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    Cesare Cipollini, tanto talento gettato.

    Morris l'originale
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    Cesare Cipollini, tanto talento gettato. Empty Cesare Cipollini, tanto talento gettato.

    Messaggio Da Morris l'originale Lun Dic 16, 2013 9:19 am

    Cesare Cipollini
    Nato a Belfort (Francia) il 16 dicembre 1958. Passista veloce, alto m. 1,75 per 69 kg. Professionista dal 1978 al 1990 con 2 vittorie.

    Cesare Cipollini, tanto talento gettato. Cipoll10

    Quando nel ciclismo di una manciata di lustri fa, si poteva passare fra i professionisti solo al compimento dei 21 anni, ottenere una deroga dalla Commissione Tecnica Federale, significava possedere  qualcosa in più. In 15 anni solo due vi riuscirono: Giuseppe Saronni e Cesare Cipollini. Sì, proprio lui, il fratello maggiore di “Re Leone”.
    Cesare, nato a Belfort in Francia, il 16 dicembre 1958, pareva davvero uno nato per correre da principe, eppure alla storia passerà come il fratello dimenticato di un iridato, ma potenzialmente ben pochi lo valevano. Nel 1977, a 19 anni, ancora da compiere fra l'altro, Cipollini vinse una miriade di corse, fra le quali un paio degne di nota: la Firenze Viareggio e il Giro delle Tre Province. Soprattutto stupiva il numero di variabili che lo potevano portare al successo. Qualcosa di straordinario. Alla fine di quella stagione, ottenuta la deroga dalla FCI, passò professionista in seno alla Magniflex Torpado, ma ben presto si capì che la sua dedizione e concentrazione, non erano pari al suo incredibile talento.

    Cesare Cipollini, tanto talento gettato. Cipoll11

    Cominciò così ogni anno a cambiare squadra, trovando sempre qualcuno convinto di una sua esplosione prima o poi. E che in lui vi fosse qualcosa di grande, lo si capì il 2 ottobre 1983, quando, finalmente, al Giro dell'Emilia, Cesare, mise la sua ruota davanti a tutte. Nemmeno quella vittoria però, lo svegliò dal suo torpore. Nel 1987 vinse il Prologo del Giro di Mendoza e poi più nulla, fino all'ottobre del 1990, quando mise la bicicletta al chiodo. Con Cesare mi incontrai spesso a metà degli anni novanta. Trovai una persona cordiale e sorridente, con la quale si poteva parlare ad ampio raggio di ciclismo, ma si capiva che era sempre pronto per i suoi viaggi sul filo del vivere la vita come viene. A suo modo un personaggio straordinario.


    Cesare Cipollini, tanto talento gettato. Cipoll12

    Di lui ho ben impresse le parole del celebre fratello, che riporto: "Cesare è un gitano, poteva essere un grande campione ma non lo è stato, per me poteva essere un appoggio. Ma lui interpreta la vita in un modo tutto suo. Ho visto corridori con minori qualità diventare campioni. Forse gli è venuta un po' di frustrazione, ma gli è mancata la voglia di fare sacrifici, di impegnarsi. Mio fratello aveva grandi doti e non le ha sfruttate. E' stato un esempio: nel senso che ho imparato ad impegnarmi per ottenere risultati, altrimenti potevo finire come lui. Solo dopo potevo lasciarmi andare".

    Maurizio Ricci - Morris
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    Cesare Cipollini, tanto talento gettato. Empty Re: Cesare Cipollini, tanto talento gettato.

    Messaggio Da BenoixRoberti Lun Dic 16, 2013 5:20 pm

    Morris l'originale ha scritto:Con Cesare mi incontrai spesso a metà degli anni novanta. Trovai una persona cordiale e sorridente, con la quale si poteva parlare ad ampio raggio di ciclismo, ma si capiva che era sempre pronto per i suoi viaggi sul filo del vivere la vita come viene. A suo modo un personaggio straordinario.
    Maurizio Ricci - Morris

    Morris sei un grande narratore, ma la cosa più bella di te è che sai tirare fuori ed evidenziare degli altri il loro meglio.
    E Cesare Cipollini aveva bisogno delle tue parole e della tua "certificazione".

