....Dal mio libro “Le corse dimenticate” primo volume (2012)
Nato ad Arezzo il 10 dicembre 1878, deceduto a Bergamo il 26 novembre 1949. Velocista e fondista. Professionista dal 1902 al 1906 con una ventina di vittorie su pista e due su strada.
La storia di questo pioniere ha dell’incredibile, sia per gli opposti vittoriosi che ha saputo raggiungere e, soprattutto, perché è forse l’unico atleta al mondo che è morto senza sapere di aver conquistato un Oro Olimpico. Aretino di nascita ma trasferitosi in età adolescenziale con la famiglia a Bergamo, si segnalò come un ottimo velocista, ed iniziò a collezionare successi sui tondini. A vent’anni fece una capatina su strada e vinse la prestigiosa Coppa del Re, che si stava avviando a diventare la classicissima per eccellenza dei dilettanti. Nonostante questo copioso successo, continuò a gareggiare soprattutto su pista e, nel 1899, stabilì il record italiano dell'ora dietro motori con 54,785 km. Nel 1900, dopo essere giunto secondo nei Tricolori della velocità dietro Antonio Restelli, e dopo essersi schierato ai Mondiali della specialità, dove fu eliminato nei quarti, partecipò alle gare Olimpiche di Parigi. La disorganizzazione di quella edizione dei Giochi non ha pari nella storia olimpica, tanto è vero che ancora oggi sussistono dubbi su quali gare fossero valide e credibili per le medaglie e quante solo delle gare dimostrative. Fatto sta che Enrico Brusoni gareggiò sia nella “velocità” che nella “corsa delle volate” come allora si usava chiamare quella che poi verrà istituzionalizzata come “corsa a punti”. Si trattava di una prova su dieci giri della pista che donava un punteggio ai primi tre arrivati ad ogni giro. Fatto sta, che se nella velocità pura Brusoni non superò i quarti di finale, nella “corsa a punti” vinse, e piuttosto nettamente, tra l’altro. Con la convinzione di aver raggiunto la vittoria in una grande corsa dalle tinte olimpiche, Enrico passò il resto della sua vita d’atleta e di uomo, ma non ebbe mai la soddisfazione di vedersi concesso ufficialmente quell’Oro, che arrivò solo un secolo dopo, a cinquant’anni dalla sua morte. Una Medaglia d’Oro che fu la prima conquistata nel ciclismo dagli italiani, e la seconda in termini temporali in ogni sport, dopo quella conquistata da Gian Giorgio Trissino negli sport equestri, sempre a Parigi 1900. Tornato in Italia, Brusoni continuò a gareggiare fra i dilettanti un altro anno, conquistando nel 1901 il Titolo Italiano nella velocità. Passò professionista nel 1902 ottenendo all’esordio e fra lo stupore generale, il successo nella massacrante Gran Fondo, corsa sui 540 chilometri. Non abbandonò la pista, dove proprio nel 1902 finì secondo nei Tricolori della velocità, continuando così ad essere un riferimento luminoso per tutto il movimento italiano sui tondini e divenendo un testimonial, a tratti unico, delle famose ed ineguagliate biciclette “Dei”. Nel 1904 riconquistò il successo nella Gran Fondo, stavolta lunga 603 chilometri. Le due vittorie nella più aspra delle prove italiane su strada, gli diedero ulteriore notorietà, ed…. ancor non si sapeva che era un Campione Olimpico…Corse fino al 1906, senza più cogliere successi su strada, ma restò un faro, nonostante l’arrivo di giovani come Gerbi che facevano impazzire le folle.
Le sue grandi vittorie su strada….
Gran Fondo-La Seicento chilometri
Seconda Edizione 22 giugno 1902
Dopo otto anni la Gran Fondo tornò con un tracciato lungo 540 chilometri, seguente un itinerario che prevedeva la partenza da Rogoredo, quartiere della periferia di Milano, indi Brescia, Verona, Piacenza, Torino ed il ritorno a Milano, con arrivo nei pressi dell’Arena. Partirono alle 10,30, 72 dei 104 iscritti che trovarono una bella e calda giornata resa però difficile nelle fasi iniziali, fino a Brescia per lo stato fangoso delle strade, a causa delle ingenti piogge dei giorni precedenti. La selezione naturale vide un primo colpo di scena a Brescia, quando si ritirò il torinese Toesca, uno dei favoriti, giunto secondo nella prima edizione. Sfortunato e nel contempo eroico il livornese di nascita ma francese d’adozione Rodolfo Muller, che cadde ben tre volte e riuscendo sempre a riportarsi sul gruppo di testa che si assestò a Torino in una decina di unità. Successivamente si staccarono dapprima Bressa, indi Soave. Contrariamente alle previsioni solo nel finale la compattezza degli otto rimasti in testa si ruppe, ma solo per il cedimento, peraltro lieve di Banfi e Fiocchi. I sei rimasti davanti andarono così a giocarsi il prestigioso traguardo in volata e qui emerse compiutamente lo spunto dell’aretino, bergamasco d’adozione, Enrico Brusoni Gustavo Beccaria conquistò la piazza d’onore ed il redivivo Rodolfo Muller completò il podio. Conclusero la prova venti corridori.
