meazza ha scritto: BenoixRoberti ha scritto:1) Vale in generale, perché il valore sportivo prescinde dal singolo paese.
Be non è vero che nessuna squadra , tranne quella di Sagan , investe sui giovani
Scusa Quintana alla Movistar è un vecchio ?
La FDJ son vent'anni che investe su di loro , i capitani chi sono ? Demare , Bouhanni e Pinot , han tutti meno di 25 anni
Betancur è vecchio ? è un 89
Bardet un 90
Sia FDJ che AG2r investon nel settore dei dilettanti
Che dire poi della squadra Europcar
No, la mia frase citava Sagan in forma antonomastica, ovvero "un Sagan".
Nessun team world tour investe sui giovani oggi, se non si chiama Sagan.Tu hai citato solo dei "Sagan". Sono tutti ragazzi abbastanza "predestinati". Metti anche Mohoric allora.
A parte i francesi (che hanno una buona politica e ottimi privilegi di calendario e visibilità) sono tutti provenienti da paesi minori ciclisticamente parlando, e vengono pescati per doti particolari dai grandi team. Questo è anche un aspetto positivo della mondializzazione.
Escludiamo i Sagan e pensiamo ai nostri italiani.
Guardiamo alla Cannondale che ha preso degli ottimi elementi come Villella e Formolo.
Questi non avranno le stesse opportunità di visibilità dei pari età di qualche anno fa che correvano nei GS1.
Ci vorrà un po', probabilmente, prima che mettano il naso in qualche classica di peso, anche se spero vivamente di essere smentito.
Ho detto della Cannondale e degli italiani, ma lo stesso discorso in parte vale anche per i belgi, nonostante loro abbiano un universo di wild card.
Il problema è che è assurdo che corridori non interessati facciano delle corse WT solo per onor di firma, mentre giovani smaniosi di emergere debbano attendere. Ci vogliono dei correttivi. Va aumentata la quota di corridori invitabili dagli organizzatori per scelta dei valori sportivi. Se un corridore è in forma e vale, io organizzatore lo debbo poter invitare anche se è un continental.
Ovviamente il mio discorso è relativo alle prove in linea. Per le gare a tappe il problema sarebbe ovviamente logistico, a meno di costituire una mista a carico degli organizzatori (per adesso è fantascienza).
I belgi, che di ciclismo ne capiscono, hanno sempre avuto un enorme occhio negli inviti. Però adesso, senza grandi spazi, è ovvio che riservino attenzioni obbligate ai loro.
Con queste regole uno come Bugno nell'Atala non avrebbe fatto esperienza al nord.
E Dio solo sa quanto siano servite quelle fughe pazze di Bugno, Calcaterra, Cavallaro ed altri italiani che tornavano ad andare in massa al nord. Erano le premesse per i grandi anni 90, alla faccia di tutte le paturnie solite.
Bugno era un Sagan, ma Cavallaro e Calcaterra, come altri, furono fondamentali nel lavoro per i compagni.