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    Imerio Massignan

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    Messaggio Da Lemond Sab Mag 24, 2014 9:38 am

    Dal Romanzo "Imerio" di Marco Balestracci

    Imerio, significa secondo l'autore: ardente, mentre a me risulta originario della città di Himera, ma, siccome siamo in un romanzo, si può accettare il primo. Wink Infatti Imerio è anche e soprattutto un'idea nata dalle "ardenti" imprese del Nostro sulle montagne italiane e francesi e un intreccio di varie storie: di pedale e di emigrazione, di chilometri di strade svizzere e francesi costruite da moltissimi veneti, quando la loro zona era fra le più povere d'Italia. Questo romanzo fa rivivere vicende che appartengono alla collettività, scrivendo di una generazione che ha lavorato duro e pestato sui pedali.
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    Messaggio Da Lemond Lun Mag 26, 2014 9:53 am

    Capitolo I Alessio (al momento non so chi sia, ma certo lo scopriremo in seguito)

    Il Veneto, da regione indigente degli anni cinquanta si stava trasformando nel territorio in cui esisteva la più gran diffusione di ricchezza: dalla pellagra, si era passati alle malattie del benessere, gastrintesinali e cardiocircolatorie. Alessio aveva vissuto un'epoca irripetidibile, ma attraversandola non si era accorto di nulla. La sua famiglia era tornata dalla Svizzera nel 1967, perché in Veneto c'era una grande richiesta di manodopera e lì suo padre andava a lavorare in bicicletta e infatti ricordava bene il gran traffico di bici e moto che s'impadroniva delle strade, quando la sirena della più grande fabbrica tessile del paese suonava il mezzogiorno. I ragazzini si accendevano in corse sfrenate e tutti si immaginavano di diventare Beghetto, che era di Tombolo e campione del mondo di velocità.

    La sua prima bicicletta, una Trerovi rossa, fu un regalo che gli fece sobbalzare il cuore dalla gioia, perché anche lui voleva essere Beghetto e partecipare alle gare, che tutti i giorni si svolgevano fra mezzogiorno e il tocco (nota, nel testo c'era scritto *una, ma a me non piace). I compagni delle elementari divennero i suoi avversari e, alle volte, persino suo padre accettava di gareggiare (da soli la sera) e quando riusciva a batterlo, il giorno dopo si immetteva nel traffico dei ciclisti con gran voglia di sfide e la speranza di di mostra bene chi fosse. Wink
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    Messaggio Da Lemond Gio Mag 29, 2014 9:25 am

    Sono passati alcuni anni e Alessio ha appuntamento al parcheggio di Parma: l'attendeva un tizio che lavorava per l'Univesità e che maneggiava un archivio fotografico in cui potevano trovarsi immagini interessanti per la pubblicazione di un libro fotografico sul Giro d'Italia e pareva che in quell'archivio ci fossero foto che nessuno aveva mai visto. Gli avevano chiesto, in qualità di esperto, di verificare la qualità e di trattare sull'ammontare dei diritti di pubblicazione. Stava percorrendo la Sabbionetana, la strada che suo padre percorreva ogni anno per tornarsene in ferie dal Veneto, posto di lavoro, alla natia Toscana e si rammentava di una serie continua di maledizioni e bestemmie verso quello o quell'altro che non sapevano guidare! Rideva, a ripensarci, mentre si recava all'appuntamento e rammentava come diventava un altro uomo quando suo padre aveva l'opportunità di tornarsene a "casa sua", al di là dell'appennino. Eesplodeva di gioia quando la strada discendeva dopo il traforo di valico della Parma-La Spezia e alle volte gli scappava una frase che irritava molto sua madre:" Voi veneti siete la peggiore razza di ruffiani che abbia mai incontrato". Una volta Alessio gli aveva chiesto il perché e lui aveva risposto di scatto: "Perché qui sei sempre un "foresto"; in Svizzera ti trattavano da cani quando arrivavi, ma poi, se lavoravi bene, ti aiutavano e ti dimostravano stima. Qui, se vieni da fuori, chiunque tu sia, ti fanno sempre pesare che non sei del posto!"
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    Messaggio Da Lemond Mar Giu 03, 2014 8:16 am

