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    Gastone Nencini

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    Gastone Nencini  - Pagina 2 Empty Gastone Nencini

    Messaggio Da Lemond Lun Set 15, 2014 9:49 am

    Promemoria primo messaggio :

    In Giallo al Parco dei Principi al T.d.F. del 1960 di Riccardo Nencini

    Prefazione di Alfredo Martini

    L'opera, affascinante e scorrevole, racconta una delle battaglie più ardue che "il Leone del Mugello" dovette sostenere per aggiudicarsi quel Tour, fra i più duri e combattuti. Qui si raccontano tutti i fatti di quell'estate 1960, che appaiono in tutta la loro forza, senza veli: le lotte intestine alla squadra azzurra, l'accesa, ma leale rivalità con Rivière, le gioie e i dolori di Gastone. Nencini ha avuto molti attestati di merito, ma uno in particolare deve avergli procurato grande sodisfazione, quando Goddet, nel Tour del 1956 a Grenoble, scavalcò le transenna e andò a stringergli la mano. Un gesto come quello dal "patron" del Tour voleva significare molto. La storia della Grande Boucle 1960 è la storia di un uomo, di un combattente nato, portato naturalmente ad attaccare anche senza fare tutti calcoli del pro e contro. Quando raggiungeva un successo provava di certo la gioia del vincitore, ma in più lui ne otteneva un'altra: la sodisfazione di aver vinto su sé stesso, prima che sugli altri. Una delle componenti più significative della sua personalità fu la coerenza, perché in tutta la vita ha agito da uomo di grande coraggio e si è sempre curato poco di non commettere errori, come accadde anche in quel Tour. Di carattere un po' scontroso, non si piegò mai a nessun compromesso e seppe conquistare, forse proprio anche per questo, grandissime simpatie. La sua spontaneità, quel lottare continuo senza darsi mai per vinto lo portò in alto, ma alcune trasgressioni inerenti le leggi che dovrebbero regolare la vita di un atleta non gli hanno permesso di vincere di più, soprattutto nelle corse di un giorno. La vita monastica non faceva per lui e molte volte non si presentò alle gare con quella preparazione che gli avrebbe permesso di gareggiare ad armi pari con i più seri/osi. Wink
    In Giallo al parco dei Principi riporta alla luce i colori, gli affreschi, le felicità e tristezze di un ciclismo particolare, quello degli anni eroici e, dopo Coppi, un italiano tornava protagonista nella corsa a tappe più prestigiosa, ma più che un italiano ... un uomo. Wink

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    Messaggio Da Lemond Ven Mar 06, 2015 9:04 am

    A Luchon Baldini, sereno ma pessimista, disse ai giornalisti: "Scrivete pure che sono un uomo finito e se non faccio di più è perché il mio limite attuale è proprio questo. Ora aiuterò Gastone, è chiaro, il quale mi è sembrato nettamente superiore a Rivière, quindi può veramente vincere il Tour". Il francese non era molto più ottimista di lui ed è anche arrabbiato con Anglade, reo di non aver tirato - il freddo mi ha bloccato la digestione, ho anche chiesto un giornale, ma nessuno me l'à dato. Ma Nencini è forte, quasi troppo, e in discesa non ha ancora spinto a fondo -.
    Infatti, nonostante fosse notorio che il punto forte del toscano fosse la discesa, aveva invece attaccato in salita Wink e in poco più di 2 Km. Rivière aveva perso 45". Se sul Peyresourde gli era capitato questo, che cosa poteva succedere su Vars e Izoard? Forse fu per queste ragioni che R.R. decise di rispondere alla maglia gialla prima di giungere sulle Alpi, in quelle terra della Bassa Francia, poste fra la Garonna e il Rodano, in quei colli di seconda e terza categoria, dove Nencini non si sarebbe mai atteso un attacco profondo.
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    Messaggio Da Lemond Ven Mar 13, 2015 11:46 am

