Nato a Bracelli di Beverino (La Spezia) il 28 giugno 1927. Deceduto a La Spezia il 6 maggio 2006. Scalatore, alto m 1,83 per kg 73. Professionista dal 1954 al 1957, con 5 vittorie.
La storia di questo corridore spezzino, può essere presa ad esempio di come, nel ciclismo, quando di mezzo c’è il mito di questo sport, ovvero la montagna, si possa raggiungere la notorietà, anche senza tagliare il traguardo per primi. Accadde tutto, quando già Aurelio aveva 29 anni e cominciava a pensare al dopo ciclismo. Teatro, la 17a tappa del Giro d’Italia del 1956, che da Sondrio si concludeva a Merano, con la terribile scalata dello Stelvio a metà percorso. Del Rio, terzultimo in classifica con quasi 2 ore e mezzo di ritardo dal leader Fornara, evase dal gruppo poco dopo la partenza, ed a Bormio, ai piedi della salita che per 20 km di strada polverosa ed inghiaiata portava ai 2757 metri di altitudine, vantava quasi 9’ di vantaggio sul gruppo dei migliori. Quella mitica montagna, rappresentava il vertice alto di un Giro pieno di ascese, al punto che la classifica del GPM era stata divisa in tre: il Trofeo degli Appennini, il Trofeo delle Dolomiti e, appunto, il Trofeo dello Stelvio. I due grandi scalatori Gaul e Bahamontes, in lotta per quelle classifiche e la “Generale” venivano da tutti pronosticati per farsi un sol boccone di Del Rio. Ed effettivamente i due mitici grimpeur attaccarono, ma lo spezzino con abnegazione ed un passo da camoscio, nonostante un fisico non da scalatore, seppe tenere e riuscì a giungere primo sul culmine, in quel momento avvolto da un turbine di nevischio, vincendo così il Trofeo speciale e le 100 mila lire di premio (circa 4.500 euro odierni). Il passaggio in cima allo Stelvio di quel 7 giugno ’56, oggi fa venire i brividi: 1° Del Rio, a 1’20” Gaul e Bahamontes; a 1’30” Graf; a 1’36” Buratti; ad 1’55” Fornara e Wagtmans; a 2’05” Nolten e Defilippis; a 2’10” Maule e Brankart; a 2’25” Padovani; a 3’ Fabbri e Stolker; a 3’15” Assire!li e Hollenstein; a 3’35” Agostino Coletto; a 3’45” Dotto; a 4’ Benedetti; a 4’06” Nencini; a 4’10” Bartolozzi; a 4’15” Boni; a 4’25” Monti; a 4’30” Magni e Chiarlone; a 4’40” Moser e Gaggero; a 5’ Fantini e Astrua. Nella lunga discesa che portava a Merano, Del Rio fu raggiunto dai migliori (esclusi Gaul e Bahamontes per ripetute forature) e si piazzò 11°. La tappa fu vinta da Maule su Magni e Benedetti. Il giorno dopo, Aurelio si arrese al gelo e alla neve della leggendaria Merano-Bondone vinta da Charly Gaul, ed al pari di tanti altri si ritirò. Ma aldilà dello Stelvio ’56 chi è stato Aurelio Del Rio? Un corridore completo e talentuoso, ma incostante forse per sregolatezza. Alto e nemmeno ossuto, amava la salita più di ogni altra variabile. Da “puro” era stato forte e prometteva una buona carriera fra i prof. Passato con l’Atala nel ‘54, non mantenne le promesse. Vinse altre 4 volte: la Coppa Boero e la 3a tappa del Giro di Puglia e Lucania nel ‘54, il Circuito di Bagnolo Cremasco e la prova di Ponzano Magra del Trofeo UVI nel ‘55. Atala (’54 e ’55) e Ignis (’56) le sue squadre. Nel ’57, isolato, non corse praticamente mai.
Maurizio Ricci detto "Morris"