E' da sempre che dico/scrivo che Mancuso è *eretico* ed è lontano
mille miglia dalla confessione di fede cattolica. Quanto alla prospettiva di
un'etica generale, non potrà mai esistere, ma nel caso impossibile, un buon
punto di partenza sarebbe fare l'esatto contrario di quel che predicano i
cattolici *veri* (ammesso che poi esistano anche in concreto).
Il patto mancato tra amore sacro e amor profanoNel suo nuovo saggio Vito Mancuso analizza l'emozione umana più forte e
svela i limiti della morale sessuale cattolica
La prima elementare critica che occorre muovere alla morale sessuale
cattolica è che semplicemente non funziona, come dimostra il fatto che la
gran parte dei cattolici la disattende. L'etica autentica nasce dalla
concretezza della vita e torna alla concretezza della vita. L'attuale etica
sessuale ecclesiastica invece si rivela astratta, scolastica, libresca, non
nasce dalla vita ma dal desiderio di conformità alle decisioni magisteriali
del passato. In questa prospettiva per la morale sessuale ecclesiastica il
ruolo decisivo spetta al concetto di lex naturalis, nella convinzione che
obbedire alla natura e ai suoi cicli equivalga a obbedire a Dio. La natura è
assunta come criterio di legislazione etica, natura come legge, da cui
procede una legge ritenuta naturale..
Le cose però non stanno così. Oltre al logos la natura conosce anche il
caos, e per questo essa non è la longa manus di Dio, e obbedire alla natura
non equivale necessariamente a obbedire a Dio. Chi ritiene il contrario deve
essere coerente e istituire la diretta connessione Dio-natura non solo per
le manifestazioni naturali benigne, ma anche per quelle maligne, le malattie
e le sciagure naturali. La lettura astratta e ideologica della natura ha
condotto a un duplice risultato: da un lato alla trasformazione della morale
in moralismo; dall'altro alla perdita di contatto con la coscienza
contemporanea per la quale il concetto di legge naturale risulta del tutto
vuoto.
Conosce solo la biologia. Il fatto di concepire la natura come governata
direttamente da Dio e quindi tale da assumere valore di lex naturalis ha
condotto la morale ecclesiastica ad assegnare un primato indiscusso alla
biologia e ai suoi ritmi, a scapito della coscienza e della sua
spiritualità. Ne è scaturita una morale sessuale contrassegnata da una
visione biologistica della sessualità, intendendo con ciò la riconduzione
del sesso pressoché solo alla procreazione. Il primato della funzione
biologica procreativa ha avuto nei secoli anche un altro effetto negativo:
quello di concepire la donna quasi esclusivamente in funzione della
generazione dei figli.
Non conosce bene la biologia. La morale sessuale ecclesiastica parla così
tanto di natura e di natura umana, ma in realtà, a causa della sua
astrattezza e del suo dogmatismo, mostra di non conoscere adeguatamente la
natura umana, in particolare la natura femminile. Stante l'assunto dell'inscindibilità
tra amplesso e procreazione, essa propone ai coniugi che intendono evitare
una gravidanza di ricorrere ai periodi infecondi per fare l'amore e di
astenersi nei periodi fecondi, ma viene a rappresentare in questo modo una
potente quanto nociva mortificazione dell'istinto naturale. Infatti il
periodo in cui nella donna è più forte il desiderio di rapporti sessuali è
proprio quello dell'ovulazione, nel pieno del periodo fertile quando la
donna risulta più disposta e più disponibile, più attratta e più attraente.
Gli specialisti spiegano che ciò avviene perché nei giorni fertili gli
ormoni sessuali femminili risultano più concentrati. Quasi tutte le persone,
cattolici compresi, naturalmente si guardano bene dal prendere in
considerazione tali precetti elaborati da una morale di uomini celibi, e in-
fatti secondo la rivista scientifica «Human Reproduction» della Oxford
University Press durante l'ovulazione la frequenza dell'attività sessuale
risulta aumentata del 24%.
Ignora il primato della coscienza. Occorre chiedersi che cosa sia più umano:
la libertà che comprende, vuole e decide, oppure la sottomissione a una
necessità biologica che impone se stessa quale criterio dell'agire e del
non-agire? Io credo che la dignità della persona umana consista nell'uso
libero e responsabile della propria intelligenza e della propria volontà. Io
credo che la vera natura della persona umana non sia espressa dal ritmo del
ciclo biologico, ma dall'intelligenza e dalla volontà responsabili. Io
credo, in altri termini, nel primato della coscienza. E dicendo questo, non
faccio che esprimere il senso più profondo della tradizione
giudaico-cristiana.
Non rispetta il dato biblico. Con ciò non intendo ovviamente le
considerazioni spesso arretrate sulla donna e sulla vita sessuale contenute
nei vari libri biblici. Intendo piuttosto la logica complessiva del
messaggio biblico, ovvero la sua dinamica evolutiva. All'interno della
Bibbia infatti si ritrovano affermazioni a favore della poligamia e altre a
favore della monogamia, e così è per la dissolubilità e l'indissolubilità
del matrimonio, la fecondità e la verginità, l'inferiorità e la parità della
donna, la svalutazione e l'esaltazione del corpo. Tutto ciò costituisce un
preciso insegnamento sulla imprescindibilità del contesto storico. Ma c'è un'altra
importante considerazione. Nel libro biblico interamente dedicato all'amore
erotico, il Cantico dei cantici, nel quale la sessualità costituisce il
centro specifico del messaggio. Non vi è neppure un minimo accenno alla
funzione riproduttiva della sessualità e l'amore erotico non ha altra
giustificazione che non se stesso, in quanto manifestazione della più
generale fioritura dell'essere.
Conclusione. La morale sessuale della Chiesa cattolica vorrebbe essere
fondata sull'oggettività di una presunta legge naturale su cui il soggetto
dovrebbe normare la propria particolare situazione. Alla prova dei fatti
però essa risulta un peso troppo gravoso da portare: lo è a livello pratico,
per l'impossibilità di attuarla con efficacia e con coerenza; e lo è a
livello intellettuale, per il massiccio ricorso a ciò che Rahner chiamava
«cattiva argomentazione in teologia morale». Occorre intraprendere un
profondo percorso di rinnovamento in materia di etica sessuale, analogo a
quello compiuto nell'ambito della morale sociale dove la Chiesa è passata
dal ragionare sulla base di un astratto criterio oggettivo (i diritti della
verità) a un più concreto criterio soggettivo (i diritti della persona),
cambio di prospettiva che l'ha condotta dall'Inquisizione al rispetto della
libertà religiosa della coscienza. Il medesimo criterio applicato nell'ambito
dell'etica sessuale porterebbe la Chiesa cattolica alle seguenti necessarie
aperture: sì alla contraccezione; sì ai rapporti prematrimoniali; sì al
riconoscimento delle coppie omosessuali. Qualcuno a questo punto si chiederà
se si possa ancora parlare di etica cattolica. E io rispondo che in realtà
non esiste una specifica etica cattolica, l'etica è la scienza teorica e
pratica del bene, e il bene, per definizione, è universale. Ne consegue che
non si tratta di preoccuparsi di salvaguardare lo specifico dell'etica
cattolica, si tratta di voler pensare in prospettiva universale, cioè
veramente cattolica, aggettivo che com'è noto significa proprio universale
(dal greco katholikós formato dalla preposizione katà, «verso», e dall'aggettivo
hólos, «tutt'intero»).
Vito Mancuso, la Repubblica 18 settembre 2014