    Alessio entrò nell'abazia, dove si conservavano circa nove milioni di immagini; la stima era piuttosto precisa, anche se alcune nessuno le aveva mai viste (solo catalogate). Aprì la cartella con le foto dedicate a Coppi e subito comprese di essersi imbattuto in una sorta di fonte inesauribile. La prima immortalava il campionissimo con un maglioncino scuro e chiese all'archivista se si poteva conoscere dove e quando potesse essere stata scattata? "Spesso, dietro c'è data e luogo". E infatti, girata la foto, lesse Toledo, febbraio 1959 e capì che Coppi era andato a trovare F.M. Bahamontes, l'Aquila di Toledo, il primo spagnolo a vincere il Tour, proprio in quell'anno. F.M.B. sarebbe stato ingaggiato dalla Tricofilina-Coppi (anche se allora il Tour si correva per squadre nazionali) e Fausto era andato a Toledo quell'anno per perfezionare l'accordo. Wink La cornice incastonava Bahamontes che si arrampicava solitario su un passo alpino, poteva essere l'Izoard dell'anno prima, che gli fece da trampolino per la vittoria a Briançon. Coppi osserva meglio, sì, perché riconosce la Casse Déserte: l'ultima rampa prima di raggiungere la sommità. Nella cartella più avanti c'era proprio una foto sua in cui transitava proprio in quel punto, durante la leggendaria Cuneo-Pinerolo del 10 giugno 1949. Avvicinò i due scatti e si sorprese di come la fotografia avesse la capacità di annullare il tempo.
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    Messaggio Da Lemond Gio Giu 05, 2014 8:51 am

    L'archivista venne a scuoterlo mentre stava esaminando la foto che gli sembrava più bella: su uno sfondo di monti incappucciato di nuvole, due corridori, perfettamente a fuoco, risalivano un crinale. Era un immagine meravigliosa, nitida, quasi che i due atleti fossero lì in quel momento. Questi due chi sono, chiese, dietro non c'è scritto niente. L'altro rispose che si vedeva bene chi fossero: Coppi e Bartali, mentre è più difficile capire di quale manifestazione si tratti. Fausto, per esempio, non ha la maglia della Bianchi, ma una sorta di divisa nazionale, però non può essere un mondiale, perché Gino ha una maglia diversa. C'era una sola corsa che si correva per rappresentanze nazionali: il Tour e infatti uno ha la maglia tricolore e l'altro gialla. Wink Ma che anno è? I due corsero insieme tre Giri di Francia, ma solo in uno di questi si creò una situazione come quella descritta e quindi siamo nel 1949 nella tappa Briançon-Aosta e più esattamente il 19 luglio. In quel giorno Coppi aveva fatto selezione sull'Iseran, ma solo sul Piccolo San Bernardo rimasero in coppia. E' bellissimo riuscire a ricostruire queste cose, disse Alessio e l'archivista telefonò a casa per dire che non poteva tornare per cena, perché non capitava troppo spesso di trovare qualcuno con cui discutere delle foto. Wink
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    Messaggio Da Lemond Sab Giu 07, 2014 9:11 am

    Dopo cena Alessio riprese il lavoro e scorse l'appunto: Jacques Anquetil sul passo di Gavia 1960. Subito gli apparve un ricordo inquietante: il Giro del 1988, con i corridori diventati spettri, immortalati dalla TV, mentre emergevano assiderati da una tormenta di neve. Per qualche tempo, fra i suoi amici, il termine Gavia aveva preso a indicare qualcosa di insuperabile, se non a costo di immensi sacrifici, neppure la sentinella della provenza, l'omicida Mont Ventoux che aveva dilaniato Tony Simpson, incuteva tanto timore: tutti i passi potevano essere affrontati con il loro carico di fatica e tragedia, solo il Gavia si conquistava!. Mentre attendeva le testimonianze fotografiche dell'otto giugno 1960, cercò di recuperare informazioni su quel giorno. La cronaca raccontava dell'epica sfida fra Nencini e Anquetil, con il toscano lanciato lungo la spaventosa discesa del Gavia per tentare di recuperare il distacco dalla maglia rosa. Gastone rischiò la vita, oltrepassò i limiti dell'equilibrismo, ma perse il Giro per ventotto secondi, però tutti ricordarono quella sua grande impresa. J.A e G.S. erano eroi splendidi, ma in quel giorno altri personaggi si erano forgiati e uno, fra loro, aveva la cristallina fisionomia dell'eroe tragico (sembrava l'Ettorre troiano): era un ragazzo veneto di ventitré anni, secco e, a guardarlo bene, anche un po' zoppo, un ragazzo dal nome ardente, Imerio.
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    Messaggio Da Lemond Lun Giu 09, 2014 9:09 am

    Capitolo II

    Imerio (prima parte)