    Io ho conosciuto Cesare Cipollini da bimbo alla Seigiorni di Milano. Credo che Mario Cipollini abbia tratto parecchio tesoro dalla strada apertagli dal fratello, soprattutto da un fratello così originale e non conformista.
    Un mesetto fa aveva rilasciato una intervista alla Gazzetta di Lucca in merito alla mancata citazione sua e del fratello nel novero dei personaggi di spicco del ciclismo toscano durante i Mondiali 2013.
    In quella intervista aveva però affrontato con spessore e dovizia di particolari i grandi problemi del ciclismo, anche quelli che hanno riguardato il fratello, pur essendo lui uno di quelli che propende per la radiazione al primo errore.
    E sul doping libero si esprime in termini pratici e non ipocritamente ideologici.
    Spero che il suo figlioletto di 8 anni (per il quale dimostra una grande attenzione sportiva non banale e basata sui suoi valori originali) possa correre in un ciclismo diverso, più trasparente e responsabile, che da dopo quei mondiali toscani ha cominciato a provare a ricostruirsi.

    Posto pertanto quella bellissima intervista che vale la pena leggere con tutta la dovuta attenzione.

    Cesare Cipollini, tanto talento gettato. Zzzzzz10

    Cesare Cipollini, non c'è vita da buttare
    www.lagazzettadilucca.it/l-intersvista/2013/10/cesare-cipollini-non-c-e-vita-da-buttare/

    Cesare Cipollini, tanto talento gettato. SetWidth220-zzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz
    martedì, 8 ottobre 2013, 09:04
    di aldo grandi

    Partiamo dalla fine: i mondiali, a Lucca, si sono dimenticati dei due Cipollini. C'è rimasto male?
    Per quanto mi riguarda non è che sono stato un campione come mio fratello che avrebbe meritato sicuramente un grosso riconoscimento. Lui non ha commentato niente sulla sua esclusione quindi anch'io sto zitto. A Lucca Mario è l'unico campione del mondo, nel 2002 a Zolder, e forse avrebbe meritato un riconoscimento diverso dalle autorità lucchesi e da quelle dell'Uci.

    Secondo lei perché questa dimenticanza? Solo un caso?
    Non credo che sia stato un caso dopo quel problema sul doping apparso sulla Gazzetta dello Sport. Peraltro non ci sono prove e si tratta di una notizia uscita dieci anni dopo che non era più in attività. Ai controlli, del resto, era sempre risultato negativo quindi non capisco il senso di questa esclusione.

    Veniamo a Cesare Cipollini: 14 anni da professionista. C'è chi dice che era più forte di suo fratello...
    Caratteristiche atletiche diverse forse, non più forte. Avrei potuto raggiungere traguardi più importanti se mi fossi adeguato al sistema del professionismo. Io da professionista ho vinto solo un Giro dell'Emilia nel 1983, gara che valeva per la Coppa del Mondo, poi tre tappe al giro di St. Louis in Argentina. Da dilettante ho avuto una carriera più ricca di successi. Ho cominciato a correre nel 1972 e nel 1978 ero già professionista, vuol dire che qualità e talento li avevo altrimenti non avrei fatto il salto in così breve tempo. A 19 anni diventammo professionisti su deroga speciale come allora era previsto dal regolamento, solo io e Beppe Saronni. L'anno prima, nel 1977, l'ultimo anno da dilettante, fu anche l'unico e vinsi sette corse tra cui la Firenze-Viareggio, il Giro delle Tre province a Milano.