    Giovedì, 7 luglio, i giornalisti, nell'attesa della partenza per Toulouse, avevano occupato il loro tempo a commentare la formazione della squadra francese per i mondiali che si sarebbero tenuti il mese successivo nella Germania Orientale. Sette erano presenti al Tour e poi Bobet, Anquetil, Stablinski, Poulidor e un regionale del Centro-Sud: Rohrbach, che si era messo in evidenza per le frequenti fughe. Non c'era Rivière e subito si parlò di vendetta dei due Grandi, che non volevano dividere la squadra con un terzo incomodo. Ma Roger, nonostante la notizia, appariva disteso e sereno e aveva trovato il tempo di farsi fotografare a ripetizione, in compagnia di Anglade, suo nemico giurato. La tappa di quel giorno era la prima di avvicinamento alle Alpi e il percorso non prestava molte occasioni per attaccare, per lo meno sulla carta: le poche salite era vicino alla partenza e il Portet d'Aspet, quella più impegnativa, era a 120 km. dall'arrivo. Solo il freddo di quel giorno, accompagnato dalla pioggia, poteva rendere dura la giornata e infatti Nencini non aveva nascosto la sue difficoltà a partire con un freddo, tipico di ben altra stagione e regione. Gastone ha le gambe rigide e a nulla sono serviti i consueti impacchi di acqua calda. Il più attivo, prima di giungere al colle è Graczyc, che scatta per tre volte, ma è sempre ripreso. Forse è l'inizio dell'offensiva prevista dei francesi e gli azzurri, per evitare sorprese, cominciano a organizzarsi in testa al gruppo. Il Portet, nonostante la sua altezza irrilevante, è una delle salite più dure, perché raggiunge anche la pendenza del 18%. Alle prime rampe, scatta Plankaert, che è quarto in classifica e quindi non gli si possono concedere scappatelle e infatti sono in cinque a seguirlo: Nencini, Junkerman, Rivière, Battistini e Rohrbarch e, poco dopo, anche Van Est, Pavard e Anglade. Gli altri azzurri sono rimasti a fianco di Baldini, attardato da una foratura e, dopo che Battistini cede, Nencini rimane da solo nel gruppetto. Quando il belga-vallone allunga di nuovo, solo Junkerman rimane alla ruota. A poco meno di un km. se ne va Anglade e Nencini è preso dalla paura; pensare a semplici coincidenze sarebbe ingenuo: prima Graczyc, poi Anglade, con Rivière ben coperto in attesa del suo turno. Roger scruta Gastone, per misurare i segni della fatica e la maglia gialla gli sorride, per fargli capire che stava bene, invece quel maledetto freddo gli aveva bloccato la digestione. Nell'attesa dell'ultimo attacco annunciato, Nencini resta attaccato a Rivière come un prete al suo rosario e quegli ultimi 500 metri dovettero sembrargli un tratto lunghissimo. E' difficile spiegare le ragioni che consigliarono il "leader" francese a non tentare di ricongiungersi ad Anglade, che aveva solo qualche metro di vantaggio e mai Rivière diede risposta a quell'interrogativo. Una cosa è invece certa: Gastone seppe trovare dentro di sé quella forza che solo la disperazione, quando la forma ti volta le spalle, può tirar fuori.
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    Messaggio Da Lemond Ven Mar 20, 2015 8:24 am

    La paura scomparve del tutto solo al termine della discesa, quando diversi italiani riescono a ricongiungersi con Gastone e solo Baldini è rimasto staccato, insieme a Simpson, con oltre otto minuti di ritardo. L'ultimo brivido si verifica quando ormai tutto sembra concluso: nella grotta del Mas d'Azil, in una curva resa appiccicosa dalla pioggia e dall'olio delle auto, qualcuno cade, a stento evitato da Rivière. Nencini pattina per una cinquantina di metri, nel sibilo di tubolari e bestemmie, fino a che le ruote tornano ad addentare l'asfalto. All'uscita del tunnel Anglade è una maschera di sangue e rientrerà in gruppo solo in prossimità dell'arrivo, in compagnia di Rivière, attardato da una foratura. A 10 km. dall'arrivo prova ad andarsene lo svizzero Graf, ma per ben due volte lo ferma Darrigade, miglior pretendente alla vittoria allo sprint. Nella della pista di Toulouse, Piet Van Est, con un giro da compiere, precede di una decina di metri De Filippis, Van Aerde e Graczyk. Il torinese ha un attimo di esitazione, infine scatta, ingobbito sul manubrio. A metà dell'ultima curva l'olandese è ripreso, ma a vincere sarà la maglia verde, seguito da Van Aerde e il Cit è solo terzo. Ma l'importante per i nostri colori era che la tappa era passata, l'incubo finito e la maglia gialla salva. Baldini arrivò dopo più di 13 minuti e dopo quella delusione profonda, scaturì un corridore nuovo, consapevole del ruolo che avrebbe dovuto svolgere nella lunga strada che ancora separava il Tour da Parigi. Nel momento in cui i francesi avessero attaccato di nuovo, Ercole sarebbe stato al servizio della squadra, restituendo così all'Italia quella compattezza che era mancata all'inizio. Anche con Baldini i pericoli per Nencini non sarebbero cessati, perché i francesi erano di nuovo pronti a ricominciare, mentre i belgi, con un Plankaert smanioso di far bene, pronosticavano una corsa movimentata già per l'indomani.
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    Messaggio Da Lemond Gio Mar 26, 2015 10:20 am

