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    Ciclismo anni '80-90

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    Messaggio Da Ospite Gio Giu 05, 2014 4:30 pm

    Questo 3d può essere utile per chi, come me, in quegli anni ha iniziato ad appassionarsi alle due ruote e che, sotto impulsi nostalgici, ha piacere nel ricordare i corridori, le loro vittorie così come anche i piazzamenti ed in linea generale un tipo di ciclismo diverso da quello di adesso.
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    Messaggio Da salvatore Gio Giu 05, 2014 7:01 pm

    Ottima idea. 
    Comincio con fare una osservazione. Questo ventennio è caratterizzato da più periodi differenti. 
    Fino a tutti gli anni '80 il ciclismo era un po' vecchio stampo. Quasi tutti correvano tutto, la specializzazione era solo selettiva nella scelta degli obiettivi. C'erano una decina di corridori forti che si confrontavano e scontravano su tutti i terreni.
    Il biennio 1990-91 rappresentò uno spartiacque, grazie ad un sostanziale ricambio generazionale dovuto grazie agli italiani. Le vittorie di Bugno, Chiappucci, Indurain, hanno mandato gradualmente in pensione i vecchi Lemond, Delgado, Fignon, Criquelion, ma anche Roche e Bernard ormai furono relegati a compiti e risultati decisamente ridimensionati rispetto alle aspettative.
    Cambia anche il ciclismo. 
    Diventa sempre più moderno e tecnologico. Il tour pone nel decennio degli anni '90 un gap incolmabile con le altre competizioni. 
    Nella seconda parte degli anni '90 inoltre comincia a essere più netta la specializzazione e separazione fra corridori per gare in linea e corridori da gare a tappe.
    Verso la fine degli anni '90 raggiunge l'apice la nidiata di campioni italiani passati professionisti dopo il blocco olimpico del 1992 (Bartoli, Rebellin, Casagrande, Pantani su tutti).
    In questo periodo alcune regole bizzarre inducono alcuni corridori a comprarsi macchinari per la misurazione domestica dell'ematocrito e gran parte degli ordini d'arrivo sono diventati nel tempo virtuali.
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    Messaggio Da Ospite Gio Giu 05, 2014 7:17 pm

    salvatore ha scritto:Ottima idea. 
    Comincio con fare una osservazione. Questo ventennio è caratterizzato da più periodi differenti. 
    Fino a tutti gli anni '80 il ciclismo era un po' vecchio stampo. Quasi tutti correvano tutto, la specializzazione era solo selettiva nella scelta degli obiettivi. C'erano una decina di corridori forti che si confrontavano e scontravano su tutti i terreni.
    Il biennio 1990-91 rappresentò uno spartiacque, grazie ad un sostanziale ricambio generazionale dovuto grazie agli italiani. Le vittorie di Bugno, Chiappucci, Indurain, hanno mandato gradualmente in pensione i vecchi Lemond, Delgado, Fignon, Criquelion, ma anche Roche e Bernard ormai furono relegati a compiti e risultati decisamente ridimensionati rispetto alle aspettative.
    Cambia anche il ciclismo. 
    Diventa sempre più moderno e tecnologico. Il tour pone nel decennio degli anni '90 un gap incolmabile con le altre competizioni. 
    Nella seconda parte degli anni '90 inoltre comincia a essere più netta la specializzazione e separazione fra corridori per gare in linea e corridori da gare a tappe.
    Verso la fine degli anni '90 raggiunge l'apice la nidiata di campioni italiani passati professionisti dopo il blocco olimpico del 1992 (Bartoli, Rebellin, Casagrande, Pantani su tutti).
    In questo periodo alcune regole bizzarre inducono alcuni corridori a comprarsi macchinari per la misurazione domestica dell'ematocrito e gran parte degli ordini d'arrivo sono diventati nel tempo virtuali.

