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    Gastone Nencini

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    Messaggio Da Lemond Lun Set 15, 2014 9:49 am

    In Giallo al Parco dei Principi al T.d.F. del 1960 di Riccardo Nencini

    Prefazione di Alfredo Martini

    L'opera, affascinante e scorrevole, racconta una delle battaglie più ardue che "il Leone del Mugello" dovette sostenere per aggiudicarsi quel Tour, fra i più duri e combattuti. Qui si raccontano tutti i fatti di quell'estate 1960, che appaiono in tutta la loro forza, senza veli: le lotte intestine alla squadra azzurra, l'accesa, ma leale rivalità con Rivière, le gioie e i dolori di Gastone. Nencini ha avuto molti attestati di merito, ma uno in particolare deve avergli procurato grande sodisfazione, quando Goddet, nel Tour del 1956 a Grenoble, scavalcò le transenna e andò a stringergli la mano. Un gesto come quello dal "patron" del Tour voleva significare molto. La storia della Grande Boucle 1960 è la storia di un uomo, di un combattente nato, portato naturalmente ad attaccare anche senza fare tutti calcoli del pro e contro. Quando raggiungeva un successo provava di certo la gioia del vincitore, ma in più lui ne otteneva un'altra: la sodisfazione di aver vinto su sé stesso, prima che sugli altri. Una delle componenti più significative della sua personalità fu la coerenza, perché in tutta la vita ha agito da uomo di grande coraggio e si è sempre curato poco di non commettere errori, come accadde anche in quel Tour. Di carattere un po' scontroso, non si piegò mai a nessun compromesso e seppe conquistare, forse proprio anche per questo, grandissime simpatie. La sua spontaneità, quel lottare continuo senza darsi mai per vinto lo portò in alto, ma alcune trasgressioni inerenti le leggi che dovrebbero regolare la vita di un atleta non gli hanno permesso di vincere di più, soprattutto nelle corse di un giorno. La vita monastica non faceva per lui e molte volte non si presentò alle gare con quella preparazione che gli avrebbe permesso di gareggiare ad armi pari con i più seri/osi. Wink
    In Giallo al parco dei Principi riporta alla luce i colori, gli affreschi, le felicità e tristezze di un ciclismo particolare, quello degli anni eroici e, dopo Coppi, un italiano tornava protagonista nella corsa a tappe più prestigiosa, ma più che un italiano ... un uomo. Wink
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    Messaggio Da Lemond Gio Set 18, 2014 9:45 am

    "Per giudicare un uomo bisogna essere almeno nel segreto dei suoi pensieri, altrimenti si fa solo cronologia" O.de Balzac

    Nello sport del dopoguerra il ciclismo, grazie alle imprese di Bartali e Coppi, aveva assunto in Italia una posizione di tutto rilievo. Delle due ruote parlavano tutti, sia i media che l'uomo della strada. Wink Negli anni Sessanta si era ad una svolta, perché l'epoca mitica dell'eroe solitario, narrata per radio dai cronisti famosi, lasciava pian piano il passo alle esigenze della TV, con la presenza, sempre più marcata della pubblicità e degli sponsor. Nei Giochi Olimpici di Roma la nostra disciplina cominciava però a mostrare qualche segno negativo: l'età dell'oro dei Coppiani e Bartaliani si era conclusa tragicamente e il ciclismo aveva affidato gli onori della ribalta soprattutto a campioni stranieri, Bobet, Poblet, Gaul, Bahamontes, Anquetil, Rivière, mentre agli italiani restavano solo buoni piazzamenti, oltre a qualche speranza che avevano nome Nencini e Baldini. Nel 1957 e '58 i due si erano aggiudicati il Giro (e il romagnolo anche i mondiali a Reims), ma il Giro, obiettavano i cronisti degli altri paesi, lo correte in casa, fra favori di ogni genere: dalle spinte gratuite in salita, fino alla scelta dei percorsi più adatti ai vostri atleti. Il Tour, aggiungevano ironici, sarà per voi irraggiungibile. In effeti erano passati già nove anni dall'ultima vittoria italiana. Il Tour è sempre stato la gara ciclistica di maggior prestigio e la sua fama la doveva ad un insieme di fattori irripetibili in altri Stati: la partecipazione immensa del pubblico, l'alto livello organizzativo, la quantità di premi in palio, la qualità dei servizi di informazione il prestigio delle sue montagne. Il Tour valeva più di un mondiale, di un Giro e di qualsiasi altra classica presente e futura. Very Happy Nelle tre settimane di corsa prima plasmava le gambe, poi asciugava i polmoni fino a renderli secchi e bruciati e ... accendeva speranze per poi realizzarle o sfumarle. Nel 1958 un piccolo italiano (Vito Favero) era finito dietro al grande Gaul e questo piazzamento ci aveva fatto sperare molto, perché senza il Tour il ciclismo italiano restava orfano dell'alloro che da solo riusciva a farti fare la parte dell'attore protagonista. Wink
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    Messaggio Da Lemond Mer Set 24, 2014 9:27 am

    Il '60 era cominciato bene per Nencini. Professionista dal 1953 con la Legnano, si era messo in luce per la prima volta nel '54 sul Dente di cane in Campania con un allungo che costrinse Coppi a stringere parecchio i denti, per non perdere le ruote e poi terminò quel suo primo Giro come miglior giovane. Nel 1955 secondo Giro sfiorò addirittura la vittoria e solo la sfortuna e la coalizione contro dell'accoppiata Coppi-Magni poté togliergliela! Quel giorno forò due volte, cadde, cercò invano l'aiuto dei compagni di squadra e, non trovandolo, fu costretto ad inseguire da solo quel tandem formidabile e a San pellegrino dovette lasciare la maglia rosa, che ormai sembrava dovesse portare a Milano, ma la stampa e la critica sportiva lo considerarono il vincitore morale. Fu in quell'anno che nacque il discesista Gastone, degno erede di Fiorenzo Magni, anche se di quest'ultimo più forte in salita. Nel 1957 cambiò squadra e, con la Chlorodont riuscì a vincere il Giro, dopo aver strappato la maglia a Gaul che, nella 18a tappa giunse staccatisimo e non solo per la storica fermata (tecnico-idraulico-fisica) come la definì Bruno Roghi. Bartali, al termine di quella tappa, lo abbracciò, commosso. Al Tour dello stesso anno, vinto da Anquetil, conquistò G.P.M, due tappe ed è sesto in classifica generale, anche se ... (cadute e disattenzioni), ma non era quello il suo anno.
    Il '60 dicevamo era cominciato bene, fin da febbraio tutto sembrava andare sotto una buona stella e già all'inizio di stagione si impone al G.P. di Nizza e ottiene altri buoni piazzamenti in corse dove non aveva mai brillato. Arriva al Giro con la speranza di ottenere di nuovo quella maglia prestigiosa che ha vestito più volte anche "a dispetto dei santi". Gastone infatti è un "antieroe" nel ciclismo e nella vita, è troppo timido ed è un pessimo sarto di sé stesso nelle relazioni pubbliche, però non va mai a rimorchio degli altri, sempre in testa, con coraggio che sfiora la temerarietà, sempre là a guadagnarsi la razione quotidiana di gloria e dolore. E' un corridore atipico soprattutto per quel suo carattere che non sopporta strategie complesse: va diretto allo scopo, anche se talvolta così facendo si priva di vittorie probabili. Sad Nel '60 gli obiettivi sono Giro e Tour, anche se l'accoppiata è difficile (solo Coppi per il momento) e in Italia la classifica finale lo dichiara perdente per 28 secondi da Anquetil, a causa (è ovvio) della cronometro, dove il francese è il migliore del mondo. Quei pochi secondi non lo irritano, né lo rendono inquieto o demotivato, anzi lo spronano per la prossima avventura in terra di Francia. A Bilancino lo salutarono tutti con uno sgrammaticato "Forsa Gastone". Wink


