Caro Uribezubia, per motivi editoriali, non posso pubblicare un ritratto più completo su Romeo Venturelli, con gli inediti che mi sono stati raccontati. Ci ho pensato a lungo, e non è solo il caso di “Meo”, ma di tanti, tantissimi altri. Potrei dire migliaia…….. e lo si vedrà nel 2014. Perciò, il testo che seguirà, sarà il sunto che non mi creerà problemi e lo posterò ovviamente volentieri. Semmai, con le risposte eventuali che potrebbero seguirlo, potrò bypassare parte del “problema” iniziale.
ROMEO VENTURELLI: UNO DEI TALENTI PIU’ GRANDI DELLA STORIA.
Nato
a Sassostorno di Lama Mocogno (MO) il 9 dicembre 1938, deceduto a Gaiazzo (MO) il 2 aprile 1911. Corridore completo. Alto m. 1,84 per kg. 78. Professionista dal 1960 al 1968, nel 1970-’71 e nel ’73 con 6 vittorie.
Anno / Squadra
1960 S. Pellegrino
1961 Molteni
1962 Molteni
1965 Bianchi Mobylette
1966 Bianchi Mobylette
1967 Salamini Comet
1968 Individuale
1970 Individuale e Zonca
1971 Zonca
1973 Individuale
Vittorie:
1960 Tappa di Nimes Parigi-Nizza (Fra)
1960 Tappa di Reggio Emilia della Genova-Roma (Ita)
1960 Tappa Montana del Giro di Romandia (Sui)
1960 Cronotappa Sorrento del Giro d'Italia
1960 Trofeo Baracchi (cronocoppie con Diego Ronchini) (Ita)
1965 Giro del Piemonte (Ita)
Piazzamenti di rilievo:
1960 2° nella 7a tappa della Parigi Nizza (Fra)
1960 3° nel Campionato Italiano dell’Inseguimento
1960 4° nel GP di Lugano (Sui)
1960 6° nel Giro di Lombardia
1960 8° nel Trofeo Tendicollo Universal Forlì (Ita)
1960 9° nel Tour de Romandie (Sui)
1965 2° Giro di Sardegna (Ita)
Note: Maglia Rosa per 1 giorno al Giro d'Italia 1960.
Ritratto.
Forse, anzi senz'altro, il più grande incompiuto del grande romanzo del ciclismo. Venturelli, si segnalò fra i dilettanti con risultati eccezionali. Coppi lo vide e gli bastò poco per capire che quel ragazzone aveva avuto dalla natura dei mezzi eccezionali. Il grande Fausto lo volle al suo fianco nella San Pellegrino, ma non fece in tempo a trasmettergli il suo affetto, ed i suoi consigli.
Romeo, fu proprio l’ultimo corridore a vedere Coppi vivo e fu lui che accompagnò a casa il leggendario Campionissimo, di ritorno dalla fatale battuta di caccia nell’Alto Volta. Il debutto di Venturelli con quella maglia bianco-arancio che doveva essere anche di Fausto, fu qualcosa di ineguagliato nella storia del ciclismo. Praticamente all'esordio gareggiò nella Parigi Nizza e nella cronometro di Nimes, seppe irridere gli avversari in particolare Anquetil e Riviere. Una settimana dopo stracciò tutti a Reggio Emilia. Andò al Giro della Romandia e nella tappa più difficile, con arrivo in salita a Montana, staccò tutti. Un nuovo Coppi? Un grande giornalista come il compianto Dante Ronchi, un giorno mi raccontò un particolare a proposito di questo personaggio unico. Dopo il successo in Svizzera, mentre l’osservatorio volava al pensiero di un nuovo super per il ciclismo italiano, Gino Bartali, allora direttore sportivo della San Pellegrino, avvicinò Dante e gli disse che Venturelli non aveva niente del corridore. Stupito ed interdetto, Ronchi, sincero ammiratore di Ginettaccio, ne prese atto non senza dubbi. Dopo qualche giorno, Venturelli esordì al Giro e nella cronometro di Sorrento, diede una lezione a gente come Anquetil, Baldini e Carlesi. "Vuoi vedere che il grande Gino s'è preso un granchio?" - si chiese Ronchi. Due giorni dopo, la controprova diede piena ragione a Bartali. Venturelli svuotato dalla sua vita folle, abbandonò il Giro.
