Tour de l'Avenir. I partecipanti sono già professionisti agguerriti e alcuni addirittura reduci dal Tour de France. Io, comunque, sono fiducioso e, dopo un 23° posto nel prologo, ottengo un 7° e un 8° nei due giorni successivi e infine un quinto dietro B. Rijs, S. Ekimov e L. Jalabert. Decimo nella classifica generale e primo fra i dilettanti. Appena ritornato al mio domicilio il telefono non tarda a suonare: all'altro capo del filo c'è R. Legey, manager della "Z", la squadra vincitrice del Tour con Greg Lemond, il quale mi annuncia che avrebbe un contratto prof, pronto per me.
"Guarda che tu stai per fare una stupidaggine" Chiaramente M. Thèze, direttore della Francia Espoir, non approva che divori alcuni croissant alla partenza del Tour di Renania. Anche gli altri corridori sembrano stupefatti. "Non si scherza con la dietetica". Ma io non ho mai fatto attenzione a questo genere di cose, penso di avere una igiene di vita corretta, ma senza privazioni di sorta. Esse portano quasi sempre alla frustrazione. Nel mio primo anno a Anthony ottengo la selezione nella squadra nazionale e la maglia tricolore è per me un grande onore, di cui cerco in ogni modo di essere degno. Anche se al termine delle corse, bisogna restituirla. All'epoca è la regola e i mezzi non sono quelli della Castorama, ma io mi separo malvolentieri da quella tunica simbolica. In Renania (1990) vinco lo sprint di cinque fuggitivi, nella prima tappa, che arrivava a Mayence, nonostante i miei croissant e anche dopo i risultati seguono per tutta la stagione, che si conclude (quasi) con il Tour della Comunità Europea, dove indosso di nuovo la maglia tricolore. Questa corsa, oggi sparita, ha preso per un certo periodo il posto del Tour de l'Avenir. I partecipanti sono già professionisti agguerriti e alcuni addirittura reduci dal Tour de France. Io, comunque, sono fiducioso e, dopo un 23° posto nel prologo, ottengo un 7° e un 8° nei due giorni successivi e infine un quinto dietro B. Rijs, S. Ekimov e L. Jalabert. Decimo nella classifica generale e primo fra i dilettanti. Appena ritornato al mio domicilio il telefono non tarda a suonare: all'altro capo del filo c'è R. Legey, manager della "Z", la squadra vincitrice del Tour con Greg Lemond, il quale mi annuncia che avrebbe un contratto prof, pronto per me.
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Re: Laurent Brochard
Ma io avevo già firmato un precontratto per la Castorama, dopo un colloquio con C. Guimard, anche se in verità questo accordo impegnava soltanto me, perché la Castorama non aveva comunque l'obbligo di farmi passare prof. Alla fine del mese di settembre il dilemma è il seguente: firmare un contratto sicuro con "Z" per l'anno 1991 o attendere la proposta incerta di Castorama per il 1992? Durante il nostro incontro Guimard mi aveva detto di stare due anni con Anthony-Berny, perché tu devi fare esperienza. Resto un po' perplesso, ma poi penso che la parola data conti molto e quindi decido di attendere Castorama. E' un valore che mi è stato ben inculcato in testa: rispettare un impegno preso significa rispettare sé stessi. il "patron" di "Z" riceve dunque una risposta negativa, ma insiste tramite il suo aggiunto S. Beucherie e intanto anche le altre squadre francesi hanno mostrato il loro interesse, ma a tutti rispondo chiaramente che ho già un impegno morale con C. Guimard. R. Legey ci resta male e da quel giorno i nostri rapporti si sono quasi chiusi, peccato, perché, come me, lui è del dipartimento della Sarthe.
Fedeltà alla Casto, dunque e con la consapevolezza di aver fatto una buona scelta, perché Guimard è un d.s. fuori dal comune e molto vicino ai giovani corridori che ha scelto; d'altra parte egli non esita a cercare di farmi integrare nel gruppo e già a gennaio 1991 mi invita a uno "stage" in Costa Azzurra e , non appena arrivo lì, mi annuncia che sarò in camera con Laurent Fignon.