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    Messaggio Da Lemond Dom Set 28, 2014 10:12 am

    Il 19 maggio 1960 aveva preso il via il Giro, alla sua 43a edizione, con due squadre straniere (su 14): la Fynsec di Anquetil e la Faema di Van Looy. In esso ci saranno molte tappe di montagna e una delle più lunghe cronometro mai disputate in Italia: la Seregno-Lecco di 68 km. Alla terza tappa Nencini cade e Anquetil, giunto con i primi, strappa la maglia rosa a Venturelli, ma da corridore esperto (ancorché giovane) il normanno penserà bene di cederla ad un carneade belga, della squadra di Luciano Pezzi, perché quella maglia produceva più oneri che onori. Prima delle Alpi non succede quasi niente: una vittoria per J.A. nella cronoscalata delle Cave di Carrara e G.N. batte Van Looy allo sprint sul traguardo di Sestri Levante. Al traguardo di Cervinia , Gastone precede Jacques e la prima puntata sulle Alpi si chiude con Nencini terzo in classifica, Anquetil quinto, Gaul sesto e Ronchini nono. La Seregno-Lecco è alle porte e sono in molti a metterne in luce l'importanza, per gli esiti finali del Giro. Jacquot, mirabile a vedersi, potente nella pedalata e impeccabile nello stile, riesce a terminare a oltre 45 kmh, mettendo f.t.m. 53 corridori! Nencini soffre quel percorso e giunge con 4' e 26" di ritardo dal grande Jacques, ritrovandosi in classifica a 3' e 40". Il Giro si deciderà sulla tappa del Gavia, quella dove Massignan fora due volte e sarà superato da Gaul, che va a vincere, mentre Gastone ha staccato Anquetil sulle ripide rampe di S. Caterina di Valfurva e arriva a Bormio con un minuto di ritardo dal lussemburghese. Anquetil è settimo a 2 e 34 da Nencini, quanto basta per salvare il suo Giro. però c'è da dire che Nencini aveva corso da solo, come il Grande Imerio Massignan, mentre Anquetil si era valso della preziosa collaborazione di Carlesi e Colletto nei 28 km di pianura finali, altrimenti quei 28" ... Sulla pista del Vigorelli, cominciarono le prime consultazioni per la formazione della squadra azzurra per il 47° Tour de France. Wink
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    Messaggio Da Lemond Lun Ott 06, 2014 8:33 am

    Cinelli, Presidente dell'A.C.P. dice che per la squadra al Tour siamo in un mare aperto e molto dipenderà dalla scelta dei capitani. Si parla dunque al plurale e non di un solo "leader" e i nomi sono Baldini, Massignan e Nencini. Intanto si sa che Anquetil non parteciperà, così come Bobet, Gaul, Ronchini e Carlesi. Lo schieramento di Massignan è ostacolato dal vecchio Pavesi, per timore che Imerio sia sacrificato come quasi gregario. Quando, sulla stampa sportiva di sabato 11 giugno, compare la lista dei 14 convocati, scoppia il "finimondo". Bartali è il primo a reagire: " non capisco il no a Venturelli, quando si dànno 4 gregari a Baldini, gente la cui capacità è quantomeno dubbia? Protesta poi Colletto, la cui esclusione dipende, sembra, dall'aiuto improprio che ha dato ad Anquetil all'ultimo Giro. Infine si sottolinea che su 14 atleti, ben 12 rappresentano 3 squadre: Ignis, Carpano e Legnano e in questo modo molti giovani promettenti sarebbero rimasti a casa. Cos'era successo dunque? Proietti, patron della Ignis, aveva chiesto a Binda di includere non meno di 5 corridori fedeli a Baldini e Alfredo ne aveva convocati, se non cinque, comunque quattro. Ma il C.T. vedeva soprattutto in Nencini l'uomo più forte e a lui almeno tre compagni doveva darglieli e siamo già a nove (su 14). In ogni modo, pur fra le polemiche, la squadra italiana sembrava la più forte dai tempi di Coppi e Bartali e gli esperti si dividevano fra Baldini e Nencini per stabilire chi fosse il più forte. Quando il treno con i corridori partì dalla stazione di Milano per Lille, in molti erano convinti che già tre giorni dopo, A Bruxelles, un italiano avrebbe vestito la maglia gialla, probabilmente Baldini. Nelle stesse ore Rivière leggeva un articolo su un quotidiano locale a firma di R. Geminiani: "Roger dovrà vincere sé stesso, accettare la lotta, brutalizzare il suo temperamento. Solo a tale prezzo può vincere il Tour, perché il tempo delle cose facili è finito; vai e fatti forza!" Da parte sua Gastone rilascia una quasi intervista a un giornalista del Parisien liberé, suggerendogli di scrivere che quel Tour lo avrebbero deciso le montagne e quando dico montagne intendo parlare di salite e discese, precisò il toscano. La storia di quel Tour gli avrebbe dato ragione.
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    Messaggio Da Lemond Dom Ott 12, 2014 10:09 am

    Ogni giornale sportivo italiano aveva inviato in Francia i suoi migliori rappresentanti, fedeli ad una tradizione che rendeva la stampa nostrana invidiata e temuta nel mondo. (nota mia, e pensare che ora siamo ridotti a Beppo Conti!), Stadio, alla vigilia titolava "Un Tour per noi?" La Gazzetta apriva con un titolo altrettanto cauto "Un Tour per tutte le ambizioni" lasciando intendere quanto fosse difficile avanzare previsioni sugli esiti finali della G.B. 1960. Su di una cosa erano certi tutti i giornalisti: il Tour non partiva a caso da Lille, la città, chiamata a tenere "a battesimo" (nota mia, espressione molto brutta, ma ... ) la 47a edizione. Questo ex capoluogo delle Fiandre appariva scintillante, pur sotto il cielo cupo e una leggera nebbia, abituale a queste latitudini. I registi del Tour (Goddet e Levitan) l'avevano scelta in omaggio al Presidente C. De Gaulle, in un momento di difficoltà per la Francia, a causa dei continui attacchi dell'O.A.S. La conferenza di Melun, per le trattaive franco-algerine si inaugurava proprio quel giorno (ma solo quattro giorni dopo sarebbe fallita. Sad ) Le strade erano affollate di tifosi di ogni nazionalità e gli alberghi erano, da tempo, strapieni, e tutto quel movimento, superiore di gran lunga agli anni passati, stava a indicare che il luogo della partenza era stato indovinato. Nell'anno delle Olimpiadi il Tour de France non aveva fallito l'appuntamento con la "grandeur". Wink Le due squadre favorite: Francia e Italia alloggiavano vicine e i due alberghi furono ben presto presi d'assalto da fotografi, giornalisti, tifosi e curiosi, tutti in cerca di notizie e magari di "scoop". Anche la pubblicità si era ormai presa una fetta consistente nel mondo del ciclismo e alcune marche famose facevano bella mostra dei loro marchi un po' da per tutto. Wink
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    Messaggio Da Lemond Sab Ott 18, 2014 8:32 am