Romeo, fu proprio l’ultimo corridore a vedere Coppi vivo e fu lui che accompagnò a casa il leggendario Campionissimo, di ritorno dalla fatale battuta di caccia nell’Alto Volta. Il debutto di Venturelli con quella maglia bianco-arancio che doveva essere anche di Fausto, fu qualcosa di ineguagliato nella storia del ciclismo. Praticamente all'esordio gareggiò nella Parigi Nizza e nella cronometro di Nimes, seppe irridere gli avversari in particolare Anquetil e Riviere. Una settimana dopo stracciò tutti a Reggio Emilia. Andò al Giro della Romandia e nella tappa più difficile, con arrivo in salita a Montana, staccò tutti. Un nuovo Coppi? Un grande giornalista come il compianto Dante Ronchi, un giorno mi raccontò un particolare a proposito di questo personaggio unico. Dopo il successo in Svizzera, mentre l’osservatorio volava al pensiero di un nuovo super per il ciclismo italiano, Gino Bartali, allora direttore sportivo della San Pellegrino, avvicinò Dante e gli disse che Venturelli non aveva niente del corridore. Stupito ed interdetto, Ronchi, sincero ammiratore di Ginettaccio, ne prese atto non senza dubbi. Dopo qualche giorno, Venturelli esordì al Giro e nella cronometro di Sorrento, diede una lezione a gente come Anquetil, Baldini e Carlesi. "Vuoi vedere che il grande Gino s'è preso un granchio?" - si chiese Ronchi. Due giorni dopo, la controprova diede piena ragione a Bartali. Venturelli svuotato dalla sua vita folle, abbandonò il Giro.
Il grande Giuseppe Ambrosini tenta invano di far recedere "Meo" dal ritiro.
Il ritorno a casa di "Meo"
Ritornò alle gare a fine stagione, giusto in tempo per vincere con l'imolese Diego Ronchini il Trofeo Baracchi. Ma la sua vita non ne voleva sapere delle leggi dello sport e si eclissò. Tornò prepotentemente nel 1965. Dopo aver conquistato il secondo posto al Giro di Sardegna vinto da Van Looy, ed aver fatto vedere i sorci verdi alla celebre "guardia rossa" del "sire di Herentals", andò a trionfare al Giro del Piemonte battendo in volata Poggiali, col quale aveva impresso la corsa. Una brutta caduta a Sanremo, aldilà delle ferite riportate, fu il pretesto ideale per eclissarsi di nuovo. Tornò ancora nel 1971 da isolato, ed anche in quelle poche battute, già ultratrentenne fece capire che aveva qualcosa di divino. Ma il suo fisico era stato troppo minato dalle sue scelleratezze. Qualche esempio delle sue bravate? Era capace di mangiare come un pazzo furioso e di gareggiare con gli altri su chi resisteva di più a tavola. E questo magari alla vigilia di una gara. Qualcuno, anche se non ricordo chi, mi raccontò che la notte precedente una prova importante non andò praticamente a letto, ed alle quattro del mattino si mangiò un intero "formaggio di fossa". Era capace di bersi diverse bibite ghiacciate dopo un arrivo, in un'occasione addirittura venti. Amava il Campari come un assetato che trova un bicchier d’acqua e si potrebbero fare decine di esempi a riguardo. Venturelli, era dunque incapace di svincolarsi dalle quelle "bettolesche" bravate tanto presenti nella quotidianità degli uomini. Una cosa comunque è certa, egli era straordinario a cronometro, in salita e possedeva pure un ottimo spunto veloce. Queste doti le ha avute solo un certo....Eddy Merckx.
Morris