    "Ho scumisià a lavorar presto e quando te scumissi a lavorar presto el corpo subisse. Oggi ho la spina dorsal storta e mi ha un poco sciancà". "Te si brutto e storto" mi dicevano, ma mi avevo una roba che nessuno pensava: una forza nelle gambe, nella destra soprattutto, che la salita del 25 aprile me la bevevo, sia a piè che colla bicicletta. Facevimo le gare su per la salita e li moriva tutti dietro di me. Non so quando, ma qualcuno è andato da Tullio Campagnolo e li ha detto che c'era sto Imerio che ... Quando andavimo su colle bici oggi tanto, di domenica, passava el conte con la sua macchina lunga e nera e rideva di noi bocia. Sad Mi no lo desmentego quel fatto, per questo i nobili e i tanto fini me mette a disagio. Anquetil mi no lo sopporto e non posso starghe vicino. No aveva una goccia di sudore quando mi ha passato dopo dieci Km. della cronometro, pareva proprio el conte in visita ai so possedimenti. Ma ora siamo in salita, ed è come se fosse venuto giù dalla Lancia nera per salir anche lui a pedalar, ma anca qui nol sembra fare sforzi e tutti gli altri a guardare quel che fa, i paian i contadini della Nogarazza, che aspettan gli ordini del conte. Wink Mi no so vegnuo al Giro per farmi dare ordini da nessun e manco de tutto da uno che par un signorino biondo. Insieme con questi no ghe sto.
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    Messaggio Da Lemond Mer Giu 11, 2014 8:17 am

    Massignan partì da dietro, in un breve intervallo tra due tornanti del Passo del Tonale. Il Gavia era ancora troppo lontano perché qualcuno dei "leader" della corsa rispondesse all'attacco e poi le sue "rasoiate" provocavano fitte di dolore anche alle gambe di uno come Charly Gaul che sulla montagna aveva scritto la grande epopea dell'angelo biondo. Imerio salì con foga, come quando voleva raggiungere per primo il piccolo piazzale della chiesa di Valmarana, per dimostrare a tutto il paese che non era brutto e storto. Prima che il Tonale finisse raggiunse il gruppetto di Van Looy e Stablinski che, all'inizio della salita, aveva quattro minuti di vantaggio. Appena cominciò il Gavia abbandonò tutti, senza bisogno di scatti, solo tenendo il suo terribile passo. La montagna era ancora, in parte, sterrata e ai lati gli parve di riconoscere gente del suo paese e infatti sentiva: "Cori che da drio no i ghea fa. Dài che te fe morir Anquetil, Cori Imerio, cori." Qualche volta sentiva un colpo attutito e la velocità aumentava un poco: qualcuno lo stava spingendo, ma non protestava perché lo sfinimento cominciava a inghiottirlo. Solo verso la vetta aveva cominciato a insultare ("va in mona ti e to mare"), perché capiva che le spinte potevano farlo cadere e tutta quella fatica per nulla lo inrabiava. Poi prese a scendere, pregando che i freni non mollassero e che il tremolio provocato dai sassi finisse presto. Vibrò e bestemmiò a lungo, prima di rendersi conto che le botte erano troppo forti perché fosse tutto a posto; e infatti stava correndo sul cerchione! Immaginava che il motociclista della Legnano fosse dietro di lui con la ruota di ricambio, ma non c'era nessuno: il motore si era surriscaldato e l'uomo si era dovuto fermare, per non fondere. Evil or Very Mad
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    Messaggio Da Lemond Ven Giu 13, 2014 7:39 am

    Imerio bestemmiò ancora e cominciò a smontare il tubolare a mani nude, per poi rimontarlo con una rabbia che lo faceva tremare; gonfiò la ruota e, mentre risaliva in sella, udì un rumore di motocicletta; "Desso te rivi, maedetto mona ..." ma non era il suo appoggio, bensì C. Gaul scortato da una moto della P.S.
    Non ebbe modo di inveire ancora contro il destino e la Legnano, perché si dovette accodare alla svelta. Fosse stato in un altro momento sarebbe stato quasi contento di scendere giù da quella mulattiera con qualcuno davanti, ma quel giorno stava correndo la tappa più importante del Giro e vincerla sarebbe stato meraviglioso. E Imerio conosceva un unico modo  per arrivare primo: staccare tutti e arrivare da solo. Besttemmiò ancora la Legnano che lo aveva lasciato solo, maledetta squadra, piena di incapaci! Ma mentre stava pensando ad una tattica per l'arrivo a due, dopo una curva pericolosa disegnata dalle pietre, la bici cominciò a vibrare e, dopo poco, capì che la ruota posteriore era di nuovo a terra e non c'era altro da fare che continuare a pedalare sul cerchione! Quando tagliò il traguardo, quattordici secondi dopo il lussemburghese, buttò via la bici e si sedette appoggiato alle transenne. Pianse disperato e nessuno ebbe la forza di avvicinarsi per consolarlo. Evil or Very Mad
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    Messaggio Da Lemond Sab Giu 14, 2014 9:13 am

