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eliacodogno
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Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
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Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
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Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
Cacchio, che bella.
Ci sarò, un giorno ci sarò. Non quest'anno, ma un giorno si, ce la farò
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eliacodogno- Tirreno-Adriatico
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Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
Con difficoltà inattese mi sono messo a cercare informazioni su chi parteciperà all'appuntamento centrale di questo primo fine settimana di grande ciclismo in Italia
La Cannondale mi pare possa essere il faro, schierando i migliori due dello scorso anno, Sagan e Moser, oltre a Gatto (questa corsa è per lui). Da considerare senz'altro Kolobnev e Paolini, Pozzato e Cunego, Bennati, che qui fu importantissimo per il successo di Cancellara (forse il maggiore favorito per questa gara) nel 2012.
Mi intrigano poi nell'ordine: Kwiatkowski, Barguil, Valverde, Amador e Evans
E poi basta o declamo tutta la startlist
Comunque negli ultimi anni gara sempre all'altezza
La Cannondale mi pare possa essere il faro, schierando i migliori due dello scorso anno, Sagan e Moser, oltre a Gatto (questa corsa è per lui). Da considerare senz'altro Kolobnev e Paolini, Pozzato e Cunego, Bennati, che qui fu importantissimo per il successo di Cancellara (forse il maggiore favorito per questa gara) nel 2012.
Mi intrigano poi nell'ordine: Kwiatkowski, Barguil, Valverde, Amador e Evans
E poi basta o declamo tutta la startlist
Comunque negli ultimi anni gara sempre all'altezza
vallelvo- Giro di Lombardia
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Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
Quindi per chi tifi e fai un pronostico, chi vince o speri vinca!
eliacodogno- Tirreno-Adriatico
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Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
Ah, giusto! Gatto, anche perché Moser l'ha già vinta.
Però un italiano qualsiasi mi farebbe piacere, dopo che l'anno scorso Moreno ha rotto l'incantesimo
Ovviamente difficile per entrambi vista la fame del loro capitano, ma in fondo anche l'anno scorso si pensava...e invece
Però un italiano qualsiasi mi farebbe piacere, dopo che l'anno scorso Moreno ha rotto l'incantesimo
Ovviamente difficile per entrambi vista la fame del loro capitano, ma in fondo anche l'anno scorso si pensava...e invece
BenoixRoberti- Tour de France
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- Messaggio n°6
Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
Filippo Pozzato si ritira ...
Ha fatto una certa tenerezza vedere Cipollini allungare la borraccia a Pagani.
Bello vedere il vecchio Re Leone detronizzato (dalla stampa) tornare lungo le strade del ciclismo.
Ha fatto una certa tenerezza vedere Cipollini allungare la borraccia a Pagani.
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BenoixRoberti- Tour de France
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- Messaggio n°7
Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
Ammirabile la corsa di Angelo Pagani. Questo ragazzo dovrebbe essere provato su qualche strada dal nord.
BenoixRoberti- Tour de France
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- Messaggio n°8
Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
Sconfittona per Peterone Sagan. E' la prima così bruciante.
Michal ha saputo gestirsi molto meglio di Peter.
Vittoria meritatissima in una edizione regale.
Inutile girarci intorno, questa gara farà strada. Fascino enorme.
Michal ha saputo gestirsi molto meglio di Peter.
Vittoria meritatissima in una edizione regale.
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meazza- E3 Harelbeke
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- Messaggio n°9
Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
Speriamo tu abbia ragione
Io vedo troppa poca gente sulla strada (anche se meglio rispetto agli altri anni)
Troppo contento per la sconfitta dello slovacco
Io vedo troppa poca gente sulla strada (anche se meglio rispetto agli altri anni)
Troppo contento per la sconfitta dello slovacco
BenoixRoberti- Tour de France
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Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
Addirittura da tifargli contro?meazza ha scritto:Troppo contento per la sconfitta dello slovacco
Perchè cotanta antipatia?
meazza- E3 Harelbeke
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Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
Be cos ha di simpatico ? ( a voi non piace Froome , persona molto piu' alla mano ecc )
Stessa cosa Valverde
un italiano tra i dieci.. questa si una brutta notizia
Stessa cosa Valverde
un italiano tra i dieci.. questa si una brutta notizia
BenoixRoberti- Tour de France
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Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
Parlo per me, in prima persona singolare (in attesa di diventare magari re un giorno ).meazza ha scritto:Be cos ha di simpatico ? ( a voi non piace Froome , persona molto piu' alla mano ecc )
Stessa cosa Valverde
un italiano tra i dieci.. questa si una brutta notizia
Se gli argomenti sono la simpatia e la comunicatività non vedo perché dire che Sagan sia antipatico (però son gusti) e lo stesso lo direi di Froome. Che poi sia brutto in bicicletta è una antipatia estetica.
Il Valverde vecchietto è, al di là dei suoi tremendi errori, una persona più loquace e disponibile.
Restando all'antipatia, per me "l'unico degli italiani" è profondamente antipatico, ma non credo sia una scoperta e neppure una sorpresa. La sorpresa, positiva, è che ha fatto una gran bella gara.
Ragionevolmente non ci si poteva aspettare di più dagli altri italiani, sia per la splendida start list, sia perché è un percorso esigente che taglia fuori le nostre professional per mancanza di riferimenti sul campo negli ultimi anni (meno wild cards in gare vere e paragonabili a questa). Però mi è piaciuto enormemente Angelo Pagani. La sua è stata una splendida esibizione.
Avevamo anche un enorme Trentin, ma è vocato al gregariato (come Puccio) e quindi ...
La grande delusione è stata Pozzato, incommentabile, in attesa del volatone da vincere grazie ad un Foro Imperiale (il mitico fattore Q).
Ulissi aveva già fatto capire di voler tirare i freni e di non voler rischiare, puntando tutto sulla Tirreno. Ci restava poco, perché Moser già si temeva fosse enormemente indietro, come pure Gatto (cosa che preoccupa un po' per il nord della Cannondale).
Oggi non ha brillato neppure la Sky, mentre la OPQS sembra fare il bello ed il cattivo tempo.
eliacodogno- Tirreno-Adriatico
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Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
Simpatico o antipatico è nettamente l'atleta del nostro sport che riesce a far parlare più di sé, ben più degli altri citati ad esempio.meazza ha scritto:Be cos ha di simpatico ? ( a voi non piace Froome , persona molto piu' alla mano ecc )
Stessa cosa Valverde
un italiano tra i dieci.. questa si una brutta notizia
Tutto ciò benché sinora (e tutto sommato vorrei essere smentito in breve) nelle grandi corse sia più semplice elencarne i piazzamenti che le vittorie: all'Amstel gli manca praticamente l'ultima pedalata, al Fiandre viene messo in croce da Cancellara, alla Sanremo si fa fregare da Ciolek. Forse la simpatia che può suscitare Sagan è proprio quella, il broncio dopo una sconfitta bruciante (la smorfia all'arrivo della scorsa Sanremo è tutta un programma)
Relativamente a sabato era evidente la maggiore freschezza di Kwiatkowski, altro corridore enorme e tutto da scoprire, ma (altro punto a favore di Peter) Sagan non ha rifiutato il testa a testa.
Valverde ha buttato via un occasione, forse. O forse il polacco sarebbe comunque stato più forte, mentre mi ha deluso Cancellara, cui rispetto ad altre occasioni di "ingabbiamento" mi sembrano essere un po' mancate le gambe.
E ovviamente mi ha deluso moltissimo Gatto, non esattamente una buona notizia per Sagan in vista delle corse del Nord.