Fedeltà alla Casto, dunque e con la consapevolezza di aver fatto una buona scelta, perché Guimard è un d.s. fuori dal comune e molto vicino ai giovani corridori che ha scelto; d'altra parte egli non esita a cercare di farmi integrare nel gruppo e già a gennaio 1991 mi invita a uno "stage" in Costa Azzurra e , non appena arrivo lì, mi annuncia che sarò in camera con Laurent Fignon.
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- Messaggio n°17
Re: Laurent Brochard
Arrivati a questo punto del racconto, devo confessare la mia incultura ciclistica. Quando ero piccolo, mio padre leggeva "Miroi sprint" e tutta la famiglia andava a vedere il passaggio del Tour nella regione; il circuito della Sarthe era un altro appuntamento imperdibile, ma se i miei fratelli si sono appassionati, io invece ero rimasto piuttosto indifferente. In vita mia non ho avuto idoli e in più non ho neppure conosciuto il nome del vincitore di una corsa, perché sono sempre stato un competitore e mai uno storico o statistico. Tuttavia, da quando ho cominciato a correre in bici, le cose sono un po' cambiate e a quel tempo non ignoravo più chi era Laurent Fignon e addirittura ammiravo le sue "performances".
La prospettiva di dividere per una settimana la camera con lui mi imbarazzava alquanto: avevamo lo stesso pre-nome, la stessa maglia ed entrambi portavamo i capelli piuttosto lunghi, ma poi c'era un abisso, secondo me, fra noi. Ma i miei timori si rivelarono infondati, perché Fignon era accogliente e ascoltava con piacere e in modo quasi fraterno ed è interessato quel che avevo fatto fino allora e quali fossero le mie ambizioni. Un carisma benigno emana dalla sua persona, non ignorava chi ero e fece di tutto per mettermi a mio agio. Molto rassicurato ebbi l'ardire anch'io di chiedere alcune cose sulla sua carriera.
La prospettiva di dividere per una settimana la camera con lui mi imbarazzava alquanto: avevamo lo stesso pre-nome, la stessa maglia ed entrambi portavamo i capelli piuttosto lunghi, ma poi c'era un abisso, secondo me, fra noi. Ma i miei timori si rivelarono infondati, perché Fignon era accogliente e ascoltava con piacere e in modo quasi fraterno ed è interessato quel che avevo fatto fino allora e quali fossero le mie ambizioni. Un carisma benigno emana dalla sua persona, non ignorava chi ero e fece di tutto per mettermi a mio agio. Molto rassicurato ebbi l'ardire anch'io di chiedere alcune cose sulla sua carriera.
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- Messaggio n°18
Re: Laurent Brochard
Da quel giorno il duplice vincitore del Tour manterrà un occhio su di me, e, anche quando lascerà Castorama per gli italiani di Gatorade continuerà ad incoraggiarmi da lontano. Io rammento di quando avevamo perso contatto dai primi alla Milano Sanremo, Fignon andava tranquillo, con le mani alte sul manubrio e ne approfittò per interrogarmi sul mio grado di integrazione nel professionismo e, mentre c'era, mi dette anche alcuni consigli su come affrontare in futuro la "Primavera" che lui aveva vinto due volte. "Attenzione, qui va bene il rapporto che abbiamo, là invece tu dovrai indurirlo ed è sulla tale porzione che si portano gli attacchi decisivi". Tant'è che i transalpini l'avevano soprannominato "il professore".
Non ho mai saputo se Guimard aveva fatto di proposito (o era stato un caso) lo scegliere per me la camera di Laurent, ma il mio primo contatto con l'uomo destinato a diventare il mio capitano, resta un qualcosa che segnerà per sempre la mia vita di corridore, che, detto per inciso, non sarà esente da momenti dolorosi.
Non ho mai saputo se Guimard aveva fatto di proposito (o era stato un caso) lo scegliere per me la camera di Laurent, ma il mio primo contatto con l'uomo destinato a diventare il mio capitano, resta un qualcosa che segnerà per sempre la mia vita di corridore, che, detto per inciso, non sarà esente da momenti dolorosi.