    Venerdì 8 luglio, la tredicesima tappa, da Toulouse a Millau pare fatta a posta per desiderare il giorno di riposo: è lunga e dura, senza colli di prima categoria, ma il dislivello complessivo è di 2578 mt. Alla partenza il sole sovrasta il grande circo del Tour, ma il caldo non è ancora arrivato, secondo i pronostici, la giornata dovrebbe essere caratterizzata dagli attacchi di belgi e francesi e quindi gli italiani dovranno tenere gli occhi ben aperti. Poco dopo la partenza se ne vanno in cinque: Everaert e Cazala (francesi) Proots (belga) insieme a Manzaneque e al nostro Falaschi. Dietro intanto la squadra azzurra prende il controllo della corsa, tanto da consentire a Battistini di uscire per inseguire i fuggiaschi. A metà dell'ultimo colle Nencini si deve fermare per un salto della catena e Rivière e Anglade si mettono a tirare come dannati, ma la loro gioia dura poco, giusto il tempo di girarsi e vedere che Gastone è già rientrato. A Millau vince in volata Proost e Battistini (6°) diventa IV in classifica a sei minuti da Nencini e quindi nessun vantaggio per gli anti-italiani (anzi). Wink Eppure Darrigade ci dirà che in questa tappa era stato predisposto un piano ben curato in favore di Rivière, che avrebbe avuto a disposizione l'intiera squadra francese, il tentativo doveva prendere le mosse a St. Afrique, dove i francesi si dovevano mettere in testa per un'azione di Roger, invece il solo Anglade aveva provato e il piano si era rivelato vincente solo sulla carta! Sad
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    Messaggio Da Lemond Sab Apr 04, 2015 9:14 am

    Il riposo di Millau si rivelò importante per i 94 corridori rimasti, anche se Nencini sbuffava che "Sarebbe stato meglio un giorno di corsa, perché è da stamani che ho la camera piena di persone in cerca di autografi!" La squadra italiana era albergata a La Cavalerie, 800 m. di altitudine e il bilancio che i nostri facevano in quel giorno, riuniti per ascoltare il C.T, era più che sodisfacente e gli azzurri sembravano meno affaticati degli antagonisti francesi e in grado di mandare all'attacco tipi come Battistini, Pambianco e Massignan, mantenendo al riparo la maglia gialla. L'unica ombra era Baldini, irriconoscibile campione del mondo e Binda addirittura pensava addirittura a una sua esclusione per i prossimi mondiali. La vita di Ercole e di Anglade in quel Tour si assomigliarono: entrambi in fuga a Caen, due giorni dopo avevano rinunciato ad ogni speranza e ormai potevano solo cercare di aiutare il proprio capitano. Nencini, dal canto suo, era ossessionato dalla cronometro di Pontarlier: doveva avere almeno 4 minuti di vantaggio per essere sicuro di conservare la maglia e tutti dicevano che avrebbe dovuto attaccare a Briançon, ma lui pensava di non dover aspettare l'Izoard e che avrebbe cominciato i suoi tentativi prima possibile: in salita, discesa o anche in pianura. Wink
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    Messaggio Da Lemond Dom Apr 12, 2015 10:41 am