E Cunego, bravo, adesso però bisogna vincerne una (che sia importante o meno)
meazza- E3 Harelbeke
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Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
Dici ?
ma io tutta sta gran popolarita' di Sagan non la vedo..
Escludendo l'episodio della miss.. sui media normali non credo sia mai andato
Vanno a fatica i vincitori dei grandi giri..
In Italia Nibali è molto piu' popolare
Nel Mondo Froome o Contador ma anche Wiggins
ma io tutta sta gran popolarita' di Sagan non la vedo..
Escludendo l'episodio della miss.. sui media normali non credo sia mai andato
Vanno a fatica i vincitori dei grandi giri..
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eliacodogno- Tirreno-Adriatico
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Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
Sui media normali (se capisco cosa intendi) ultimamente sono forse andati di più Armstrong e Di Luca, rispetto ai ciclisti in attività; i quali per converso ci sono andati spesso per rispondere a illazioni. Credo che al non appassionato che si è informato solo attraverso media normali (ossia non di settore) del 2013 ciclistico resti Froome che dice "non sono come Armstrong" e un ultraquarantenne che vince la Vuelta sfuggendo ai controlli antidoping (perché poi penso che la notizia non abbia avuto smentite). E poi la palpata di Sagan magari
Maìno della Spinetta- Clásica San Sebastián
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Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
Valverde ha controllato Cancellara, Kwiatowski ne aveva così tanto che ha giocato con Sagan, per impallinarlo - solo Valverde, a mio avvso, avrebbe potuto contrastarlo.
Sagan è un grande, son quei personaggi che fan solo bene, impossibile tifargli contro.
Libero, potente, forza della natura, sabato con quello sguardo assassino verso il pubblico mentre la miss si china ha fatto un altro capolavoro,
Questo è il terzo secondo posto di peso che si becca,
dopo sanremo e fiandre. Sullo spunto in salita deve ancora guadagnare qualcosa, ma queste sconfitte, per me, gli daranno solamente molta più carica. Anche Agassi il talentuoso gigione ne ha perse di finali, e poi che carriera ha avuto?
Sagan è un grande, son quei personaggi che fan solo bene, impossibile tifargli contro.
Libero, potente, forza della natura, sabato con quello sguardo assassino verso il pubblico mentre la miss si china ha fatto un altro capolavoro,
Questo è il terzo secondo posto di peso che si becca,
dopo sanremo e fiandre. Sullo spunto in salita deve ancora guadagnare qualcosa, ma queste sconfitte, per me, gli daranno solamente molta più carica. Anche Agassi il talentuoso gigione ne ha perse di finali, e poi che carriera ha avuto?
Lemond- Giro di Lombardia
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Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
Simpatia e antipatia (sfondo una porta aperta) non dipendono dal valore di un atleta, ma dalla sua personalità; a me ad es. stava simpatico Riccò e il contrario per i tre *B* e Sagan che è un piccolo cafone rozzo e maleodorante. Ergo il signor K per me è il benvenuto e avrò gran simpatia per lui, a meno che non dovessi scoprire lati del suo carattere, che fanno a pugni con il mio concetto di simpatia; che so, magari ha in casa in ogni stanza, appesa, la fotografia del papa-boy(a).
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- Messaggio n°18
Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
Premesso che quanto scriverò non ha nulla a che vedere con alcuna forma di galateo o di buonismo di maniera, CarLemond mi trovi in totale disaccordo, e non per ragioni di opinione.Lemond ha scritto:Simpatia e antipatia (sfondo una porta aperta) non dipendono dal valore di un atleta, ma dalla sua personalità; a me ad es. stava simpatico Riccò e il contrario per i tre *B* e Sagan che è un piccolo cafone rozzo e maleodorante. Ergo il signor K per me è il benvenuto e avrò gran simpatia per lui, a meno che non dovessi scoprire lati del suo carattere, che fanno a pugni con il mio concetto di simpatia; che so, magari ha in casa in ogni stanza, appesa, la fotografia del papa-boy(a).
E' un disaccordo comune a quello che ho manifestato a Peppino Meazza circa le sue "orientate" antipatie.
Spero di riuscire a spiegarmi compiutamente e se qualcosa non vi parrà chiaro ditemelo.
Per quanto mi riguarda dico a Carlo che puoi scrivere tranquillamente di papa-boy(a), purché sia argomentato come fai normalmente e con dovizia di particolari.
Ma perché dire che Sagan è un "rozzo e maleodorante"? Ripeto, se Sagan fosse rozzo e maleodorante in concreto, ne potremmo anche disquisire, anche per le implicazioni endocrine. Ma in assenza di questo, perché utilizzare queste argomentazioni? Forse per una umile (per te si chiama modesta) origine?
Hai un cattivo rapporto coi lavoratori della terra, non senza ampia letteratura, ma è un fatto che cozza terribilmente con il tuo amore per ciclismo e rugby, due sport che si "nutrono" di terra e di lavoro (duro).
Come sai, per deformazione professionale, sono attento alla comunicazione ed alle forme della stessa. Per questa ragione rilevo in queste tue parole una forma di provocazione a sé stante, senza alcuno sbocco di confronto ideale.
Bollare acriticamente e definitivamente un personaggio, dopo un suo atto negativo, è un non senso.
Va bene la provocazione se è strumentale ad un reale confronto, come tanti ne abbiamo avuti, ma ad una chiusura definitiva verso un ex dopato o dopo la definizione di "rozzo maleodorante" che tipo di confronto può seguire?
Per non essere ipocrita e a scanso di equivoci non sono qua a chiedervi di porgere le scuse al soggetto interessato, come mi capitava di leggere sul vecchio trolloweb da parte dei bimbominkia.
Qua discutiamo senza punture di spillo o scontri di opinione, e per questo è importante esprimere l'opinione nella sua articolazione e non solo nella tesi finale. Come sapete questo è l'antidoto alla trollaggine.
Vi chiedo pertanto uno sforzo di coraggio intellettuale, che so bene non mancarvi nonostante a volte facciate i braccini.
Le simpatie ed antipatie sono normali, necessarie, sono sale della vita, tensione ideale. Ma non possono assurgere quasi a postulati ideologici. Anzi, per me non devono. Parlo per me e per la mia esperienza di vita.
Quanto volte è capitato di subire fregature da persone simpatiche, vicine, e nel contempo ci è successo di ricevere l'onore delle armi e qualcosa di più da persone antipatiche ed avversarie?
A volte si ha l'impressione che ci si attacchi a dei feticci sia nelle cose positive che in quelle negative.
C'è una cosa di questo periodo che mi arrovella. C'è una tendenza mediatica, che ha però dei riflessi nella vita quotidiana dei singoli, di legare indissolubilmente gli atti alle persone, come se un atto fosse esaustivo per catalogare una persona. Con i nuovi strumenti di archiviazione di dati (tutto in rete, con social ed altre diavolerie a venire), nell'arco di 100 anni avremo una popolazione mondiale di soli stronzi schedati, con una bella quota di peccati e di antipatie. In un periodo in cui pensiero ed interesse si intrecciano diabolicamente questo atteggiamento ci potrebbe portare all'autodistruzione.
Perdonatemi il ragionamento per massimi sistemi ed anche un po' fatalista, ma era per dire che non possiamo (non dobbiamo) attaccarci al feticcio di un atto positivo o uno negativo per sintetizzare una persona.
Amo la storia ed i fatti, ma la schedatura (lo dico da folle archivista) non ci consente di vivere le persone, le loro miserie e le loro grandezze.