    La Legnano aveva già distribuito 1.000 cartoline di Imerio Massignan, e grosse promozioni stavano facendo anche la Ignis, fiera degli allori di Ercole Baldini e la Carpano, premiata azienda vinicola piemontese, le cui speranze di farsi meglio conoscere sul mercato francese erano affidate alla forza e alla passione di Gastone Nencini, costretto quel giorno a ritardare la passeggiata quotidiana da una turba di sportivi in cerca di autografi. La squadra francese era dominata dalla personalità di Rivière: il bello. Egli era accreditato come l'astro nascente del ciclismo francese e l'anti-Anquetil per eccellenza, molto più del giovane Poulidor. Nel 1958, al Vigorelli di Milano, aveva stabilito il nuovo record dell'ora, superando i 47 Km. Anquetil non nutriva troppe simpatie per quel sorriso sempre cordiale dell'altro e aveva detto al Miroi Sprint di non aver voluto correre il Tour, perché " ... solo correndo all'italiana avrebbe potuto accettare di far parte della nazionale francese". Cioè facendo il capitano unico, ma i bene informati sapevano che Bitot non avrebbe mai scelto a favore di Jacques contro Roger. In ogni modo il primo era reduce da un Giro molto stremante, terminato due settimane prima e non si trovava nella forma migliore e quindi il Tour l'avrebbe fatto, ma da giornalista, come Bobet e Geminiani. Wink Si profilava comunque un Tour dalla opposte ambizioni e delle sfide senza fine fra italiani e francesi, come a Barletta in altri tempi. Wink Ma la rivalità crescerà anche all'interno delle squadre fra capitani e "outsiders"; i dubbiosi possono leggere, come testimonianza, questo passo del Guerin sportivo del 27 giugno, arguto e mordace come pochi, scritto dopo le prime due semitappe, che avevano dato a Nencini la maglia gialla, come a Bartali nel 1948. Smile " ... ora che l'astuto Nencini, che certo non era considerato il gallo n. 1 nel pollaio azzurro, ha tagliato la testa al toro, .. Binda si trova con le spalle al muro, anche se solo lui può far perdere il Tour al vero capitano, sacrificando la squadra ai servigi dell'ex rapido di Forlì (Baldini) e del gambacorta di Vicenza (Massignan) o del Pambianco che, pur essendo di segala, si spaccia per brioch." Very Happy Certo negli scontri interni non c'era nessuna novità, rientravano nella storia della competizione da quando H. Desgrange aveva deciso di organizzare il Tour per squadre nazionali. La partecipazione italiana è piena di dualismi feroci, a cominciare dal 1930 con Binda e Guerra, per continuare con Ronconi e Brambilla e finire con Bartali e Coppi. Wink
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    Messaggio Da Lemond Ven Ott 24, 2014 10:11 am

    Italia e Francia avevano i favori del pronostico alla partenza fra le tredici squadre e la nostra nazionale aveva almeno tre uomini su cui puntare, con Massignan un po' indietrio rispetto agli altri due. Imerio era arrivato quarto al Giro ed era il più giovane della squadra. Anche G. Battistini era debuttante al Tour e, toscano di nascita, si era trasferito fin da piccolo in Liguria, al Giro non aveva avuto fortuna, ma il Tour lo consacrerà come una vera rivelazione. Nino De Filippis, detto "il cit" era lo sprinter ufficiale e sarebbe stato ben spalleggiato da Baffi e Bruni. Pambianco era una specie di battitore libero, ma saprà dare grande continuità e precisa esecuzione alla strategia di Binda. Arnaldo, soprannominato "Gabbenein" per le lunghe e larghe giacche che portava, aveva vinto da dilettante oltre 30 gare e nel 1957 si era piazzato ai mondiali di Waregem e questo lo aveva fatto diventare antogonista del quasi paesano Baldini (Bertinoro vs Villanova di Forlì). Di Rivière e della Francia abbiamo già detto, ma possiamo aggiungere che, malgrado l'assenza di Anquetil, appariva ben equilibrata. Darrigade e Graczyk (entrambi molto amici di Jacques) avevano il compito di colpire in volata. I potenti mezzi e la classe matura facevano di Anglade un possibile pretendente alla maglia gialla, ma solo se il rapporto con Rivière non fosse sfociato nei drammatici diverbi che, dopo Lille, divideranno l'équipe di Bidot. Anche Cazala, secondo Baldini, sarebbe stato un altro candidato al primato. la Francia presentava anche quattro formazioni regionali, però, a differenza di quanto si potesse credere, i rapporti fra regionali e nazionali saranno alquanto tesi. Da parte dei nazionali infatti vigeva la regola del "disprezzo" e gli altri reagivano, cercando di far valere le loro ragioni in corsa, cioè non aiutando i colleghi nel momento del bisogno. Wink
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    Messaggio Da Lemond Gio Ott 30, 2014 8:59 am

    Il vincitore del 1959, Bahamontes beveva in continuazione thè tiepido, a causa dell'aerofagia ed era sottoposto a una dieta ferrea, ma prima di Bordeaux, sosteneva: "Sarò di nuovo in forma". Con l'Aquila di Toledo, la Spagna schierava il vecchio Lorono e alcuni giovani, non di grande interesse. Il c.t. belga (Ronsse) aveva dovuto rinunciare a elementi di spicco, in particolare Van Looy, che aveva disputato un ottimo Giro e così la squadra era impostata a tre punte, con Adrianssen un gradino sopra gli altri (Planckaert e Hoevenaers). L'aria, quasi di casa, che si respirava a Lille, faceva pensare a un immediato attacco dei belgi, tanto più che il giorno dopo la corsa entrava a Bruxelles per la prima cronometro. Svizzera e Germania nutrivano poche speranze di ben figurare, solo Rolg Graf, un buon passista, poteva ben figurare per i primi e Junkerman è l'unico che può far sventolare in alto la bandiera teutonica. Debole anche l'Olanda con il collaudato Van Est a far "da balia" a pochi giovani, quasi sconosciuti. Forte, ma senza compagni, l'inglese Simpson, noto nel mondo delle due ruote per le sue battute e per le simpatiche bugie.
    Da questa breve rassegna, si evince che l'unica previsione possibile era uno scontro frontale fra italiani e francesi, così come poche settimane prima in Italia. Lì c'era stata la vittoria, la prima, di un transalpino al Giro, con Nencini secondo, ma non domo, né stanco. Wink Lille pareva l'occasione attesa della rivincita, anche se era presto per pronosticare quale fra gli azzurri avrebbe potuto tingersi di giallo al Parco dei Principi domenica 17 luglio. Prima di allora c'erano 4.236 km. di corsa, con due tappe di montagna sui Pirenei e tre sulle Alpi ad attendere la carovana in partenza, attendata, quel sabato sera, nei saloni immensi della Fiera, tra miss strette in gonne attillate, speakers di cento nazioni e giornalisti impegnati a preparare i loro pezzi. Wink
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    Messaggio Da Lemond Ven Nov 07, 2014 10:06 am