    Rivière si sente tranquillo, quasi spavaldo: "Sono sicuro di reggere gli attacchi di Nencini sull'Izoard e, se Gastone non starò attento, sarò io ad andarmene in discesa. Male che vada, a Besançon sarò in giallo!" Bidot annuisce, ma forse pensa alle discese ripide, strette, contorte del Tour e un discesista non s'inventa, egli porta con sé qualcosa di innato: il senso della dinamica, dell'equilibrio e soprattutto il coraggio collegato alla conoscenza della paura. Tutto questo aveva Gastone, mentre per Roger, al momento, erano solo parole. Un discesista che sia solo temerario non è tale; per poter domare quelle pendenze sullo sterrato o su asfalto mangiato e corroso bisognava essere lucidi e agili, evitare in ogni modo che la stanchezza offuschi gli occhi e il senso della misura. Nencini era considerato il migliore e Rivière osava sfidarlo sul suo terreno, ma, ripeto, al momento erano solo parole e forse quelle dichiarazioni di sicurezza nascondevano paura e incertezza.
    Adrianssens invece che pensava? Era pur sempre terzo in classifica a poco più di 2 minuti e certo sperava di approfittare del duello fra i due, magari proprio il giorno dopo nella Millau-Avignone.
    In casa francese intanto si era deciso di fare di quella tappa, dopo il riposo, il banco di prova per le condizioni di tutti e l'ordine era. "Marcare Nencini, attaccarlo, rendergli dura la vita, impossibile la vittoria!"
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    Messaggio Da Lemond Dom Apr 19, 2015 10:49 am

    Domenica 10 luglio, la prima vera giornata di sole e il percorso, che portava alla città dei papi (nota mia, ma perché non sono rimasti lì per sempre! capa sul muro ) era parecchio ondulato, con le Alpi a chiudere l'orizzonte. Il viso bianco di Nencini aveva destato attenzione nel clan francese, dovuto a un forte dolore al fegato, calmato al mattino da un medicinale prescritto dal dottor Dumas. Un colloquio fra Bidot e Mastrotto mise subito in allarme il clan azzurro, perché Pambianco era riuscito ad ascoltare in parte quanto si erano detti: quel giorno l'offensiva dei francesi avrebbe stretto Nencini in una tenaglia mortale e girava anche voce che i belgi erano disposti a far causa comune con i galletti. Inoltre esisteva la solita alleanza fra regionali e nazionali francesi e infatti i primi si erano dati un gran daffare all'inizio della tappa. Si procede a ritmo folle, sotto un sole cocente e si sale verso il Perjutet, là dove parte Graczyc, con Massignan a ruota. Al G.P.M.  i due passano con 45" di vantaggio su un gruppo molto sgranato, con Nencini un po' davanti a Rivière, quando si va giù in un discesa pericolosa. Alle 12 e 08, appena compiuto il primo km, il dramma! Rostollan è davanti, seguito da Nencini e Rivière e si devono affrontare due curve a 70/80 kmh; Nencini frena di scatto e con le reni dà una specie di codata e sterza, fregando con la gamba destra il muto di protezione, mentre Roger si trova all'esterno, all'altezza della pedaliera di Gastone, in una posizione impossibile per affrontare quella curva maledetta! Un rumore leggero: Nencini si volta e vede volare in aria Rivière e poi cadere alcuni metri da basso! Il francese aveva sbandato con la ruota posteriore e, con il pedale destro, aveva sbattuto contro il muretto, che Nencini aveva solo sfiorato. In quel salto, nella luce calda di mezzogiorno, si spegnevano le ultime speranze e direi quasi la vita di Roger Rivière, asso del ciclismo francese. Il desiderio di superarsi, di essere il primo anche in discesa, lo aveva travolto, sopraffatto, facendo perdergli quella misura e razionalità, che, insieme ai suoi grandi mezzi, lo avevano portato ai vertici del ciclismo mondiale. Tra le rocce infuocate del Midi Roger aveva visto l'occasione di sfatare il mito di Gastone *discesiste insuperabile* e invece proprio le sue strade decretarono la fine del ciclista e dell'uomo Rivière!
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    Messaggio Da Lemond Mar Apr 28, 2015 9:24 am