    Sia sincero. Esisteva, all'epoca, il problema del doping?
    All'epoca dei dilettanti posso dire di non averne mai sentito parlare. Ho avuto un educatore dietro, Piero Pieroni e, poi, il mio direttore sportivo quando correvo nella Fracor di Levane, Ezio Mannucci. Loro mi hanno sempre insegnato a fare sacrifici da corridore per raggiungere i risultati in maniera pulita allenando solo talento e mentalità vincente. Per queste due persone hanno avuto una fondamentale importanza anche da professionista.

    Quando ha capito che il ciclismo avrebbe potuto essere un lavoro oltre che una passione?
    E' stato quello il problema. Al momento in cui non mi sono più divertito, ho visto che nel professionismo bisognava adeguarsi, curarsi in una certa maniera, sarei dovuto andare contro la mia mentalità e la mia natura, per cui smisi nel 1990 all'età di 32 anni. In quegli anni, da quando ero diventato professionista, continuavano a farmi firmare contratti, sperando che un giorno o l'altro sarei uscito dal mio torpore e hanno aspettato fino al 1983 quando vinsi il Giro dell'Emilia. Vinsi quella gara perché, in un certo senso, mi avevano messo paura. La squadra in cui mi trovavo, la Dromedario di Pistoia, aveva minacciato di non rinnovarmi il contratto se non avessi cominciato a fare la vita da corridore.

    Ci scusi, ma perché, che vita faceva?
    Praticamente non mi preparavo, non mi allenavo, andavo a caccia e a pesca, portavo i bambini al mare con me, mi dedicavo più a loro che alla bicicletta. Avevo perso quella concentrazione e quella mentalità vincente che avevo quando ero dilettante.

    Può spiegarci che cosa le accadde nello specifico e perché?
    Subito dopo il mio passaggio tra i professionisti, invece di esaltarmi, mi buttai giù. Mi sentivo un numero come se fossi l'ultimo dei gregari, nonostante, nella realtà, fossi un vincente visti anche i precedenti nella categoria dei dilettanti. La verità è che mi ero reso conto di una cosa: una volta diventato professionista, se avessi voluto cimentarmi a certi livelli, sarei dovuto venire a compromessi con quella che era stata la mia filosofia sportiva fino a quel momento. Ero, in sostanza, vergine sotto quel profilo e non avevo alcuna intenzione di assumere sostanze dopanti.

    Glielo proposero?
    Sì.

    Accettò?
    No.

    Mai fatta una iniezione in vita sua?
    Di sostanze dopanti no, solo per mantenere sali minerali e cose del genere. Niente di vietato. I miei giri d'Italia e ne ho fatti undici, erano fatti solo di pappa reale, altro che doping.

    Lei si rendeva conto che qualcuno andava più forte?
    Certo, l'anno prima, da dilettante, lottavo ad armi pari con certi campioni a cui dopo, tra i professionisti, a malapena riuscivo a stare dietro. E questo appena dieci mesi dopo averci corso insieme nei dilettanti.

    A Lucca le malelingue dicono che lei è stato distratto più dalle gonnelle che dalle due ruote.
    La perdita di ogni passione per questo sport ha, probabilmente, causato anche una differenziazione di interessi e ci sta che io abbia preferito, qualche volta, le une alle altre.

    E' vero che lei detiene ancora un record?
    No, ora lo hanno battuto, comunque era il record mondiale di inseguimento a squadre. Lo conseguimmo nel 1976 a Milano, al Palasport. Eravamo il quartetto azzurro composto da me, Saronni, De Candido e Callari. Abbiamo fatto 4' 23'' sui quattro chilometri facendo il record del mondo. Dopo poche settimane partecipammo anche alle Olimpiadi di Montreal, nel 1976 e facemmo 4' 30'', ma arrivammo sesti a due passi dal podio. Avevo appena 16 anni e mezzo, categoria Juniores, una soddisfazione immensa.

    E' stata la sola olimpiade cui ha preso parte?
    Sì, l'anno prima avevo fatto i mondiali in Belgio e arrivammo terzi sempre nell'inseguimento a squadre.