    Ottima analisi che quoto al 100%. Aggiungo che quel tipo di ciclismo di vecchio stampo, con poca o nessuna specializzazione, con una ristretta elite di Campioni in grado di giocarsela ovunque e comunque e presenti in tutte le corse di spessore durante la stagione mi piaceva di più.
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    Messaggio Da salvatore Gio Giu 05, 2014 8:01 pm

    Anch'io lo preferisco. Allora non avremmo mai pensato che si sarebbe arrivati a tale esasperata specializzazione, quindi magari eravamo abituati a quel tipo di ciclismo. Adesso invece siamo agli antipodi.
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    Messaggio Da Ospite Mar Giu 10, 2014 3:43 am


    Sperando di fare cosa gradita:
    Il mio battesimo assoluto nell' anno 1988, Giro d'Italia. La famosa tappa del Gavia. Ero ancora un ragazzino e grazie a mio nonno, che non c'è più, grande appassionato di ciclismo e di Fausto Coppi, ho iniziato ad interessarmi alle due ruote. Dopo questa tappa da tregenda mi sono innamorato di questo sport bellissimo.
    Distacchi da altri tempi, corridori arrivati stremati all'arrivo e la vittoria di Breukink sul vincitore del Giro Hampsten. Coppino Chioccioli, futuro vincitore del Giro 1991, fà il possibile per difendersi.
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    Messaggio Da Admin Mar Giu 10, 2014 9:50 am

    Non abbiate paura a postare e raccontare esperienze personali o anche solo le vostre sensazioni ed emozioni.
    Qua nessuno potrà permettersi di scherzarci sopra o di sminuirle.
    E' sempre gradito chi parla di emozioni e ciclismo.
    Una sola cosa mi sento di dire: "Non fate dipendere il successo di un argomento dal numero di repliche degli altri, l'interesse per uno specifico argomento è una cosa diversa."
    C'è chi preferisce parlare dell'attualità e disdegna il raccontare le proprie emozioni, in particolare per un passato ed un ciclismo che non c'è più, ma che appassionava tanti. E' normale che sia così.
    Chi scrive è personalmente fra questi ultimi, ma questo non significa che io non gradisca leggere questi post emozionali.


    Ultima modifica di Admin il Mar Giu 17, 2014 1:23 am - modificato 1 volta.
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    Messaggio Da BenoixRoberti Mar Giu 10, 2014 2:07 pm

    Ho molta nostalgia del ciclismo anni 80 e 90, ma ci sono cose di quel ciclismo di cui non ho alcuna nostalgia.
    Trent'anni fa Francesco Moser vinceva il suo primo ed unico Giro d'Italia.
    Allora nei fui felice anch'io. Col senno di poi, so invece quanto quella vittoria sia stata una iattura per il ciclismo, l'inizio di una deriva che ancora oggi non sembra avere trovato un epilogo.
    E lo dico a prescindere dall'ammirazione e la gratitudine sportiva per il ciclista Francesco Moser.

    Trent'anni fa non avevo capito che quel piacevole (allora) sacrificio del professorino francese sull'altare del nuovo motore di Francesco Moser altro non era che l'esecuzione del ciclismo, in cambio di una modernità che era la sua morte e l'inizio di indecenti e remunerative carriere scientifiche costruite sulla menzogna sportiva.
    http://www.gazzetta.it/Ciclismo/10-06-2014/moser-30-anni-fa-trionfo-giro-d-italia-80885494342.shtml
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    Messaggio Da angelo francini Mar Giu 10, 2014 2:38 pm

    BenoixRoberti ha scritto:Ho molta nostalgia del ciclismo anni 80 e 90, ma ci sono cose di quel ciclismo di cui non ho alcuna nostalgia.
    Trent'anni fa Francesco Moser vinceva il suo primo ed unico Giro d'Italia.
    Allora nei fui felice anch'io. Col senno di poi, so invece quanto quella vittoria sia stata una iattura per il ciclismo, l'inizio di una deriva che ancora oggi non sembra avere trovato un epilogo.
    E lo dico a prescindere dall'ammirazione e la gratitudine sportiva per il ciclista Francesco Moser.

    Trent'anni fa non avevo capito che quel piacevole (allora) sacrificio del professorino francese sull'altare del nuovo motore di Francesco Moser altro non era che l'esecuzione del ciclismo, in cambio di una modernità che era la sua morte e l'inizio di indecenti e remunerative carriere scientifiche costruite sulla menzogna sportiva.
    http://www.gazzetta.it/Ciclismo/10-06-2014/moser-30-anni-fa-trionfo-giro-d-italia-80885494342.shtml
    Una considerazione Ben, quando affermi "in cambio di una modernità che era la sua morte e l'inizio di indecenti e remunerative carriere scientifiche costruite sulla menzogna sportiva" non credi che stai affibbiando al ciclismo la colpa del "peccato originale"?
    Sappiamo invece che il ciclismo non ha inventato nulla: le remunerative carriere scientifiche, con le magagne che includevano, arrivavano da altri sport.
    I ciclisti semmai si sono solo adattati a quell'andazzo: così fan tutti......!
    Ed ancor oggi pagano il dazio anche per quelli che non lo hanno mai pagato.
    O mi sbaglio?
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    Messaggio Da BenoixRoberti Mar Giu 10, 2014 2:48 pm