    Quando Gastone si accorse dell'incidente gridò forte il nome del rivale, indicando con la mano il punto dove Roger era caduto, poi frenò e si voltò più volte, sperando di vederlo ricomparire. Schivò per poco una caduta e si abbandonò triste alle ultime curve, prima della pianura, quasi a ruota libera, con la testa e il pensiero fissi a quella controcurva e a quella sagoma che si agitava nell'aria! Rostollan, avvertito da Nencini, si fermò di colpo, svoltò e si mise a correre in senso contrario, con le braccia alzate, in attesa dell'arrivo di Bidot. Deledda, c.t. dei regionali dell'Est, fu il primo ad arrivare e a precipitarsi verso il canalone, seguito, subito dopo, da Bidot, il quale sperava, naturalmente che non fosse nulla di grave e quindi disse ai suoi corridori di aspettarlo.  Ma era un'illusione e alle 12 e 15 Radio-Tour dette la notizia dell'abbandono. Quando Bidot era arrivato vicino a Rivière lo aveva trovato ansimante, la faccia e le braccia sporche di sangue: piangeva di rabbia e di dolore e pregava il c.t. di non toccarlo. Il dr Dumas, arrivato di corsa, lo avvolse in una coperta, con l'amore che si ha con un figlio e l'impressione che ne ricavò fu allarmante e scosse la testa, in segno di disperazione. Con l'elicottero Roger fu trasportato all'ospedale di Montpellier e, mentre volava, ebbe modo di raccontare l'accaduto, pensando di essere stato tradito dalla rottura di un freno. Quell'allusione fece pensare a un sabotaggio, tanto da costringere gli organizzatori a controllare scrupolosamente i resti della bici e a emettere un comunicato, dove si assicurava che i freni erano in perfetto stato.
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    Messaggio Da Lemond Mer Mag 06, 2015 10:20 am

    Rivière era stato vittima di un sogno impossibile: andar dietro a Nencini in quelle discese, compito riuscito solo a Carlesi forse perché della scuola di Magni, e ciò era costato la vita di atleta, a quel grande passista che, a soli 24 anni, stava sostituendo nel cuore dei francesi i Bobet e gli Anquetil. La frattura delle vertebre lombari comporterà sicuramente una difficile operazione e l'esito di essa, purtroppo sarà negativo! Ad Avignone, quel 10 luglio, G.P. Ormezzanno tracciò di Rivière un ritratto schietto e lineare:" Roger era un campione più ammirato che amato, parlava con scioltezza e proprietà di linguaggio, era bello e sempre in ordine; addirittura il sudore non gli stava addosso, quasi scorresse come acqua sulla carta oleata. Era freddo perché dosava i sentimenti e forse ne aveva il pudore. La sua lealtà nasceva dalla sicurezza e, se pareva sfottente, era solo perché diceva la verità, senza mascherarla con vane ipocrisie: Mi mancherà, al mattino, quando prima della partenza mi affrontava con un "ça va" il miglio trattato di buona educazione e di psicologia dell'amicizia".
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    Messaggio Da Lemond Mar Mag 12, 2015 9:29 am

    La caduta e il dramma di Rivière segnarono quella tappa e tutto il Tour: i francesi erano sconcertati e poco dopo assistettero al ritiro anche di Cazala, distrutto dall'immagine del suo capitano, accasciato in quell'osceno fossato; solo Graczyc seppe trasformare il dolore in volontà di riscatto. La squadra che invece poté trarre profitto dalla situazione fu il Belgio, con in testa Adrianssens, che assumeva il ruolo di antagonista principale dell'italiano in maglia gialla.  A Baraque de la Fontaine si trovava in testa insieme ad una ventina di uomini, fra cui, però (per lui) c'erano anche Nencini, Pambianco e Massignan. 
    IL belga attacca di nuovo sul col d'Uglas e, in vetta, passa dieci secondi prima di Nencini, ma Gastone, alla testa di un plotoncino, organizza l'inseguimento e si riporta su di lui. Proverà a fuggire per la terza volata a Remoulins, ma il suo sforzo immane non produrrà alcun effetto ed avrà solo la consolazione di veder vincere allo sprint il compagno Van Geneugden, che brucia i due amici-nemici Darrigade e Graczyc. Gastone è quinto e lascia subito il circo del Tour, senza neppure indossare la maglia gialla. Proprio lui era il primo a dolersi della scomparsa del rivale, perché era felice di quel confronto, come lo era stato nel duello con Anquetil, poche settimane prima in Italia. Lo esaltava il pensiero di strappare il Tour a un francese, come Bottecchia, Bartali e Coppi e ora invece gravava, sulla sua probabile vittoria, l'ombra del dubbio!  Evil or Very Mad Quella sera mandò fiori all'ospedale, parlò al telefono con Roger e pianse per la tragedia di quel ragazzo francese.
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    Messaggio Da Lemond Mer Mag 20, 2015 10:22 am

