Certo, ma temo che la querela ad una trasmissione Mediaset possa divenire un boomerang. Mi vorrei sbagliare, ma ho sinistre sensazioni.
Non anticipo nulla della mia analisi prima di avere riportato fedelmente il testo.
Il comunicato diramato dall'Accpi è il seguente:
Di Luca, Gasparre e Le Iene: parte la denuncia dei corridori
maggio 2, 2016 giulia de maio NEWS
L’Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani ha deciso di procedere legalmente nei confronti di Danilo Di Luca, Graziano Gasparre e le “Iene” Michelangelo, Gianluca Paloschi e Alessandro De Giuseppe per i servizi andati in onda sul tema del doping nel ciclismo nelle puntate del 28 aprile e del 1° maggio.
I due ex atleti, con precedenti noti alla giustizia, hanno diffamato la professione dei corridori in attività arrecando loro un gravissimo danno d’immagine. I due ex pro’ hanno infatti mosso accuse generalizzate alla categoria dei ciclisti, che sono state trasmesse dal popolare programma di Italia 1 Le Iene, senza alcuna verifica della loro fondatezza.
I corridori italiani non accettano di essere insultati da ex colleghi che già con la loro condotta ai tempi in cui gareggiavano hanno infangato il nome del ciclismo. Dispiace e addolora vedere che a pochi giorni dall’avvio del Giro d’Italia altro fango è stato gettato sul mondo delle due ruote, anche se da soggetti privi di ogni credibilità. Nessuno può smentire i grandi sforzi profusi dal ciclismo in questi anni che hanno consentito peraltro di mettere in luce i gravi comportamenti posti in essere da soggetti quali, ad esempio, lo stesso Danilo Di Luca, squalificato a vita per recidiva.
Il gruppo non intende in alcun modo accettare che il comportamento spregiudicato e la ricerca spasmodica di popolarità di rari elementi danneggino, con il contributo consapevole di una trasmissione televisiva, l’immagine dell’intero movimento. Per questo l’Assocorridori italiana affidandosi all’avvocato Federico Maria Scaglia di Milano nella giornata di oggi si muoverà legalmente nei confronti di Di Luca, Gasparre e della trasmissione suddetta in merito alle affermazioni diffamatorie pronunciate.Stasera mi sono sentito con un amico "legale" perchè all'interno del comunicato c'è uno strafalcione che potrebbe dare occasione sia a Gasparre che soprattutto a Di Luca di controquerelare pesantemente l'Accpi ove afferma con preoccupante leggerezza una castroneria colossale:
"I due ex atleti, con precedenti noti alla giustizia ..."Orbene, in questo passo l'Accpi denuncia una diffamazione compiendone un'altra lei stessa, perché i due non hanno precedenti con la giustizia!
Paradossale che nessuno abbia rilevato l'assenza della parola "sportiva", ovvero "giustizia sportiva".
Anche il passaggio in cui si descrive il fango gettato sulla categoria "anche se da soggetti privi di ogni credibilità" mostra note di merito che andrebbero distinte fra la perdita di credibilità sportiva e quella in senso assoluto di due comuni cittadini. Come i due non avrebbero diritto di affermare che il
ciclismo non è credibile, allo stesso modo una controparte non deve passare al rilancio.
Personalmente avrei inciso molto più sulle parti deboli del messaggio prodotto senza attaccare i due soggetti e men che meno gli autori della trasmissione, ovvero focalizzandosi sul merito, perché il
ciclismo sebbene migliorato come vuole affermare l'Accpi non è strutturalmente e mediaticamente ancore forte per potere controbattere di solo orgoglio, soprattutto se la base del discorso è la solita "pretesa pulizia" che poi finisce per essere ridicolizzata anche dal singolo successivo caso. Semplici sfumature di diversa strategia sono le mie.
E come strategia ritengo il seguente il peggiore errore di comunicazione:
Il gruppo non intende in alcun modo accettare che il comportamento spregiudicato e la ricerca spasmodica di popolarità di rari elementi danneggino, con il contributo consapevole di una trasmissione televisiva.Con questa affermazione (anche se la miratezza esplicita sul Giro è palese) si finisce con l'accusare esplicitamente una trasmissione di aver confezionato una operazione diffamatoria. Si può pensare una cosa del genere, ma scriverla esplicitamente è un suicidio, vuol dire sollecitare una reazione cattiva da parte del media accusato.
Il
ciclismo non ha le spalle ancora forti per reggere un confronto impari come mettersi contro Mediaset. Peraltro la speranza di verità su Campiglio e Pantani, sposata dalla redazione sportiva di Mediaset e da Italia1 in particolare, è già orientata criticamente sulla volontà di indagare il sistema che sovrintende al
ciclismo. Esacerbare i conflitti porterebbe solo ad ulteriore e mortificante fango. Per questo penso che sia preferibile una chiara e coraggiosa scelta di trasparenza a testa alta.
Personalmente avrei preferito propendere per un dialogo serrato, a muso duro con la trasmissione, magari con la possibilità di concordare con Le Iene un servizio sulla condizione di vita di un ciclista e sulla limitazione alla vita privata che questa professione comporta a seguito dei vincolanti controlli.
Il
ciclismo ha bisogno di uscire dalla gabbia in cui si è cacciato, ha bisogno di mostrasi al pubblico, di abbattere i muri del luogo comune, non di trincerarsi dietro una stizzita querela che poi non porterà a nulla come tutti sappiamo, perché in fondo in quei servizi non ci sono gli estremi per quella che la giurisprudenza ordinaria considera diffamazione, soprattutto per quanto riguarda la trasmissione che ha un impianto informativo e quindi potrà fare tesoro del passato anche prossimo e magari venturo del povero
ciclismo per affrancarsi in scioltezza da ogni accusa.
Se questo invece serviva per dare orgoglio ad una categoria vessata, va benissimo, ma attendersi qualcosa di concreto da una querela nel Paese delle 5 milioni di cause penali è puramente velleitario e, semmai si giungesse ad un esito processuale, quel giorno gli attuali corridori avranno già tutti smesso la loro attività.
Ancora una volta temo che si sia persa una occasione per rompere l'accerchiamento con intelligente lungimiranza e che invece si stia prestando il fianco per un ulteriore bagno di sangue trincerandosi dietro garanzie urlate che all'esterno vengono percepite dal comune cittadino come ulteriore ipocrisia.
Non ho belle sensazioni sull'aria attorno a questo giro, anche perché Rcs è in questa fase una nave in balìa del vento in attesa di un capitano e di una direzione da prendere. Il Giro poi è ancor più debole perché subisce anche gli attacchi interni del suo house organ di colore rosa, che al doping nel
ciclismo dedica sempre tre volte lo spazio che dedica al
ciclismo stesso.
In un contesto così debole valeva proprio la pena gettarsi in una crociata?
Speriamo bene.