    L'archivista depose un cd dove c'erano tutte le foto disponibili del Giro 1960. Alessio inserì il supporto e apparve un corridore solitario: J. Anquetil che stava divorando la strada alla sua maniera e s'imponeva in quella  che ancora è definita "la cronometro perfetta", ma per quanto gli interessassero le foto di quella tappa, la sua curiosità era rivolta agli eroi del Gavia e soprattutto al protagonista tragico di quel giorno. La prima immagine del Monte Maledetto rappresentava un corridore in difficoltà: Guido Carlesi, fermo sullo sterrato, soccorso da un meccanico, le braccia del toscano erano coperte di fango, il tubolare come imprigionato dalla mota e il corridore lo osservava con sguardo smarrito. Uno scatto del "mouse" ed ecco Anquetil che spingeva con tutte le forze lungo una strada lastricata di pietre e dietro di lui Nencini, con una grande smorfia sul viso. Imerio comparve all'improvviso fra due enormi muri di neve; alle spalle un tifoso lo rincorreva, lo scenario era irreale, con tutto quel bianco che confondeva le idee. Non c'era nessuna immagine di Gaul, quasi fosse un intruso capitato in una faccenda che non lo riguardava. Poi, di colpo, l'ultima foto: un primo piano di Imerio scosso da un pianto disperato, pareva un bambino che avesse subito un dispetto e non potesse far altro che singhiozzare contro quell'ingiustizia. Sad
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    Messaggio Da Lemond Lun Giu 16, 2014 10:06 am

    Domandar a Dio perché farme perdere quando meritavo la vittoria? Tutto sarebbe stato recompensà: Anquetil vinceva la cronometro, perché era il più forte, Imerio vinceva la tappa del Gavia, perché anche Gaul era mezzo morto sul Tonale e non aveva recuperato nemmeno un secondo sul monte della malora. Invece niente, merda secca me ze toccà. E ora me domando, perché proprio a mi? Perché ogni volta che ero là per vincere salta fuori Gaul? A Courmayeur, l'anno scorso, che bastava dieci Km. ancora e lo ciappavo e adesso ... che persino Pavesi s'è messo a piangere quando l'è arrivato al traguardo con la macchina che fumava dal radiatore! E don Vincenzo quando che el predica, la gà sempre co sto disegno de Dio? Me lo spiega don Vincenzo come mai el grande scalatore Massignan, che tutti dicono che è proprio fortissimo, no gal mai vinto gnente? Ma è inutile che vada a domandar a Don Vincenzo, perché là sopra, alla ciesa de Valmarana, i manda i preti de poco conto, mica quelli che spiega davvero come che le stà le cose. Evil or Very Mad
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    Messaggio Da Lemond Mer Giu 18, 2014 8:41 am

    Alessio osservava nelle foto i tifosi indomabili, quelli che l'otto giugno 1960, con mezzi di trasporto che non riusciva a immaginare, erano saliti fin sopra il passo di Gavia, riparandosi alla bell'e meglio dal freddo e "appollaiandosi" sopra muri di neve, alti due volte un uomo. C'erano persino foto di carabinieri esagitati che incoraggiavano con parole e gesti i corridori. Un'immagine in particolare lo colpì, perché solo lui era in grado di coglierne la singolarità: si vedeva un cartello con la doppia scritta sul recto "Cavasagra W Nencini" e sul verso "Cavasagra W Massignan". Cavasagra era un piccolo paese a 10 km. da casa sua e appunto in quella foto, di dieci anni prima, aveva visto persone che avrebbe potuto ritrovare al bar nella piazzetta e alle quali avrebbe potuto domandare come e perché stessero lassù quel giorno. Era come ricostruire un pezzetto di storia, fatta da gente normale, vicini di casa improvvisamente riapparsi. Wink
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    Messaggio Da Lemond Gio Giu 19, 2014 8:29 am