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- Messaggio n°19
Re: Laurent Brochard
Ultime écueils sur la route des sommets
All'inizio della stagione 1991 il morale è alto, perché Guimar mi ha assicurato un posto nella Castorama o per fine anno o per il prossimo, mentre quest'anno correrò nei dilettanti per acquisire ancora un po' d'esperienza e senza avere la pressione dei risultati. La prima corsa fu in nazionale al Tour de Vaucluse (open), dove non tardai a mettermi in mostra. La quinta tappa prevedeva il Mont Ventoux fino allo Chalet Reynard e F. Philipot fece un'andatura importante per il suo capitano Miguel Indurain, che aveva la maglia gialla. Quell'andatura provocò una grandissima selezione, tanto che a pochi ettometri dal traguardo eravamo rimasti in cinque, poi un'accelerazione in vista della cima mi fece perdere contatto e quei pochi secondi non riuscii a riprenderli in discesa. La mia giovinezza mi spinse ad inseguire da solo per i cinquanta km. restanti ed ottenere un quinto posto. Quel mio "raid" solitario fu certamente notato. Il 9 aprile sono alla partenza del circuito Franco-Belga e i partenti sono arrivati da tutta l'Europa. Nel prologo riesco ad impormi davanti allo svedese M. Andersson e indosso la maglia gialla, mentre mi sottopongo all'esame antidoping, come è la prassi per il vincitore. Sono quasi certo di poter difendere il primato, ma una raffreddamento va contro i miei piani, a tal punto che il medico della squadra mi consiglia di abbandonare, ma io rifiuto. E infatti negli ultimi giorni miglioro, anche se la classifica finale ormai non è che un lontano ricordo. Durante l'ultima tappa, che arriva a Roubaix, lavoro per E. Laveau (il leader designato dell'Anthony), ma a 15 km. dall'arrivo lui cade e allora mi ritrovo in testa in un gruppo di dieci e li batto allo sprint. Mi felicito con me stesso per aver resistito ai propositi di abbandono e mi accorgerò in seguito di non essere mai stato così ben ispirato.
All'inizio della stagione 1991 il morale è alto, perché Guimar mi ha assicurato un posto nella Castorama o per fine anno o per il prossimo, mentre quest'anno correrò nei dilettanti per acquisire ancora un po' d'esperienza e senza avere la pressione dei risultati. La prima corsa fu in nazionale al Tour de Vaucluse (open), dove non tardai a mettermi in mostra. La quinta tappa prevedeva il Mont Ventoux fino allo Chalet Reynard e F. Philipot fece un'andatura importante per il suo capitano Miguel Indurain, che aveva la maglia gialla. Quell'andatura provocò una grandissima selezione, tanto che a pochi ettometri dal traguardo eravamo rimasti in cinque, poi un'accelerazione in vista della cima mi fece perdere contatto e quei pochi secondi non riuscii a riprenderli in discesa. La mia giovinezza mi spinse ad inseguire da solo per i cinquanta km. restanti ed ottenere un quinto posto. Quel mio "raid" solitario fu certamente notato. Il 9 aprile sono alla partenza del circuito Franco-Belga e i partenti sono arrivati da tutta l'Europa. Nel prologo riesco ad impormi davanti allo svedese M. Andersson e indosso la maglia gialla, mentre mi sottopongo all'esame antidoping, come è la prassi per il vincitore. Sono quasi certo di poter difendere il primato, ma una raffreddamento va contro i miei piani, a tal punto che il medico della squadra mi consiglia di abbandonare, ma io rifiuto. E infatti negli ultimi giorni miglioro, anche se la classifica finale ormai non è che un lontano ricordo. Durante l'ultima tappa, che arriva a Roubaix, lavoro per E. Laveau (il leader designato dell'Anthony), ma a 15 km. dall'arrivo lui cade e allora mi ritrovo in testa in un gruppo di dieci e li batto allo sprint. Mi felicito con me stesso per aver resistito ai propositi di abbandono e mi accorgerò in seguito di non essere mai stato così ben ispirato.
