Sarà anche un personaggio da prendere molto con le pinze, decisamente volubile, ma anche istrionico.
Ciò nonostante è comunque un imprenditore di successo e lo è in modo individuale e libero in un paese che di libero ha ben poco. Certo non siamo di fronte ad un mecenate e ad un filantropo non discutibile.
Oleg è, anche per sua stessa volontà e ricerca espressa, un uomo discutibile.
Nella comunicazione e nel marketing è in Russia una assoluta eccellenza. Certo per i più attenti e critici il marketing è giustamente fuffa, aria fritta che serve ad infiocchettare in genere una fregatura.
Non è del tutto così e non lo dico per conservare qualcosa di buono ad una categoria a cui appartengo. Ci mancherebbe. Il mondo del marketing è il trionfo dell'uomo ipocrita.
Però ciò non pregiudica il fatto che tra quegli uomini ve ne siano di terribilmente e talvolta diabolicamente intelligenti.
Oleg Tinkov è uno di questi, in tutte le sue contraddizioni, dagli spot della sua birra in cui utilizza due lesbiche nella Russia putiniana, per farselo poi bloccare dalla censura ed apparire nella sua modernità wide-minded, alle boutade irrazionali e stucchevoli contro Contador ed altri corridori del team.
Eh già, ne ha fatta di strada il promesso minatore siberiano liberato al mondo industriale dalla glasnost gorbacioviana prima e dalle liberalizzazioni private (molto private) eltsiniane poi.
Del business della birra, da cui ha tratto appieno per il boom russo nei relativi consumi, si è liberato vendendo il marchio al gruppo della Stella Artois focalizzandosi nella ristorazione (ramo d'azienda che non cedette con la birra), nella pubblicità online (TCS Digital, con una Ipo - entrata in borsa - da 20 miliardi di dollari alla London Stock Exchange), nella finanza ed in particolare nel nascente (da zero) credito al consumo dei nuovi ricchi russi, diventando un leader nel mercato delle carte di credito e nel tracking dei profili dei consumi dei nuovi russi, anche grazie ad una martellante ed efficacissima campagna pubblicitaria online, come già fece con la birra.
Stranamente lo stesso successo non lo ha avuto col ciclismo, un aspetto che fa riflettere.
Il ciclismo è strano, ha una antica tradizione, è uno sport che si fa legati al suolo, almeno con le gomme e certamente nel ciclismo su strada.
Il ciclismo è un luogo aspro, dove è difficile emergere imponendo originalità markettare solo coi soldi.
Oltre ai soldi, per dettare legge nel ciclismo, serve potenza (non solo quella delle gambe e del cervello dei ciclisti). Serve potenza di fuoco, mediatica, in particolar modo nel ciclismo di Verbruggen e pure, per ora, post-Verbruggen.
Ecco allora che uno dei contatti di Oleg nella new wave russa post-sovietica (uno dei tanti russi sparsi nel mondo) diventa un possibile alleato (sarebbe una bomba) del nuovo sbarco (vero D-Day stavolta) di Oleg Tinkov nel ciclismo.
Il contatto si chiama Sergey Brin, ragazzino ebreo ex russo che voleva volare alto, cresciuto nel "mondo libero" del Maryland e che alla Stanford University ha dato vita a quel motore che sta rivoluzionando ed "involuzionando" il mondo. Sergey Brin + Larry Page = Google
Con Sergey Oleg condivide un profondo disprezzo, naturale, per il ritorno putiniano al passato, il ritorno alla madre russia, che significa isolamento e ricerca di potenza nazionale, anche a detrimento delle individualità. La nuova (si fa per dire) Russia sta stretta ad individui narcisi come Oleg e Sergey. Lo scontro fra loro e la Russia di Putin è antropologico, ma tanto Sergey che Putin non fanno segreto delle loro mire di controllo. Il primo lo fa in modo rozzo, autoritario utilizzando l'energia fossile, il secondo lo fa pensando alla robotizzazione della vita (con tante auto robotiche e device di ogni genere in giro per il mondo, fra loro connessi e soprattutto connessi con i servizi offerti da Google).
Oleg e Sergey condividono le opinioni sulla mediavale Russia - https://plus.google.com/+OlegTinkov/posts/i84SewTtoVF - e forse da lunedì cominceranno a controllare con potenza il ciclismo del post-Verbruggen. Non sarebbe una cattiva notizia perché qualcuno si opporrà allo strapotere di Sky. Insomma, una cosa positiva nella logica dominante di mercato che ha sempre bisogno di pesi e contrappesi per funzionare. Il ciclismo passerà dai prepotenti oligarchi ai capricciosi nerds?
C'è un aspetto che può renderci felici e sereni: una auto potrà e forse dovrà (anche per sicurezza) robotizzarsi, ma di certo non potrà mai robotizzarsi una bicicletta ed il ciclismo, anche se qualche tentativo in tal senso è stato brutalmente fatto, producendo una noia mortale e dopata.
Voglio credere e un po' (non poco) mi convince il fatto che questi ricchi ricchissimi siano ancora affascinati dalla libertà, dal sogno, che la bicicletta ancora ispira all'uomo di questo Twenty-First Century (il riferimento a Sky è casuale ma non escluso).