Nato a Moret-sur-Loing il 5 giugno 1879, deceduto a Levallois-Perret il 25 gennaio 1907. Completo. Professionista dal 1904 al 1906 con 9 vittorie. Ad elevarne il mito la voluta tragica fine, ma René era veramente un grande atleta, uno possibile d’eccellenza in ogni sport. Giunse al ciclismo sulla spinta delle correnti d’ottimismo tipiche della “belle époque”, ma il suo essere introverso, ombroso e con un carattere che si donava tutto alle scelte, ne limitò l’apertura verso l’intorno, col risultato che poi vedremo esserne eccezione e rottura. Il fisico di Pottier, anticipava di taluni decenni, la tendenza a stereotipare il corridore in bicicletta, come persona alta (anche se Renè non era altissimo), magra e snella, ed a ciò aggiungeva una dedizione pressoché totale al divenendo mestiere. Era il terzo di una famiglia di ciclisti, dopo i fratelli Charles e Leon, in anticipo di poco sul quarto, André. René però, a differenza degli altri, era giunto più tardi alla decisione di correre, ma quando lo fece, a 22 anni, ci mise davvero poco ad impressionare. La pista fu la sua palestra ideale, perché poteva esaltare quella sua gran sensibilità, quei record che vedeva significativi come nessuno per qualità e forza. E fu così che da dilettante, diede più volte l’assalto al record francese sull’Ora, avvicinando quello mondiale di Hamilton. Su strada, nel 1903, vinse la Parigi Caen e, soprattutto, la Bordeaux Parigi. L’anno successivo la sua grande voglia di record fu soddisfatta: stabilì infatti i record mondiali del Km con partenza da fermo, con 1’08”1 e dei 20 km, in 29’53”1. Passò prof nel 1905 e, dopo esser giunto secondo sia alla Parigi Roubaix (vinse Trousselier) che al-la Bordeaux Parigi (vinse Acouturier), entrò nella storia passando in testa, e nettamente, in cima al Ballon d’Alsace, la prima salita affrontata dal Tour de France. I postumi di una rovinosa caduta nella tappa precedente però, gli impedirono di vincere quella frazione del Tour (che andò ad Acouturier), ed il giorno dopo fu costretto al ritiro. Si rifece con gli interessi l’anno seguente, quando il ciclismo mondiale capì di aver trovato un dominatore. Dopo il 3° posto nella Parigi Roubaix (superato allo sprint da Cornet e Cadolle), dominò letteralmente il Tour de France, confermandosi alla grande come miglior grimpeur, passando in cima con vantaggi abissali sul Ballon d'Alsace, ma anche sul Col Bayard e la Cote de Laffrey, ovvero le altre salite dell’edizione e si dimostrò il migliore anche sul passo vincendo 4 tappe e la Classifica Finale di Parigi. In settembre diede la rivincita agli avversari nella Bol d'Or. Morale: rivinse lui, percorrendo km 925,2 sulle 24 ore, nuovo record del mondo su pista scoperta. A 27 anni, al culmine di una carriera che l’avrebbe portato e segnare pagine memorabili, lasciò il mondo sotto shock, impiccandosi, il 25 gennaio 1907, nel capannone di assistenza alle gare della Peugeot. Accanto a lui aveva riposto con ordine maniacale i trofei delle sue vittorie. Lui, il campione che rendeva pianura la montagna, non aveva saputo resistere ad una cruda delusione d’amore.
Maurizio Ricci detto "Morris"