    Senza Rivière il Tour non era più lo stesso, ma Gastone non era tranquillo, anche se tutti ormai pronosticavano una sua facile vittoria. Secondo lui, in una corsa a tappe, il duello, il confronto quotidiano provocano una determinazione e un'immensa volontà di far bene, mentre senza ... 
    Bidot intanto aveva fatto di Anglade il suo nuovo capitano e tutti i tricolori di Francia dovevano essere a sua disposizione, per scatenare una qualche offensiva sulle Alpi. Il C.T. sperava in una "defaillance" del Nostro o così almeno dichiarava alla radio. Ma Anglade era ottavo a 12'29" e la sua squadra era quasi dimezzata, oltre che con il morale bassissimo. Binda temeva molto di più Adrianssens, che era secondo a 2'25". I belgi era dal 1939 che speravano in una nuova vittoria al Tour. 
    Nel clan italiano era scomparso Baldini, mentre emergeva la stella Battistini, affiancata da un altro uomo della Legnano: Imerio Massignan, sicuro di essere fra i più forti in montagna. Battistini era terzo in classifica e sembrava fresco e lucido e soprattutto era riuscito a passare inosservato, perché nessuno sapeva come aveva fatto ad essere in quella buonissima posizione di classifica. Wink 
    Quella sera, prima che la carovana chiudesse per la notte, giunsero notizie dall'ospedale: la paralisi degli arti inferiori era scomparsa e Roger poteva muovere, seppur cautamente, le gambe, ma la prognosi era comunque poco rassicurante. Sad
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    Messaggio Da Lemond Sab Mag 30, 2015 9:53 am

    Il cielo coperto da nuvole fitte e bianche preannunciava, per lunedì 11 luglio, una giornata calda e appiccicosa alla partenza da Avignone. Bidot e Goddet si erano recati nella notte a Montpellier e ne erano tornati sconsolati. Anche Gastone quel giorno era di cattivo umore, intrattabile, perché lo impensieriva l'atmosfera che si stava creando intorno: i pronostici a senso unico, le illazioni circa il suo ottimo stato di forma lo mettevano a disagio e agitavano quel ciclista abituato sempre a lottare per ottenere qualcosa e che mai aveva avuto niente di scontato. La tappa di quel giorno era insipida, ma lui già si proiettava all'indomani, dove si dovevano scalare il Vars e l'Izoard. In ogni modo l'arrivo a Gap costituiva un traguardo d'importanza storica per il Tour, perché lì avevano vinto campioni memorabili, ma in quell'anno il Mont Ventoux non c'era. Gli italiani partirono con la volontà di bloccare la corsa e ci riuscirono e il solo Anglade (neo-capitano) tentò qualche sortita, ma fu ripreso senza difficoltà. Neppura la salita del Col de Perty svegliò un gruppo incerto sul da farsi e solo la discesa produsse un attacco: di Simpson e nessuno se ne occupò, o quasi, perché poi in tre gli andarono dietro e lo raggiunsero: Arrivarono in quattro a Gap e  a vincere fu Van Aerde con 1'44" di vantaggio sul gruppo e nessuna variazione in classifica.
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    Messaggio Da Lemond Gio Giu 18, 2015 10:28 am

    Gastone diceva di star bene, ma, finito il consueto giro d'onore, era corso in albergo con le gambe a pezzi e Remo Roveri (Stadio) aveva sentito una frase significativa del toscano: "Qui finisce male e a Parigi dirò tutto ..." Secondo il giornalista c'era una nube nera che incombeva, come un macigno, sulla squadra italiana. Cos'era successo? Il tappone alpino era alle porte e il timore che i compagni di squadra (ma della Legnano) potessero giocargli qualche tiro non era, forse, infondato. Battistini e Massignan erano risaliti in classifica e sembravano in condizioni smaglianti e Binda li aveva lasciati liberi di fare la loro corsa, facendo impensierire la maglia gialla che dell'aiuto dei due avrebbe avuto bisogno nelle dure salite dell'indomani. C'era poi il fatto che la Carpano (come squadra di marca) stava dominando il Tour sia nella generale che nelle vittorie di tappa e gli altri sponsor non potevano non reagire: le voci parlavano appunto di una guerra intestina fra Carpano e Legnano e questi ultimi, si diceva, avrebbero puntato tutto su Battistini per vincere il Tour. Se così era, Gastone aveva tutte le ragioni per essere preoccupato. Binda intanto metteva in guardia gli azzurri da Adrianssens, rammentando che nel 1958, nella tappa montana di Aix les bains il belga era giunto secondo, dietro a Gaul ed aveva inflitto 11 minuti a Nencini. Gastone, a quella frase, sobbalzò, ma poi si ricordò che il 1958 non era stato un anno ... fortunato. Wink
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    Messaggio Da BenoixRoberti Gio Giu 18, 2015 11:11 am