    No, non ti sbagli Embarassed 
    Quei tanti figuri che popolavano le quinte dietro a Moser nelle sue avventure per il record dell'ora erano in effetti quasi tutti "consulenti" del Coni.
    Ed è detto tutto.
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    Messaggio Da UribeZubia Mar Giu 10, 2014 7:04 pm

    BenoixRoberti ha scritto:Ho molta nostalgia del ciclismo anni 80 e 90, ma ci sono cose di quel ciclismo di cui non ho alcuna nostalgia.
    Trent'anni fa Francesco Moser vinceva il suo primo ed unico Giro d'Italia.
    Allora nei fui felice anch'io. Col senno di poi, so invece quanto quella vittoria sia stata una iattura per il ciclismo, l'inizio di una deriva che ancora oggi non sembra avere trovato un epilogo.
    E lo dico a prescindere dall'ammirazione e la gratitudine sportiva per il ciclista Francesco Moser.

    Trent'anni fa non avevo capito che quel piacevole (allora) sacrificio del professorino francese sull'altare del nuovo motore di Francesco Moser altro non era che l'esecuzione del ciclismo, in cambio di una modernità che era la sua morte e l'inizio di indecenti e remunerative carriere scientifiche costruite sulla menzogna sportiva.
    http://www.gazzetta.it/Ciclismo/10-06-2014/moser-30-anni-fa-trionfo-giro-d-italia-80885494342.shtml

    Anche io ho molta nostalgia di quel ciclismo , e anche di quello degli anni 70.

    Ma non fui felice della vittoria di Moser al Giro. Ho sempre tifato Baronchelli...e in quella crono finale tifai Fignon.
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    Messaggio Da salvatore Mer Giu 11, 2014 4:35 pm

    Successe negli anni '80:

    in quel tempo, a causa delle rigide regole del comunismo, i russi non potevano diventare professionisti, per questo motivo i dilettanti occidentali che avevano un età fino a 23 anni circa, gareggiavano contro avversari dell'Est che erano maturi atleti in età avanzata, per cui la distorsione era evidente nei risultati.
    Inoltre i sovietici avevano la tendenza ad una sorta di despecializzazione, nel senso che si preparavano per andare forte su tutti i percorsi, a prescindere delle proprie caratteristiche e attitudini personali. Più o meno erano tutti forti sul passo e a cronometro.
    Con la caduta del muro, i corridori dell'Est passarono professionisti con l'incognita di quello che potevano fare, ma con tante aspettative.
    L'Alfa Lum raccolse molti atleti russi e poteva sembrare una corazzata (magari qualcuno vorrà parlarcene dettagliatamente). I risultati furono diversi dalle aspettative, in quanto il ciclismo professionista era completamente diverso da quello dell'Est, in quanto il fondo, la tattica e la specializzazione erano elementi determinanti. Non occorreva pedalare a tutta forza per essere il più forte. 
    Fra i nomi di spicco, ricordiamo il tedesco Ludwig, e i russi Suchorucenkov il super campione ormai in la con gli anni, Pulnikov, Ugrumov, Abdoujaparov, Tchmile, Konishev ed altri ancora.
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    Messaggio Da UribeZubia Mer Giu 11, 2014 6:09 pm

    Abdoujaparov...che bei ricordi ! Con lui volate dall'esito mai scontato. Quante ne ha vinte..e che volo quella volta sui Campi Elisi.

    28 luglio 1991, ultima tappa del Tour, da Melun a Parigi.

    Mi trovavo in vacanza in Bassa Normandia e assistetti all'arrivo della tappa in un bistrot di un piccolo paesino, in mezzo a un gruppo di giovani francesi che facevano un baccano terribile...