Ho descritto i feticci vostri, ma non nego di averne avuti anche io in particolare nel leggere la politica quotidiana.
Il tempo è il medico di tutti i mali e la sedimentazione degli eccessi aiuta a leggere la Storia e le storie nella loro dimensione reale.
E' normale ragazzi avere qualche feticcio (ci aiuta a rinnovare una gioventù quasi ormonale), ma l'importante è esserne coscienti, altrimenti il nostro pensiero diventa dogmatico, chiuso al confronto, caratterizzato da categorie precostituite e non discutibili.
Sentiamoci liberi di scrivere ogni cosa, anche la più perfida, ma non tralasciamo di argomentarla con stile. Il "perché per me è così" qua non funziona .
Voglio dire qualcosa più nello specifico. Io detesto il carattere di Cavendish, ma dopo una prestazione come quella di Cherasco e del campionato britannico non puoi non ammirarlo. Stessa cosa per il Cunego delle Strade Bianche.
Credo che riconoscere il merito all'antipatico non ci limiti nelle nostre criticità verso il di lui carattere, in negativo come pure in positivo (ben s'intenda).
Non si tratta di un esercizio di buonismo, anzi, come sapete io sono per il totale della battaglia sportiva, anche del tradimento se è l'esito di una strategia che va in tal senso. Lo sport deve essere il surrogato della violenza militare, in grado di sublimare l'aggressività in un incruento esercizio di arte. In tal modo l'aggressività nemica diventa un ingrediente ricercato anche dall'antagonista. Cosa c'è di più bello di questo indeterminato confronto?
Il tifo monocorde è proprio il cancro che non ci consente di vivere questa completezza, proprio come avviene in alcuni sport di squadra.
Si può perdere, si deve anche perdere, è bello perdere perché è bello vincere.
E Peter Sagan sabato ha perso come mai aveva perso prima. Perché un conto è perdere una volata, un altro è subire una umiliazione netta su un terreno che sembrava essere certamente suo.
Peter ha perso, ha ammesso la sconfitta ed ora vedremo se è veramente un campione, perché un campione si nutre anche con le sconfitte. Faccio mio il pensiero espresso da Gigi.
E' bello lo sport perché ti fa soffrire e poi, quando meno te l'aspetti, ti restituisce tutto.
Ora abbiamo davanti il nord e la curiosità di vedere la risposta di Peter è ancora più forte.
Ribaltando le parole di CarLemond, dico che mi auguro di vedere un rozzo e maleodorante Sagan tra Fiandre e Roubaix dimostrare tutto il suo valore e la sua fame. Il lavoro non è profumato, puzza come il sudore, come il carbone e la terra nera di Ardenne e Fiandre. Onore ed odore ai lavoratori del pedale.
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Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
ma Aria è ancora a Siena ? le foto ?
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Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
Anche Riccò come Sagan a mio avviso s'è spesso dimostrato rozzo, e tra l'altro è riuscito a risultarmi antipatico come pochissimi.Lemond ha scritto:Simpatia e antipatia (sfondo una porta aperta) non dipendono dal valore di un atleta, ma dalla sua personalità; a me ad es. stava simpatico Riccò e il contrario per i tre *B* e Sagan che è un piccolo cafone rozzo e maleodorante. Ergo il signor K per me è il benvenuto e avrò gran simpatia per lui, a meno che non dovessi scoprire lati del suo carattere, che fanno a pugni con il mio concetto di simpatia; che so, magari ha in casa in ogni stanza, appesa, la fotografia del papa-boy(a).
Tra i simpatici, oltre che persone secondo me di grande intelligenza, sicuramente Savoldelli (che vorrei in moto al posto di Lelli) e Garzelli, sui quali abbiamo nel tempo avuto qualcosa di più dell'impressione televisiva; tra quelli in attività trovo simpatici Paolini, Scarponi, Purito e tra i giovani Felline. Non significa che automaticamente faccia il tifo per loro, anzi spesso tifo per i musoni, anti televisivi e quant'altro
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- Messaggio n°21
Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
Benoixroberti ha scritto: CarLemond mi trovi in totale disaccordo, e non per ragioni di opinione.
E' un disaccordo comune a quello che ho manifestato a Peppino Meazza circa le sue "orientate" antipatie.
Spero di riuscire a spiegarmi compiutamente e se qualcosa non vi parrà chiaro ditemelo.
Per quanto mi riguarda dico a Carlo che puoi scrivere tranquillamente di papa-boy(a), purché sia argomentato come fai normalmente e con dovizia di particolari.
Papa boys o papa boia?
Per i quattro ultimi sovrani del vaticano ho avuto sentimenti contrastanti, in ogni modo due mi erano simpatici per ragioni diverse: di Montini apprezzavo l’intelligenza, per Luciani faceva premio l’umanità. Del primo ero innamorato (era un’altra età).
Ma, dato che a me non piace parlar bene della gente, vengo a scrivere del quarto, per il quale ciò che prevale è l’avversione, aggravata da tutti i peana che si elevano in suo onore (compreso Pannella).
La prima domanda che mi faccio è perché un così grande entusiasmo per tale persona?
In prima approssimazione mi rispondo così:
a) Protagonismo
b) Forza morale
c) Povertà
d) Santità
e) Europa
f) Letteratura
g) Pace
h) Socialità
i) la mia Africa
l) Bontà
m) Laicità
n) Perdono
o) amore per i Bambini
p) Carisma
q) Morte
Però non basta una breve sintesi, per illustrare 27 anni di regno e quindi mi, e vi, impongo una lunga analisi.
A) : “ Super Star”
Egli ritiene di aver realizzato il succo del suo programma espresso dalla frase, che pronunciò appena eletto: «Aprite le porte a Cristo: non abbiate paura». L'intenzione è certamente nobile, ma il metodo è ambiguo e infine controproducente. Cristo in realtà è rimasto escluso: al posto di Cristo è entrata dappertutto la grande star mediatica papale. E’ il Papa, con la sua ubiquitaria presenza itinerante, con il suo corpo visibile dietro i vetri della “papamobile” più che con la sua parola, il baricentro della Cristianità cattolica, la “Roma” dello spirito, il cuore della comunità ecclesiale. Grazie ai media e alla facilità dei viaggi, l’universalità ecclesiale ha assunto dimensioni e orizzonti fino a ieri impensabili.
Ritengo che Wojtyla fosse consapevole dell’innovazione, e la considerasse il più importante dei suoi lasciti. Ed è qui è la responsabilità più grave del pontificato wojtyliano.
Per conquistare i media il papa stesso si è trasformato in potere mediatico, un potere immenso capace di dominare la comunicazione, di raggiungere picchi di ascolto e trascinare le folle, usando senza riserve la potenza dei mezzi mondani in alternativa alla forza intrinseca dell'annuncio profetico e della fede. E la persona del papa, divenuta fenomeno mediatico, ha quasi annullato l'autonomia di ogni altra realtà ecclesiale dando al mondo l'immagine di una identificazione della Chiesa cattolica col sommo pontefice. La Chiesa tutta vive della sua luce, della sua popolarità e forza. La stessa esibizione della sofferenza del papa sta in questa linea di conquista del potere mediatico. L'esibizione della sofferenza del Dio fatto uomo è stata la chiave strategica con cui il cristianesimo si è imposto come religione universale vincente, offrendosi al tempo stesso all'Impero di Costantino come strumento di stabilità e unità. Di questo cristianesimo, di questa religione della croce vincente, simbolo del valore salvifico universale della sofferenza, l'esibizione on line della sofferenza di Wojtyla è profezia. Gesù è stato oscurato dalla star pontificia. E la chiesa, nell'immagine dei media, è stata ridotta a un gregge di fan (fanatici). Una coltre di ghiaccio paralizzante sembra aver coperto la vita ecclesiale. Ma il potere mediatico, nell’esibizione sia della forza che della sofferenza del leader massimo, non è profezia del cristianesimo, bensì annuncio di morte.