    Certo che neppure a fine anni 50 si scherzava tanto quanto a "politica" e intrighi-strategie. Laughing
    Non c'è uno sport più "politico" del ciclismo, perché gli attori sono tutti in campo (più o meno).
    Un vero risiko rompicapo, intriso di Monopoli e Diplomacy (il gioco di strategia).
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    Messaggio Da Lemond Ven Giu 26, 2015 9:23 am

    La Cap-Briançon era stata la tappa che aveva consacrato Fausto Coppi e per questo fu chiamata "Souvenir Fausto Coppi" ed il vincitore avrebbe ricevuto, con una doppia razione di gloria, anche un piatto d'argento. Sacchetti di sabbia e terra prelevati sull'Izoard e sul Galibier sarebbero stati trasportati sulla tomba di Fausto il giorno successivo. Alla sera la squadra italiana era stata raggiunta da Campagnolo e da tanti altri che avevano dato lustro al mondo del ciclismo italiano; era previsto anche l'arrivo del vecchio Pavesi. La stampa italiana aveva fatto circolare la voce di un peggioramento della malattia di Nencini al fegato e questo fatto provocò trambusti e illusioni. Il primo a caderci fu il belga Plankaert: "Nencini oggi salterà in aria ed io posso ancora vincere il Tour". 
    La tattica che gli italiani dovevano seguire era stata impartita da Binda con ordini secchi e precisi, che non ammettevano repliche: niente fughe prima del Vars: Gastone doveva avere come riferimento Massignan, mentre Battistini avrebbe avuto una libertà limitata, senza cioè danneggiare la maglia gialla e tutti dovevano marcare strettamente Adrianssens, Anglade, Plankaert e Junkerman. Anquetil disse una cosa ovvia: gli attacchi ci sarebbero stati solo sugli ultimi due passi; e una meno ovvia: fare attenzione a Battistini, perché, in un Tour avaro di scalatori, il vero asso nella manica di Binda poteva essere lui. Alle 11 e 25 il gruppo prendeva il via e fino alle pendici del Vars sembrava di assistere ad una processione, completa di ogni rito: gli italiani in testa al gruppo, gli spagnoli compatti in coda, francesi e belgi attenti.
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    Messaggio Da Lemond Sab Lug 11, 2015 9:26 am

    Preoccupati per le spinte, gli organizzatori hanno predisposto un servizio d'ordine simile a quello preparato per la visita di un Capo di Stato. Wink 
    Il primo attacco è di Rostollan e cedono subito Baffi, Defilippis, Sabbadin, e Graf, mentre Nencini è fra i primi e Baldini ansima in fondo al gruppo. A 6 km. dalla vetta, come promesso, attacca Anglade, ma la sortita dura poco, perché Adrianssens e Battistini gli si portano a ruota e, con loro, la prima parte del gruppo. Finita l'avventura del francese, comincia quella degli azzurri, ben più rilevante: nell'ultimo, e più arduo tratto di salita, accelera Imerio Massignan e il gruppo si sfoltisce ancora: in testa ne restano una ventina. In vetta Imerio passa per primo, seguito dal piccolo regionale Rohrbach e poi da Battistini, Sutton e Gimmi. A 10" Nencini, Panmbianco, Pavard, Plankaert, Adrianssens, Graczyc, Rostollabn e Anglade. Nella discesa su Guillestre l'andatura si smorzata e rientrano in molti. Poco dopo Maison du Roy, forano Nencini e Adrianssens e Anglade, con i suoi, ne approfitta per scatenare l'inferno: la squadra francese è al completo in compagnia di uno svizzero (Gimmi), di un belga (Plankaert) e di un tedesco (Junkermann), mentre i due italiani rimasti (Battistini e Massignan) sono intenti a rompere i cambi. Quando si intravedono i tornanti dell'Izoard avviene il ricongiungimento, grazie a una "trenata" tremenda di Nencini e quando Anglade vede il toscano alle sue spalle, grida, in preda allo sconforto: "Encore lui!"
    L'Izoard è da sempre la vetta del Tour (2360 mt.) e quell'anno la montagna è popolata di italiani e lo spettacolo è impressionante e commovente, al contempo. Wink  Nel tratto di 10 km. bruciato dal sole e, in parte, sterrato si giocano le ultime carte del Tour. I francesi lo sanno e tentano di nuovo, ma invano e, quando in uno sventolio di bandiere e fazzoletti verdi bianchi e rossi, scatta Pambianco, la folla si ferma, ammutolita. perché vede quasi tutta la squadra francese cedere. A 7 km. parte anche Massignan e pure Anglade, insieme a Lorono e Suarez, cede. In testa sono rimasti davvero in pochi, fra cui quattro italiani e nessun francese importante. Al passaggio delle case deserte, dopo un gesto d'intesa, lasciano la compagnia i gemelli della Legnano. mentre a un Km. dalla vetta scatta a sua volta Nencini, provocando il cedimento di Adrianssens. Il successo degli italiani pare completo, tanto più che all'arrivo mancavano 24 km, di cui 21 in discesa e se Gastone si era comportato così bene in salita, cosa avrebbe fatto in quella difficile e spericolata pendenza, adatta alle sue acrobazie?
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    Messaggio Da Lemond Ven Set 04, 2015 10:11 am