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- Messaggio n°20
Re: Laurent Brochard
Qualche settimana dopo mi arriva una lettera ove mi s'informa che sono stato trovato positivo al prologo del circuito Franco-Belga: ci sono tracce di nandrolone nella mie urine e sono sospeso per un anno. Sono annientato, il mondo mi crolla addosso a causa di questo controllo, che per me non ha senso! A quell'epoca, allevato all'aperto e adepto dello sport alla stato puro, ero del tutto estraneo alla pratiche dopanti, non ne conoscevo neppure l'esistenza! "Ma in che posto sono venuto?" Mi sono domandato.
In questo stato d'animo non tocco più una bici, ma la controffensiva dei miei sostenitori si sta organizzando. Castorama non mi lascia solo e Guimard e C. Jacques fanno appello a degli endocrinologi, le conclusioni dei quali avvalorano la tesi concepita da F. Legeard al momento di conoscere la notizia. Il mio ex presidente era partito da una constatazione semplice: se ero stato trovato positivo al prologo, perché nei controlli successivi, di cui l'ultimo per la mia vittoria a Roubaix, il nandrolone non c'era? Gli specialisti confermano che è impossibile che le tracce di simile sostanza evaporino in pochi giorni. Questo anabolizzante resta per settimane nell'organismo. Da parte mia mi difendo con il buon senso: ho già un contratto pro, senza alcuna obbligazione di risultati per l'ultimo anno da dilettante, per quale ragione mi sarei dovuto dopare? A metà luglio la commissione ritorna sulla proprie decisioni e posso riprendere a correre. Il sollievo è immenso, ma mi resta il brivido retrospettivo di cosa mi sarebbe successo se avessi ascoltato le raccomandazioni del medico e abbandonata dopo la prima tappa? Semplice, non avrei potuto provare la mia innocenza e quello che resta un mistero (nandrolone nelle urine?) avrebbe prodotto risultati devastanti per tutta la mia carriera.
In questo stato d'animo non tocco più una bici, ma la controffensiva dei miei sostenitori si sta organizzando. Castorama non mi lascia solo e Guimard e C. Jacques fanno appello a degli endocrinologi, le conclusioni dei quali avvalorano la tesi concepita da F. Legeard al momento di conoscere la notizia. Il mio ex presidente era partito da una constatazione semplice: se ero stato trovato positivo al prologo, perché nei controlli successivi, di cui l'ultimo per la mia vittoria a Roubaix, il nandrolone non c'era? Gli specialisti confermano che è impossibile che le tracce di simile sostanza evaporino in pochi giorni. Questo anabolizzante resta per settimane nell'organismo. Da parte mia mi difendo con il buon senso: ho già un contratto pro, senza alcuna obbligazione di risultati per l'ultimo anno da dilettante, per quale ragione mi sarei dovuto dopare? A metà luglio la commissione ritorna sulla proprie decisioni e posso riprendere a correre. Il sollievo è immenso, ma mi resta il brivido retrospettivo di cosa mi sarebbe successo se avessi ascoltato le raccomandazioni del medico e abbandonata dopo la prima tappa? Semplice, non avrei potuto provare la mia innocenza e quello che resta un mistero (nandrolone nelle urine?) avrebbe prodotto risultati devastanti per tutta la mia carriera.
