Alfredo Sivocci, nacque a Milano il 4 gennaio 1891 e morì sempre a Milano il 10 luglio 1980. Passista veloce. Professionista dall’ottobre 1909 al 1926, con 18 vittorie.
Maurizio Ricci - Morris
Vissuto spesso all’ombra del fratello Ugo, maggiore di sei anni, prima ciclista di ottime prospettive e poi valente pilota automobilistico, perito tragicamente all’autodromo di Monza, Alfredo Sivocci, ha trovato modo di passare anch’egli alla storia dello sport, sia per le sue vittorie da corridore e sia come direttore sportivo. Un talento non del tutto espresso, forse per eccessiva signorilità, che seppe recitare ottime pagine, nonostante la Prima Guerra Mondiale, che gli tolse anni alla maturazione e la compresenza di un mostro del pedale, come Costante Girardengo. Veloce, anche se non velocissimo, bravo in salita anche se non scalatore di rango e buono sul passo, Sivocci cominciò a correre nel 1908, vincendo come dilettante 9 corse, tra le quali il Campionato Italiano nel 1909. All’indomani del Tricolore, passò professionista, facendo in tempo a correre il Giro di Lombardia che chiuse 57°. Nel 1910, disputò il suo primo Giro d'Italia, ma fu costretto al ritiro nella ultima tappa. Per il resto della stagione colse molti piazzamenti: su tutti il 3° nel Giro dell’Emilia. L’anno successivo, vinse la tappa di Napoli al Giro d’Italia, che chiuse 7°, e continuò ad ottenere diverse piazze di nota. Dopo un grigio 1912, tornò al successo nel ’13, conquistando a Ferrara la Coppa Pasquali. Un nuovo periodo grigio, con minori piazzamenti rispetto al suo trend e poi un grande 1916, dove vinse praticamente tutte le corse di quel periodo di guerra: la Milano-Pavia-Milano, la Albisola-Alassio, la Milano Albissola, il GP Ucam, il Circuito Brianteo e finì 3° nel Giro di Lombardia. Nel ’17, vinse la prova in linea del Giro della Provincia di Milano, ed in coppia con “Tano” Belloni, la frazione a crono. Continuò il suo trend di ottimi piazzamenti, culminati l’anno successivo, col 2° posto nel Giro di Lombardia.
Nel ‘19 la sua annata migliore, con le significative affermazioni nelle prove di grande resistenza: la Gran Fondo, la Torino-Trento-Trieste e la Roma-Napoli-Roma. Nella corsa che festeggiava il XX Settembre, s’aggiudicò entrambe le frazioni: a Napoli in volata, ed a Roma in solitudine, anche se dietro a Lombardi, che però venne declassato, per una deviazione con accorciamento del percorso. Dopo un biennio d’ottimi piazzamenti, fra i quali anche il 7° posto nel Giro d’Italia del ‘21, tornò al successo nel ‘22, quando conquistò la tappa di Pescara al Giro d’Italia, che chiuse 4° e s’aggiudicò il Giro del Veneto e il Giro della Provincia di Milano corso in coppia con Linari. Nel ’23, vinse la tappa di Mantova al Giro d’Italia e fu un successo significativo, poiché ottenuto ai danni del dominatore di quella edizione della “corsa rosa”, Costante Girardengo, capace di vincere 8 delle 10 frazioni del Giro. L’anno successivo il “canto del cigno” di Alfredo Sivocci, ancora al Giro d’Italia, nella tappa di Milano. Chiuse la carriera nel ’26 e salì subito in ammiraglia, divenendo lo storico direttore sportivo dell'Atala e della Lygie dei tempi di Taccone, quindi fino agli anni sessanta. In questo ruolo, la sua grande umanità, lo segnalò come uno dei migliori tecnici nel lanciare i giovani.
L'Atala di Sivocci al Giro d'Italia 1959Nel ‘19 la sua annata migliore, con le significative affermazioni nelle prove di grande resistenza: la Gran Fondo, la Torino-Trento-Trieste e la Roma-Napoli-Roma. Nella corsa che festeggiava il XX Settembre, s’aggiudicò entrambe le frazioni: a Napoli in volata, ed a Roma in solitudine, anche se dietro a Lombardi, che però venne declassato, per una deviazione con accorciamento del percorso. Dopo un biennio d’ottimi piazzamenti, fra i quali anche il 7° posto nel Giro d’Italia del ‘21, tornò al successo nel ‘22, quando conquistò la tappa di Pescara al Giro d’Italia, che chiuse 4° e s’aggiudicò il Giro del Veneto e il Giro della Provincia di Milano corso in coppia con Linari. Nel ’23, vinse la tappa di Mantova al Giro d’Italia e fu un successo significativo, poiché ottenuto ai danni del dominatore di quella edizione della “corsa rosa”, Costante Girardengo, capace di vincere 8 delle 10 frazioni del Giro. L’anno successivo il “canto del cigno” di Alfredo Sivocci, ancora al Giro d’Italia, nella tappa di Milano. Chiuse la carriera nel ’26 e salì subito in ammiraglia, divenendo lo storico direttore sportivo dell'Atala e della Lygie dei tempi di Taccone, quindi fino agli anni sessanta. In questo ruolo, la sua grande umanità, lo segnalò come uno dei migliori tecnici nel lanciare i giovani.
Maurizio Ricci - Morris