    Lille fremeva il mattino del 26 giugno 1960 e così pure i ciclisti azzurri, specie quelli della Carpano. Si erano coricati tardi, nella vana attesa del camion della loro società, che doveva portare le biciclette. Solo dopo mezzanotte il prezioso contenuto era stato scaricato, insieme ad alcune casse di vino e il sonno di costoro si era fatto più tranquillo. Il protocollo di partenza prevedeva un minuto di silenzio in omaggio a Fausto Coppi, morto nel gennaio di quell'anno, poi alle 10 e 15 via verso Bruxelles, per la semitappa. Nonostante la brevità il percorso è insidioso, perché ci sono molti km. in pavé, reso viscido dalla pioggia: E' in uno di questi tratti che quasi tutti si aspettano l'attacco dei belgi. Conquistare cento metri di vantaggio sull'acciottolato significa mettere una seria ipoteca sulla vittoria. Nei tratti di pavé il gruppo si allunga e a Enghien il belga Hovenaers parte imperioso, seguito solo da Bruni, ma i migliori reagiscono e in testa, dopo poco, sono in 29. In un tratto di asfalto, successivo, si involano dal gruppo di testa Nencini, Simpson, Barbosa, Adrianssens, Anglade e ancora Hovenaers, i quali sono poi raggiunti da altri otto, fra cui un altro belga Schepens. L'assenza di Rivière stimola l'andatura, specialmente grazie ad Anglade in guerra aperta con il detentore del record dell'ora. L'arrivo era al celeberrimo (dopo e purtroppo) stadio dell'Heysel e, proprio all'ingresso, Nencini rallenta vistosamente: "Ho sentito un colpo secco e ho avuto il timore che mi fosse scoppiata una gomma". Allo sprint Schepens vince davanti a Hovenaers e Nencini (ripartito). Scesi di bicicletta i ciclisti sono affrontati con prontezza da un tipetto con una croce rossa sul braccio, che sfregava sui loro polsi un pezzetto di ghiaccio per alcuni secondi. Ghiaccio e massaggi, sosteneva Fras Decuyer (il tipetto) riattivano la circolazione intorpidita dai lastroni di pietra del pavé. Alla vista di Schepens in maglia gialla, Hovenaers bestemmiò a lungo (quelli sì che erano uomini Wink ) e aggiunse che se avesse perso il Tour per meno di 15" (l'abbuono) gliela avrebbe fatta pagar cara al gregario! Rivière giungerà con 2'19" di ritardo, insieme ai nostri Pambianco e Defilippis; Baldini e Bahamontes a 3 minuti e Gracsyk, distrutto dal pavè a più di 5. Massignan era caduto sul primo tratto di pavè e Baldini era rimasto attardato per questo ed era inconsolabile, però avrebbe avuto la possibilità di riscattarsi nella semitappa a cronometro del pomeriggio. Binda invece si fregava le mani per l'ottimo comportamento di Nencini. Wink
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    Messaggio Da Lemond Ven Nov 14, 2014 9:25 am

    Il tempo di mangiare pollo lesso, miele e marmellata e già Falaschi, il primo dei partenti era pronto per lasciare l'Heysel. Lo stadio era strapieno e sembrava tutto dovesse filare liscio, tranne una pecca nell'organizzazione: fecero partire in maglia gialla sia Schepens (vincitore della semitappa) che Bahamontes, che aveva primeggiato al Tour 1959. Il percorso presentava non poche difficoltà, in particolare diversi tratti in pavé. Nencini, che aveva qualche linea di febbre, era quasi digiuno e temeva questa cronometro, anche perché pensava che Rivière avrebbe ottenuto un tempo eccezionale, così come aveva fatto Anquetil nella crono del Giro. All'intertempo del 15° Km. Bahamontes aveva 21'10" il che non era granché in quanto Defilippis registrava 20'48", e quel tempo abbe poco spazio per farsi applaudire, perché poco dopo un urlo della folla accompagnava l'annuncio del 19'20" di Nencini. Wink che, con quel vento che tagliava il viso, era riuscito a far meglio di Baldini e di Rivière. Gli italiani, assiepati sugli spalti dello stadio avevano intuito che qualcosa di buono stava per succedere e facevano un gran baccano, spalleggiati dai belgi che avrebbero fatto carte false per non vedere un francese in maglia gialla. Dopo 41'53" dalla partenza arrivò Nencini, ad una media di 40,111. Quando giunse Baldini, sta imprecando per un guasto al cambio e il suo tempo (42'43) lo collocherà lontano dai primi. La sorpresa si chiama Trep, uno svizzero che con 42'09 sarà terzo. Sicuro di non aver vinto Gastone si allontana dallo stadio, mentre arrivavano Pambianco (VI) r Simpson (nei primi dieci). E Rivière? La sua grandezza nelle cronometro esplose negli ultimi 10 km. tutti in pavè, volati con un rapporto lunghissimo e, nonostante il ritardo all'intermedio, fermò le lancette a 41'21", 32" in meno dell'taliano. Ma anche Roger imprecava contro il cambio, perché il 54 non glie era mai entrato! Gastone era chiamato per il giro d'onore, perché con il terzo della mattina e il secondo nel pomeriggio si era aggiudicata la maglia gialla. A Raschi, che gli si avvicinò per complimentarsi, sussurrò:" Spero di tenerla per qualche giorno, ma stasera ne parlerò con Binda e i compagni e decideremo che cosa fare. So già che domani gli avversari mi faranno piangere!" Si capiva bene che in lui c'era il dilemma fra cuore e ragione.
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    Messaggio Da Lemond Gio Nov 20, 2014 9:04 am

    Dalle dichiarazioni di quel giorno nella squadra italiana si capiva qualcosa: gli azzurri non avevano un capitano unico e neppure le prima due frazioni servirono a darne uno, perché Binda amava ripetere che la "grande Boucle" si sarebbe decisa in montagna e quindi il c.t, accusato da qualcuno di puntare su Baldini, non riteneva che fosse ancora giunto il momento per rimescolare le carte. Tenera la maglia gialla fin dalla prima tappa sarebbe stato difficile e avrebbe significato mettere tutta la squadra al servizio di essa, quando ancora le montagne erano troppo lontane. Sad Quella notte probabilmente Binda non riuscì a dormire con il pensiero alla strada del giorno dopo, ma soprattutto non sapeva come fare ad arrivare ai colli secchi dei Pirenei e alle cime, più alte delle Alpi.
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    Messaggio Da Lemond Mer Nov 26, 2014 9:39 am