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    Messaggio Da meazza Mer Giu 11, 2014 7:22 pm

    salvatore ha scritto:Successe negli anni '80:

    in quel tempo, a causa delle rigide regole del comunismo, i russi non potevano diventare professionisti, per questo motivo i dilettanti occidentali che avevano un età fino a 23 anni circa, gareggiavano contro avversari dell'Est che erano maturi atleti in età avanzata, per cui la distorsione era evidente nei risultati.
    Inoltre i sovietici avevano la tendenza ad una sorta di despecializzazione, nel senso che si preparavano per andare forte su tutti i percorsi, a prescindere delle proprie caratteristiche e attitudini personali. Più o meno erano tutti forti sul passo e a cronometro.
    Con la caduta del muro, i corridori dell'Est passarono professionisti con l'incognita di quello che potevano fare, ma con tante aspettative.
    L'Alfa Lum raccolse molti atleti russi e poteva sembrare una corazzata (magari qualcuno vorrà parlarcene dettagliatamente). I risultati furono diversi dalle aspettative, in quanto il ciclismo professionista era completamente diverso da quello dell'Est, in quanto il fondo, la tattica e la specializzazione erano elementi determinanti. Non occorreva pedalare a tutta forza per essere il più forte. 
    Fra i nomi di spicco, ricordiamo il tedesco Ludwig, e i russi Suchorucenkov il super campione ormai in la con gli anni, Pulnikov, Ugrumov, Abdoujaparov, Tchmile, Konishev ed altri ancora.
    Le maglie color grigio della DDR.. Ludwig - Ampler - Raab il trio delle meraviglie
    Poi la 100 km.. (altro che la prova a cronometro)
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    Messaggio Da salvatore Gio Giu 12, 2014 8:49 am

    Dmitrij Konishev.

    A mio avviso, uno dei talenti inespressi del ciclismo anni '90. Era un ciclista completo, come tanti in quel periodo, aveva classe cristallina ma ha raccolto meno di quello che avrebbe potuto. Da dilettante vinse un Giro d'Italia. Era un corridore abbastanza veloce, da vincere anche tappe in volata al Tour, adatto a gruppi selezionati e ad arrivi in leggera salita. Da prof non ha mai fatto classifica nei grandi giri, era infatti un cacciatore di traguardi parziale, vinse anche la classifica a punti al Giro. Le gare di un giorno potevano essere il suo obiettivo, anche se alla fine non riuscito ad andare sul podio in nessuna gara monumento. 
    I suoi migliori risultati li ha ottenuti ai mondiali, 2° nel 1989 a Chambery dove grazie ad una fuga è riuscito a stare nel finale con i migliori e poi battuto in volata da Lemond, 3° nel 1991 a Benidorm battuto in una volata di un gruppo di una ventina di corridori da Bugno e Jalabert. Inoltre 5° ad Agrigento e 7° a Duitama (mondiali abbastanza duri).

    A Konishev mancava la continuità e forse le motivazioni, non di certo le capacità. Forse andrebbe fatto un discorso più ampio sui corridori dell'Est e il benessere economico.

    Inoltre possiamo affermare che Konishev è stato uno dei migliori discesisti del suo periodo.
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    Messaggio Da salvatore Gio Giu 12, 2014 4:00 pm

    Joachim Halupczok.
     
    Corridore polacco, campione mondiale dilettante nella prova in linea nel 1989 con una prestazione a dir poco strabiliante. Io personalmente rimasi impressionato. Probabilmente chiunque avrebbe puntato ad occhi chiusi sul campioncino polacco. Passò professionista in Italia nella Diana Colnago.
    Si mise da subito in evidenza nel 1990 nel Giro d’Italia vinto da Bugno. Vesti la maglia bianca per alcuni giorni ma poi non concluse il Giro.
    Negli anni successivi gli vennero riscontrati problemi cardiaci. Lasciò il ciclismo, morì nemmeno 25enne, se ricordo bene, durante una partita di calcetto.
    Talento mai espresso, sfortunato ragazzo. Poteva e doveva diventare un campione ma così non fù. 
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    Messaggio Da vallelvo Gio Giu 12, 2014 7:11 pm

    Quel giorno c'ero anch'io a Verona e tifavo Moser. Un'ovazione accolse Francesco nell'Arena gremita di appassionati di ciclismo. A quel tempo c'erano due  "fazioni", i moseriani ed i saronniani. Accanto a me una famigliola mamma papà bimbi, rimasero di  ghiaccio, non ci furono applausi da parte loro. Erano basiti. 