    Quel giorno la fortuna dette una mano alla maglia gialla ed evitò che un errore si trasformasse in tragedia. In quei tornanti, all'inseguimento dei due della Legnano restano in tre: Plankaert, Nencini e Pambianco. Il belga affronta una controcurva a velocità eccessiva e riesce a chiuderla per miracolo. Pambianco, nella sua scia, ondeggia e grida a Gastone: "Attento!" Ma l'avvenimento giunge tardi e Nencini frena e va diritto ... ma per fortuna sotto c'è un campo e la folla lo guarda incredula mentre scende, si carica la bicicletta sulle spalle e si riporta sulla strada, ove, ad attenderlo, era rimasto Pambianco. Wink Farolfi, al seguito del Tour su una moto dell'organizzazione, fu il primo ad informare Radio-Tour di quell'incidente, per fortuna, senza conseguenze e all'arrivo la notizia arriva quanto i due italiani si stanno disputando la vittoria. In effetti non ci fu vera volata, perché Massignan ha tirato troppo, convinto dalle promesse dell'altro, per poterla disputare e dovette lasciare "via libera" a Battistini, per poi sfogarsi, piangendo, fra le braccia di Campagnolo. Nencini arriva solo 27" dopo, quasi insieme alla notizia della caduta. Very Happy  Adrianssens a 1'25", mentre Anglade, distrutto, a 3'33". A testa bassa, svoltò subito dopo lo striscione in cerca dell'albergo e del solito giornalista amico. Per lui il 47° Tour era finito. La classifica generale era piuttosto cambiata e Battistini era terzo a circa un minuto dal belga, secondo. Nei primi dieci anche Pambianco e Massignan e ormai si poteva dire che, dopo il predominio dei francesi dal 1953, la squadra italiana ormai stava dettando legge. Ma tutto questo, non bastò ad eliminare dissapori e vecchie ruggini ...
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    Messaggio Da Lemond Ven Set 18, 2015 8:53 am

    Massignan, dominatore del Vars e Izoard, era ottenebrato dalla rabbia verso Battistini, suo compagno di squadra, che non gli aveva lasciato la prima vittoria in carriera! L'altro si giustificò con l'abbuono che gli era molto utile per arrivare secondo in classifica. Nencini invece rilasciò dichiarazioni improntate alla massima tranquillità sul fatto che non avesse mai tirato dietro ai due ragazzi della Legnano, però c'era chi sosteneva che stava per nascere un antagonismo fra i due toscani e qualcuno giurava di aver sentito Pavesi impartire ordini precisi a Binda affinché operasse una scelta chiara a favore del suo protetto. confused 
    Binda si limitò a prendere atto che le punte dell'Italia erano due, come alla partenza, solo che, al posto di Baldini, ora c'era Battistini. 
    Gastone si allarmò a queste dichiarazioni, perché conosceva bene come Graziano fosse arrivato in quella posizione: la copertura che gli aveva assicurato la squadra, permettendogli di concludere positivamente le sue fughe e ora quel suo comportamento leale gli si rivoltava contro!  Evil or Very Mad Pertanto doveva cambiare tattica e sulla strada di Aix les Bains avrebbe messo alla prova Battistini e, se quelle salite non fossero bastate, ci sarebbe sempre stata la crono di Pontarlier. Insomma era comunque fiducioso. Wink

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