Quarta Edizione 17 luglio 1904
Sul medesimo percorso dell’anno precedente, s’avviò da Rogoredo, fra un mare di folla, in una giornata ventosa e caldissima, la quarta Gran Fondo. Dei 94 iscritti, furono allo start in 76. La corsa si mosse regolare e senza sussulti davanti, ma con una grande selezione dietro. A creare scompiglio una caduta che coinvolse una quindicina di corridori, fra i quali Conti, terzo nel 1903. A Melegnano in testa si formò un drappello di 15 corridori, i più attesi. A Ferrara, con 35 concorrenti rimasti in gara, cadde il bresciano Annibale Poli che fu ricoverato per cure, ma non volle saperne di ritirarsi e dopo un paio d’ore, ripartì. A Verona la situazione si stabilizzò, con in testa un gruppetto di sedici unità, ovvero i quindici fuggitivi delle prime ore sui quali s’era riportato con un grandissimo inseguimento l’alessandrino Francesco Faravelli. Gli ultimi ottanta chilometri, col sopraggiungere del maltempo, portarono a compimento la selezione naturale fra i concorrenti, ed alla fine solo i sedici davanti arrivarono alla conclusione, prevista, come l’anno precedente, al Parco Trotter. Qui, a contendersi il successo, emersero i quattro più freschi: Brusoni, Sivocci, l’incredibile Faravelli e Cuniolo. Gli altri, pur giungendo con loro non diedero mai la sensazione di poter ambire al podio. La volata decisiva vide Brusoni partire lungo, rintuzzare facilmente l’acuto di Cuniolo e contenere con molta difficoltà il ritorno di Ugo Sivocci, un giovane che, di lì a poco, abbracciò le corse automobilistiche, nelle quali fu un valentissimo, quanto tragico, pioniere. Faravelli poi, anticipò Cuniolo conquistando il gradino più basso del podio. Per Brusoni fu un bis da straordinario.
Nato ad Arezzo il 10 dicembre 1878, deceduto a Bergamo il 26 novembre 1949. Velocista e fondista. Professionista dal 1902 al 1906 con una ventina di vittorie su pista e due su strada.
La storia di questo pioniere ha dell’incredibile, sia per gli opposti vittoriosi che ha saputo raggiungere e, soprattutto, perché è forse l’unico atleta al mondo che è morto senza sapere di aver conquistato un Oro Olimpico. Aretino di nascita ma trasferitosi in età adolescenziale con la famiglia a Bergamo, si segnalò come un ottimo velocista, ed iniziò a collezionare successi sui tondini. A vent’anni fece una capatina su strada e vinse la prestigiosa Coppa del Re, che si stava avviando a diventare la classicissima per eccellenza dei dilettanti. Nonostante questo copioso successo, continuò a gareggiare soprattutto su pista e, nel 1899, stabilì il record italiano dell'ora dietro motori con 54,785 km. Nel 1900, dopo essere giunto secondo nei Tricolori della velocità dietro Antonio Restelli, e dopo essersi schierato ai Mondiali della specialità, dove fu eliminato nei quarti, partecipò alle gare Olimpiche di Parigi. La disorganizzazione di quella edizione dei Giochi non ha pari nella storia olimpica, tanto è vero che ancora oggi sussistono dubbi su quali gare fossero valide e credibili per le medaglie e quante solo delle gare dimostrative. Fatto sta che Enrico Brusoni gareggiò sia nella “velocità” che nella “corsa delle volate” come allora si usava chiamare quella che poi verrà istituzionalizzata come “corsa a punti”. Si trattava di una prova su dieci giri della pista che donava un punteggio ai primi tre arrivati ad ogni giro. Fatto sta, che se nella velocità pura Brusoni non superò i quarti di finale, nella “corsa a punti” vinse, e piuttosto nettamente, tra l’altro. Con la convinzione di aver raggiunto la vittoria in una grande corsa dalle tinte olimpiche, Enrico passò il resto della sua vita d’atleta e di uomo, ma non ebbe mai la soddisfazione di vedersi concesso ufficialmente quell’Oro, che arrivò solo un secolo dopo, a cinquant’anni dalla sua morte. Una Medaglia d’Oro che fu la prima conquistata nel ciclismo dagli italiani, e la seconda in termini temporali in ogni sport, dopo quella conquistata da Gian Giorgio Trissino negli sport equestri, sempre a Parigi 1900. Tornato in Italia, Brusoni continuò a gareggiare fra i dilettanti un altro anno, conquistando nel 1901 il Titolo Italiano nella velocità. Passò professionista nel 1902 ottenendo all’esordio e fra lo stupore generale, il successo nella massacrante Gran Fondo, corsa sui 540 chilometri. Non abbandonò la pista, dove proprio nel 1902 finì secondo nei Tricolori della velocità, continuando così ad essere un riferimento luminoso per tutto il movimento italiano sui tondini e divenendo un testimonial, a tratti unico, delle famose ed ineguagliate biciclette “Dei”. Nel 1904 riconquistò il successo nella Gran Fondo, stavolta lunga 603 chilometri. Le due vittorie nella più aspra delle prove italiane su strada, gli diedero ulteriore notorietà, ed…. ancor non si sapeva che era un Campione Olimpico…Corse fino al 1906, senza più cogliere successi su strada, ma restò un faro, nonostante l’arrivo di giovani come Gerbi che facevano impazzire le folle.
