Nato a Ertvelde il 20 giugno 1924. Velocista e pistard. Professionista dal 1945 al 1958, con 12 vittorie.
Questo corridore longilineo e con buone fibre bianche, è da considerarsi uno stereotipo di quella miriade di ciclisti belgi dell’immediato dopoguerra, che, non avendo le qualità per emergere come campioni fra i tantissimi connazionali praticanti il pedale vissuto come religione, trovarono modo di guadagnarsi il pane correndo, sia su strada, in particolare nelle kermesse, che su pista e in maniera crescente, nel corso delle generazioni seguenti Rijckaert, nel ciclo-cross. Altro aspetto su cui Arsene è da vedersi come simbolo, sta nella pratica della disciplina vissuta sovente come individuali, senza squadra a monte, ma con piccoli sostenitori e l’esigenza di guadagnare premi in tutte le gare. Un ciclismo che ha fatto storia parallela a quello più conosciuto, ma in grado esso stesso di spiegarne, tanto il corso, quanto, in particolare per i belgi, il religioso amore verso la disciplina.
La carriera di Arsene s’aprì fra gli indipendenti nel 1945, poche settimane dopo la chiusura del conflitto mondiale. Aveva vissuto una fase propedeutica estremamente rarefatta, giusto un mazzo di gare su strada che ne avevano denotato una predisposizione allo sprint ed infatti proprio all’esordio fra gli indipendenti vinse il campionato belga della velocità su pista. L’anno seguente passò professionista e s’affermò in un paio di kermesse, a Zwijnaarde e Eeklo. Nel 1947 vinse a Bredene. Dopo un biennio senza vittorie, ma con piazzamenti discreti anche su gare dense di “muri”, tornò al successo nel 1950, conquistando un gran bel traguardo nel Giro delle Ardenne. Andò a segno anche nella stagione successiva nel GP di Moorsele. Il 1952 fu il suo anno d’oro con le conquiste del Giro delle Fiandre Orientali, del Campionato delle Fiandre e dei GP di Lokeren, di Hamme e di Turnhout. Col 1953 intensificò l’attività su pista e vinse proprio in quella stagione la Sei Giorni di Gand in coppia con Andrè Bruneel. Fu la sua ultima vittoria, ma su pista restò protagonista fino ai primi mesi del 1958, quando decise di appendere la bici al chiodo.
Maurizio Ricci detto “Morris”