L’ex papa adorava il culto della persona. Ha fondato il suo personale successo lanciando la sua immagine con palcoscenici da concerto rock, con mosse popolari (come il baciare la terra appena sceso dall'aereo, usare la parola giovani spesso per non dire niente, sempre per cercare di richiamarli, ostentare la propria sofferenza etc.) e dando di sé l'immagine del buon uomo vicino alla gente. Nella realtà è facile capire quanto ogni sua mossa sia stata studiata a tavolino per ottenere scena, palco e consensi, un vero politico da campagna elettorale che fa propaganda al suo dio.
Tutti i dittatori, da Mussolini a Stalin a Hitler (solo per citarne i più grandi) hanno fondato la loro forza sul culto dell'immagine e come loro con le guardie scelte, la nostra « star » mediatica, si è
appoggiato soprattutto ai « nuovi movimenti » di origine italiana, all'Opus Dei di casa in Spagna e a un pubblico acritico e fedele del Pontefice. Tutto ciò è sintomatico del rapporto del papa con la laicità e della sua incapacità di dialogare con un pubblico critico.
I grandi raduni mondiali dei giovani sostenuti a livello regionale e internazionale, sotto la sorveglianza della gerarchia dei nuovi movimenti laici ( Focolare, Comunione e Liberazione, Sant'Egidio, Legionari di Cristo, Regnum Christi, etc.), hanno attirato e attirano centinaia di migliaia di giovani. Molti di loro volonterosi, troppi, del tutto acritici. Il carisma personale di Wojtyla è quasi più importante dei contenuti da lui trasmessi.
Questo papa istrione ben si concilia con la psicologia italiana di massa, che è a sfondo religioso. Per questo siamo poco democratici, ci piacciono i fascismi, le figure che li incarnano. La nostra matrice antropologica è profondamente religiosa, ma è una religiosità di tipo infantile, proiettiva, mitica. Ha bisogno del grande uomo, del personaggio per commuoversi. C’è qualche analogia tra l'affollarsi in migliaia ad un concerto all'aperto di Vasco Rossi, o ad una partita di calcio e andare in piazza San Pietro coi papa-boys. La metafora è l'adunata di massa, ben nota al comunismo e al fascismo. Alla massa si dà uno stimolo e subito reagisce. È qualcosa di molto primitivo.
Vuote le chiese, il papa ha saputo riempire le piazze. Questo, per molti, è un successo del suo pontificato. La religione dovrebbe invece identificarsi con l’interiorità, e questo papa non ha espresso interiorità, ma il suo contrario: una chiesa trionfante, populista, demagogica, televisiva.
E se le adunate a San Pietro sembrano spontanee, in realtà è perché la chiesa ha la possibilità di lavorare sull'inconscio. Freud racconta bene questa macchina: il sentimento oceanico, la fusione totale col Padre (un fenomeno irrazionale potentissimo).
Resterà sempre il sospetto che molte sue decisioni fossero prese proprio in funzione della tv e dei giornali. Non per caso fu il primo papa a nominare un vero addetto stampa, a scrivere libri e articoli, a organizzare viaggi in aereo insieme con i giornalisti, in conferenza stampa viaggiante. Amò le folle, come se fosse insicuro di sé e avesse un disperato bisogno d’un surrogato di consenso politico. E tra la folla morì.
L’Italia allora sembra un paese in sospeso: riprese a reti tv unificate, città chiuse al traffico, cinema chiusi, spazi pubblici requisiti. Una Repubblica a sovranità limitata! Non c’è altro modo di definire un Paese in cui per anni in tutti i telegiornali ogni domenica dieci minuti erano dedicati all’inquadratura del papa: come l'immagine del leader del momento, il quale, a sua volta, arriva alla TV quando ha raggiunto un patto solidale con il potere.
Giovanni Paolo II, il più grande attore politico di quest´ultimo quarto di secolo, ha saputo approfittare subito di questo potere, perché il teatro è stato, fin dai tempi dell’occupazione nazista della Polonia, la seconda passione del giovane Karol, che ha dato prova di talento sul palcoscenico. Prima di essere colpito dal morbo di Parkinson, aveva una bella voce, e la capacità di esporre il suo pensiero, come ha detto il grande attore britannico John Gielgud, «in maniera perfetta». Aveva la straordinaria capacità di parlare ad una folla di milioni dando l´impressione di rivolgersi direttamente a ciascuna di loro. Parlava per immagini, anche al di là delle parole (si pensi alla sua foto con un sombrero e un bimbo messicano in braccio). Il calore che emanava dalla sua persona bucava lo schermo della tv. Il militante sovietico per i diritti umani Andrej Sacharov ha detto di lui: «È un uomo che irradia luce». Bill Clinton, che pure possedeva notevoli doti d’attore, ricorda nelle sue memorie che il Papa gli aveva dato «una lezione di politica» con il suo superbo, teatrale ingresso in una cattedrale americana, dove le suore «squittivano come ragazzine ad un concerto rock». Per questo Giovanni Paolo II incarna lo spirito del tempo. Conservatore a livello ideologico ha impedito ogni spinta di rinnovamento interno alla chiesa, che gli chiedeva il rispetto del concilio vaticano II, ha riportato la chiesa ad una classicità, una solennità, una tradizione che fanno parte oggi del senso comune (che non è buon senso, ma il suo contrario). E lo ha fatto non con le armi tradizionali, ma con le armi della comunicazione. Tutto il suo pontificato è stato un viaggio, ricerca e creazione di eventi. Come il giubileo, che, rispetto al concilio, non ha portato un rinnovamento di idee o princìpi, ma una esibizione vistosa della liturgia. Anche in questo il papa è stato contemporaneo: con Wojtyla ritorna la liturgia.
Lo spirito del tempo è conservatore e visionario. Chiede emozioni e immagini, e la chiesa tradizionale è più fotogenica e solenne dei preti operai. Esiste una spiritualità che non si esprime per concetti, ma per sensazioni: il canto gregoriano, l'incenso, le folle, il latino incomprensibile, come il corano, recitato meccanicamente a memoria ma egualmente solenne.
B): Restaurazione
Woytila è stato un papa re, nella realtà e nel mito. All'interno della Chiesa ha rafforzato una concezione dottrinaria e intransigente della fede. Mille anni prima avrebbe fatto anche le crociate, quelle vere. Il papa polacco ha fatto sua la massima di un celebre cardinale: “L’unico fanatismo ammesso è quello di Dio". Nonostante i pronunciamenti ufficiali, Woytila continuava a concepire la chiesa cattolica come “società perfetta”, seguendo la teologia preconciliare. Essa è l'unico porto di salvezza per l'umanità e custode esclusiva della verità di Cristo. Chi si è discostato dalle direttive del papa, ha meritato la condanna ufficiale della rimozione da ogni incarico di responsabilità nella chiesa. Si pensi ai vescovi avvicendati e ai teologi messi a tacere, che vivono e operano ai margini dell'istituzione: un'altra chiesa del silenzio.