Le sue grandi vittorie su strada….
Gran Fondo-La Seicento chilometri
Seconda Edizione 22 giugno 1902
Dopo otto anni la Gran Fondo tornò con un tracciato lungo 540 chilometri, seguente un itinerario che prevedeva la partenza da Rogoredo, quartiere della periferia di Milano, indi Brescia, Verona, Piacenza, Torino ed il ritorno a Milano, con arrivo nei pressi dell’Arena. Partirono alle 10,30, 72 dei 104 iscritti che trovarono una bella e calda giornata resa però difficile nelle fasi iniziali, fino a Brescia per lo stato fangoso delle strade, a causa delle ingenti piogge dei giorni precedenti. La selezione naturale vide un primo colpo di scena a Brescia, quando si ritirò il torinese Toesca, uno dei favoriti, giunto secondo nella prima edizione. Sfortunato e nel contempo eroico il livornese di nascita ma francese d’adozione Rodolfo Muller, che cadde ben tre volte e riuscendo sempre a riportarsi sul gruppo di testa che si assestò a Torino in una decina di unità. Successivamente si staccarono dapprima Bressa, indi Soave. Contrariamente alle previsioni solo nel finale la compattezza degli otto rimasti in testa si ruppe, ma solo per il cedimento, peraltro lieve di Banfi e Fiocchi. I sei rimasti davanti andarono così a giocarsi il prestigioso traguardo in volata e qui emerse compiutamente lo spunto dell’aretino, bergamasco d’adozione, Enrico Brusoni Gustavo Beccaria conquistò la piazza d’onore ed il redivivo Rodolfo Muller completò il podio. Conclusero la prova venti corridori.
Quarta Edizione 17 luglio 1904
Sul medesimo percorso dell’anno precedente, s’avviò da Rogoredo, fra un mare di folla, in una giornata ventosa e caldissima, la quarta Gran Fondo. Dei 94 iscritti, furono allo start in 76. La corsa si mosse regolare e senza sussulti davanti, ma con una grande selezione dietro. A creare scompiglio una caduta che coinvolse una quindicina di corridori, fra i quali Conti, terzo nel 1903. A Melegnano in testa si formò un drappello di 15 corridori, i più attesi. A Ferrara, con 35 concorrenti rimasti in gara, cadde il bresciano Annibale Poli che fu ricoverato per cure, ma non volle saperne di ritirarsi e dopo un paio d’ore, ripartì. A Verona la situazione si stabilizzò, con in testa un gruppetto di sedici unità, ovvero i quindici fuggitivi delle prime ore sui quali s’era riportato con un grandissimo inseguimento l’alessandrino Francesco Faravelli. Gli ultimi ottanta chilometri, col sopraggiungere del maltempo, portarono a compimento la selezione naturale fra i concorrenti, ed alla fine solo i sedici davanti arrivarono alla conclusione, prevista, come l’anno precedente, al Parco Trotter. Qui, a contendersi il successo, emersero i quattro più freschi: Brusoni, Sivocci, l’incredibile Faravelli e Cuniolo. Gli altri, pur giungendo con loro non diedero mai la sensazione di poter ambire al podio. La volata decisiva vide Brusoni partire lungo, rintuzzare facilmente l’acuto di Cuniolo e contenere con molta difficoltà il ritorno di Ugo Sivocci, un giovane che, di lì a poco, abbracciò le corse automobilistiche, nelle quali fu un valentissimo, quanto tragico, pioniere. Faravelli poi, anticipò Cuniolo conquistando il gradino più basso del podio. Per Brusoni fu un bis da straordinario.