Nato a San Fior (Treviso) l’1 luglio 1925. Passista veloce, alto m 1,73 per kg. 70. Professionista dal 1946 al 1952. Ha ottenuto 4 vittorie.
Ci sono zone in Italia, dove il ciclismo è vissuto come in Belgio: una religione. San Fior, piccolo comune del trevigiano, è sicuramente una di queste. Chi scrive ha potuto appurarlo di persona, vivendo per circa un anno nelle vicinanze di quella graziosa località. Non è dunque un caso se i sanfioresi, tengono ben ordinata la loro memoria ciclistica e, quando accenni a Italo De Zan, sono subito pronti a dirti che è stato il primo professionista del loro territorio. Già, questo passista veloce, ricordato pure per le sue incredibili sfortune, fu davvero il primo a passare nell’elite del ciclismo, anticipando di circa dieci mesi il fratello Domenico, di tre anni più anziano. Ma a differenza di questi, il suo passaggio fra i prof, fu impreziosito di qualche pagina nobile. Corridore tenace, a volte spavaldo, amante della vita compresi gli strappi che non sempre si vogliono vicini al ciclismo, ma sulla bici ardimentoso e di grande generosità. Sfortunato, come detto, perché come raccontano sempre i suoi paesani, un giorno, da dilettante, mentre stava per vincere in solitudine una importante gara a Roma, fu scaraventato a terra da un cavallo imbizzarrito di un carabiniere del servizio d'ordine e finì per perdere in mezzo al dolore quel traguardo. Sfortuna che stava per concretizzarsi anche nella gara che, più di tutte, significò per lui il passaggio al professionismo: la Coppa Caldirola ‘46. Giunto a Milano un po’ in ritardo e non per colpa sua, si presentò allo start comunque nei tempi previsti, sennonché al momento della partenza, giuria e organizzatori, gli dissero che non sarebbe potuto partire perché non c’erano più numeri. Scoppiò a piangere e ad urlare per quella ingiustizia, colpendo non poco Fiorenzo Magni che era il mossiere. Il gruppo partì, ma il non ancora “Leone delle Fiandre” intervenne con piglio presso la giuria, affinché fosse incollato sulla schiena di De Zan un numero di carta e fu accontentato. Italo poté così partire, pur con qualche minuto di ritardo sugli avversari, ciononostante a Varese li raggiunse e sul traguardo di Milano giunse solitario vincitore. Magni lo prese come un esempio e lo raccomandò al professionismo. E fu così che il ragazzino, allora 21enne, cresciuto nella Sanfiorese del mitico Gino Tonon, entrò ad ottobre del ’46 nell’elite del ciclismo facendo in tempo a vincere la Milano Rapallo e giungere 4° nel Giro di Lombardia. Nell’anno successivo vinse una classica come la Milano Torino e finì 3° nel Giro di Lombardia dietro Coppi e Bartali. Il 1948 fu il suo anno d’oro. Vinse la tappa Napoli Fiuggi al Giro d’Italia, giunse 2° nella Milano-Torino e nella Coppa Placci, 3° nel Giro Romagna e 5° nella Milano Sanremo. Nel 1949 s’aggiudicò la Sassari Cagliari, che fu il suo ultimo successo, finì 3° nella Milano Torino e 4° nella Milano Sanremo. Gli ultimi tre anni da prof li passò a fare il gregario.
Maurizio Ricci detto "Morris"