    Lunedì, 27 giugno: seconda tappa. Si arrivava a Dunkerque, dopo più di 200 km. quasi tutti piatti e Gastone appariva teso e nervoso, quasi intimorito dal giallo che aveva addosso; per ingannare il tempo, si pettinava di continuo. Binda aveva dato disposizioni precise: difendere il primato sì, ma senza doverci morire; era giusto e Nencini ne era consapevole, perché non sarebbe stato giusto chiedere alla squadra di sacrificarsi già dalla seconda tappa. Però conosceva anche sé stesso e sapeva di non essere capace di assoggettarsi al calcolo e, ai fratelli che erano rimasti in Italia, disse per telefono: "Cercherò di applicare i piani, ma con un buon margine di fantasia". Wink La tappa, come detto, era in pianura, ma c'era ancora il pavé e si sa che ... In effetti si sarà fuoco e fiamme, con i francesi all'attacco, Simpson scatenato e Nencini e gli azzurri, ma non tutti, a contenere le continue fughe. A Gand, città di Carlo V e dai sessantaquattro ponti, coglieva l'occasione buona per la fuga Simpson che, come aveva detto a tutti, voleva indossare la maglia gialla. Però l'inglese sta davanti 3 Km, ma poi si arrende. A 80 km. dall'arrivo comincia un nuovo pandemonio e Bahamontes arranca a 4 minuti, mentre davanti c'è ancora Simpson con altri altri cinque, fra cui Graczyk. Nencini, con altri tre azzurri e i francesi Rivière e Anglade, tenta di riagganciare i fuggitivi, ma non riesce, mentre arriva la notizia dell'abbandono dell'Aquila di Toledo, vincitore del Tour l'anno precedente. Di questo ritiro si interessa anche il generalissimo Franco, acceso tifoso dello spagnolo. E a Dunkerque corre voce che i compagni di squadra lo avevano messo alle strette per la divisione dei premi e non si era trovato un accordo! Per lui quel giorno il Tour era finito per sempre.
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    Messaggio Da Lemond Ven Dic 05, 2014 9:03 am

    E gli altri favoriti? Baldini era rientrato negli ultimo Km. Rivière aveva patito gli scatti dei suoi ed era arrivato a 44" da Privat. In classifica Nencini manteneva la maglia gialla, Simpson secondo a 22", Rivière a 1'32", Baldini a 3'50". Ad una tappa ricca di eventi seguì un dopo-tappa altrettanto ... La polemica infuriò in ogni squadra e la stampa riportò il più possibile. I francesi accusavano Bidot di sabotaggio nei confronti di Graczyck che, con l'aiuto di Privat (se fosse stato fermato) avrebbe potuto indossare la maglia gialla. Dei belgi, passivi fino all'inverosimile, si diceva che fossero in corsa, specialmente quelli della Carpano, solo per aiutare Nencini! Binda invece era sodisfatto del comportamento della squadra, ma la stampa invece non è concorde, perché, se Raschi accetta in pieno la tesi di Binda, Roveri invece su Stadio scriverà che pochi gregari hanno aiutato il leader e Baldini poi ha lasciato sempre da solo Gastone Nencini. A questo punto anche noi dobbiamo dare la nostra opinione:" La squadra azzurra non aveva ancora un capitano unico e Baldini era ancora protetto, quindi non stava a lui aiutare Gastone e ha già fatto parecchio quando si è messo in testa negli ultimi Km. Battistini e Massignan si sono nascosti, è vero, ma quel tipo di tracciato non era fatto per loro e De Filippis, infine, non era in giornata." Voltiamo pagina e pensiamo alla nuova offensiva francese prevista per l'indomani, durante i 209 Km. che da Dunkerque porteranno a Dieppe. Wink
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    Messaggio Da Lemond Ven Dic 12, 2014 10:08 am

    I corridori italiani risiedevano a Malo-Les-Bains, dove i pezzi grossi dell'industria cotoniera di Lille amavano trascorrere le vacanze. L'albergo degli azzurri era piccolo e si prestava bene alla riunione del gran consiglio tricolore, che Nencini chiese a Binda di convocare la sera del 27 giugno. Il toscano chiese che la squadra non si logorasse per mantenere la maglia gialla, perché non voleva tirarsi addosso le eventuali accuse di "leaderismo assoluto". Naturalmente Binda era della stessa idea e confermò che si potevano lasciar andare le "mezze figure", ma che si doveva entrare subito in azione se si fossero mossi i "pezzi grossi". Però, quello che accadrà il 28 e il 29 giugno smentirà in modo non marginale la tattica messa a punto quella sera. Si parte tranquilli e la prima fuga è al 40° km, ma solo perché Simpson vuole vincere un traguardo volante. Solo a Wacquinghen si muove la possente macchina francese, che manda in fuga Rivière, Rostollan e Darrigade, affiancati da Adrianssens, Barbosa, Schepens e pochi altri. Ma in capo a 5 km. la fuga è riassorbita. In testa restano i regionali che cercano di creare l'occasione buona. Questa arriva a 130 km. da Dieppe, quando Viot e Cazala partono su di un lieve pendio e poco dopo sono raggiunti da Groussard, Picot e Defilippis; in breve il vantaggio è di un minuto. Rivière parlotta con Nencini, ma si aspetta il rifornimento, dove il Tour perde un altro protagonista: il belga Hovenaerts che, per ritirare il sacchetto, cade violentemente a terra e potrà ripartire (invano) solo dopo una mezz'ora. La strada, con multe curve, è favorevole ai fuggitivi e a 40 Km. dal traguardo il vantaggio è salito a 7 minuti: la maglia gialla è persa e sarà sulle spalle di Groussard e Defilippis smette di tirare, per ordine di Binda. Nencini va in testa a causa del nervoso per la perdita e un po' lo svantaggio è ridotto, ma non basterà certo per poter riprendere l'insegna del primato. Davanti il "cit" comincia a studiare i compagni di fuga, perché Nino sa di essere un buon velocista. Sul circuito di Dieppe il primo a partire è Picot, su ordine di Groussard, ma Defilippis gli sta dietro con facilità e, ai 200 metri scatta e vince davanti a Cazala e Broussard. Nencini e gli altri arriveranno con un ritardo di 3 e 07" e la maglia è perduta per 25". Gastone è intrattabile e alla radio francese dice di aver lavorato come un negro e poi aggiunge, scrivete quello che volete, io dirò tutto alla fine del Tour. Quella tappa produsse anche l'effetto benefico che la squadra azzurra non avrebbe dovuto più sfiancarsi per controllare la corsa, anche se in teoria era stato deciso di non farlo. Sad
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    Messaggio Da Lemond Sab Dic 20, 2014 8:51 am

    La Dieppe-Caen sarebbe stata la tappa dalla cento fughe, come se la Normandia rievocasse ai francesi vecchi sogni di gloria. La città delle aragoste intanto offriva al Tour le prime delizie e, nel sole ancora basso sull'oceano, la città ricostruita da Carlo V smaniava per offrire alla "Grande Boucle" il meglio di sé. La squadra azzurra era al centro dell'attenzione e delle indiscrezioni per quanto detto il giorno prima da Nencini. Ma quella mattina Gastone tagliò corto: "Non ho un portavoce e non intendo asciugarmi la gola prima ancora di partire." La notte aveva portato consiglio e il toscano aveva deciso di affidarsi alla strada, punto e basta. Eppure un'ombra lunga, al momento impalpabile, segnava il suo volto in previsione della tappa del giorno. I primi 40 km. registrano almeno una decina di fughe, apparentemente senza logica. Certo le strade della Bassa Normandia, al confine con il Calvados, si prestano bene a scatti improvvisi ed ogni corridore nutre la speranza della "fuga buona". Subito dopo il ponte di Tancarville, il più lungo d'Europa con i suoi 1410 m, Nencini si ferma per sostituire la bicicletta con quella di Casati, perché si è rotta la sella. Poco male, per il momento, ma quel giorno saranno quattro le soste obbligate! Binda aveva fissato precisi turni di guardia: Massignan, Falaschi e Battistini pronti a parare gli attacchi di Darrigade e Groussard, Nencini a lavorare in gruppo, con a fianco Defilippis e Baldini a smaniare in testa al plotone. A 45 km. da Caen il vecchio Van Est si produce in una trenata tremenda e lo seguono Graczyk, Molenaers, Anglade, Pauwels e Baldini, mentre Nencini, alla ruota di Rivière, non reagisce., anche perché non sa chi sono i fuggitivi. Il tempo di accorgersi che c'è il pericoloso Anglade e ... cade! Nessuno reagisce e il distacco si sviluppa, in media un minuto ogni 5 km. Binda non sa che fare, perché Ercole è in classifica ed è venuto in Francia per vincere il Tour e quella può essere la sua giornata. Nencini può attendere, Baldini no, perché, dopo una partenza incerta, ha necessità di dimostrare di essere tornato quello di due anni fa.
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    Messaggio Da Lemond Sab Dic 27, 2014 2:29 pm

