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    Eddy Merckx: 70 anni per il più forte atleta di sempre.

    Morris l'originale
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    Vuelta al País Vasco
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    Eddy Merckx: 70 anni per il più forte atleta di sempre. Empty Eddy Merckx: 70 anni per il più forte atleta di sempre.

    Messaggio Da Morris l'originale Mer Giu 17, 2015 2:09 pm

    Oggi il più forte ciclista della storia, per me il più grande di ogni sport di tutti i tempi, compie 70 anni. Di Eddy Merckx ho scritto tantissimo, soprattutto dei nostri colloqui lunghi due giorni, in quel di Bilbao, a fine ottobre 2000. Per onorare la ricorrenza, in particolare per i più giovani, posterò il semi-ritratto che scrissi in occasione del trentennale del ritiro di Eddy dal ciclismo agonistico. Un testo che assume un significato peculiare, perché lì c’è l’anima del sottoscritto giovane, dell'innamorato del pedale che oggi, e da anni ormai, non c’è più. C’è il Merckx idolo giovanile, che non uccide gli altri artisti dello sport, ma ne arricchisce, con fare unico, il romanzo, la leggenda, o meglio ancora, l’impianto culturale del sottoscritto, da studente lavoratore ad operatore, indi dirigente e narratore di sport.
    Eddy Merckx, a 38 anni da un punto che mai ci sarà….
    Eddy Merckx: 70 anni per il più forte atleta di sempre. Merckx10

