Guido Reybrouck, più di un velocista

Un gran bel velocista, soprattutto bravo negli ultimi settanta metri (allora i treni non esistevano, ed al massimo avevi un compagno che doveva farti strada e lanciarti la volata), dove sapeva sempre trovare lo spiraglio per giocare il suo guizzo. Era pure uno dei pochi velocisti che si rendeva utile alle condotte di squadra e, per questo, bagnò più di una volta le sue polveri.
Tra l’altro caratterialmente non era da vedersi come una ruota veloce, perché posato, tranquillo, con un portamento quasi da impiegato: raramente perdeva la trebisonda.

La Parigi Tours, fu la sua classica per eccellenza, la sentiva proprio come zio Gustave Danneels, riuscendo a battere i migliori con sprint davvero regali. Basti citare che nei primi due suoi successi (1964 e '66) superò niente popò di meno che tal Rik Van Looy, e, nel terzo, l'accoppiata letale, formata da Walter Godefroot ed Eric Leman.
Gli altri successi di nota fra le sue settanta vittorie: furono il Campionato di Zurigo '64 (che non era di certo una classica per velocisti puri), il Campionato Belga '66, l'Amstel Gold Race '69 e due Giri della Nuova Francia (Canada) nel 1971 e nel '72.

Nutritissimo il bottino nelle tappe dei giri: 6 in Francia, 3 in Italia, 4 in Spagna, una al Belgio, 2 nella Parigi-Nizza, una al Picardia, 3 al  Sardegna, 2 nel Catalogna, una nella Parigi-Lussemburgo, una nella Tirreno-Adriatico, una nell'Oise, 2 nel Levante (Spagna), 1 nella Nuova Francia (Canada).
Amava l'Italia dove corse in seno alla Faema (1968-’69), la Germanvox Wega (1970) e la Salvarani (1971-’72).