    Qualche anno fa (mi pare di averlo già scritto), incontrai Fignon all'Alpe, quella sconfitta ancora gli bruciava.

    E' vero quel che dice Ben, in quegli anni iniziava una  nuova ...era per il ciclismo...L'inizio della fine?
    Come dice Francini, pagano il dazio anche per quelli che non l'hanno mai pagato.

    Mi ricordo quel giorno all'Arena, perchè la decisione di  partire per quell'evento, mise  fine ad una forte disputa .....famigliare.sunny
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    Messaggio Da angelo francini Dom Giu 15, 2014 11:30 am

    Con i corridori dell'est europeo, e non solo con quelli, credo di aver avuto un punto di osservazione privilegiato.
    In quegli anni sino attorno al 1992 ero direttamente responsabile con Gianni Sommariva nell'organizzazione di numerose gare a tappe internazionali dilettanti che si svolgevano in Italia:
    la Settimana Pugliese, il Trofeo CEE in Calabria, la Settimana Bergamasca, il Giro di Sicilia, la Corsa del Sole.
    In quelle gare, specialmente le prime tre della stagione (Puglia, Cee, e Bergamasca) a volte vi erano al via anche la metà di squadre nazionali proveniente da quei paesi.
    I nomi che hanno fatto il ciclismo degli anni successivi sono passati tutti per quelle gare e non è vero che pagavamo dazio nei confronti di quegli atleti. Sino al 1985/87 subivano il potere dei "dilettanti di stato" dell'est europeo, ma poi i nostri corridori avevano imparato a conoscerli, correndogli molto insieme in queste gare, e cominciarono a batterli.
    Poi arrivò la grande svolta della "licenza unica", sorretta dai geni che rappresentavano il ciclismo italiano nell'UCI, e noi iniziammo a pagare dazio a tutti i livelli.
    Comunque i ricordi di quelle gare, di quel clima di alto livello che respiravi (anche se erano corse dilettantistiche) é sempre presente e lo rimpiango. Ogni giorno di corsa era qualcosa di unico.
    Mi ripeto: ricordo una Settimana Pugliese (inizio marzo) con tutte le migliori squadre italiane e con molte nazionali dell'est. Sei tappe: tre vittorie di Cipollini e tre vittorie di Ludwig. Con dimostrazioni di tecnica (a marzo in Puglia è facile trovare vento) imposte dai navigati corridori dell'est. Era uno spettacolo! Ora le corse sono noia. I dilettanti arrivano al professionismo senza nessuna conoscenza: viva le Continental ................. E' come far fare l'asilo ai primi due anni di università!
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    Messaggio Da BenoixRoberti Dom Giu 15, 2014 11:47 am

    Sì, ma adesso devi cominciare a raccontare qualche aneddoto in più su qualcuno di quei personaggi Very Happy 
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    Messaggio Da salvatore Lun Giu 16, 2014 7:15 pm

    Quindi il fatto che nel decennio degli anni ottanta, un solo corridore non dell'est abbia vinto il mondiale su strada dilettanti è una casualità?

    Inoltre alle olimpiadi:
    Olimpiadi 1980 Sergej Suchoručenkov 
    Olimpiadi 1988 Olaf Ludwig 

    Senza contare poi le altre discipline.
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    angelo francini
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    Messaggio Da angelo francini Mar Giu 17, 2014 9:16 am

    salvatore ha scritto:Quindi il fatto che nel decennio degli anni ottanta, un solo corridore non dell'est abbia vinto il mondiale su strada dilettanti è una casualità?
    Inoltre alle olimpiadi:
    Olimpiadi 1980 Sergej Suchoručenkov 
    Olimpiadi 1988 Olaf Ludwig 
    Senza contare poi le altre discipline.
    In quel decennio chi seguiva l'attività internazionale dilettantistica conosceva la differenza di valori che vi era sul campo fra i dilettanti dei paesi dell'est e gli altri.