    Lo ricordo oggi perché ieri e l’altro ieri mi è mancato il tempo. Lo vorrei fare come merita, ma le lancette mi sono ancora tiranne. Lo farò così in maniera anomala, nella consapevolezza che ogni giorno che verrà sarà sempre prodigo, se insisterà a monte il potere della riflessione, per capire quanto l’ammirazione e il tifo per le gesta di quest’uomo, si possano sublimare in una incancellabile base di grandiosità.
    Chi lo conosceva bene, lo dava per scontato, chi, come me, cresciuto sui percorsi dei suoi successi e di quelle essenze che rasentavano la perfezione agonistica, non si dava pace: era un primo segno del tempo che passava inesorabile, anche per un giovane che si avviava ai ventitré anni. Il 18 maggio 1978, Eddy Merckx, non potendo più essere il simbolo concreto e tridimensionale della corsa in testa, del dominio, dell’impronta sulle proiezioni, metteva fine alla sua carriera, per entrare imperioso ed imperiale nell’olimpo ristrettissimo dei leggendari dello sport.
    Quel giorno era un giovedì, conobbi la notizia attraverso la radio, mentre in automobile tornavo a casa dopo otto ore di fabbrica, già frastornato al pensiero di dovermi sobbarcare la lettura di quella “palla” di Talcott Parsons, per un esame di Sociologia che avrei dovuto sostenere il lunedì seguente. La vita dello studente universitario e dell’operaio era sostenibile, bastava solo concepire gli studi con la convinzione dell’arricchimento che viene della lettura, senza la pretesa, sempre cefala, del trenta e/o della lode a tutti i costi, e senza snaturare o uccidere se stessi scansando le passioni, nonché quella voglia di vivere la gioventù, che non è solo la comunque basilare componente dettata dalla mente e dal corpo di una bella donna. Vivevo così, ero nel mio massimo fisico e intellettuale, un leader senza saperlo, ed anche se dopo, giunsi a quei successi per lunghi tratti proporzionali ai chili in crescita costante, mai mi sono sentito sazio e vivo come allora.
    Vissi, come detto, l’abbandono di Eddy come una rasoiata in faccia, nonostante avessi per settimane e mesi preparato me stesso a quella possibilità. La mia reazione si dipanò per giorni sul filo conduttore della ricerca di emozioni con lo scopo di attenuare il dolore di quella ferita, senza dimenticare gli appuntamenti ed il convivio. Sostenni l’esame senza riaprire quel libraccio, mi lanciai su albe, dì e sere d’amore fisico, con le ragazze con le quali insisteva il reciproco richiamo a darsi senza abbracciare l’ipocrisia di chiamare amore quegli amplessi. Certo, anche con colei che veniva definita fidanzata, per accontentare senza vivere l’imbarazzo ed il fastidio dei sempre presenti (puntualmente evasi) bacchettoni sermoni dell’anima cattolica di mia madre.
    Ripassai i fotogrammi della carriera di Merckx: quegli scatti, quelle progressioni, quella determinazione, che erano parte fondamentale della mia crescita sportiva. Sì, proprio quella pazzia che mi aveva aiutato a capire anche le volèe ed il rovescio di Ken Rosewall, gli acuti di Tommie Smith, lo scivolamento sull’acqua del crawl di Don Schollander, il dorso di Roland Matthes, il coraggio e l’abilità al volante di Jim Clark, il supremo equilibrio e la sensibilità sul mezzo di Mike Hailwood. Tutti grandi, tutti artisti per me che avevo visto e concepito fin da piccino lo sport, come una forma espressiva evidente, passionale, persino più profonda ed onesta delle altre. Insomma, una cosa seria per la mia vita, perlomeno sufficiente a parare i colpi, sempre presenti, di un resto su cui l’errare ed il dispregio delle azioni umane, si confondevano con le polveri dell’ipocrisia, nell’illusione di non illudere, o di cambiare l’ordine convenzionale dei colori. Lo sport era il mio pane, il deterrente quotidiano ad un crepuscolarismo crescente che viveva nella politica un lumicino di speranza ulteriore.
    Eddy, nel mio piccolo universo, s’era dunque eletto a faro, anche nella contemporanea crescita di un’altra figura icona del mio vagare interessato su queste espressività, come Gilles Villeneuve. Per quest’ultimo, quattro anni dopo, nella tragedia di un mito che imprimeva sugli orizzonti come nessuno la poetica del rischio, piansi copiosamente. Non fu così per Merckx: in fondo per quanto a lui legato, il suo abbandono era nelle cose e, di mezzo, non c’era una vita perduta. Restava l’amarezza, la rabbia del tempo che scorreva, il punto di un supremo che si doveva sciogliere per abbracciare il ricordo e fu proprio col ritiro di Eddy che capii, quanto fosse importante, anche per me, dare spago al visto attraverso la bicicletta del racconto.
    Oggi, a 30 anni di distanza, mi sento di dire che son stato coerente con quella genesi e mi posso lasciare andare al ringraziamento per aver visto e vissuto il massimo e l’impareggiabile dell’universo del ciclismo: la perfezione agonistica e tecnica di Eddy Merckx e la poesia di Marco Pantani.
    Niente è stato come loro.
    Due poli insuperabili ed ineguagliabili che non oscurano o azzerano le qualità e grandiosità degli altri, di cui ho pure scritto e mi sono esaltato. Ma quei due erano diversi, unici, anche considerando il pingue mazzo di corridori inespressi potenzialmente da leggenda, che molti, soprattutto giornalisti, ignorano, oppure omettono.
    Due supremi, punto.
    Eddy Merckx: 70 anni per il più forte atleta di sempre. Merckx11