    La cameriera del bar di Cavasagra gli indicò un tipo che stava bevendo il caffé: "Alfonso, se ze una roba de biciclette, ghin sa tanto." Il vecchio prese la foto e sciorinò i nomi dei compaesani ripresi, io non c'ero, perché mi ghero l'ultimo de sette e, appena finito il militare, nel 1951, son partio per l'estero e nel 1958 ero in Francia e quell'anno fu la prima volta che andai di persona al Tour de France. Era de venere e gò spiegà al paron che la maglia gialla era del mio paese, de Sarmede, su verso Vittorio Veneto e se el batteva Gaul vinceva el Tour. Ti rendi conto cossa che voleva dir per noi? Non solo italiani, ma proprio veneti? Allora son partito, come tanti ed eravamo tutti là fra Digione e Besançon e ze ghemo rovà. Che giornata meravigliosa, anche se Vito ha perso la maglia e Gaul ha vinto il Tour. Na giornata meravigliosa, proprio come fossimo ancora a casa. Pensa solo quello che saria successo se Favero avesse tegnuo duro. Saressimo stati imperatori di Francia: na festa par noialtri, che par i francesi erimo i brigantassassini. In Svizzera erano abituati al fatto che qualche italiano diventasse importante, in Francia invece pareva persino impossibile che un "italien" avesse successo. Ammettevano solo qualche eccezione: Fostò Coppi, per esempio, ma era troppo grande ed elegante per essere davvero italiano. Per questo rimasero allibiti quando nel 1958, dove tutti aspettavano Geminiani e Anquetil, a vestire la maglia gialla fu un italiano che, prima del Tour, nessuno consoceva. La radio disse che C. Gaul aveva compiuto un'impresa leggendaria e che la maglia gialla la indossava l'italiano Vito Favero e il giorno dopo, il padrone gli dette il permesso, cosa impensabile dieci anni prima! I vecchi dicevano che li avevano trattati peggio dei cani e a far cambiare un po' le cose era stato il Tour del 1949. Quell'anno i francesi non riuscivano a credere che un popolo di disgraziati potesse partorire una triade ciclopica, come quella formata da Bartali, Coppi e Magni. A dir la verità Bartali aveva già vinto l'anno prima, ma vincere in quel modo non contava nulla: Bobet era stato fermato da un ascesso, altrimenti non ci sarebbe stata storia! Ma nel 1949 i francesi non si potevano "aggrappare" a niente. Very Happy
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    Messaggio Da Lemond Ven Giu 20, 2014 8:36 am

    A far arrabbiare i francesi non era solo che gli italiani, in quanto italiani, vincessero il Tour, ma soprattutto che moltissimi in Francia volessero una bicicletta italiana: Legnano o Bianchi, ma andavano bene anche le altre. I negozianti sostenevano che la gente entrava con il preciso intento di comprare le bici di Coppi o Bartali. Era necessario che le cose cambiassero, perché i produttori francesi non potevano permettersi che ancora un italiano vincesse la corsa anche nel '50, perciò ringraziarono Iddio quando Coppi s'incrinò il bacino al Giro e poi s'inventarono la contestazione e le baruffe sulla strada, che provocarono il ritiro di tutta la squadra italiana. Però Coppi ormai aveva indotto i francesi a pensare, di nascosto, che gli italiani forse erano meglio di ciò che si credeva e quando Fausto annientò tutti nel 1952 i volti dei transalpini cominciarono persino a sorridere e le teste degli italiani a rialzarsi un pochino. Certo, pensava Alfonso, fra Coppi e Favero c'era un abisso: la classe di fronte al sacrificio e all'abnegazione ed era quest'ultimo ad assomigliargli di più e gli rammentava gli anni che aveva trascorso come operaio in Francia: le baracche, le piattole e le zecche in cambio di un'idea di futuro che paresse appena accettabile.
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    Messaggio Da Lemond Sab Giu 21, 2014 8:39 am

    Imerio non aveva frequentato granché la scuola elementare, perché talvolta c'era da lavorare nei campi, ma aveva sgobbato quel che bastava per avere la licenza. La miseria era una brutta bestia e molti dovevano emigrare, ma lui sapeva di aver avuto fortuna, perché Tullio Campagnolo aveva messo una buona parola all'officina di Bastin, sennò avrebbe dovuto anche lui preparare la valigia, perché la terra non bastava. Un giorno di aprile all'officina arriva Campagnolo a parlare con Toni Bastin; al padrone le sue visite facevano sempre effetto, perché gran parte del lavoro erano perni e corone per deragliatori di biciclette; si era pulito le mani ed era uscito. "So vegnuo a darte na notissia ... Massignan sto ano core el Giro d'Italia." Bastin lo guardò un po' in silenzio, come fosse impapinà, ma pensò subito a dove comprare una radio bella grande, per ascoltare in tutta l'officina le imprese di Imerio, che per ben tre anni aveva lavorato per lui. Very Happy
    Quella sera Imerio tornò a casa tardi e la mamma in attesa guardava dalla finestra. Il cuore le si fermò quando vide una macchina grossa fermarsi davanti a casa. "Madonna santa, zè capità qualcossa de brutto ... Imerio deglutì con la fronte a terra e la notizia gli uscì tutta di un fiato: "Ho appena firmà el contratto co Campagnolo. El mese che vien coro el Giro d'Italia coa Legnano!" Alzò lo sguardo e tutti nella cucina avevano occhi grossi come le uova della perpetua di don Vincenzo. Very Happy
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    Messaggio Da Lemond Dom Giu 22, 2014 8:27 am

