Nato a Tortona il 22 giugno 1920. Deceduto a Garlasco l’1 ottobre 2006. Passista. Professionista dal 1945 al 1958 con 18 vittorie.
Quando si dice che gli albi d'oro vanno presi con le molle! Luigi Malabrocca sarà sempre un leggendario, un riferimento per chi vorrà sfogliare il profondo romanzo del ciclismo. Eppure, il suo nome s'è scolpito su un simbolo, che pareva proseguire coi segni della concretezza la triste assonanza del suo gnome: la maglia nera. In realtà, arrivare ultimi, in quei tempi dove ogni occasione poteva essere utile per vivere una rivincita sui disastri di un conflitto immane, rappresentava qualcosa di diverso: era un esercizio di abilità. Non c'erano le rassicuranti pedalate nella rete del gruppone, una foratura significava minuti, non c'erano rifornimenti dalla ammiraglia o dalle moto al seguito; i gregari, o gli umili che ancor non sapevano di quali valori fossero intrisi, imbastivano ad ogni prova una lotta di sopravvivenza e di qualità. Quella maglia, dal colore più tetro che ci sia, andava premiata. De Coubertin non era lontano e nell'intorno dello sport, c'era la voglia di vivere col cuore intinto di sentimenti. Spesso, ci si aggrappava alla solidarietà della gente, a quei tanti che si ponevano ai margini delle strade per un attimo di festa e di gioia. Si narrava la storia senza possedere il sinistro modus del narcisismo e della fama, del danaro per soggiogare, dei soldi per comprare il lusso. C'era la fame e niente è più onesto della miseria per sviluppare tanto l'arguzia, quanto, incredibilmente, anche se oggi l'abbiamo dimenticato, una pura bontà d'animo. Arrivare ultimi, garantiva premi e simpatia nei gruppi sportivi d'allora, tutti diretti e gestiti da chi produceva biciclette. Significava essere qualcuno, ma non era facile, anzi, difficile quasi quanto vincere come Coppi o Bartali. Lo spettro del tempo massimo, diventava enorme negli imprevisti sempre presenti sulle quelle strade sassose, sterrate, piene di buche, ove l'asfalto di oggi era un sogno. Per giungere ultimi servivano gambe, perché per restare in tempo massimo, ti poteva capitare di dover percorrere gli ultimi chilometri nel medesimo tempo dei primi. C'erano avversari e solo alcuni non bluffavano. Luisin Malabrocca è stato un genio, ed aveva pure un discreto talento. Non avrebbe vinto altrimenti, fra le altre, una Coppa Agostoni (’48), la Parigi-Nantes (’47), la Parigi-St Valere (’48) e il Giro di Croazia e Slovenia (49). A Malabrocca spetta poi la palma di pioniere del ciclocross nazionale: una specialità che gli ha dato il Tricolore (’51 e ’53) e lo ha visto apri strada di assi quali Amerigo Severini e il grandissimo Renato Longo.
Maurizio Ricci detto "Morris"