    Ma due giorni fa, era l’anniversario dell’abbandono del belga, ed è a lui che mi voglio riferire.
    Fra le tante discipline sportive che ho seguito e che ancora mi emozionano, un atleta come Eddy Merckx non l’ho mai visto. Più volte mi sono chiesto da dove partire in un confronto interdisciplinare e ad ogni scelta, il finale dava sempre lo stesso risultato: Merckx non è stato solo il ciclista più forte di tutti i tempi, ma il più forte d’ogni sport. Anche qui si levano i metri soggettivi, ma i numeri di questo atleta e le morfologie stesse del ciclismo, non possono tradire: non c’è niente di simile o di paragonabile. Quanto basta per dire che se non fosse stato corridore, anche in altre discipline, magari in maniera meno evidente sarebbe stato protagonista. E le premesse, scomodando la leggenda, nell’adolescenza di Eddy c’erano tutte. Era imbattibile nel podismo, abile nel tennistavolo, fortissimo nel calcio, perlomeno quando la poca volontà di ragionare di squadra riusciva a determinarne la calzatura di scarpe bullonate. Provò per scherzo la boxe, quanto basta per salire sul ring e vincere, in Belgio, l’equivalente italiano di un titolo novizi, o cadetti come oggi si chiamano. Insomma le stimmate c’erano e pure la sua faccia da cinesino, per i neri e fittissimi capelli sempre tenuti cortissimi ad ornamento di una bocca che esprimeva la smorfia della grinta, aiutavano a caratterizzarne un distinguo agonistico superiore, da predestinato. Poi, l’incontro con la bicicletta, per vincere chiaramente, ma anche seguire più da vicino colei che il ciclismo dovrebbe ringraziare per essere stata decisiva nella permanenza sulla disciplina di un simile fuoriclasse: Claudine Acou. Certo, perché la ragazzina era la figlia di Lucien, un buon corridore dei primi anni del dopoguerra, più bravo su pista che su strada, giunto all’epoca del Merckx ragazzino, al ruolo di Commissario Tecnico della Nazionale belga dei dilettanti. Farsi vedere o interessare Acou, significava per Eddy incontrare più da vicino colei che poi diverrà la sua moglie e la madre dei suoi figli, eletta a quel tempo, come traguardo perlomeno pari a quelli che via via il futuro enorme campione macinava ad ogni spinta di pedali. Diciamolo pure: grazie Claudine!
     
    Ricordo quando gli dissi dei meriti grandiosi che andavano alla moglie: lui mi guardò con gli occhi che brillavano, ed il suo faccione s’allargò in un sorriso che non dimenticherò mai. Poi, aggiunse quel “sì”, che per me, proveniente da anni di studi, osservazioni e ammirazione sul suo pianeta, significava una laurea. Quando aggiunsi che stimavo suo figlio Axel, come uno degli sportivi più significativi del presente, per quella dignità con la quale svolgeva la professione del corridore, sottoponendosi ogni giorno ad abissali ed impietosi confronti con l’inimitabile padre, il brillio degli occhi di Eddy, lasciò posto a quella patina lucida che anticipa sempre le lacrime.
    Sì, il “cannibale sportivo”, che la superficialità dei giudizi tinti pure dei per me stupefacenti idiotismi del nazionalismo, aveva eletto tale, è un uomo buono, cordiale, generoso; un uomo che non dimentica i valori su cui ha fondato il suo segmento di vita, nonché quei compagni che lo hanno aiutato, i gregari nel gergo ciclistico, con gli atti di un distinguo solidale che sarebbe impossibile per egoismo e valenza umana, a taluni suoi avversari, superficialmente coperti di giudizi positivi da una sempre grossa fetta di quell’osservatorio capace di diventare, specie se italiano, insipiente popolino.
    Sì, Eddy Merckx, fuoriclasse lo è stato e lo è anche fuori dalla bicicletta: molti lo sanno, ma l’odio sportivo fa ancora novanta, al punto che in troppi non lo vogliono ammettere. L’Italia, strano e per nulla “Bel Paese”, anche qui, si distingue in negativo.
    Eddy Merckx: 70 anni per il più forte atleta di sempre. Merckx13
    La sintesi estrema dei suoi numeri (non citando corse che renderebbero fulgida una carriera).
     
    Su strada ha corso in totale 1793 corse, vincendone 525 (426 da professionista).
     
    Ruolino anno per anno:
    1961 (Allievo) – 7 corse 1 vittoria
    1962 (Allievo) – 55 corse 23 vittorie compreso il Campionato Belga per Allievi.
    1963 (Dilettante) – 72 corse 28 vittorie
    1964 (Dilettante) – 72 corse 24 vittorie compreso il Campionato Mondiale a Sallanches (Fra)
    1965 (Dilettante) – 5 corse 4 vittorie
     
    1965 (Professionista) – 69 corse 9 vittorie
    1966 – 95 corse 20 vittorie
    1967 – 113 corse 26 vittorie
    1968 – 129 corse 32 vittorie
    1969 – 129 corse 43 vittorie
    1970 – 138 corse 52 vittorie
    1971 – 120 corse 54 vittorie
    1972 – 127 corse 50 vittorie
    1973 – 136 corse 51 vittorie
    1974 – 140 corse 38 vittorie
    1975 – 151 corse 38 vittorie
    1976 – 111 corse 15 vittorie
    1977 – 119 corse 17 vittorie
    1978 – 5 corse 0 vittorie
     