Giovanni Paolo II ha continuato nella visione imperiale-universalistica del cattolicesimo romano, che non tollera le mediazioni dialogiche con altre concezioni del mondo, alle quali invece possono adeguarsi senza difficoltà le confessioni protestanti più “liberal”, che nulla hanno in comune con la volontà di governo giurisdizionale su cui regge la concezione cattolica. L’ortodossia, vissuta a lungo sotto il forte controllo dell’Imperatore d’Oriente, non ha papa (solo pope), non ha il senso di una missione universalistica (se non nel suo misticismo rituale): resta essenzialmente la Chiesa degli slavi, in ogni caso dei popoli del nuovo impero costituitosi, dopo il crollo di Bisanzio, a Mosca, la “terza Roma”.
Mantenuto saldo dalla Controriforma, il retaggio dell’imperialismo obbliga i papi a coltivare nel profondo e immutabilmente, strutture, valori, linguaggio e prospettive della chiesa loro affidata. Ciò, pensiamo, spiega che Wojtyla, nel momento in cui ha dato il massimo impulso alla predicazione universale piantando le sue tende ideali in mezzo mondo, ha bloccato le riforme modernizzanti (ah, l’odiato “modernismo” dei Buonaiuti!), respingendo ogni richiesta in tal senso. Ha affidato anzi al suo braccio destro, il cardinal Ratzinger, il compito di spezzare e liquidare con metodi inquisitori ogni esperienza innovatrice, sia nella direzione pastorale che in quella teologico-speculativa.
Wojtyla rappresenta quindi soltanto il tentativo di arginare un processo di modernizzazione che ha fatto irruzione nella chiesa all'altezza degli anni sessanta, e che stava interessando tutto il cristianesimo. In questo modo è venuta realizzandosi una resa dei conti che la chiesa sta affrontando rispetto a due gravi questioni, dalle quali è martirizzata da più di quattro secoli.
La prima è legata alla nascita e allo sviluppo delle altre chiese, come conseguenza della Riforma Protestante avvenuta nel XVI secolo, la quale ha fratturato l'unità dell'Episcope cattolico-romana, obbligandola a tollerare le nuove chiese, che ha interpretato come scismatiche ed eretiche.
La seconda deriva dalla modernità illuminista, con l'imporsi del primato della ragione, della tecnoscienza, delle libertà civili e della democrazia. Questa nuova cultura ha messo sotto scacco la rivelazione di cui la Chiesa si sente esclusiva custode e ha messo in discussione la forma
istituzionale con cui la Chiesa stessa si è andata organizzando: come una monarchia assolutista spirituale in contraddizione con la democrazia e il valore dei diritti umani.
In rapporto alle chiese evangeliche, la strategia del Vaticano puntava alla riconversione, al fine di restaurare l'antica unità ecclesiale sotto l'autorità del papa.
In rapporto alla società moderna, si critica e condanna il progetto emancipativo e secolarizzatore, mirando a ricreare l'unità culturale sotto l'egida dei valori morali cristiani. La Chiesa cattolica si è vista trasformare in un bastione di conservatorismo religioso e di autoritarismo politico.
Era stata opera di coraggiosa e ispirata lungimiranza di un papa, Giovanni XXIII, la convocazione di un concilio ecumenico che affrontasse entrambe quelle questioni non risolte.
E, in effetti, il concilio vaticano II (1962-65) assunse come motto di base:
”Non più anatema, ma comprensione, non più condanna, ma dialogo”.
Rispetto alle altre chiese fu inaugurato il dialogo interconfessionale, che presuppone l'accettazione dell'esistenza delle altre realtà.
Rispetto al mondo moderno s’impose una riconciliazione negli àmbiti del lavoro, della scienza, della tecnica, delle libertà e della tolleranza religiosa.
Con il nuovo papa si ha invece un ribaltamento completo e quindi il ritorno alla più rigida disciplina. Strinse accordi con la burocrazia vaticana, conservatrice per sua natura, che era del suo medesimo avviso. Si stabilì un granitico blocco storico costituito dal papa e dalla curia, che aveva il fine di imporre la restaurazione dell'antica identità ecclesiale e della vecchia disciplina.
Le caratteristiche personali di Giovanni Paolo II contribuirono a realizzare nella maniera migliore un simile progetto, grazie alla sua figura carismatica, alla sua innegabile capacità di irradiazione, alla sua abilità nel drammatizzare mediaticamente.
Egli si dotò degli strumenti adeguati. Riscrisse il diritto canonico in modo da reinquadrare la totalità della vita ecclesiale, giunse a pubblicare il catechismo universale della chiesa cattolica e con esso ufficializzò il pensiero unico all'interno della chiesa. Sottrasse potere decisionale al sinodo dei vescovi, sottomettendolo in toto al potere del papa, così come limitò il potere delle conferenze
vescovili continentali, di quelle nazionali, delle conferenze religiose a livello nazionale e internazionale, marginalizzò il potere di partecipazione decisionale dei delegati e negò piena cittadinanza ecclesiale alle donne, relegate in funzioni secondarie, sempre distanti dall'altare e dal
pulpito.
In accordo con il suo principale ministro, il cardinale Joseph Ratzinger, il papa professa una visione agostiniana della storia, per questo ciò che importa effettivamente è soltanto ciò che passa attraverso la mediazione della chiesa, portatrice di salvezza sovrannaturale. In accordo con questa
visione, ciò che passa per la mediazione degli uomini e della storia non raggiunge la divina profondità ed è insufficiente agli occhi di dio.
Come prelato polacco, Wojtyla proveniva da quello che era probabilmente l'avamposto nazionale più reazionario di tutta la chiesa cattolica, pieno di piagnucolosi adoratori di Maria e fervidi nazionalisti. L'aver avuto a che fare per anni con i comunisti polacchi, aveva trasformato Wojtyla e la sua compagnia di vescovi in consumati politici. In effetti, Wojtyla aveva dato alla chiesa polacca un'organizzazione spesso non differente da quella della burocrazia stalinista. Entrambe le istituzioni
erano dogmatiche, ottuse, censorie e gerarchiche, impregnate di miti e culti della personalità. In realtà, gli uni e gli altri erano nemici mortali tra loro, ingabbiati nella loro battaglia per la conquista dell'anima polacca.
In una visita al vaticano, prima di essere papa, l'autoritario Wojtyla era inorridito alla vista dei litigiosi teologi. Non era così che si faceva a Varsavia. L'ala conservatrice della curia, che fin dalle origini detestava il Concilio II e aveva tentato di tutto per sabotarlo, guardò quindi ai polacchi come ancora di salvezza. Quando il trono di Pietro si liberò, i conservatori si turarono il naso e vinsero la loro avversione per un non-italiano, eleggendone uno per la prima volta dal 1522.
Una volta investito dei poteri papali, Giovanni Paolo II fece marcia indietro su tutte le liberalità concesse dal concilio vaticano II. I più importanti teologi liberali furono chiamati al suo cospetto per una strigliata. Uno dei suoi primi obiettivi fu quello di ripristinare in mano del papa il potere fin lì decentrato presso le chiese e le curie locali. I primi cristiani eleggevano (uomini e donne) i loro ministri. Il vaticano II non arrivò a sostenere la necessità di tornare a tale istituto, tuttavia aveva insistito sulla dottrina della collegialità, nella quale il papa non era il capo dei capi, ma il primus inter pares.
Giovanni Paolo, però, non riconosceva eguaglianza con nessuno. Dall'inizio della sua carriera ecclesiastica, era sempre stato noto per la sconfinata fiducia nei suoi mezzi spirituali e intellettuali.
