Nato il 3 dicembre 1887 a Torino ed ivi deceduto il 4 settembre 1940. Completo. Professionista dal 1911 al 1927 con 20 vittorie.
Un signor corridore dalla lunga carriera con ben 17 stagioni fra i professionisti, ed un evidente in tutte le corse, indipendentemente dalla loro morfologia. Una completezza che solo in parte s’è tradotta nel palmares a causa dell’epoca in cui ha corso, concomitante, in Italia, con un campione a quattro ante come Girardengo e ad altri grandi corridori come “Tano” Belloni.
Cionononostante lui, il taciturno e velatamente triste Angelo Gremo, s’è ritagliato uno spazio che l’ha reso atleta di nota per tutti gli anni ’10, ed una fetta dei ’20. Sapeva soffrire e possedeva un particolare senso dell’attacco, specie in salita, soprattutto di fronte alle condizioni di gara più estreme. Memorabile il suo passaggio solitario sul Sestriere, allora ben lungi dalla facile salita odierna, sotto una tremenda nevicata, durante il Giro d’Italia del 1914. Di nota pure la tangibilità sulla quale ha costruito la longevità, non già per la distanza fra la prima e l’ultima vittoria, ovvero 14 anni, comunque significativa, quanto perché l’ultimo successo, il Giro di Romagna ’25 che a quei tempi era gara di rango superiore all’oggi, giunse a 38 anni. Angelo infatti, giunse al professionismo abbastanza tardi per il periodo, a 23 e mezzo, ma correva dai 18 e non s’era mai risparmiato, anche se l’avventura fra i dilettanti non fu prodiga di particolari acuti. Nel 1911, dunque, in maglia Fiat, iniziò la sua rincorsa al successo nel ciclismo più importante. Lo fece gareggiando tantissimo (partecipò anche alla Parigi Roubaix, dove finì 25°), con più che buone risultanze: vinse la Coppa Val di Taro, la prima tappa del Giro di Campania (che chiuse al 2° posto), nonché finendo 3° nella Milano-San Pellegrino, nella Torino-Bordighera e chiudendo 5° il Giro del Piemonte.
Nel 1912, la sua evidenza aumentò con quello che nessuno s’aspettava, ovvero con la conquista del Titolo Italiano su strada, a cui aggiunse la crono-squadre del GP di Torino e il 2° posto nella Milano-Modena al Giro d’Italia. Nel medesimo anno, difendendo i colori della Peugeot, terminò 2° l’unico Giro riservato alle squadre.
Nella stagione seguente, ottenne soltanto una vittoria di rilievo al Giro di Romagna, partecipò al Tour de France, ma si ritirò alla terza tappa, finì 4° nella Milano Sanremo e nel Campionato nazionale. Tornò a ruggire con prepotenza nel ‘14, conquistando la tappa Milano-Cuneo al Giro d'Italia più epico (solo otto corridori lo finirono) e si piazzò in tutte le classiche nazionali (fu 2° nel Giro del Piemonte). Negli anni di guerra, continuò il suo ruolino d’evidenza: nel 1915, fu autore di una bella prestazione alla Milano - Sanremo, dove si piazzò terzo e così nel 1917, quando si aggiudicò il Giro della Emilia e la Milano - La Spezia, mentre in precedenza, nel 1916, vinse la Milano-Passo dei Giovi.
Evidentemente la Milano-Sanremo era la sua corsa e, finalmente, nel 1919 gli riuscì di vincerla. Quindi si piazzò sesto al Giro d'Italia e finì bene con un'altra affermazione nel Giro della Provincia di Milano: una corsa a coppie, avendo al fianco Costante Girardengo. Nel 1920, imperniò tutta la stagione sul Giro d'Italia. Si piazzò al secondo posto nella tappa Milano-Torino, pure secondo nella Lucca-Roma e primo a pari merito con Agostini, Alavoine, Belloni, Marcel Buysse, Di Blasi, Rossignoli, Petiva e Sala alla Trieste-Milano. Avrebbe potuto vincere quel duro Giro d'Italia di 2.632 km., anche perché il gran favorito del momento, Costante Girardengo, era giunto con notevole ritardo nella prima tappa e fu tagliato fuori da ogni possibilità di vittoria. Ma Gremo, ebbe la sfortuna d'incontrare sulla sua strada un “Tano” Belloni in gran forma e dovette accontentarsi del secondo posto A fine 1920, il suo ruolino stagionale, che segnò pure il pressoché immediato ritiro (1a tappa) dal Tour de France, poté contare su una sola vittoria chiaramente individuale, nel durissimo Giro della Lunigiana. L'anno successivo, tornò alla carica nella massima corsa a tappe italiana, ma raggiunse solo un onorevole 5° posto in classifica. Era un boccone amaro, che Angelo addolcì un poco con una bella vittoria al Giro della Campania e con un altro primo posto nel Giro della Provincia di Milano a coppie, stavolta assieme a Belloni. Già trentacinquenne, allontanò il tramonto, con un’ottima stagione nel 1922: vinse il Giro del Piemonte, il Giro del Sannio e dell’Irpinia, dove alla classifica finale aggiunse una tappa, il Giro dell’Etna e il GP Roccapiemonte. All’estero, giunse secondo nella Parigi-Bourganeuf, ma si ritirò ancora una volta al Tour de France (durante la seconda tappa). Gli anni cominciarono a pesare e nel biennio 1923-’24, non vinse nessuna corsa pur piazzandosi ancora copiosamente nelle classiche nazionali. Nel 1925, s’accasò in Francia, alla Meteore-Wolber e recitò il suo “canto del cigno” con una bella vittoria al Giro di Romagna, a cui accostò i secondi posti in terra transalpina nella Parigi-Nancy e nel GP de Soissons. Chiuse poi, finalmente, il Tour de France, dove finì 26°. Corse con l’equipe francese anche nel 1926, raccogliendo un ottimo 3° posto nella Parigi-Caen e un sempre significativo 8° posto nel Giro d’Italia. L’anno successivo, staccò la licenza da individuale, soprattutto per aiutare il fratello Felice, all’esordio fra i professionisti. Ma costui, pur autore di una buona carriera, non lo valeva. Terminato in quell’anno l’agonismo, ebbe successivamente una vita travagliata e sfortunata: investito da un'auto, rimase cieco e morì prematuramente, a soli 53 anni, in stato di indigenza.
Maurizio Ricci detto "Morris"