    Intanto Caen aspettava i fuggitivi, con la pista rinnovata da poco e l'ingresso alla Stadio posto alla fine di una brusca curva. Il primo ad imboccare la strozzatura è Baldini, in cerca della vittoria e del minuto d'abbuono. Pero, già alla campana Graczyc lo ha già superato di slancio e sull'ultima curva passa anche Anglade, ma per una gomma, ottiene solo il secondo posto. Dopo 6'19" arriva il gruppo, con Nencini e Rivière a pedalare con indifferenza. L'analisi di Raschi è quanto di meglio si possa pretendere dal giornalismo sportivo. "La tappa è stata sconvolgente, destinata a lasciare profondi segni, la classifica ha mutato volto e vede una grande affermazione dei nazionali di Francia, in particolare Anglade, che oggi ha assunto i gradi di co-capitano con Rivière. Ma il dramma vero del Tour, lo diciamo convinti, deve ancora cominciare."
    Binda è preoccupato, perché quei sette minuti concessi ad Anglade gli sembrano troppi, anche se Baldini è terzo in classifica, ma a quasi quattro minuti dal Francese e la nuova maglia gialla è uno che sa difendersi bene in salita, mentre per Ercole la montagna in questo anno 1960 è un'incognita. Nencini era silenzioso, con il sorriso amaro di chi non sa mentire, ma poi la sera, con la squadra riunita da Binda, mise le "carte in tavola". "Se continua così, ancora quattro tappe e poi torno a casa; in corsa quelli che scappano, tirano e invece quelli che sono nel gruppo non aiutano". Fu in quella sera che forse (le cronache non ci dicono tutto) la squadra azzurra decise chi sarebbe stato da lì in poi il capitano.
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    Messaggio Da Lemond Lun Gen 05, 2015 8:11 am

    Anche nell'albergo francese la cena non fu dolce: Anglade insisteva perché gli fossero riconosciuti i galloni di leader assoluto, conquistati sul campo, ma Bidot era nelle stesse condizioni di Binda, perché una tappa non era sufficiente per non tener conto di Rivière. Per di più Roger aveva in tasca una sorpresa: l'oroscopo gli diceva che il 2 luglio ci sarebbe stato per lui un grosso evento. Very Happy Nencini invece, che non credeva nell'astrologia (nota mia, pensavo che il francese fosse più intelligente), quella notte decise che avrebbe fatto da solo, mentre pensava che poteva ancora vincere il Tour, purché fosse riuscito a trasformare la rabbia accumulata fra Malò e Caen in una forma più alta di concentrazione e di calma. Wink Per lui, abituato a correre con il cuore, non doveva essere facile una simile attitudine, ma era la sola possibile, l'unica che poteva portarlo in giallo al Parco dei Principi.
    Nella notte una notizia sconvolse il mondo: gli S.U.A. avevano rotto le relazioni diplomatiche con Cuba e la stella rossa sovietica faceva la sua comparsa nei Caraibi, a un tiro di schioppo dalle coste della Florida.
    Notizie dal Tour quel 30 giugno invece non ce ne furono, tanto quella tappa sarà avara di fatti salienti per la classifica generale. La sorpresa sarà il regionale Camille Le Menn che arriva quinto e si aggiudica il premio della combattività (artefice di sei fughe). Al velodromo, per la volata, sono in sei, regolati da Dédé Darrigade e per la seconda volta la Francia è prima nella classifica a squadre di tappa e generale.
    Per gli italiani le notizie più importanti riguardavano le manifestazioni popolari contro il governo Tambroni cominciate a Genova.
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    Messaggio Da Lemond Mer Gen 14, 2015 10:03 am

    Quel 1° luglio il sole inondò le spiagge deserte di S. Malo e nell'Esplanade S. Vincent, sede di partenza, si notavano la faccia sorridente di Simpson e il volto determinato di Nencini. Era la prima volta che il Daily Espress dedicava intiere colonne al Tour e alle vicende di Tommy, disegnandolo come l'atleta dell'anno sulle due ruote. Gastone, come al solito, non aveva mangiato quasi niente prima della partenza e forse rimuginava sull'ennesimo accordo concluso con la squadra il giorno prima. Baldini, Massignan e lui erano i capitani e tutti gli altri dovevano supportarli. Nel patto di S. Malo non si faceva menzione di Battistini che, quindi, era considerato un semplice gregario. La determinazione del toscano era accresciuta quel giorno dalla notizia che presto avrebbe avuto un figlio.
    La corsa esplose subito, con un susseguirsi di scatti e controscatti e Nencini e Rivière sempre nelle prime posizioni, a differenza della maglia gialla; però il gruppo rimane compatto fino a 120 km. da Lorient, quando Gastone prova di nuovo, con Rivière che gli balza dietro, se pur con un attimo di ritardo; subito dopo arrivano anche Adrianssens e Junkermann: la sfida è lanciata. Nel gruppo i nostri cercano di frenare e Anglade si sente prigioniero, perché Graczyk e Darrigade sono insensibili ai suoi ordini. Quando il vantaggio supera i quattro minuti, Bidot si porta su Rivière per dirgli di smettere di tirare come un treno e infatti il francese si rialza. Nencini invece aumenta l'andatura e si carica anche del compito di Roger e il vantaggio sala ancora, intorno ai dieci minuti, quando Rivière decide di ricominciare a tirare, dato che Bidot non si è fatto più sentire da tempo (la sua vettura aveva avuto un guasto al motore). Wink A Lorient vince Rivière, su Nencini, Adrianssens (nuova maglia gialla) è terzo, con Junkerman al quarto posto, mentre il quinto arriva dopo 14 minuti e quaranta secondi!
    Naturalmente il più arrabbiato di tutti quel giorno è Anglade, perché Rivière non aveva il diritto di tradirlo in quel modo - solo ora comprendo le ragioni di Anquetil, quando si era rifiutato di essere nella stessa squadra con lui -. capa sul muro A quel punto tutti ormai sapevano che l'anarchia avrebbe regnato nella squadra francese, ma, nonostante questo, la grande maggioranza dei giornalisti considerava Rivière il grande favorito. Però si era ancora nella prima settimana e il bello doveva ancora arrivare, "in primis" i Pirenei.
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    Messaggio Da Lemond Gio Gen 22, 2015 9:29 am