Graham Greene una volta disse di aver sognato un titolo di giornale che diceva «Papa Giovanni Paolo beatifica Gesù Cristo». I vescovi erano convocati a Roma per ricevere ordini, non consigli fraterni. Destrorsi gallonati, filofranchisti erano onorati, e i teologi della liberazione sudamericani sgridati ad alta voce.
L'autorità del papa era così indiscutibile che il capo di un seminario spagnolo riuscì a convincere i suoi studenti di aver ricevuto dal papa stesso l'autorità per masturbarli.
Come risultato dell'accentramento di tutto il potere a Roma, vi fu una regressione di tutte le chiese locali. Il clero si trovò incapace di assumere decisioni autonome senza guardarsi alle spalle,
verso il sant'uffizio.
Questo è il pensiero di un papa presentato da tutti i media nazionali come "moderno" ed "innovatore", e tanto amato anche dalla sinistra nostrana, che si guarda bene dal metterne in discussione la morale anacronistica e teocratica.
Non si sono mai accorti che dopo la primavera del concilio vaticano II, è venuto l'inverno di Giovanni Paolo II: ha normalizzato la teologia ed imposto il pensiero unico.
Il pontefice e il suo Grande Inquisitore Ratzinger hanno creato un clima di sospetto per impedire qualsiasi riforma e ogni possibile dissenso in vaticano. Come faceva già a Cracovia, ha concesso piena fiducia all'Opus Dei, potente associazione conservatrice, in passato compromessa con il fascismo. Una devastante politica pastorale ha prodotto un episcopato servile e di basso livello morale: questa è l'ipoteca più pesante del suo lungo pontificato. Predica il dialogo ma ha isolato la chiesa, le sue idee di fede e di morale hanno cancellato il concilio vaticano II, la sua « politica estera » ha preteso da tutto il mondo conversione, riforma, dialogo. Però, in tutta contraddizione, la sua « politica interna » ha puntato alla restaurazione dello status quo ante concilium, ad impedire le riforme, al rifiuto del dialogo intra ecclesiastico e al dominio assoluto di Roma. Giovanni Paolo II predica i diritti degli uomini all'esterno, ma li ha negati all'interno, vale a dire ai vescovi, ai teologi e soprattutto alle donne.
La separazione dei poteri, principio fondamentale del diritto moderno, è sconosciuta alla Chiesa Cattolica romana, nel cui comportamento non vi è nessuna lealtà: nei casi di disputa l'autorità vaticana funge nel contempo da legislatore, accusa e giudice.
Il Papa ha elogiato spesso e volentieri gli ecumenici, ma al tempo stesso ha pesantemente compromesso i rapporti con le Chiese ortodosse e con quelle riformate ed evitato il riconoscimento dei suoi funzionari e dell'eucarestia. Il Papa avrebbe dovuto consentire, come suggerito in molti modi dalle commissioni di studio ecumeniche e come praticato direttamente da tanti parroci, le messe e l'eucarestia nelle chiese non cattoliche e l'ospitalità eucaristica. Avrebbe anche dovuto ridurre l'eccessivo potere esercitato dalla chiesa nei confronti delle chiese dell'Est e delle chiese riformate e avrebbe dovuto rinunciare all'insediamento dei vescovi romano cattolici nelle zone delle chiese russe ortodosse. Avrebbe potuto, ma non ha mai voluto. Ha voluto invece mantenere e ampliare il sistema di potere romano.
La politica di potere e di prestigio del Vaticano è stata mascherata da discorsi ecumenici pronunciati dalla finestra di piazza San Pietro, da gesti vuoti e da una giovialità del papa e dei suoi cardinali che cela in realtà il desiderio di « sottomissione » della chiesa dell'est sotto il primato romano e il “ritorno” dei protestanti alla casa paterna romano cattolica. La vera natura di Wojtyla si rivelava durante il giubileo quando il Papa affermava che il terzo millennio doveva essere dedicato alla conquista del continente asiatico. Ma il vangelo non mira al proselitismo, pone invece il cristiano sulla dimensione di chi deve convertire se stesso!
Karol Wojtyla ha preso parte al concilio vaticano II. Una volta diventato Papa, ha però
disprezzato la collegialità del pontefice con i vescovi, decretata proprio al concilio. Questo pontefice ha più volte dichiarato la sua fedeltà al concilio, per poi tradirlo nei fatti attraverso la sua « politica interna ». I termini conciliari come « aggiornamento, dialogo, collegialità e apertura ecumenica » sono stati sostituiti da parole quali « restaurazione, magistero, obbedienza, romanizzazione ».
Il criterio per la nomina dei vescovi non è affatto lo spirito del vangelo e l'apertura mentale pastorale, bensì la fedeltà assoluta verso la condotta romana. Meisner, Dyba, Haas, Groer e Krenn sono solo gli errori più clamorosi di questa politica pastorale devastante, la quale fa pericolosamente scivolare in basso il livello morale e intellettuale dell'episcopato, reso ancor più mediocre, rigido, conservatore e servile (forse l'ipoteca più pesante di questo lunghissimo pontificato).
La grande credibilità della chiesa cattolica ottenuta da Giovanni XXIII ha lasciato il posto ad una vera e propria crisi della speranza.
Questo è il risultato della profonda tragicità personale di questo papa: la sua idea di stampo polacco (medioevale, controriformista e antimoderna), l'ha voluta portare anche nel resto del mondo cattolico.
Il pontificato di Giovanni Paolo II era modellato sulla monarchia del XIX secolo. Il suo ritorno all'infallibilità era appropriato al concilio vaticano I, convocato da Pio IX nel 1869. Le preoccupazioni di Pio IX, oltre al suo antisemitismo viscerale, avevano più a che fare con il potere personale che con la verità teologica. Un secolo dopo, Giovanni Paolo II chiedeva la stessa obbedienza cieca alla sua interpretazione delle leggi di dio.
La questione di quando la vita abbia inizio, al centro del dibattito sulla contraccezione, sull'aborto e sulla ricerca sulle cellule staminali embrionali, ha interrogato la Chiesa per quasi tutta la sua esistenza. Ci sono stati importanti teologi da entrambe le parti. Tommaso d'Aquino prese la strana posizione che una vita esistesse già ancor prima che un ovulo sia fertile. Che l'anima umana risiedesse nello sperma dell'uomo. Che la masturbazione fosse un crimine al pari dell'omicidio. C'è da chiedersi se il cardinale Joseph Ratzinger, che presiede la congregazione per la dottrina della fede, l'Inquisizione moderna del vaticano, non abbia a prendere quasi le stesse posizioni assolutiste ed erronee.
Non essendo un teologo, papa Wojtyla disprezzava questi legittimi dubbi. Poco importava a lui che, un tempo, il clero potesse sposarsi o che le donne servissero come diaconi. Su questi temi, come sull'uso del preservativo per prevenire l'Aids in Africa, il primitivismo dottrinale del tipo Opus Dei ha fatto fuori lo spirito degli interrogativi teologici incoraggiati dai gesuiti e da altri ordini relgiosi.
Quello di Giovanni Paolo II, in realtà, è stato un pontificato devoto al suo stesso potere. Il papa ha promosso l'autorità temporale a spese della sua missione spirituale. Così, il rifiuto del vaticano di agire con decisione sulla crisi generata dai preti pedofili, ha messo la protezione delle gerarchie e del benessere materiale della chiesa sopra le necessità del gregge.