    Nel suo palmares ci sono relativamente alle corse in linea: quattro Titoli Mondiali (tre da professionista nel '67, '71, '74; ed uno fra i dilettanti nel ’64), un Titolo Nazionale (’70); sette Milano-Sanremo su dieci disputate (’66, ’67, ’69, ’71, ’72, ’75, ’76), cinque Liegi-Bastogne-Liegi (’69, ’71, ’72, ’73, ’75), tre Parigi-Roubaix '68, '70, '73; due Giri delle Fiandre (’69, ’75); due Giri di Lombardia ’71, ’72); tre Freccia Vallone (‘67, ’70, ’72); tre Gand-Wevelgem (‘67, ’70, ’72); due Amstel Gold Race (’73, ’75), una Parigi Bruxelles (’73), un G.P. di Francoforte (’71); due Het Volk (’71, ’73).
     
    Nelle corse a tappe: cinque Giri d'Italia (’68, ’70, ’72, ’73, ’74); cinque Tour de France (’69, ’70, ’71, ‘72, ’74); una Vuelta (’73); un Giro di Svizzera (’74); tre Parigi Nizza (’69, ’70, ’71); quattro Giri di Sardegna (‘68, ’71, ’73, ’75).
     
    Zoomando, limitatamente al professionismo: 32 classiche, 14 giri nazionali, 18 corse a tappe, 82 tappe in linea, 51 a cronometro, 10 prove a cronometro, 33 prove in salita, 164 fra criterium, circuiti, kermesse.
    Eddy Merckx: 70 anni per il più forte atleta di sempre. Merckx14 
     
    Su pista da dilettante e professionista ha corso 143 manifestazioni vincendone 98.
     
    Il record dell'ora con km 49,431 stabilito a Città del Messico il 25 ottobre 1972 unitamente a quelli dei 10 e 20 chilometri, sono da considerarsi i più prestigiosi titoli sui velodromi, ma non si devono dimenticare altre performance di grande valore. Esattamente:
    17 Sei Giorni (16 con Patrick Sercu ed una con Ferdinand Bracke)
    1 Campionato Europeo dell’Omnium nel 1975
    1 Campionato Europeo dell’Americana (con Patrick Sercu) nel 1978
    3 Campionati Nazionali nell’Americana (con Patrick Sercu) fra i dilettanti (’63-’64, ’65).
    5 Campionati Nazionali nell’Americana (con Patrick Sercu) fra i prof. (’66-’67, ’73, ’75, ‘76). 


    Ha praticato anche il ciclocross, correndo 3 manifestazioni e vincendone 2




    Maurizio Ricci detto "Morris"
     
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    Eddy Merckx: 70 anni per il più forte atleta di sempre. Empty Merckx, un grande campione, un pò sopravvalutato.

