Trentaquattro anni fa, oggi, 23 marzo, moriva poco più che quarantenne, in un incidente stradale causato da altri, uno dei più grandi campioni di motociclismo di sempre, probabilmente colui che più di ogni altro sapeva togliere dal cuore del mezzo a disposizione, l’incanto di una competitività impensabile, che si scioglieva in un refuso quando sulla sella saliva qualcun altro.
Un fenomeno che veniva dalla terra di Albione ed era un lord, nel senso che era nato da un famiglia agiatissima e questo fatto pesò non poco, sulle considerazioni e gli atteggiamenti dell’osservatorio agli inizi della sua carriera. Eppure, questo ragazzo aveva qualcosa di alato, oltre al coraggio e l’abilità necessarie per affrontare uno sport come questo: lui sapeva parlare alla moto, capiva il suo linguaggio, quasi fosse un prolungamento del suo corpo e della sua mente. Quel giovane, nato ad Oxford il 2 aprile 1940, si chiamava Stanley Michael Bailey HaiIwood, poi divenuto semplicemente Mike, il “rombo della moto”.……
Nei tanti flash della luminosa ed infinita carriera di Mike Hailwood, che riassumo qui a tratti vergognosamente intrisi di “taglio”, c’è un aspetto, una effige che rimarrà incancellabile alle memorie dei palati fini dello sport motoristico: Mike vinse 12 volte il Tourist Trophy, sul percorso dell’Isola di Man. Un record monumentale. Quella, era gara più pericolosa ed affascinante, la corsa delle vittime che non si riesce più a contare (perché là ancora su corre e si continua a morire), la prova dell’incenso fra il coraggio intinto d’incoscienza ancora maggiore e l’abilità nell’affrontare gli imprevisti e le difficoltà del circuito più pericoloso per eccellenza.
Il palmares di Hailwood, non è degno del suo talento, anche se pieno di numeri significativi e grandiosi, ma a Mike bastava dare un mezzo, anche non tarato per la gara, e lui te lo faceva schizzare a tempi da primato, come se fosse la moto più perfetta…. Guardarlo stimolava qualcosa che non si convinceva al parametro tanto del razionale quanto del sogno tridimensionale, lui era il motore che, giunto al traguardo, si smaterializzava in una persona educata, gentile e ben consapevole di ciò che lo circondava. Gentilezza e cordialità che non cancellavano conoscenza o immolavano ipocrisia: aveva tempra, poteva dirti garbatamente in faccia quello che non avresti mai voluto sentire, aggiungendovi la forza per prendere immediatamente le decisioni di un istintivo. Grandioso!
PALMARES
1961 1. mondiale 250
1962 1. mondiale 500
1963 1. mondiale 500
1964 1. mondiale 500
1965 1. mondiale 500
1966 1. mondiale 250
1. mondiale 350
1967 1. mondiale 250
1. mondiale 350
Gran Premi disputati 148 (*)
Gran Premi vinti 37 (*)
Podi conquistati 112 (*)
Vittorie in una stagione 19 (1966) (*)
(*) nelle classi 125, 250, 350, 500
Quattro dei suoi titoli mondiali sono stati vinti con la MV del conte Agusta. ma la versatilità e grandiosità di Hailwood ci viene dalla constatazione che ha corso e vinto in tutte le classi e con tutte le marche: oltre ad Mv, anche Honda, Paton, Mz, Nsu, Ajs, Itom, Norton, Ducati, Emc, Triumph e Mondial
Più che l’avvento di Giacomo Agostini che, per altro, ha spesso battuto con mezzi pure di fortuna o non adeguati, furono i tempi e gli stimoli a farlo passare all’automobilismo, uno sport, in quell’epoca, più prodigo di spettacolarità ed esaltazione del talento, rispetto alla noia vergognosa di oggi. Nel ’72, divenne campione europeo di Formula Due e si distinse in seguito anche in Formula Uno, ma al Nùrburgring, nel ‘74, la sua McLaren uscì di pista e da quell’incidente rimediò gravi fratture alle gambe che lo indurranno ad abbandonare l’attività, dopo essersi trasferito nella terra dell’erba e dei paesaggi da sogno: la Nuova Zelanda.
Nel ’78, un improvviso e significativo atto di nostalgia lo coinvolse e Mike Hailwood ritornò alle moto ….rivincendo proprio la gara “the best”: il Tourist Trophy. Si ripetè anche l’anno successivo. Un vero “The Bike”, altro appellativo che gli fu siamese.
Nella luminosa storia della vita di Mike Haillwood, c’è un esempio di coraggio ed umanità, non comune fra gli sportivi, per il quale, nel 1973, il suo paese lo insignì della George Medal, il più alto riconoscimento britannico al valor civile. In quell’anno, sul circuito di Kyalami in Sud Africa, durante il Gp di F.1, Clay Regazzoni subì un pauroso incidente e svenne, proprio mentre la sua Brm si incendiava. Era intrappolato nell’abitacolo. Hailwood che sopraggiungeva sul luogo dell’impatto, si fermò e si gettò tra le fiamme, slacciò la cintura di sicurezza dello svizzero, ma pure la sua tuta iniziò a prender fuoco. Mike non si scoraggiò, ed in quegli attimi così particolari, spense le fiamme che lo stavano cospargendo e si rigettò verso Clay, fino a salvarlo da una morte sicura.
Quella morte sul percorso di gara, che non erano mai riuscite a creargli le moto, le auto e le fiamme, proprio a poco dal compimento dei 41 anni, il 23 marzo 1981, gli venne dall’incauta manovra di un camion e la pur forte fibra di Mike Hailwood si spense, al pari della sua bambina che con lui viaggiava. Anche il figlio era con Mike, ma fortunatamente si salvò.
Morris