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- Messaggio n°21
Re: Laurent Brochard
Per me questa storia è sempre stata un mistero, saranno stati scambiati i flaconi (pratica abbastanza corrente all'epoca)? D'altra parte so che un corridore controllato quel giorno era il figlio di un commissario di corsa ... ma luce non sarà mai fatta su quest'episodio, che mi fa sta male ancora! Ma comunque in agosto posso correre di nuovo, sodisfatto di essere stato riconosciuto quel che sono e riconoscente verso i miei dirigenti. Cercherò di ottenere il massimo piacere dalle ultime corse amatoriali, prima di tuffarmi nel gran bagno del professionismo. Senza pressione e senza grosse ambizioni, ma cercando di terminare nel miglior modo possibile. E l'ultima corsa a cui partecipo è un circùito vicino a casa mia ove prendo una grande piacere a scombinare gli accordi delle varie "bande". A questo riguardo devo aprire una parentesi. L'anno prima (fine luglio) ero in vacanze a Saint-Lo, dove si teneva una corsa in circùito e partecipo volentieri, anche senza la minima velleità, ma solo per la voglia di "far girare un po' le gambe". La notizia della mia iscrizione provoca rumore fra i partecipanti, perché il criterium è riccamente dotato e attira le ambizioni di parecchia gente. (segue)
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- Messaggio n°22
Re: Laurent Brochard
A quel livello, gli arrangiamenti e alleanze fra i corridori, anche di club diversi, per mettere il catenaccio alla corsa e intascare tutti i premi è frequente: la "mafia" come si chiama in gergo, impone spesso il suo potere, facendo ricorso a tutti i mezzi, compreso l'intimidazione e per certi capi, arraffare tutti i premi in queste corse era questione "di vita o di morte" (nel senso di sopravvivenza in questo mestiere). Io non ho mai voluto mangiare questo pane, a rischio di finire in un fossato, come mi era stato promesso talvolta. A Saint-Lo la mafia mi propose di unirmi a loro, ma la risposta fu negativa e in corsa sarebbero "volati coltelli". Per sfortuna loro sono in una forma eccellente e vado in fuga dall'inizio, anche se uno di loro riesce a prendermi la ruota, senza naturalmente darmi un cambio. All'arrivo del primo traguardo volante il "succhiaruote si sveglia" e passa per primo. Allora capisco che devo liberarmene e, dato che non è il più forte della cricca contro di me, riesco con qualche scatto a farlo "esplodere" e allora ho campo libero e a ogni giro la borsa si ingrossa, alla barba degli inseguitori mafiosi. Vedendo i loro premi andare in fumo i membri delle tre mafie (Bretoni, Parigini e rappresentanti del Sud-Ovest) decidono di accordarsi per riprendermi. Ma tanta pena non serve a niente, perché il vantaggio non smette di crescere e sto quasi per doppiarli, cosa da non fare, perché altrimenti il premio andrebbe al secondo. A due giri dalla fine mi faccio riprendere dal gruppo, tanto ormai ho fatto il pieno di premi e voglio anche vedere la faccia di tutti quelli che si sono impegnati invano. Quel giorno lascio le corse dilettanti con il sorriso alle labbra e ormai so che un altra grande avventura andrà a incominciare.
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- Messaggio n°23
Re: Laurent Brochard
"Brochard? Un futur grand !"
"Se ti posso dare un consiglio: approfitta di ogni occasione per vincere, perché una carriera pro passa presto, molto presto" Queste furono le parole di T. Marie, quando mi accolse alla mia prima stagione (1992). Il corridore normanno era uno specialista dei prologhi e autore della vittoria al Tour al termine della fuga solitaria più lunga. Ho meditato su questo concetto durante tutta la mia carriera: in bici, come nella vita, nulla è mai acquisito e occorre sempre cercare di migliorare e nonostante ciò i nostri destini sono così fragili. Con "la banda di Guimard" mi ritrovo in un altro mondo, anche se Fignon se n'è andato per divergenze totali con il capo, la squadra è composta da corridori di grande talento. L. Leblanc e G. Rué sono i leaders ed entrambi uomini molto ambiziosi, anche se fra i due esistono tensioni sotterranee (nota mia, con Leblanc non potevano non esserci perché era un tipo alla Gimondi: gné, gnè, ma pronto a colpirti alle spalle ) Ma ero giovane e non mi accorgevo della rivalità e vivevo giorno per giorno, felice di far parte di questa bella avventura. L'integrazione avviene in modo conviviale ed è una fortuna che non tutti i giovani pro hanno; infatti so che due miei amici (Garel e Heulot) accasati alla RMO hanno parecchie difficoltà e altre voci mi dicono che nella "Z" si pratica il nonnismo con le matricole.