    Il primo giorno era stato duro, Carlo Azzini aveva tirato come un matto e Imerio era rimasto attaccato con le unghie per non far brutta figura davanti a Pavesi, che lo incitava dalla macchina, poi però c'era stato il premio, perché in albergo li avevano trattati come nababbi e c'erano stati persino due turni di massaggi. Era sceso nella sala da pranzo con il suo compagno di stanza: Battistini, uno che andava forte in salita e proprio per questo, forse, li avevano messi nella stessa camera: se facevano amicizia si sarebbero dati più volentieri una mano in salita. I camerieri avevano portato "ogni ben di dio" e con Battistini si erano guardati negli occhi e Imerio non era riuscito a trattenersi: "Ciò ma qua se magna sempre tutta sta roba?" Gli altri erano scoppiati a ridere così forte che dalla vergogna era diventato tutto rosso. Embarassed Ma era un rito ricorrente; ognuno di loro la prima volta aveva provocato l'ilarità degli altri: un omaggio a chi per primo aveva detto che, per andar forte in bicicletta, bisogna venir su dalla miseria.
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    Messaggio Da Lemond Lun Giu 23, 2014 8:30 am

    Alfonso guardò altre foto di Imerio e disse "Mi go visto Massignan al Tour: Giera il 1960, Che sodisfassion che l'ano per noialtri taliani, ndaimo in giro coa testa bea alta, che tutti ne vedesse."
    Il 1960 era stato un anno vertiginoso: l'organizzazione delle Olimpiadi a Roma e, soprattutto, durante il Tour, la meravigliosa sensazione che il trionfo fosse a portata di mano e che sodisfazione guardare in faccia i francesi. Nencini vinceva e gli altri, Battistini, Massignan e Pambianco si spartivano, da buoni amici, i migliori piazzamenti. E un po' di Tour quell'anno Alfonso riuscì a vederlo: un emiliano, caposquadra (come lui) di un'impresa cementizia, gli dice: "Senti, la settimana prossima il Tour arriva a Briançon; per ora Nencini è in testa con dietro quel francese che ha il record dell'ora: martedì mi sa che Nencini gli deve dare una bella mazzata, altrimenti quell'altro nella cronometro di Pontarlier lo batte. Se riusciamo a finire il lavoro lunedì, possiamo prendere un giorno di festa. Wink Alfonso l'aveva guardato con sguardo compassionevole, secondo mi te si matto, se pensi che ci fanno perdere una giornata di lavoro per andare a vedere il Tour. Evil or Very Mad "Tu lascia fare a me e vedrai che martedì partiamo per Briançon, semper che tam rompa mia tanto i maron ..."
    Già la mattina del giorno dopo gli operai ridevano pensando che il martedì successivo il cantiere sarebbe stato chiuso e gli spagnoli e i portoghesi bestemmiavano sonoramente, dicendo che era proprio una roba da italiani smettere di lavorare per andare a vedere della gente che passava in bicicletta e i "patrons" stavano pure al gioco! Evil or Very Mad
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    Messaggio Da Lemond Mar Giu 24, 2014 8:59 am

    Partirono  in sei, con il furgone del padrone, c'era anche uno spagnolo che desiderava incontrare Manzaneque, che in classifica era piazzato bene e si diceva fosse perfino più forte di Bahamontes. Nel fine settimana era accaduto una cosa che rendeva quella trasferta irrinunciabile per l’emiliano: Graziano Battistini, che stava a trenta km. da casa sua era terzo in classifica. Wink Gastone Nencini sapeva bene che quel minuto e mezzo non sarebbe bastato in vista di 80 km. a cronometro. Rivière poteva andare persino più forte di Anquetil e quindi fra lui e il francese dovevano esserci almeno cinque minuti, per essere quasi sicuro di farcela. Perciò Nencini doveva attaccare ogni volta che si fosse presentata l’occasione, anche se non era facile, perché anche i francesi delle squadre regionali lavoravano per il proprio connazionale, senza timore di darlo a vedere. Sad Sul col de Perjuret, poco dopo la partenza, la maglia gialla stava davanti al gruppo e, una volta scollinato, si gettò lungo la discesa. Rivière gli corse dietro, forse per dimostrargli che neppure la spericolatezza lo impressionava, ma in una doppia curva molto pericolosa il francese non riuscì a governare la bici, sbatté contro il muretto e volò nella scarpata, senza emettere un grido. Nulla. Non fu facile ritrovarlo in mezzo alla vegetazione e lui sentiva di avere qualcosa di rotto e avvisò i soccorritori di muoverlo con cautela. All’ospedale di Montpellier il dottor Gross disse che difficilmente l’intervento chirurgico avrebbe potuto restituirgli l’uso degli arti inferiori e a un giornalista che gli chiese se sarebbe ritornato a correre, il medico rispose con una sguardo che voleva dire *mentecatto*! Evil or Very Mad 
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    Messaggio Da Lemond Mer Giu 25, 2014 12:55 pm