    Messaggio Da angelobalzano Mar Giu 23, 2015 1:29 pm

    Molti ritengono che Merckx sia stato  il ciclista più forte di tutti perché  ha vinto più di ogni altro, in quanto  esercitò un’egemonia schiacciante nel periodo in cui  gareggiava. Ma nello sport vi sono numerosi casi di campioni che hanno vinto ben più di altri pur essendo meno valenti  e capaci di questi ultimi. Bisogna accertare in quale periodo il campione gareggi, quale sia la frequenza delle  gare in quel periodo  e contro quali avversari. Un campione che domini in un periodo potrebbe essere uno dei tanti in un altro.
    Poiché anche Fausto Coppi dominò il periodo in cui egli corse,  molti confrontano lui a Merckx e Goddet, storico organizzatore del Tour de France, quando confrontava i due grandi campioni  osservò  che , siccome Coppi gareggiò durante il periodo eroico del ciclismo (anni quaranta e cinquanta)  con biciclette molto pesanti  e strade devastate dai bombardamenti di qualità molto scadente rispetto a quelle dove correva Merckx  , che quest’ultimo sarebbe stato il più forte mentre Coppi il più grande. Ma cosa significa?
    Quasi tutti ignorano, fatto rilevantissimo,  che Coppi per la guerra  mondiale perse i migliori anni della sua carriera (tra i 22 e i 27 anni), periodo in cui Merckx conseguì tre quarti  delle sue vittorie. Coppi vinse l’ultimo giro prima del guerra (1940) e poi il primo dopo di essa (1947). Coppi  non solo era un grande passista ma era anche un grandissimo scalatore ,  capace di imprese  eccezionali tuttora insuperate e si confrontò con altri grandi scalatori, mentre Merckx, potentissimo in linea, in salita si difendeva e vinse molte corse a tappe perchè, cosa che nessuno osserva,  non ha mai incontrato un grande scalatore. Infatti Gimondi,il suo più forte avversario, non era certo uno scalatore. L'unico scalatore di un certo livello che Merckx incontrò fu Ocana il quale  gli avrebbe certo tolto altri due  tour e anche  di più  (quello del 1971 era già suo) ,oltre a quello del 1973, se,sfortunatissimo, non fosse sempre stato costretto al ritiro per  cadute impreviste. Mentre quello sbruffone   di Fuente  (un masochista  incapace di dosare le sue energie partendo sempre  in quarta per poi,ogni volta, inevitabilmente  spegnersi ) e Van Impe   sarebbero scono­sciuti se avessero gareggiato negli anni '40 e ' 50, surclassati da scalatori di ben altro valore come Robic, Bartali, Bahamontes, Gaul ecc.
    Chiunque abbia corso in bicicletta e osservi attentamente  molti filmati dei due ciclisti , l’impostazione e il fisico di essi  nota a prima vista l’evidente, marcatissima  differenza tra la disinvoltura, compostezza e classe con cui Coppi  affrontava  le salite e le montagne, in virtù di un fisico potente ma agile e leggero, con la rabbia, il furore, le smorfie con cui  Merckx cercava di aggredirle e combatterle come fossero un nemico,consapevole di non essere sul  suo terreno congeniale in virtù di un fisico,molto potente,possente e robusto, fatto per vincere in linea. Il grande passista (come  Merckx)non è  per sua natura, strutturalmente, né può essere un grande scalatore. La grande potenza muscolare esige (e di conseguenza madre natura crea) una struttura ossea compatta e pesante per sostenerla. Coppi è stato un caso anomalo, unico, eccezionale di passista-scalatore , dotato di un fisico che coniugava caratteristiche antitetiche tra loro come grande  potenza muscolare e struttura ossea leggera e sottile, capace di  resistere meglio alla gravità correndo in salita e con un cuore che anche sotto sforzo severissimo non pulsava più di cinquanta volte al minuto. Coppi pagò duramente  le sue ossa fragili perché perse per fratture all’esito di cadute  due giri già vinti ed altre corse importanti. Perciò se la logica  non è un opinione penso che Coppi  in montagna avrebbe umiliato Merckx gravemente numerose volte.
    Insomma Merckx fu un gran campione, forse il più forte nelle corse in linea di un giorno, ma non di più. Se avesse corso venti anni prima dubito molto che avrebbe vinto tanto. Il ”cannibale” sarebbe stato costretto  a digiunare.

    A mio modesto  quanto ragionevole avviso Coppi rimane con evidenza e secondo logica, anche in virtù di caratteristiche fisiche e morfologiche uniche e forse  irripetibili,  il più grande, dotato e completo ciclista di sempre ed avrebbe vinto quasi certamente  il doppio di quello che ha vinto  senza la guerra e i gravissimi infortuni  che dovette subire per la fragilità delle sue ossa di grande scalatore.Angelo Balzano.
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    Eddy Merckx: 70 anni per il più forte atleta di sempre. Empty Re: Eddy Merckx: 70 anni per il più forte atleta di sempre.

    Messaggio Da BenoixRoberti Mar Giu 23, 2015 3:11 pm

    Benvenuto ad Angelo Balzano. Very Happy

    Gran bel dilemma, mai risolvibile. Coppi o Merckx?
    Da infante degli anni 70, debbo però dire che a me quello "sbruffone" di Fuentes piaceva da morire. Very Happy
    Averne oggi!

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