    Una carriera più che promettente.
    Già, poi quando sono passato professionista, le cose sono cambiate.

    Suo figlio Edoardo, otto anni, corre per il Poli e dicono sia piuttosto forte. Lei sarebbe felice di vedergli abbracciare la carriera ciclistica nonostante sia al corrente che non è tutto oro quel che luce?
    Il problema è proprio questo. Sono contrastato anche io pensando a quello che troverà perché io so cosa troverà se riuscirà a diventare professionista. Il problema è sempre e solamente il doping. Io penso che il vero problema sta nella cultura che ogni atleta ha, visto che associa sistematicamente e quasi sempre prodotto=risultato. Questo è inculcato nella testa dell'atleta sin da quando è piccolo, è necessario cambiare la mentalità e la cultura di questo sport se vogliamo tirar fuori un altro campione in Italia o, addirittura a Lucca.

    Ma non si farebbe prima, è una provocazione, a legalizzare l'uso del doping? Così, almeno, ognuno fa quel che vuole senza ipocrisie.
    Sì, ma un corridore, quando smette di correre, a 36, 37 anni, affronta da uomo una vita che non è più quella su una bicicletta. Si presuppone che abbia una famiglia, una moglie, dei figli e, quindi, se fai uso massiccio di ormoni e cortisoni, di sostanze anabolizzanti, anche sotto il profilo sessuale finisci per non avere più quella sana vita regolare che avresti se non ricorressi a certi metodi.

    Vero, però, almeno ognuno pagherebbe sulla propria pelle sapendo in anticipo che cosa rischia. Un po' come le sigarette: sopra i pacchetti c'è scritto che il fumo uccide.
    Sì, ma non sei da solo quando hai formato un nucleo familiare e hai delle responsabilità. Poi è questione di mentalità e di cultura. Fregare un tifoso, un appassionato, te stesso in prima persona rappresentano scorciatoie che nello sport non vanno bene. Sarebbe un sogno che il ciclismo diventasse veramente uno sport pulito fatto solo di talento, preparazione e sacrifici. Parlo così perché ora mi sono avvicinato a queste categorie di giovanissimi con mio figlio Edoardo e ancora maggiormente mi colpisce il vedere sui giornali di corridori pizzicati al doping. Mi auguro che i controlli riescano a stroncare questo fenomeno che fa male allo sport e al ciclismo in particolare.

    Lei se avesse la bacchetta magica cosa farebbe al di là della cultura e della mentalità?
    Farei una unica legge con una pena severa per chi viene trovato positivo, una radiazione immediata da questo sport, ritirando la tessera da parte della federazione. Questo è l'unico modo, credo, per fermare il fenomeno del doping.

    Esiste il doping nelle categorie inferiori?
    Certo che esiste.

    E i genitori non si ribellano?
    Credo che si tratti di maggiorenni, dilettanti che rispondono solo a se stessi. Aggiungo che, avvicinandomi ai giovanissimi, ho notato che questi bambini di sette, otto o nove anni sono abbandonati a se stessi come impianti e strutture dove allenarsi perché portare un bimbo di sette o otto anni in giro con il traffico che c'è, è un rischio troppo alto per poterlo correre. Purtroppo in Lucchesia ci sono solo due squadre, Carube progetto giovani e la Vero Club Coppi di Lunata. C'è anche il Poli, ma si tratta sempre di un manipolo di appassionati che ama questo sport, ma che da solo non può fare più di tanto. Dovrebbero creare un ciclodromo a Lucca, ma vedo che non è sentito il ciclismo a Lucca. In altre province, a Pistoia, Pisa o Empoli i ragazzi hanno un loro spazio dove potersi allenare con un apposito circuito. Non saprei chi sensibilizzare per costruire questa struttura. Forse Ivano Fanini, ma non è certamente facile.

      La data/ora di oggi è Sab Nov 23, 2024 1:13 am