    L'emiliano cantilenava: "Battistini è venuto su come me, perché dalle mie parti o ti fai due balle così o non sei nessuno. Adesso è terzo, ma Nencini farà fatica a batterlo a meno che non decidano che deve vincere il toscano per forza, come quella volta che Bartali ha mandato a casa tutta la squadra con Magni in maglia gialla. Ma forse allora fu meglio così, perché Magni era un fascistone!"
    Arrivati a Briançon i sei si misero a discutere sull'opportunità di scendere fino a Guillestre o fermarsi lì. Alla fine decisero di restare lì, per risparmiare tempo e fatica, in vista del viaggio di ritorno.
    Nencini non si sentiva sicuro, temeva soprattutto la sfortuna, perché non aveva dimenticato le forature che gli erano costate il Giro del 1955 e poi c'era anche la possibilità di finire vittima dell'accordo fra i due uomini della Legnano, ancorché suoi compagni di squadra. Pavesi, al riguardo, litigava spesso con Binda sulle tattiche da adottare in gara. Ma Alfredo non era così stupido da compromettere un Tour già vinto per star dietro alle beghe fra italiani e perciò decise, fra gli strepiti di Pavesi, che Massignan avrebbe corso per nencini e Battistini avrebbe avuto una certa libertà, ma senza fare troppo il furbo. I due rispettarono gli impegni, ma la Casse Déserte fu un richiamo troppo forte, quando mancavano due Km. alla vetta e i giochi parevano fatti. E, dopo essersi guardati, partirono insieme. Nencini li lasciò andare, poi allungò a sua volta per lasciare Adriaensen ad annaspare sui pedali. Sull'Izoard passò per primo Massignan, insieme a Battistini e Nencini a venticinque secondi, ma poi non affrontò la discesa come avrebbe potuto, non voleva rischiare il Tour per vincere la tappa.
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    Messaggio Da Lemond Ven Giu 27, 2014 9:49 am

    La volata era una faccenda che Imerio Massignan proprio non riusciva a comprendere. Cossa avaria dovuo fare co Charly Gaul se no gavesse sbusà a Bormio? Talvolta rivolgeva la domanda a Tullio Campagnolo che apriva le braccia sconsolato; "Cossa vuto che te diga? Bisogna che ti vai pi forte de chealtro e basta!" Ora la questione si presentava a Briançon e poi con Battistini, che era suo compagno di squadra e buon amico. Lo guardava pedalare voltandosi indietro, giù per la discesa dell'Izoard e si chiedeva come fare per batterlo e fino a che punto era giusto vincere. Lui, da quando era professionista, aveva ottenuto solo tanti complimenti, ma mai nessuna vittoria e allora ... Ma come a Bormio non occorse alcuno sforzo per cercare di interpretare il rettilineo d'arrivo, perché furono di nuovo le circostanze a imporsi. Pavesi si affiancò ai due e disse a Imerio che Battistini doveva vincere per il minuto di abbuono, che gli avrebbe permesso di arrivare secondo in classifica, lasciagli la tappa e questo favore ti tornerà indietro dalla Legnano. Imerio tirò diritto fin sul rettilino, poi si lasciò sfilare ma, mentre scendeva dalla bici aiutato da Campagnolo, ancora una volta non riuscì a non piangere. Sad Era troppo lo scoramento per aver dovuto lasciare una vittoria così importante, senza ...
    Tullio lo abbracciò, come fosse suo padre e "No star criar cussì Imerio, che sennò me metto a criar anca mi". Evil or Very Mad
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    Messaggio Da Lemond Sab Giu 28, 2014 8:56 am