    Il tuo riferimento al fatto che, in quel decennio, "un solo corridore non dell'est" vinse il mondiale é corretto: l'unico é stato il francese Vivien nel 1987 e, senza nulla togliere a questo atleta, certamente é stata una casualità; la vittoria di Grewal nel 1984 non può essere considerata come casuale. Chi non partecipa per sua scelta ha sempre torto.
    Infatti nel 1984 l'Olimpiade (LOS ANGELS) fu vinta dal Grewal (Usa) grazie al fatto che la Russia ed i paesi a lei vicini non parteciparono all'olimpiade per boicottaggio.
    Inoltre dal 1972 al 1996 chi vinceva le Olimpiadi era dichiarato anche Campione del Mondo Dilettanti. Il mondiale di questa categoria non si disputava, così con una vittoria si prendevano due titoli: campione olimpico e campione mondiale.
    Di quel periodo come non si può ricordare i nomi del russo "Suco", dei vari "DDR" Ludwig, Ampler, Raab, dei polacchi Piasecki, Lang.
    Un corridore di cui ho un particolare ricordo positivo é il polacco HALUPCZOK Joachim, che vinse il Mondiale dilettanti a Chambery nel 1989: purtroppo scomparve nel 1994!

    Ma in quegli anni i nostri dilettanti impararono a confrontarsi con quei grandi corridori (dilettanti di "stato"). Inoltre correndo sovente con le giovani leve che uscivano dalle scuole ciclistiche (russa, tedesca est, polacca e ceca) nelle gare che organizzavamo e negli anni '90 abbiamo visto i frutti nel decennio successivo.
    La scomparsa dei grandi nomi storici del dilettantismo anni '80, passati dal 1988/89 al professionismo, permise ai nostri atleti di cimentarsi con queste giovani leve senza la paura reverenziale del passato: avendogli corso insieme avevano imparato a conoscerli e sovente anche batterli.
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    Messaggio Da salvatore Mar Giu 17, 2014 7:48 pm

    La distorsione sta nel confronto fra ragazzi di età differenti. Se immagino poi quello che è successo negli anni 90 quando il mondiale dilettanti lo hanno vinto corridori che da professionisti ripassavano dilettanti.....
    Poi adesso c'è la questione che gli under 23 del pro tour non lo possono correre, mentre quelli non pro tour lo corrono e lo vincono anche.

    In uno sport come il ciclismo la differenza di età è determinante. Naturalmente in quegli anni c'erano cose molto più grosse come il muro di Berlino che condizionava le scelte organizzative.
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    Messaggio Da angelo francini Mar Giu 17, 2014 8:29 pm

    L'età era un fattore relativo, tranne per quei tre o quattro fenomeni, poiché si correva su distanze non eccessive. Quello che faceva la differenza nei grandi appuntamenti internazionali (olimpiadi e mondiali) era l'esperienza che quegli atleti avevano rispetto agli occidentali.
    Non dimentichiamo se corridori del calibro del russo Soukhoroutchenkov o del polacco Surkowsky fossero passati al professionismo nel loro periodo d'oro sarebbero stati sicuramente dei leader del professionismo di quel decennio.

    Le altre considerazioni che fai sono tutte figlie di quelle disgrazie che si chiamano licenza unica e classifica individuale UCI.
    Prima eri dilettante o eri professionista.
    Dopo il 1996 anno del primo mondiale U23 la divisione era netta: correvano solo gli U23 dilettanti, perché quelli che erano passati prof potevano solo essere prof!
    Era consentito che un dilettante facesse i due mondiali nello stesso anno, dilettanti e professionisti, ma non il contrario.
    Poi venne introdotta la regola, oggi vigente, che solo gli U23 che corrono nei WORLDTEAM non possono fare il mondiale degli U23: cavolata paurosa, poiché sappiamo che il passo di un corridore che fa tutta la stagione da prof in una Professional Continental é diverso da quello di U23 dilettante.
    Con una grande considerazione finale: quei geni del male che hanno rivoluzionato le regole del ciclismo negli anni '90, hanno anche sperperato quel grande patrimonio di corridori che aveva più di 22 anni. Oggi nel mondo amatoriale....
    Siamo l'unico sport che ha scartato gli atleti sopra i 22 anni.
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    salvatore
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    Messaggio Da salvatore Mer Giu 18, 2014 10:31 am