"Se ti posso dare un consiglio: approfitta di ogni occasione per vincere, perché una carriera pro passa presto, molto presto" Queste furono le parole di T. Marie, quando mi accolse alla mia prima stagione (1992). Il corridore normanno era uno specialista dei prologhi e autore della vittoria al Tour al termine della fuga solitaria più lunga. Ho meditato su questo concetto durante tutta la mia carriera: in bici, come nella vita, nulla è mai acquisito e occorre sempre cercare di migliorare e nonostante ciò i nostri destini sono così fragili. Con "la banda di Guimard" mi ritrovo in un altro mondo, anche se Fignon se n'è andato per divergenze totali con il capo, la squadra è composta da corridori di grande talento. L. Leblanc e G. Rué sono i leaders ed entrambi uomini molto ambiziosi, anche se fra i due esistono tensioni sotterranee (nota mia, con Leblanc non potevano non esserci perché era un tipo alla Gimondi: gné, gnè, ma pronto a colpirti alle spalle ) Ma ero giovane e non mi accorgevo della rivalità e vivevo giorno per giorno, felice di far parte di questa bella avventura. L'integrazione avviene in modo conviviale ed è una fortuna che non tutti i giovani pro hanno; infatti so che due miei amici (Garel e Heulot) accasati alla RMO hanno parecchie difficoltà e altre voci mi dicono che nella "Z" si pratica il nonnismo con le matricole.
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- Messaggio n°24
Re: Laurent Brochard
Più tardi, diventato a mia volta un corridore anziano, mi sono sentito sempre in dovere di accogliere con rispetto e considerazione i neo-pro: passare dal settore amatoriale a l'élite del ciclismo rappresenta un cambiamento radicale e spetta ai più navigati creare le condizioni per facilitare l'ingresso dei nuovi venuti. Per la stagione 1992 Guimard ha deciso che non avrei disputato nessun G.G. lui non ha mai voluto "bruciare le tappe". Guimard, per i campioni che ha diretto, merita grande rispetto ed essere sotto di lui è un onore e sono convinto che mi aiuterà parecchio. Il suo discorso è netto e preciso: "Lavora, fai le cose correttamente, mettiti al servizio della squadra e un giorno tu avrai la tua possibilità". Io penso che la mia "chance" dovrò prenderla quanto prima, come mi ha detto T. Marie, tenterò qualcosa subito. Il battesimo del fuoco avviene alla Ronda dei Pirenei, una corsa per velocisti, dove mi piazzo ottavo, un buon augurio per il giro del Mediterraneo, dove penso di poter far bene. Nella prima tappa sprinto per il GPM con R. Golz. La nostra accelerazione non ha provocato alcuna reazione nel gruppo e allora prendo una decisione che poi quel giorno rimpiangerò. Considerando che l'arrivo e parecchio lontano, mi rialzo, lasciando filare invece il tedesco dell'Ariostea, che quel giorno si impose con più di 22 minuti di vantaggio! Che errore che ho commesso, potevo mettere in carniere la mia prima vittoria da pro e piazzarmi nella classifica finale del Giro, uno sbaglio di cui sono totalmente responsabile, perché allora non c'erano le radioline!
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- Messaggio n°25
Re: Laurent Brochard
Il giorno dopo, fra Istres e Vitrolles, sotto una pioggia notevole non lascio mai le prime posizioni e nel finale riesco ad essere in un gruppetto che sta inseguendo F. Pineau e a 10 Km dall'arrivo siamo in cinque (Olaf Ludwig, Steve Bauer e Stefano Zanatta sono gli altri tre). Il gruppo è vicino e cerco di imprimere un ritmo sostenuto alla fuga e poi, quando siamo su una piccola collina, mi alzo sui pedali e accelero, senza preoccuparmi dei miei compagni. In quei momenti non penso a niente, però riesco a sentire uno spettatore che mi urla: "Vai, tu li hai lasciati" e infatti mi volto e non vedo più Ludwing e Bauer, mentre Zanatta tenta, ma invano, di rilanciare. Se li ho lasciati senza nemmeno pensare di farlo, tanto vale tentare il tutto per tutto e mi getto in discesa "a corpo morto". Vedo la "fiamma rossa" e poi l'arrivo e alzo le braccia parecchio incredulo; in foto sembra che sia arrivato di notte, a causa della pioggia che non era mai cessata. Sul podio realizzo appena la portata della mia prima vittoria: dopo appena otto giorni nella categoria pro, ho saputo staccare dei corridori esperti ed agguerriti e resistito altresì alla muta lanciata al mio inseguimento.