    Poco più di 700 km, suddivisi in tre tappe, dividevano Lorient dalle prime montagne del Tour. Potremmo ben dire che non c'erano differenze significative in quei percorsi da sabato 2 a lunedì 4 luglio: la carovana sarebbe scesa a sud per pianure assolate, interrotte da lievi pendii e da centinaia di curve. Quelle tappe metteranno in rilevo la forza e l'armonia raggiunte dalla squadra azzurra, dopo il patto si S. Malò e lanceranno in campo aperto il giovane Battistini. Gli italiani andranno a segno due volte e miglioreranno la loro posizione in classifica individuale e a squadre.
    Lorient era ricordata per le drammatiche distruzioni patite durante la seconda guerra mondiale e per l'importanza della sua flotta di pescherecci, da quel giorno sarebbe rimasta nella mente anche per il tremendo sfogo di Anglade, agitatissimo al mattino, dopo aver picchiato fino a tarda notte i pugni contro Rivière!
    Nelle gambe nessuno sembrava risentire dell'altissima media tenuta fino allora ed è tutto un fuoco di fila di scatti e di risposte, fino a che l'azione decisiva avviene al rifornimento di Pont Chateau e, nella confusione generale, si trovano in 25 al comando, di cui cinque italiani. A 4 km. dall'arrivo, quando il gruppetto si prepara alla volata, su di una lieve salita, lo scatto di battistini ha fortuna, anche perché De Filippis e Massignan fanno il buco e mandano all'aria i cambi. Vince sorridendo e ha il tempo di vedere il furioso Dedè (Darrigade) piombare su Bruni e batterlo per il secondo posto, mentre il gruppo arrivava con 4 minuti di ritardo. In classifica generale Battistini risaliva al XX posto e Massignan al XV. Quella sera, in albergo, Graziano, noto per la sua avarizia quasi genovese, trovò addirittura la forza di pagare champagne a Binda e compagni. In quella stessa giornata, Gaiardoni, all'olimpico, si era vestito con i cinque colori nel Km. da fermo, correndo in 1'07",05
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    Messaggio Da Lemond Ven Gen 30, 2015 9:39 am

    Alle 10 e 30 si parte da Angers per una tappa "a priori" tranquilla, anche se a quel tempo il rifornimento non era operazione facile da eseguire (in una delle prime tappe Hovenaers si era rotto la testa. Sad ) La località per la consegna dei sacchetti era Loundum quel giorno e il Tour rischiò di cambiare volto. Racconta Gastone: "Ero indietro nel gruppo, perché mi ero attardato a dividere i vari alimenti, quando è scoppiata una "bagarre" paurosa. Ho avuto paura, perché ero fra i pochi rimasto indietro, con i soli Baffi, Fabbri, Ferlenghi e Pambianco per potermi aiutare". Ma cos'era successo? Anglade e Baldini non avevano ritirato "la musette" ed erano partiti "a tutta". A loro si aggiunsero diversi corridori, fra cui Rivière e Planckaert. Secondo Anglade, Rivière non doveva esserci, perché nel caso Baldini avrebbe tirato come tutti gli altri, mentre Ercole ha collaborato solo all'inizio, cioè finché non è rientrata anche la maglia gialla. A Nencini serviranno più di 20 Km. per raggiungere la fuga e far passare così la grande paura. Anglade è nervosissimo, anche perché ha visto che Rivière non aveva tirato un metro. A Mirabeau se ne va la vera fuga vincente: in sedici, con tre maglie azzurre (Defillippis, Pambianco e Battistini), poi, a 2 km. da Limoges Defilippis e Battistini s'involano per essere primo e secondo, mentre Pambianco batte gli altri, in volata per il terzo posto, mentre il gruppo arriva con più di nove minuti di ritardo. Solo due volte, nella storia del Tour, i colori italiani avevano conosciuto un successo così pieno, ma sempre prima della guerra. Batistini e Pambianco avevano fatto anche un bel salto in classifica e Binda poteva offrire a cena ostriche e champagne, anche perché Baldini e Nencini stavano ai patti, il che non era poco. Quella sera non solo Limoges festeggiò "les italiens", perché anche in Italia in molti scesero in piazza, felici per quel bottino storico che aveva invaso le famiglie e i bar della penisola. Wink
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    Messaggio Da Lemond Sab Feb 07, 2015 12:19 pm

    Il 4 luglio si correva la Limoges - Bordeaux, l'ultima tappa di avvicinamento alle montagne e gli italiani, forse paghi dei successi ottenuti, staranno per quasi tutta la corsa "a rimorchio", mentre davanti ci fu una fuga a quattro di 160 km. e alla fine il risultato più importante fu il rientro in classifica di Graczik, che era arrivato secondo. E la tappa dell'indomani, avrà pensato il francese, si prestava ad un altro colpo di mano, perché, dopo la vetta dell'Aubisque, ci sarebbero stati altri 57 km.
    Rivère, che a Bordeaux, aveva ironicamente detto di aver bisogno di un buon periodo di montagna, per ... riposarsi, temeva il franco-polacco per la sua astuzia e anche Gastone non lo sottovalutava, anche perché sentiva che le gambe non giravano troppo bene. Intanto, prima dell'inizio delle "cose serie" i C.T. italiano, francese e belga avevano deciso di partecipare a una conferenza stampa, dove però si dissero solo "frasi fatte", del genere "come sono forti i nostri avversari". Wink
    L'indomani i due favoriti, Rivière e Nencini sarebbero partiti, separati da un minuto (a vantaggio dell'italiano) e quindi i Pirenei e le Alpi avrebbero deciso tutto.
    Mentre andava alla partenza, l'autobus dei francesi tamponò e Privat dovette essere trasportato all'ospedale per ferite ed escoriazioni e un po' ammaccati ne uscirono anche Rivière e Mahè, più però il secondo del primo. Il Soulor e l'Aubisque erano in programma quel giorno e i due colli brillavano di una luce sinistra, perché nella discesa del Soulor lo svizzero Koblet rischiò la vita e due anni prima (Aubisque) l'olandese P. Van Est volò giù per trenta metri e si salvò, grazie a un cespuglio.
    Fin da Lourdes era possibile la vetta più importante della giornata che, per gli organizzatori, doveva essere il preludio a quella seguente, imperniata su Tourmalet, Aspin e Peyresourde.
    Binda alla partenza, aveva parlato chiaro a Gastone: "Nessuna pazzia, nessun colpo di testa, nessuno sforzo per riprendere la maglia gialla; la strada per Parigi è ancora troppo lunga!"
    Ma mentre il C.T. voleva ritardare il più possibile lo scontro, il toscano cercava in ogni modo di anticiparlo, per pronunciare quanto prima la parola fine. Il piano di Nencini era quello di avvantaggiarsi di 4/5 minuti fra Pirenei e Alpi, per poter giungere tranquillo alla cronometro, perché si ricordava bene che il Giro l'aveva perso, da Anquetil, proprio a cronometro. Sad Con queste premesse il Soulor e l'Aubisque diventavano una buona occasione per una verifica incrociata. Wink
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    Messaggio Da Lemond Dom Feb 15, 2015 8:10 am