    Quando gli altoparlanti sul traguardo avevano annunciato che Massignan e Battistini si erano involati sulla Casse Déserte, l'emiliano lanciò un grido: "Va',va', Graziano. At vins el Tour!" Saltellava e sbucava sopra la gente come uno stantuffo, tanto che Alfonso dovette prenderlo per un braccio in modo da calmarlo un po'. Ma pareva che l'emiliano non ci stesse proprio con la testa, perché continuava a ripetere che Battistini avrebbe dimostrato a tutti chi erano *loro*, come fossero un popolo a parte. Poi, quando il suo tagliò il traguardo per primo, riuscì a svincolarsi dalla schiera dei "suivers" e della polizia e corse ad abbracciarlo, dicendogli cose nel suo strano dialetto, al quale Battistini rispondeva. Dopo un po' fu allontanato, ma per tutto il viaggio di ritorno fu come un disco incantato; ripeteva che quelli che venivano da cà soa erano i più forti al mondo, che non ce n'eran di uguali, che se fossero stati tutti dei suoi posti la guerra l'avrebbero fatta già dall'inizio contro i tedeschi ... La sera, davanti a un bel bicchiere di rosso in compagnia, si era un po' calmato, mentre la radio annunciava che quel giorno Nencini, Battistini e Massignan avevano dato il colpo di grazia ad Adriaensens, che era arrivato staccato di due minuti e mezzo; ora i primi due erano italiani, come nel 1949. I festeggiamenti, a suon di bicchieri, durarono fino alla domenica, quando la classifica finale dava questo risultato: Nencini in giallo, Battistini secondo, settimo Pambianco e Massignan decimo, che inoltre si era aggiudicato la classifica degli scalatori. Very Happy
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    Messaggio Da UribeZubia Sab Giu 28, 2014 11:03 am

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    Messaggio Da Lemond Sab Giu 28, 2014 3:24 pm

    Ecco, lui invece lo riconosco bene. Wink
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    Messaggio Da Lemond Lun Giu 30, 2014 4:29 pm

    J. Goddet osservava dalla macchina le nuvole nere che si stavano addensando su Superbagnères, la prima volta quell'anno che il Tour arrivava lì ed era deluso, perché gli sembrava che quella edizione  si trascinasse senza sussulti, in attesa che J. Anquetil indossasse l'ultima maglia gialla a Parigi. Per fortuna , pensava, c'era Massignan che non si arrendeva mai e che anche l'anno prima aveva dato un po' di botte alla corsa. Forse, proprio in quel momento, Imerio brontolava fra sé e sé "tutti tranquilli anche oggi, e sì che le montagne l'è qua e poi, se volemo dirla giusta fino in fondo a mi la fortuna le me deve qualcosa, che non è giusto che tutti dicono che Massignan l'è il più forte scalator, ma no ho vinto ancora niente. Mi son stufo di queste robe".
    L'attacco ci fu a 4 Km. dalla vetta, c'era un vento forte e dovette lottare contro le folate, che si erano messe in mezzo, di punto in bianco! Sad Sbuffò, guardò alle sue spalle e vide arrivare C. Gaul, che gli si mise a ruota. Massignan allora disse: "Par Anquetil anche ti? Cossa sito, un gregario anca ti?" E si rialzò, stizzito. L'aria intanto stava sempre più turbinando e i primi se ne stavano raggruppati, come una testuggine romana. Ma poi Massignan attaccò di nuovo, si era aperto un corridoio di vento sulla strada, una specie di occhio di ciclone, in cui Imerio si buttò con foga, ma presto l'aria si reintrodusse nel canale e formò un muro contro il quale andò a sbattere! Diede la solita occhiata dietro e ecco che riapparve la faccia insolente di Gaul, ma era lontano e sembrava proprio dall'altra parte del mondo, un mondo meraviglioso il suo, perché in quel momento il vento soffiava alle spalle e lo lanciava, come una catapulta, verso il traguardo. Superata la linea bianca, ci vollero un po' di tempo e molti abbracci di Eberardo Pavesi, perché si rendesse conto di aver vinto per la prima volta fra i professionisti quell'undici luglio 1961. Very Happy
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    Messaggio Da BenoixRoberti Lun Giu 30, 2014 5:19 pm

    Bellissimo aneddoto.
    Vedere un profeta della Lingua Pura del Dolce Stil Novo utilizzare parole di veneto profondo mi fa un piacere immenso.
    Miracoli del Ciclismo Very Happy
    Lemondaccio sei un grande.
    Questo, senza nulla togliere al grande JA ed al professorino è il più bello dei tuoi 3d.
    Io sono uno che ha sempre mal digerito i dialetti profondi dei ciclisti, questo perché ho sempre fatto lavori da fighetta e mi vergognavo un po' delle modeste origini del ciclismo.
    Oggi ho ribaltato tutto e, solo dopo i 40, ho capito cosa ci stava davvero dietro quei tanti "ciao mama".
    Meglio tardi che mai Embarassed Wink 

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