Da BenoixRoberti Mer Mag 14, 2014 12:44 pm
Della vicenda di ieri (ritiro di Kittel) e dell'altro ieri (l'articolo di Capodacqua che gettava ombre su Kittel) si possono trarre alcune importanti valutazioni.
Premetto che non si può metodologicamente mettere il braccio sul fuoco per nessuno e che nessuno è in grado di farlo, e proprio per questo mi chiedo perché Capodacqua possa invece mettere il braccio sul fuoco per la certa colpevolezza di tutti quelli che lui prende di mira.
E' importante capire di quali strumenti predittivi il Savonarola del Doping sia dotato:
- sfera di cristallo
- deliri notturni
- o informazioni riservate di strutture sportive che a lui non dovrebbero passare nulla - o a tutti indistintamente - vista la delicatezza delle info stesse, alle quali poi magari il predicatore-moralizzatore-avvelenatore-rosicante aggiunge sempre qualche leggenda delle sue per insaporire il tutto?
Premetto che di questa persona ho il più totale disprezzo umano. Il suo livore e le sue parole, per non dire la virtuale claque autoreferenziale di cui si dota sia sul suo sfigatissimo blog su Repubblica che nell'attaccare opinioni diverse su altri siti di settore come Tuttobiciweb (si legga ad esempio l'eroico Bartoli64, account di un vero pasdaran del sommo frate dell'inquisizione ciclistica), farebbero dei giacobini una confraternita moderata e di Robespierre un docile politico avvezzo al bieco compromesso.
Che questi supposti adepti virtuali della religione Capodacquatica esistano davvero e non siano invece frutto della mente contorta e rosicante del giornalaio romano non è dato saperlo.
L'unica cosa certa è che, come da classico mainframe trollo, chiunque non la pensa come il Savonarola è un propugnatore del vecchio sistema ed è un alleato del doping.
A leggere Tuttobici sembra che ci sia un esercito di cittadini disgustati dal doping e che la mafia in Italia sia in fondo una piccola cosetta al confronto.
E' evidente che la deformazione non è così diffusa, ma la sola proiezione di una mente malata e di qualche suo collegato (forse).
L'accanimento con cui i/il soggetto bolla le opinioni diverse è costantemente fanatico e maniacale, tanto da far apparire ridicola e lampante tutta l'operazione di "supposto supporto" alle teorie capodacquatiche.
Ciò che colpisce è che tutti questi/o scrivano in una forma omogenea con un linguaggio militaresco-burocratico, molto formale e con toni di scrittura retorica un po' arcaica, molto simile a quella utilizzata nei suoi articoli da Capodacqua. Ma ovviamente è un caso.
Parlando con le parole dello stesso, si potrebbe scrivere "Si vocifera che Capodacqua ed un paio di amici, fra cui un professore ricercatore senza conoscenza della statistica, abbiano creato decine di account su vari siti per diffondere il verbo dell'antidoping ...", del loro antidoping.
Chi di arma ferisce di arma perisce.
E come Robespierre che perse il filo della rivoluzione, accecato dalla brama assassina, anche il giornalaio romano un giorno o l'altro incapperà in un grosso ed irrimediabile merdone.
Ma stiamo ai fatti e cerchiamo di capire bene le cose, mettendo tutto nelle relative caselle.
IPOTESI 1
Delle frequentazioni di Kittel di un chiacchierato preparatore toscano, il moralizzatore ha saputo da un suo contatto (che magari ci aveva già messo qualcosa di suo). A questo qualcosa il moralizzatore vi ha aggiunto altra enfasi e leggenda e, a questo punto, ecco la prova della colpevolezza di Kittel e della frequentazione di ... (sarebbe Cecchini).
CONCLUSIONE: Se le cose stanno in questi termini Eugenio Capodacqua sarebbe semplicemente un infame cazzaro.
IPOTESI 2
Delle frequentazioni di Kittel, il moralizzatore ha parlato con qualche mammasantissima del Coni e dell'antidoping a comando e poi non ha resistito alla necessità di sparare in anteprima la notizia.
Non è la prima volta che Capodacqua si fa "consulente" dell'antidoping con iniziative ampiamente discutibili. Per supportare poi le indagini non si fa scrupoli nel pubblicare le maldicenze di qualche ex corridore rimasto con qualche sassolino nelle scarpe, utilizzando i peggiori strumenti della delazione e del "si dice in giro che sarebbe".
Si pensi a ciò che avvenne nel caso di Pozzato. L'accanimento di Capodacqua è tale da spingerlo a mettere le mani nella spazzatura per trovare qualcosa che gli permetta di continuare la sua attività di diffamatore professionista (che ovviamente in un ciclismo malato qualche volta ci azzecca).