    Il primo colle pirenaico aspettò per un bel pezzo l'arrivo dei corridori, perché nei primi 110 km. la corsa assunse un aspetto sonnolento, con un andatura di poco superiore ai 30 kmh, come se l'Aubisque incutesse paura. Le polveri si accendono non appena si esce da S. Martin e vanno in fuga Busto, Rostollan, Van Est, Pawlels e Battistini. Sul Col de Soulor l'italiano se ne va e transita con un primo di vantaggio sugli ex compagni di fuga, mentre Nencini, con i migliori tranne Baldini e Anglade (morso da un cane) hanno un ritardo di 1'45". Sull'Aubisque la situazione cambiava di poco, con il vantaggio di Battistini che si accentuava un poco, specie sul gruppetto dei "migliori", dove Nencini provava un paio di volte in discesa, ma senza mai forzare. Gli interessava sapere quale potesse essere la reazione di Rivière e quale la sua lucidità nell'affrontare a testa in giù i tornanti secchi del grande colle. Se non ci fossero state le cadute, la tappa di quel martedì sarebbe stata ricordata solo per la bellissima prova di Battistini, ma non andò così: prima Simpson "assaggia" l'asfalto e costringe Adrianssens quasi a fermarsi e, pochi metri dopo cade Mastrotto e Baldini passa sopra alla bici rimasta in mezzo di strada. Rimane miracolosamente in piedi, ma perde contatto. A 28 km. da Pau, Battistni è ripreso dal gruppetto di Nencini, dove però non c'è Adrianssens quindi a quel punto Gastone è in giallo. La volata è lanciata da lontano da Rivière, che riesce a contenere la rimonta di Nencini, terzo Battistini, davanti a Manzaneque e Rostollan. La ex maglia gialla arriva con più di due minuti di ritardo, insieme a Baldini, Simpson e Pambianco, mentre Massignan era giunto pochi secondi prima. Il ritorno dell'insegna del primato in casa italiana non modifica granché le idee di Binda, nel senso che, per lui, Nencini non è ancora capitano unico, anche se da parte sua Baldini dichiarava di non aver nessuna speranza, salvo quella di finir bene il Tour e aiutare Gastone. Questa tappa aveva contribuito a chiarire ancor più le cose, nel senso che Rivière era sembrato l'unico avversario del nostro toscano, mentre altri italiani avevano assunto il ruolo di rivelazione in questo 47° Tour. Entrambi i rivali erano accomunati da una non grande assistenza da parte della squadra, l'unica differenza era che Gastone lo aveva dichiarato ufficialmente, mentre Roger era stato più riservato. Ma Rivière aveva anche altri pensieri, lo turbava il modo di correre dell'italiano: sempre all'attacco, al di fuori di schemi logici, comprensibili, con un dispendio incredibile di energie che sembravano non finire mai, parevano riprodursi invece con la stessa velocità con cui si bruciavano.
    Ma era tardi ormai per i pensieri, perché l'indomani si sarebbe scalato il Tourmalet.
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    Messaggio Da Lemond Lun Feb 23, 2015 8:42 am

    Era giunto il grande giorno delle tre cime pirenaiche e il tempo si era messo al peggio. Da Pau era impossibile scorgere la cima del Tourmalet. Le condizioni atmosferiche e la strada a tratti sterrata, rendevano più difficile e pericolosa la corsa. In questo scenario, così inconsueto per il mese di luglio si ritrovarono i 103 partenti. I meccanici avevano lavorato tutta la notte per preparare le bici adatte a quella tappa e Rivière aveva addirittura cambiato telaio: più adatto alle discese. La tattica degli azzurri è semplice. difendere la maglia gialle e se Battistini e Massignan sono in grado di conquistare i GPM bene, ma senza forzare. Però, se uno dei due dovesse trovarsi in fuga, sarà libero di giocarsi le sue carte. Riguardo a Baldini, questo è l'ultima tappa nella quale godrà di libertà, poi, se le cose vanno come ora, dovrà aiutare Nencini. Insomma era un modo abbastanza chiaro per Binda di rimandare la scelta!
    La stampa francese era concorde che Nencini stava dominando il Tour e l'unico che poteva contrastarlo era Rivière.
    Nel tappone odierno Gastone doveva cavarsela con i soli gregari e Pambianco. Fino a Lutz la situazione è tranquilla, ma da lì sarebbero cominciati i tornanti, stretti e ripidi, del Tourmalet. Solo a 5 km dalla vetta, però il gruppo si agita: scatta l'elvetico Gimmi e gli vanno dietro Battistini e lo spagnolo Karmany. Sul Tourmalet lo svizzero passa con un vantaggio di 1'30" su Battistini e 2'05" su Nencini e Rivière, che comandavano il gruppetto dei migliori. Baldini ha perso contatto e, per lui, è l'inizio della fine, mentre Adrianssens sta attaccato al drappello per "miracolo". All'inizio della discesa Gastone capisce quanto grande sia la sofferenza che solca il volto di Rivière, che è preso continuamente da conati di vomito. "Non ho digerito, dirà il francese, e non ho avuto l'accortezza di mettere un giornale sotto la maglia per ripararmi dal freddo". Ma Nencini non attacca: c'è troppa nebbia e la strada, come già detto, è molto scivolosa. In fondo sono in 25 a inseguire Gimmi, che prosegue la fuga solitaria sull'Aspin e, anzi, accresce il suo vantaggio. La nebbia rende tranquilla anche la discesa verso Arreau. Ormai rimane solo il Peyresourde, anche se sembra che ormai Gimmi sia imprendibile. A 6 km. dalla vetta Nencini fora e Rivière si volta, lo saluta con sguardo ironico e se ne va. Ma andrà poco lontano, perché un km. dopo è già ripreso e subito parte Panmbianco, su ordine di Gastone. Quando Nencini forza l'andatura, invano Rivière si rivolge ad Anglade in cerca di aiuto, mentre da dietro parte anche Massignan. In cima la situazione è questa: Gimmi ha un vantaggio di 2'40" su Panmbianco, a 3 e 30" Nencini, a 4' Massignan e a 4'15" Rivière con Anglade e qualche altro. Mancano 16 km. al traguardo e la discesa è favorevole all'italiano, anche se Panbianco non l'aspetta, il ritardo di Rivière dal toscano supera il minuto e ora il vantaggio in classifica è di 1'38". Il coriaceo belga Adrianssens è ancora terzo a 2'25", mentre gli altri a più di 8 minuti. (Battistini sesto, Pambianco settimo e Massignan quattordicesimo).
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    Messaggio Da Lemond Ven Mar 06, 2015 9:04 am

    A Luchon Baldini, sereno ma pessimista, disse ai giornalisti: "Scrivete pure che sono un uomo finito e se non faccio di più è perché il mio limite attuale è proprio questo. Ora aiuterò Gastone, è chiaro, il quale mi è sembrato nettamente superiore a Rivière, quindi può veramente vincere il Tour". Il francese non era molto più ottimista di lui ed è anche arrabbiato con Anglade, reo di non aver tirato - il freddo mi ha bloccato la digestione, ho anche chiesto un giornale, ma nessuno me l'à dato. Ma Nencini è forte, quasi troppo, e in discesa non ha ancora spinto a fondo -.
    Infatti, nonostante fosse notorio che il punto forte del toscano fosse la discesa, aveva invece attaccato in salita Wink e in poco più di 2 Km. Rivière aveva perso 45". Se sul Peyresourde gli era capitato questo, che cosa poteva succedere su Vars e Izoard? Forse fu per queste ragioni che R.R. decise di rispondere alla maglia gialla prima di giungere sulle Alpi, in quelle terra della Bassa Francia, poste fra la Garonna e il Rodano, in quei colli di seconda e terza categoria, dove Nencini non si sarebbe mai atteso un attacco profondo.

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