    angelo francini ha scritto:L'età era un fattore relativo, tranne per quei tre o quattro fenomeni, poiché si correva su distanze non eccessive. Quello che faceva la differenza nei grandi appuntamenti internazionali (olimpiadi e mondiali) era l'esperienza che quegli atleti avevano rispetto agli occidentali.
    La maturazione atletica di un ciclista passa attraverso l'età. La correlazione età-tenuta alla distanza è riduttiva, in quanto con l'età si diventa più forti su tutti le distanze e su tutti i percorsi. La maturazione fisica di un atleta nel ciclismo avviene solitamente (con alcune eccezioni, ovvio) ad un'età in cui un corridore è già prof, mentre per coloro che il professionismo non esisteva, questa maturazione avveniva fra i dilettanti.
    In quegli anni, i russi e i corridori dell'est europeo in genere, si allenavano molto sulla forza, facevano carichi di lavoro che li rendevano forti ed esplosivi e questo avveniva naturalmente, solo nelle distanze utili a loro. Anche a cronometro e nella 4x100 km.
    Se avessero avuto una prospettiva di crescita sia nel chilometraggio e anche sulle 3 settimane, sicuramente avrebbero mutato il loro modo di prepararsi.
    Inoltre, in un'ottica di specializzazione delle proprie caratteristiche, credo che i russi sbagliavano perchè negli anni 80 già emergeva una embrionale specializzazione che avrebbe condizionato fino ai giorni nostri determinate scelte, anche in fase di preparazione.
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    Messaggio Da BenoixRoberti Mer Giu 18, 2014 10:51 am

    salvatore ha scritto:Se avessero avuto una prospettiva di crescita sia nel chilometraggio e anche sulle 3 settimane, sicuramente avrebbero mutato il loro modo di prepararsi.
    Inoltre, in un'ottica di specializzazione delle proprie caratteristiche, credo che i russi sbagliavano perchè negli anni 80 già emergeva una embrionale specializzazione che avrebbe condizionato fino ai giorni nostri determinate scelte, anche in fase di preparazione.
    Dissento un poco per alcune ragioni che a suo tempo il buon Morris aveva bene elencato.
    Ora, è innegabile che questi colonnelli (metaforicamente e spesso anche di fatto) dell'est avessero un approccio notevole a carichi di lavoro massacranti, ma quella esplosività era anche frutto di una completezza atletica eccezionale.
    Loro facevano, oltre che ciclismo, tantissima palestra e piscina. Avevano una preparazione fisica eccezionale.
    Per questa ragione tendo a dire che la specializzazione non era (anche psicologicamente) così ossessiva come quella odierna, pur non negando certamente che vi fossero anche lì i segnali della "deriva" che evidenzi.

    Per questo motivo tendo a pensare che alcuni di loro, non tutti certo, avrebbero tranquillamente sfondato anche passando dai 180-200 km ai 250 km.
    Uno come Tchmile altrimenti non avrebbe mai vinto una Roubaix, iniziandola a correre solo da nonno, nonostante che una corsa per soli nonni sgamatissimi quella corsa sia.

    Concordo con Francini sul fatto che fossero dei formidabili sparring partners per i nostri dilettanti e che quindi i nostri passassero al professionismo con una ottima preparazione, anche tattica, anche se alcuni in quelle battaglie contro i giganti dell'est finivano per dare il loro meglio e poi passavano prof con le ali spuntate. I casi sono parecchi.

    Infine di quel periodo voglio ricordare che anche tra noi in Italia vi fossero dei dilettantoni, ovvero dilettanti attempati, di ottimo successo. Alcuni passarono poi in tarda età, altri come Fedrigo ed altri di team come Fiatagri non passarono mai. Ma facevano le loro ottime figure contro i pari età dell'est.
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    Messaggio Da Maìno della Spinetta Mer Giu 18, 2014 2:32 pm

    Bella discussione. Appena ho visto il titolo del thread ho pensato:
    -ah, i miei anni!
    -ma che ci azzeccano insieme? Nel mezzo c'è Moser di suoi amici, e la rivoluzione tecnologica.
    -ah, e la globalizzazione.
    -negli anni 80 il capitalismo all'italiana raggiunge il vertice, le nostre PMI investo alla grande in milioni di gare, non c'è gran premio o stadio d'Europa privo di aziende italiane.

    Il mio primo vero ricordo, nitido intendo, è il Giro di Chioccioli, la tappa del Pordoi. Ricordo che fui catturato da quel mistero... Corridori in montagna, non il solito calcio, non atletica, il grande spazio della vita come una metafora mi si dischiudeva innanzi.
    Poi Bugno, e Bugno, e ancora Bugno - CHIAPPUCCI ATTACCA!!!!

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