CONCLUSIONE: Capodacqua sarebbe sempre un cazzaro e sarebbe grave, gravissimo che un funzionario dell'antidoping prendesse in considerazione voci ed articoli raccolti da un soggetto del genere.
IPOTESI 3
Su Kittel le informazioni sono arrivate da qualche funzionario dell'Antidoping con il quale il giornalaio intrattiene rapporti da qualche anno. A che titolo queste informazioni sarebbero uscite dagli uffici in favore dell'interessatissimo famelico di notizie di doping?
CONCLUSIONE: Che l'antidoping italiana sia una barzelletta non è un mistero per nessuno. Alla dirigenza sportiva italiana fa gioco che ci sia un qualcuno ed un qualche sport a dimostrare che i controlli si fanno. Il ciclismo si presta bene ed il giornalismo moralista di Capodacqua sarebbe perfettamente funzionale per tenere l'attenzione lontana da dove i controlli non vanno fatti e mostrare pertanto la "coscienza a posto".
Il giornalaio ha il dente avvelenato per le angherie (innegabili) subite dall'ambiente nel passato e ormai è impegnato unicamente in una cieca vendetta indiscriminata verso questo sport ed i cuoi attori che ipocritamente dice di voler difendere.
CONCLUSIONE FINALE
In qualsiasi caso, in ogni ipotesi possibile l'operato di Capodacqua è letteralmente squallido.
Per capire l'ipocrisia infinita di questo giornalaio si legga cosa ha scritto a Cristiano Gatti:
Caro Cristiano, sarò ancora più breve di te. Questa del metodo è l’osservazione più banale e ripetuta che ha accompagnato anni di doping selvaggio, assecondato e coperto da tanti media sventolando la bandiera del rispetto. “Hai ragione nei fatti, ma non è questo il modo”; non è il metodo giusto. Io dico che non si può combattere in punta di fioretto una guerra selvaggia ancora in corso fra mille furberie, che ha distrutto il patrimonio più importante del ciclismo, la credibilità. Oltre – particolare non secondario - la salute di tanti corridori. Perché – e lo sai – il ciclismo sta morendo. Poi anche per la legge italiana tanti indizi univoci valgono una prova, c’è gente che ha scontato anni di galera per processi indiziari. E nel caso specifico ce ne sono parecchi. Te li ho spiegati a voce. Dunque non mi dilungo. Il metodo non c’entra per nulla. Sulle amicizie, ognuno sceglie come vuole. L’importante è che non influenzino l’obbiettività di giudizio quando si vestono i panni del giornalista.
Ma davvero questo cialtrone ha veramente a cuore la salute di tanti corridori?
Li vuole (forse) salvare dalla chimica per ammazzarli con la sua maldicenza?
A Capodacqua è concesso da anni di sputtanare ed avvelenare gratuitamente il Giro (ovviamente non senza qualche ragione) dal suo "giornale", solo perché il Giro d'Italia è di proprietà del gruppo concorrente.
A lui è data carta bianca di spargere veleno e questo ha messo gli altri giornalisti di valore di Repubblica nell'imbarazzo, nel più totale imbarazzo.
L'ipocrisia di questo giornale è sistematica, evidente ed imbarazzante. Il ciclismo è finito nel mezzo di interessi diversi.
Il ciclismo non è credibile nella misura esatta in cui lo sono gli altri sport. Anzi, visto che qua i controlli hanno mietuto molte vittime, direi proprio che è paradossalmente molto più credibile, certamente ancora malato.
Il fanatismo di questo soggetto ha portato il suddetto a pretendere di appropriarsi della informazione antidoping e di definirne le pietre miliari, già perché Eugenio pretende di stabilire la verità e di essere sommo giudice. Guai a finire sulla sua lista nera.
Cosa voleva dire il Capodacqua con questa frase:
"Ad un collega, Cristiano Gatti del Giornale, non era piaciuto l’articolo del sottoscritto su “Repubblica” nel quale si allungavano sospetti sullo strapotere mostrato dal velocista tedesco. Dubbi definiti uno “schizzo gratuito di fango”, oggi confermati dall'abbandono"?
Se si trattava di un delirio, che si spinga il Savonarola a curarsi.
Se si trattava di un fatto oggettivo (la correlazione tra la denuncia di Capodacqua ed il ritiro) quali strumenti/documenti ha Capodacqua per poter affermare una cosa del genere?
Perché gli altri giornalisti non ne chiedono conto al Coni e perché la Rcs non si difende da questo sistematico logoramento alle spalle?
Nella giustizia ordinaria la fuga di notizie è perseguita, forse è il caso che questo venga esteso anche alla giustizia sportiva per evitare lo sfruttamento commerciale di queste notizie.
L'antidoping non può servire a vendere più copie di un giornalaccio o a creare il mito di un moralizzatore ... senza alcuna vera morale.