Il paradosso è che l'autoritarismo di Giovanni Paolo II ha dissanguato l'autorità della Chiesa. La maggior parte dei cattolici praticanti ignora le regole del vaticano e continua a ricevere i sacramenti guardando alla propria coscienza e non agli insegnamenti del papa su questioni di etica personale.
Giovanni Paolo II, in sintesi, è stato "un entusiastico condannatore" e, anche se sarà ricordato come uno dei "responsabili della caduta del Comunismo", "non era una grande figura religiosa". Anzi, "nei tempi a venire, potrebbe essergli attribuita la responsabilità di aver distrutto la sua chiesa".
C): La Teologia della liberazione
Questo Papa ha cercato il dialogo con le religioni del mondo (dicono), ma contemporaneamente ha disprezzato le religioni non cristiane definendole “forme deficitarie di fede”. In India incontra i capi delle chiese orientali affermando che non esiste una religione che possegga una verità superiore a quella delle altre. Ma, appena tornato in Vaticano, propone di fare santo Pio IX… l’autore del Sillabo, la bolla più assolutista mai scritta nella storia della Chiesa, in cui si afferma che solo la chiesa cattolica possiede la verità. Non solo, perché, quando la componente latinoamericana del suo gregge chiese di operare in modo da strappare i poveri alla miseria, convertendo questa realtà, dal male che è, in bene, Giovanni Paolo II si oppose a queste eretiche tendenze. Furono senza dubbio determinanti, in relazione a questa posizione, la sua origine polacca e le élite della curia romana, messe ai margini ma non estinte dal concilio vaticano II.
Il papa ebbe una fondamentale incomprensione della teologia della liberazione. Questa afferma che la liberazione è opera dei poveri tutti. La Chiesa è soltanto un'alleata che rafforza e legittima la lotta per la liberazione dei poveri.
Per il cardinal Ratzinger e per il papa defunto questa liberazione è unicamente umana e carente di rilevanza soprannaturale e il duo teorizzava la missione religiosa della Chiesa, non la sua missione sociale e si comportò di conseguenza.
Papa Wojtyla, in Brasile, allo stadio Maracanà, tenne un discorso sulla Teologia della Liberazione che, in pratica, sconfessava l’apertura di Paolo VI (fatta nello stesso luogo anni prima) e bloccò ogni tentativo di liberazione dei popoli oppressi (ed in particolare di quelli latino-americani). Sono anni in cui migliaia di contadini, sacerdoti e monaci sono uccisi dai governi fascisti latino-americani perché aiutano la povera gente. Sono anni in cui i contadini che vanno a prendere regolarmente possesso del pezzo di terra assegnatogli dal governo sono massacrati dagli jaunqueros… i pistoleros dei latifondisti. Spesso l’unico posto in cui i superstiti riescono a trovare rifugio, è una chiesa. Paolo VI disse: “Come non capire quelle povere creature che si vedono ammazzare le mogli ed i figli mentre stanno cercando di prendere possesso del loro pezzo di terra… e reagiscono levando le armi”? Papa Wojtyla, nello stesso identico luogo, disse che per nessun motivo al mondo un cristiano deve alzare un’arma, nemmeno verso il peggior nemico: i latifondisti, i fazenderos, anche se ricchi, erano anch’essi figli di Cristo.
Wojtyla interdice per un anno il capo della Teologia della Liberazione, il francescano Leonard Boff (che sarà costretto a ritirarsi per sempre dalla vita ecclesiastica). Sostituisce, in tutto il mondo, i vescovi progressisti vicini alla povera gente con quelli più conservatori e reazionari, lontani dai veri bisogni dei popoli che soffrono e che sono oppressi.
Il vescovo Romero del Salvador uscì dall’udienza papale (che aveva richiesto per spronare papa Wojtyla a fare qualche dichiarazione ufficiale contro il governo fascista del Salvador che aggiornava quotidianamente le mappe dei campi minati mandando avanti bambini che erano squarciati dalle esplosioni) e al giornalista che gli chiese com’era andata, il vescovo Romero rispose soltanto questo: “Non mi sono mai sentito tanto solo in vita mia”. Tornato in patria, di domenica, dopo l’omelia in cui denuncia per l’ennesima volta il governo che assassina i bambini, mentre dà la comunione sull’altare, viene assassinato con un colpo di pistola da un killer del governo. (Dopo averlo isolato, avrebbero detto in altri casi i politici nostrani antimafia).
Al funerale papa Wojtyla non andrà. Ci si recherà solo in seguito a rendere omaggio sulla tomba dell’amico Romero… ma non al vescovo che non si era conformato. Così continuo è anche lo scontro col basso clero, coi preti rivoluzionari, con quella parte dei gesuiti che, specie in centro America, si schierano apertamente con i ribelli armati in Nicaragua, Guatemala, Costarica. Egli li ferma con estrema durezza, la sua religiosità contadina prevale sulla modernità della nuova teologia, ma la disputa va bene al di là di una questione teologica, assume il rilievo della primazia del magistero papale su ogni altra ipotesi di assetto della struttura gerarchica nella chiesa e si dispiega sul simbolismo religioso, sul ruolo della madonna, dei santi, dei beati, sull'esistenza del diavolo come dato di fatto attuale, sul gelo che cala tra l'alto clero sudamericano e i movimenti di liberazione contadina di quei paesi.
A vent'anni dal golpe, così come farà poi con Castro, legittima il dittatore Augusto Pinochet dalle stanze del Vaticano. 18 febbraio 1993: la privatissima ricorrenza delle sue nozze d'oro è allietata da due lettere autografe in spagnolo che esprimono amicizia e stima e portano in calce le
firme di papa Wojtyla e del segretario di Stato Angelo Sodano. “Al generale Augusto Pinochet Ugarte e alla sua distinta sposa, Signora Lucia Hiriarde Pinochet, in occasione delle loro nozze d'oro matrimoniali e come pegno di abbondanti grazie divine», scrive senza imbarazzo il Sommo Pontefice, “con gran piacere impartisco, così come ai loro figli e nipoti, una benedizione
apostolica speciale. Giovanni Paolo II.» Ancor più caloroso e prodigo d’apprezzamenti è il messaggio di Sodano (da sempre compagno di merende del papa e di Ratzinger), che era stato nunzio apostolico in Cile dal '77 all'88, e che nell'87 aveva perorato e organizzato la visita del papa a Santiago, trascurando le accese proteste dei circoli cattolici impegnati nella difesa dei diritti umani.
Il cardinale scrive di aver ricevuto dal pontefice “il compito di far pervenire a Sua Eccellenza e alla sua distinta sposa l'autografo pontificio qui accluso, come espressione di particolare benevolenza”.
Aggiunge: “Sua Santità conserva il commosso ricordo del suo incontro con i membri della sua famiglia in occasione della sua straordinaria visita pastorale in Cile». E conclude riaffermando al signor generale “l'espressione della mia più alta e distinta considerazione”.
Il vaticano non rese pubbliche queste missive così partecipi, né lo fece Pinochet, che pure probabilmente le aveva sollecitate. Si decise di mantenerle nell'ambito della sfera privata, per timore che l'eccesso di enfasi attizzasse nuove polemiche. Tre mesi dopo prevalse la vanità del
dittatore. I documenti furono portati alla luce dal quotidiano cileno "El Mercurio" e furono ripresi da "Témoignage Chrétien", la rivista francese dei cattolici progressisti, provocando “reazioni di rivolta, di tristezza e di vergogna”, nel ricordo delle barbare esecuzioni e delle feroci torture
perpetrate dal regime di Pinochet.
Molti lettori indirizzarono al Vaticano lettere d’indignazione. Un gruppo di preti-operai di Caen diede una risposta particolarmente risentita all'iniziativa del papa e di Sodano, opponendo al commosso ricordo di Wojtyla, altre emozioni: “La morte del presidente Allende e di molti
suoi collaboratori, la retata e il parcheggio dei sospetti nello stadio di Santiago, le dita amputate del cantante Victor Jara per impedirgli di intonare sulla sua chitarra gli accordi della libertà, le sparizioni, le carcerazioni, le torture”. La Fraternità e la comunità francescana di Béziers espressero la loro costernazione in modo lapidario: “Durante il potere di Pinochet Gesù Cristo era crocifisso!”
Possiamo aggiungere per completare il discorso il silenzio assordante su Banzer, Stroessner, Videla, o la beatificazione di personaggi come Escrivà, o il cardinale Stepinac, vicino al regime nazi-fascista degli Ustascia, mentre per Romero ... (vedi sopra).
Foto con Pinochet ... continuerebbe per molto ancora, ma forse è meglio lasciar perdere.
Benoixroberti ha scritto: Ma perché dire che Sagan è un "rozzo e maleodorante"? Ripeto, se Sagan fosse rozzo e maleodorante in concreto, ne potremmo anche disquisire, anche per le implicazioni endocrine. Ma in assenza di questo, perché utilizzare queste argomentazioni? Forse per una umile (per te si chiama modesta) origine?
Non sapevo delle sue origini, o meglio non ci avevo mai pensato e non ho nulla contro chi si procura da vivere con il sudore della fronte, ma così a pelle il Nostro mi sembra proprio un bulletto di periferia e, come tutti costoro, non emana (allegoricamente) un buon odore, insomma quel termine è una "licenza poetica" e, se vuoi una ridondanza al fatto di essere, per me, una persona alquanto incolta e probabilmente anche felice di esserlo, perché non ha nulla ai miei occi della modestia dei ... "nati ultimi".
Benoixroberti ha scritto:
Come sai, per deformazione professionale, sono attento alla comunicazione ed alle forme della stessa. ma ad una chiusura definitiva verso un ex dopato o dopo la definizione di "rozzo maleodorante" che tipo di confronto può seguire?
Possiamo parlare dell'atleta, invece che dell'uomo. (vedi sotto)
Benoixroberti ha scritto:
Quanto volte è capitato di subire fregature da persone simpatiche, vicine, e nel contempo ci è successo di ricevere l'onore delle armi e qualcosa di più da persone antipatiche ed avversarie?
Codesto è vero, ma nel caso specifico è difficile farne la prova diretta.
Benoixroberti ha scritto:
A volte si ha l'impressione che ci si attacchi a dei feticci sia nelle cose positive che in quelle negative.
Anche codesto è vero (Marx docet)
Benoixroberti ha scritto:
Voglio dire qualcosa più nello specifico. Io detesto il carattere di Cavendish, ma dopo una prestazione come quella di Cherasco e del campionato britannico non puoi non ammirarlo. Stessa cosa per il Cunego delle Strade Bianche.
E stessa cosa, aggiungo io per le prestazioni maiuscole di Peter Sagan dell'anno scorso (fino al giorno prima del mondiale) , ma i tre *B* e lo slovacco continuano a restarmi antipatici, mentre spero di non aver cattive notizie dal signor *K*.
Benoixroberti ha scritto:
Credo che riconoscere il merito all'antipatico non ci limiti nelle nostre criticità verso il di lui carattere, in negativo come pure in positivo (ben s'intenda).
Appunto.
Benoixroberti ha scritto:
Ora abbiamo davanti il nord e la curiosità di vedere la risposta di Peter è ancora più forte.
Ribaltando le parole di CarLemond, dico che mi auguro di vedere un rozzo e maleodorante Sagan tra Fiandre e Roubaix dimostrare tutto il suo valore e la sua fame. Il lavoro non è profumato, puzza come il sudore, come il carbone e la terra nera di Ardenne e Fiandre. Onore ed odore ai lavoratori del pedale.
On verra bien.
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Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
eliacodogno ha scritto:Anche Riccò come Sagan a mio avviso s'è spesso dimostrato rozzo, e tra l'altro è riuscito a risultarmi antipatico come pochissimi.
Tra i simpatici, oltre che persone secondo me di grande intelligenza, sicuramente Savoldelli (che vorrei in moto al posto di Lelli) e Garzelli, sui quali abbiamo nel tempo avuto qualcosa di più dell'impressione televisiva; tra quelli in attività trovo simpatici Paolini, Scarponi, Purito e tra i giovani Felline. Non significa che automaticamente faccia il tifo per loro, anzi spesso tifo per i musoni, anti televisivi e quant'altro
Su Riccò in molti hanno avuto codesta inpressione, io probabilmente non ho conosciuto quegli atteggiamenti (o non voluto )
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Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
Ma sostanzialmente i miei ricordi negativi sono legati alla fine del Giro 2008 e alla reazione per la positività della compagna; naturalmente sono impressioni, visto che non lo conosco personalmenteLemond ha scritto:Su Riccò in molti hanno avuto codesta inpressione, io probabilmente non ho conosciuto quegli atteggiamenti (o non voluto )
PS: accidenti a te, ho letto tutto il tuo post lievemente OT su... molto bello (lo stesso motivo per cui l'ho sopportato...meno dei successori)
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Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
eliacodogno ha scritto:PS: accidenti a te, ho letto tutto il tuo post lievemente OT su... molto bello (lo stesso motivo per cui l'ho sopportato...meno dei successori)
Vuoi dire che hai letto un piccola parte del lavoretto che feci in occasione della morte di codesto personaggio, verso la cui persona facevano a gara quasi tutti a genuflettersi (compreso il mio "amico" Pannella) e a dire "santo subito".
P.S.
Se e quanddo avrai voglia, ti mando il resto.
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- Messaggio n°25
Re: Strade Bianche 2014 (8 marzo 2014)
Voglia di leggerti ne ho sempre, quindi se hai voglia tu, manda pure via MPLemond ha scritto:Se e quanddo avrai voglia, ti mando il resto.
» 2014.03.08 ore 14,00 - Streaming Video STRADE BIANCHE 2014 (Ita) - San Giminiano - Siena - 200,0 Km - 08 marzo 2014 - Elite STRADA **
» 2014.03.15 ore 14,30 - Streaming Video TIRRENO_ADRIATICO 2014 (Ita) (12-18 marzo 2014) - 4a tappa - Indicatore (Arezzo) - Cittareale (Selva Rotonda) - 244,0 km - 15 marzo 2014 - Elite STRADA **
» 2014.03.30 ore 15,30 - Streaming Video CRITERIUM INTERNATIONAL 2014 (Fra) (29-30 marzo 2014) - 3a tappa - Porto-Vecchio - Col de l'Ospedale - 176,0 km - 30 marzo 2014 - Elite STRADA **
» 2014.03.30 ore 23,40 - Streaming Video SETTIMANA CICLISTICA INTERNAZIONALE DI COPPI E BARTALI 2014 (Ita) (27-30 marzo 2014) - 4a tappa - Pavullo - Montecuccolo (Cronometro Individuale) 10,0 km - 30 marzo 2014 - Elite STRADA **
» 2014.03.17 ore 14,30 - Streaming Video TIRRENO_ADRIATICO 2014 (Ita) (12-18 marzo 2014) - 6a tappa - Bucchianico - Porto Sant'Elpidio - 189,0 km - 17 marzo 2014 - Elite STRADA **
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